Se non disconosciuta tempestivamente, la fotocopia della mail diffamatoria ha valore probatorio

Redazione Scientifica
15 Febbraio 2019

Ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c., in assenza di formale, tempestivo ed inequivoco disconoscimento, la copia fotostatica non autenticata prodotta in giudizio si ritiene riconosciuta tanto nella sua conformità all'originale quanto nella scrittura e sottoscrizione.

IL CASO Così la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 3540/2019, depositata il 6 febbraio, decidendo sul ricorso avverso la pronuncia con cui la Corte d'Appello di Catanzaro confermava la condanna al risarcimento dei danni per diffamazione a mezzo mail proposta dagli attori nei confronti del ricorrente che lamenta la violazione degli artt. 2697 e 2712 c.c. Il giudice di merito aveva infatti ritenuto non tempestiva l'eccezione di disconoscimento delle fotocopie prodotte in giudizio quali riproduzione delle mail “incriminate”.

PORTATA PROBATORIA Sul tema del disconoscimento della conformità agli originali delle fotocopie prodotte in giudizio, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che la parte debba chiedere tempestivamente il disconoscimento e, fermo restando che non sono previste formule sacramentali, la richiesta deve essere chiara, circostanziata ed esplicita. Ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c. dunque la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all'originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, sempre che non venga disconosciuta in modo formale e in equivoco in prima udienza.

TEMPESTIVO DISCONOSCIMENTO DELLA MAIL La decisione impugnata ha ritenuto che mancasse un tempestivo e formale disconoscimento delle mail, precisando comunque che anche se disconosciute la fotocopie non avrebbero perso completamente la propria portata probatoria ma avrebbero assunto la rilevanza di presunzioni semplici. Non può dunque ritenersi sussistente un vizio di motivazione avendo correttamente la Corte valutato la portata probatoria delle fotocopie prodotte in giudizio. Richiamando un precedente arresto giurisprudenziale (Cass. civ. n. 5523/2018), il Collegio ricorda che la mail priva di firma elettronica non ha l'efficacia di una scrittura privata ex art. 2702 c.c. quanto alla riferibilità al suo autore apparente, riferibilità che l'art. 21 d.lgs. n. 82/2005 riconosce solo laddove il documento informatico sia stato sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. In tal caso dunque, il documento è liberamente valutabile dal giudice in ordine all'idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.

Per questo motivo, la Corte rigetta il ricorso.

(Fonte: Dirittoegiustizia.it)

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