La cassa integrazione straordinaria: sulla reintroduzione della causale per cessazione di attività
Marta Filippi
18 Febbraio 2019
L'istituto della cassa integrazione straordinaria rientra nella categoria dei così detti ammortizzatori sociali, espressione con la quale il legislatore intende riferirsi ad una serie di misure e strumenti previdenziali finalizzati al sostegno del reddito del lavoratore, sotto forma di indennità, in situazioni di particolare difficoltà delle aziende che si vedono costrette a non poter erogare la retribuzione...
La cassa integrazione straordinaria nella previsione dalla l. n. 223 del 1991: fondamenti e finalità
L'istituto della cassa integrazione straordinaria rientra nella categoria dei così detti ammortizzatori sociali, espressione con la quale il legislatore intende riferirsi ad una serie di misure e strumenti previdenziali finalizzati al sostegno del reddito del lavoratore, sotto forma di indennità, in situazioni di particolare difficoltà delle aziende che si vedono costrette a non poter erogare la retribuzione.
Tale intervento trova la sua fonte nell'art. 38, Cost., il quale dispone il principio in base al quale i cittadini inabili al lavoro o sprovvisti di mezzi necessari al proprio mantenimento hanno diritto a tale oltre che all'assistenza sociale. Lo stesso diritto è riconosciuto nei casi di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria.
Con il ricorso a tali misure il legislatore mira ad evitare da un lato l'insorgere della disoccupazione, attraverso strumenti quali appunto la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, e dell'altro a sostenere i lavoratori laddove si verifichi l'estinzione del rapporto del lavoro, come nel caso dell'indennità di disoccupazione (Naspi.)
Più nello specifico la disciplina della cassa integrazione straordinaria ha trovato una prima compiuta disciplina nell'art. 1, l.n. 223 del 1991, il quale specificava, prima della modifica ad opera del Jobs act, che ad essa si poteva ricorrere in caso di: 1) ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale; 2) crisi aziendale; 3) riduzione dell'orario di lavoro stabilito con accordi di solidarietà interni.
La norma prevedeva poi una procedura preventiva di consultazione sindacale ed una richiesta al Ministero del Lavoro e alla DTL territorialmente competente, oltre all'applicazione del principio di rotazione dei lavoratori coinvolti.
Dall'analisi delle causali appare evidente come la cassa integrazione straordinaria interviene in situazioni in cui la perdita del posto di lavoro è altamente probabile tanto da essere considerata dalla dottrina una sorta di “anticamera del licenziamento collettivo”. L'obbiettivo perseguito dal legislatore con la sua introduzione è evidentemente quello di evitare o ridurre il più possibile tale evenienza, in un ottica conservativa del reddito.
La riforma dell'istituto da parte del d.lgs. n. 148 del 2015 e la deroga al divieto di CIGS per cessazione di attività
Sull'istituto della cassa integrazione sono intervenute nel tempo varie novelle legislative quali in primo momento la legge Fornero e successivamente il d.lgs. n. 148 del 2015 attuativo della legge delega n. 183 del 2014 (Jobs act).
In particolare, il legislatore delegato del 2015 ha effettuato una netta distinzione tra ammortizzatori sociali in costanza di lavoro e quelli erogati in caso di cessazione dell'attività lavorativa.
In virtù di ciò l'art. 1, l. n. 183 del 2014, separa nettamente gli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro, dagli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria. Questi ultimi vengo ridisciplinati dal d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22, mentre i primi sono appunto oggetto di riordino da parte del d.lgs. n. 148 del 2015.
Tale principio di fondo appare fondamentale per capire la più incisiva delle modifiche apportate alla disciplina della cassa integrazione straordinaria. In virtù di tale netta distinzione e sulla scorta del principio per cui in caso di cassa integrazione straordinaria la ripresa dell'attività aziendale dovrebbe essere almeno in astratto possibile, la riforma del 2015 ha disposto il divieto di intervento dell'ammortizzatore sociale nel caso di cessazione dell'attività produttiva o di un ramo di essa a partire dal 1° gennaio 2016.
Nonostante ciò, il legislatore all'art. 21, comma 4, d.lgs.n. 148 del 2015, ha previsto un'eccezione a tale divieto prevedendo la possibilità del ricorso alla CIGS, sino a un limite massimo rispettivamente di 12, 9 e 6 mesi e previo accordo in sede governativa, qualora all'esito del programma di crisi aziendale l'impresa cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.
