Limiti soggettivi al diritto di indire l'assemblea

Stefano Costantini
18 Febbraio 2019

L'art. 20, st. lav., attribuisce il diritto di indire l'assemblea anche al singolo componente della R.S.U., purché questi appartenga ad un sindacato dotato di rappresentatività ai sensi dell'art. 19, st. lav., quale risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 2013.Non costituisce condotta antisindacale il diniego datoriale alla indizione dell'assemblea ed alla partecipazione di dirigenti sindacali esterni allorché l'assemblea medesima sia richiesta da singoli componenti della R.S.U. privi di legittimazione ai sensi dell'art. 20, st. lav.
Massime

L'art. 20, st. lav., attribuisce il diritto di indire l'assemblea anche al singolo componente della R.S.U., purché questi appartenga ad un sindacato dotato di rappresentatività ai sensi dell'art. 19, st. lav., quale risultante a seguito della sentenza della Corte cost. n. 231 del 2013.

Non costituisce condotta antisindacale il diniego datoriale alla indizione dell'assemblea ed alla partecipazione di dirigenti sindacali esterni allorché l'assemblea medesima sia richiesta da singoli componenti della R.S.U. privi di legittimazione ai sensi dell'art. 20, st. lav.

Il caso

Un singolo componente della R.S.U. aziendale, appartenente ad un sindacato autonomo, richiedeva la convocazione dell'assemblea dei lavoratori, segnalando che vi avrebbero partecipato anche dirigenti esterni.

Il datore di lavoro sollevava perplessità sulla legittimazione del soggetto richiedente l'assemblea,a termini dell'art. 20, st. lav., e, pur non negando il diritto di tenere la riunione, suggeriva un esercizio del diritto con modalità diverse, possibilmente collegiali in seno alla R.S.U. e, comunque, negava l'autorizzazione alla partecipazione di dirigenti esterni.

Il sindacato di appartenenza si rivolgeva quindi al Tribunale lamentando una condotta antisindacale, ostativa al pieno esercizio del diritto di assemblea.

Le questioni

La principale questione affrontata dal Tribunale attiene alla legittimazione soggettiva alla indizione dell'assemblea dei lavoratori, diritto sancito dall'art. 20, l. n. 300 del 1970.

La norma statutaria, com'è noto, riconosce il diritto dei lavoratori a riunirsi in assemblea nell'unità produttiva ove prestano attività, anche durante l'orario di lavoro, nel limite di dieci ore annue retribuite. Le riunioni sono indette, anche singolarmente, dalle rappresentanze sindacali aziendali (R.S.A.) ed alle stesse possono partecipare, purché se ne dia preavviso al datore di lavoro, anche dirigenti esterni del sindacato.

Con l'introduzione di una nuova e diversa forma di rappresentanza dei lavoratori nell'unità produttiva - la cosiddetta R.S.U., ovvero Rappresentanza Sindacale Unitaria – ad opera del Protocollo del 31 maggio 103, dell'Accordo interconfederale del 3 luglio 1993, poi seguito dal Protocollo 23 luglio 1993 e dal successivo Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, nonché, da ultimo, dall'Accordo interconfederale del 10 gennaio 2014, cosiddetto Testo Unico sulla rappresentanza – si è tuttavia posto all'attenzione degli interpreti il tema del raccordo tra i diritti riconosciuti dallo Statuto dei Lavoratori alle R.S.A. e, singolarmente, ai loro dirigenti, con la nuova realtà rappresentativa aziendale che a quelle avrebbe dovuto sostituirsi.

Nodo principale è quello della ritenuta “unitarietà” o “collegialità” della nuova forma di rappresentanza, rispetto alla declinazione “al plurale” delle R.S.A.

Queste ultime, in base all'art. 19, st. lav., possono essere costituite da parte di ciascuna delle associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi, di qualsiasi livello, applicati nell'unità produttiva di riferimento o anche – a seguito dell'intervento “additivo” della Corte costituzionale (Corte cost. 23 luglio 2013, n. 23, in Riv. it. dir. lav., 2013, IV, 979) – da parte di quelle associazioni sindacali che abbiano attivamente partecipato al processo di negoziazione del contratto collettivo, pur non avendolo, all'esito, sottoscritto.

Alle singole R.S.A. ed ai rispettivi componenti lo Statuto dei Lavoratori riconosce una serie di diritti (assemblea, affissione, permessi, ecc.), cui si aggiunge la non meno rilevante legittimazione alla contrattazione aziendale.

In base agli accordi istitutivi, le R.S.U. subentrano alle R.S.A. ed ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e nell'esercizio delle funzioni ad essi spettanti per effetto di disposizioni di legge.

Alla costituzione della R.S.U. si procede mediante elezione a suffragio universale ed a scrutinio segreto tra liste concorrenti e le decisioni sono assunte dalle stesse a maggioranza dei propri componenti.

Tra le diverse questioni poste dalla relazione tra le due forme rappresentative di base, rientra anche quella oggetto della decisione qui in commento, ovvero l'esercizio del diritto di indizione dell'assemblea.

