Normativa applicabile al rapporto di lavoro dirigenziale negli enti locali
18 Febbraio 2019
In materia di pubblico impiego, al rapporto di lavoro dei dirigenti assunti dagli enti locali con contratto a tempo determinato si applicano - in forza del richiamo di cui all'art. 110 del testo unico degli enti locali e tenuto conto del divieto di trattamento differenziato del lavoratore a termine che non sia giustificato da obbiettive ragioni, di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, attuato con la direttiva 28 giugno 1999/70/CE - le garanzie previste, in favore dei dirigenti a tempo indeterminato, dalla contrattazione collettiva e dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (quali, in particolare quelle relative alle motivazioni del provvedimento di licenziamento, all'obbligatorietà del parere del comitato dei garanti per i provvedimenti di responsabilità dirigenziale, nonché alla contestazione ed alla procedura diretta ad affermare la responsabilità disciplinare), le cui disposizioni, ai sensi dell'art. 1, comma 3, del medesimo d.lgs., costituiscono principi fondamentali ex art. 117, Cost., restando esclusa l'applicazione delle sole norme incompatibili con il termine apposto al rapporto.
Deve altresì ribadirsi che, mentre la disposizione di cui all'art. 19, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, prevede (anche) la durata minima dell'incarico dirigenziale (non inferiore a tre anni), quella di cui al sesto comma del medesimo articolo concerne solo la durata massima (quinquennale per i “normali” incarichi di funzione dirigenziale, essendo limitata la durata massima triennale solo ai particolari incarichi di cui ai commi 3 e 4, cioè a quelli di Segretario generale di Ministeri o di livello equivalente, conferiti con d.P.R., ovvero agli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti con d.P.C.M.). |