Ebbene la finalità perseguita dal legislatore con tale disposizione normativa transitoria era quella di permettere l'accesso alla CIGS laddove l'impresa non era in grado di portare a termine il piano di risanamento previsto all'interno del programma di CIGS già concesso per crisi aziendale.
Per quanto attiene infine l'integrazione straordinaria per fallimento ed altre procedure concorsuali ex art. 3, l. n. 223 del 1991, la disposizione era già modificata ed abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2016 dalla l. n. 92 del 2012, e sul punto nulla afferma il d.lgs. n. 148 del 2015. Pertanto dal 1° gennaio 2016 è venuta meno la possibilità di autorizzare il trattamento CIGS conseguente all'ammissione alle procedure concorsuali.
La reintroduzione della CIGS per cessazione di attività aziendale
Con il d.l. n. 109 del 2018, il governo è tornato ad occuparsi di cassa integrazione da un lato disponendo la proroga della stessa fino a 12 mesi in caso di riorganizzazione, fino a 6 mesi in caso di crisi aziendale e fino a 12 mesi in caso di applicazione del contratto di solidarietà interno e dall'altro rintroducendo la possibilità di CIGS in caso di cessazione dell'attività aziendale.
La norma in questione, ovvero l'art. 44, d.l.n. 109 del 2018, prevede la possibilità di accedere all'integrazione salariale straordinaria per cessazione di attività ammettendo anche i lavoratori delle aziende sottoposte a procedura concorsuale o procedure collettive di riduzione di personale.
Al fine di chiarire l'intento del legislatore d'emergenza sul tema si è recentemente espressa la Direzione generale degli ammortizzatori sociali e della formazione del Ministero del lavoro con la circolare n. 15 del 4 ottobre 2018.
In primo luogo la stessa ha specificato come tale misura vada considerata in deroga rispetto a quanto statuito dagli artt. 4 e 22, d.lgs.n. 148 del 2015, i quali disciplinano la durata massima del trattamento di CIGS pari a 24 mesi all'interno del quinquennio mobile.
Secondo le indicazioni fornite dal Ministero tale ipotesi di ammissione alla CIGS va considerata quale specifica ipotesi di crisi aziendale che si aggiunge temporaneamente a quella normata dall'art. 21, d.lgs. n. 148 del 2018.
Analizzando l'art. 44, d.l. n. 109 del 2018, l'accesso all'integrazione salariale straordinaria è possibile in due casi: a) cessazione, in tutto o in parte dell'attività o decisione di cessazione anche in corso di intervento straordinario di CIGS; b) cessione dell'attività a favore di un acquirente con le garanzie previste dall'art. 2112, c.c., previa predisposizione di un piano articolato finalizzato alla conservazione del maggior numero possibile di lavoratori occupati.
Quale condizione per beneficiare della CIGS vi è poi la necessaria stipula di un accordo in sede ministeriale. Ai fini della validità dell'accordo sarà necessario presentare un piano articolato finalizzato al riassorbimento del personale o in alternativa un piano di reindustrializzazione del sito produttivo che può essere promosso dall'impresa cedente oppure dalla cessionaria, o ancora dal MISE. Si sottolinea anche la presenza di un'ipotesi in cui si potrà richiedere l'intervento integrativo per il sostegno al reddito in presenza di politiche attive del lavoro. In tale situazione saranno necessari interventi programmati che vedranno partecipi la Regione o le Regioni o Province autonome chiamate in causa.
Nel verbale di accordo è poi necessaria l'indicazione di un piano delle sospensioni specificando nel dettaglio: 1) le modalità della cessione dell'attività aziendale che deve essere finalizzata alla continuazione della stessa; 2) l'indicazione dei tempi per il riassorbimento del personale; 3) le modalità di gestione dei lavoratori che verranno espulsi dall'attività lavorativa. Infine quale quarto elemento occorrerà inserire l'onere finanziario richiesto dall'operazione, al fine di garantire il controllo dell'Inps sul raggiungimento del tetto massimo finanziato per il ricorso alla misura in questione.
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La cassa integrazione straordinaria nella previsione dalla l. n. 223 del 1991: fondamenti e finalità
La riforma dell'istituto da parte del d.lgs. n. 148 del 2015 e la deroga al divieto di CIGS per cessazione di attività
La reintroduzione della CIGS per cessazione di attività aziendale