Sul punto, in passato, si sono contrapposte due posizioni interpretative: la prima, fondata sulla natura “unitaria” della R.S.U., riteneva che questa potesse operare ed esercitare le proprie prerogative solo collegialmente, sulla base del principio di maggioranza (cfr. Cass. 26 febbraio 2002, n. 2855, in Riv. it. dir. lav., 2002, III, 504 e ss., con nota di Ferrante, Collegialità delle RSU e principio di maggioranza).

La seconda, considerando piuttosto la R.S.U. come organismo plurisoggettivo, riteneva - sulla base delle stesse fonti pattizie istitutive e, segnatamente, dell'accordo interconfederale del dicembre 1993 - che i suoi componenti fossero subentrati individualmente nella titolarità dei diritti e dei poteri delle singole R.S.A., con relativa legittimazione diretta al loro esercizio (cfr. Cass. 1° febbraio 2005, n. 1892, in Riv. it. dir. lav., 2005, III, 549 e ss., con nota di Romei, La rappresentatività frammentata).

In buona sostanza, con specifico riferimento al diritto di assemblea, in base alla prima opzione, solo una deliberazione a maggioranza della R.S.U. avrebbe potuto indire l'assemblea dei lavoratori; secondo invece l'opposta tesi, anche il singolo componente della R.S.U. (la legittimazione collegiale non è mai infatti stata in discussione) avrebbe potuto convocare validamente l'assemblea.

Le soluzioni giuridiche

La decisione del Tribunale si colloca nel solco della decisione dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione che, con sentenza n. 13978 del 6 giugno 2017 (in Lav. giur., 2018, 4, 382, con nota di Amato, Le Sezioni Unite e l'indizione dell'assemblea da parte della singola componente della R.S.U.), avevano dato soluzione al conflitto interpretativo sopra accennato, accogliendo la seconda opzione.

In particolare, la Suprema Corte, analizzando le fonti rilevanti – ossia gli artt. 19 e 20, st. lav., e gli artt. 4 e 5 dell'Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993 (norme sostanzialmente riprodotte nell'attualmente vigente testo unico sulla rappresentanza sindacale del 10 gennaio 2014) – giungeva alla conclusione (già prefigurata da Cass. 7 luglio 2014, n. 15437) che il diritto di indire assemblee, regolate dall'art. 20, st. lav., fosse da attribuirsi non solo alla RSU considerata collegialmente, ma anche a ciascuno dei suoi componenti, purché eletto nelle liste di un sindacato che, nell'azienda di riferimento, fosse di fatto munito di rappresentatività a termini dell'art. 19, st. lav.

Ciò, soprattutto, in forza di quanto stabilito dal comma 5 dell'art. 4 dell'Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993 il quale, nel far salvo il diritto di indire l'assemblea dei lavoratori, singolarmente o congiuntamente, in favore delle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il CCNL applicato nell'unità produttiva (esplicito riferimento al carattere di rappresentatività fissato dall'art. 19, st. lav., nel testo pre-referendum allora vigente), smentiva l'ipotesi secondo la quale le prerogative delle singole R.S.A. si sarebbero dissolte all'interno della “collegialità” propria della R.S.U.

Si riconosceva infatti un diritto ad un soggetto sindacale distinto dalla R.S.U., intesa come organismo collegiale, malgrado la sua presenza all'interno della stessa, dimostrando la piena compatibilità tra il funzionamento collegiale e maggioritario della rappresentanza aziendale unitaria e la concorrente legittimazione individuale all'esercizio del diritto di assemblea.

Un diritto tuttavia soggettivamente limitato, al pari ed in stretta connessione con quello, riconosciuto dall'art. 19, st. lav., di costituire rappresentanze sindacali aziendali.

A tale proposito, sarà sufficiente ricordare la fondamentale pronuncia di costituzionalità sui criteri selettivi fissati dall'art 19, st. lav. (Corte cost. 6 marzo 1974, n. 54), che aveva ritenuto rispondente al canone di razionalità la scelta del legislatore di prevedere specifiche condizioni di rappresentatività per i soggetti portatori degli interessi dei lavoratori, cui lo Statuto riconosceva determinate funzioni e prerogative particolarmente incisive nell'attività dell'unità produttiva.

Sulla scorta di tali principi il Tribunale si sofferma quindi sulla verifica, in concreto, degli indici di rappresentatività dell'associazione sindacale ricorrente, ai fini dell'esercizio del diritto sancito dall'art. 20, st. lav., mettendone in evidenza l'assenza, per non avere la stessa sottoscritto il contratto collettivo e per non aver dato prova di avere, quantomeno, partecipato alla relativa negoziazione e dovendosi ritenere invece non significativi e irrilevanti altri indici, pur se rappresentati.

Di conseguenza, viene ritenuta legittima la condotta datoriale e, in particolare, il non aver consentito la partecipazione all'assemblea di dirigenti esterni.

Infatti, ferma la possibilità per il datore di lavoro di consentire l'indizione dell'assemblea dei lavoratori anche a soggetti sindacali non propriamente legittimati ossia non dotati della prescritta rappresentatività, l'esercizio di tale prerogativa, dovendosi collocare comunque al di fuori del campo di applicazione dell'art. 20, st. lav., non gode delle tutele statutarie, ben potendo così subire limitazioni nelle modalità di esercizio, quali quella di impedire la partecipazione a soggetti “esterni” all'azienda.