Consiglio di condominio

Alberto Celeste
21 Febbraio 2019

L'art. 1130-bis c.c. - introdotto dalla Riforma del 2013 - al comma 2, istituzionalizza la figura del “consiglio di condominio”, che già si registrava in alcuni regolamenti, confermando che lo stesso, da un lato, ha la funzione di adiuvare (e non vincolare o, addirittura, intralciare) l'amministratore nell'espletamento del suo mandato, per cui non è precluso al secondo di adottare decisioni senza il parere del primo, potendo essere sentito a sua discrezione in ordine alle...
Inquadramento

L'art. 11 della l. 11 dicembre 2012, n. 220 - recante «Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici» (entrata in vigore il 18 giugno 2013) - ha inserito, dopo l'art. 1130 c.c., anch'esso fortemente arricchito rispetto al testo ante Riforma, il novellato art. 1130-bis c.c.

Tale articolo, dopo il comma 1, il quale disciplina dettagliatamente il contenuto del rendiconto condominiale, stabilisce, al comma 2 - con soluzione sistematica non particolarmente felice - che «l'assemblea può anche nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari», precisando, opportunamente, che «il consiglio ha funzioni consultive e di controllo»: la ratio della nomina di tale organismo è quella, evidentemente, di una maggiore tutela degli interessi dei condomini, segnatamente per la rilevante difficoltà di amministrare i grandi complessi dotati di molteplici strutture comuni.

Le specifiche competenze dell'assemblea

Per comprendere appieno la portata generale di quest'ultima previsione, non necessariamente correlata al suddetto incombente del rendiconto condominiale, va rimarcato che il testo dell'art. 1135 c.c. risulta sostanzialmente identico al precedente, anche alla luce dei ritocchi operati dal Legislatore del 2012.

Più nel dettaglio, il comma 1 di tale articolo prescrive che, oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei condomini provvede: «1) alla conferma dell'amministratore e all'eventuale sua retribuzione; 2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini; 3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione; 4) alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori» (il d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito in l. 21 febbraio 2014, n. 9, ha aggiunto che, «se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti»).

Peraltro, la summenzionata norma, prima di elencare le attribuzioni dell'assemblea, continua a far espresso riferimento a quelle stabilite “negli articoli precedenti”: si pensi alle competenze riguardanti la persona dell'amministratore in ordine alla nomina (art. 1129, comma 1, c.c.), alla possibilità di conferire allo stesso maggiori poteri di quelli derivanti dalla legge circa la promozione di controversie giudiziarie (art. 1131, comma 1, c.c.), e al ricorso avverso i provvedimenti da lui adottati (art. 1133 c.c.), alle liti contro un condomino o contro i terzi (artt. 1131, comma 3, e 1132, c.c.), alla ricostruzione parziale dell'edificio (art. 1128, comma 2, c.c.), alle innovazioni ordinarie, agevolate, gravose, voluttuarie (artt. 1120 e 1121 c.c.), ecc.

Del pari, non vanno escluse tutte quelle competenze in capo all'assemblea contemplate dalla legislazione speciale successiva all'entrata in vigore del codice civile, in materia di:

a) eliminazione delle barriere architettoniche di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13, art. 2,

b) realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari di cui alla legge 24 marzo 1989, n. 122, art. 9,

c) trasformazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato in impianti unifamiliari a gas di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 26,

d) installazione di antenne satellitari collettive di cui alla legge 20 marzo 2001, n. 66, art. 2-bis, interventi tutti, attualmente, menzionati insieme ad altri, pur meritevoli di incentivo, anche sotto il profilo del quorum deliberativo, nel corpo del novellato art. 1120, comma 2, c.c. ai numeri da 1) a 3).

Tra le attribuzioni previste nella normativa codicistica, anche se non contenute espressamente nelle norme precedenti all'art. 1135 c.c., mette punto rammentare, altresì, l'ipotesi della formazione o modifica del regolamento di condominio (art. 1138 c.c.) e dello scioglimento del condominio (art. 61 disp. att. c.c.).

Il massimo organismo gestorio

Dunque, il novellato art. 1135, ai numeri da 1) a 4), individua espressamente le attribuzioni specifiche dell'assemblea, tuttavia, in generale, dal sistema si ricava che l'assemblea rappresenta il massimo organismo deliberativo (oltre che di indirizzo e) del condominio, poiché essa decide l'approvazione, in sede preventiva e di rendiconto, di tutte le spese inerenti la gestione dei beni comuni e, al contempo, nomina (e revoca) l'amministratore, cui restano affidati compiti meramente attuativi e conservativi e che è comunque tenuto a rendere alla prima il conto della sua gestione.

Peraltro, si ritiene che i poteri dell'assemblea condominiale riguardano, in linea generale, la disciplina, anche attraverso modificazioni ed innovazioni, della cosa comune, sicché la predetta disposizione deve essere integrata con tutti quei riferimenti ai poteri dell'organismo gestorio contenuti in diverse altre norme del codice civile come di leggi speciali (v. sopra).

Il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciute all'assemblea medesima dall'art. 1135 citato è stato ribadito dagli ermellini (v, tra le altre, da Cass. civ., sez. II, 13 agosto 1985), la quale ha aggiunto che «l'assemblea può deliberare, quale organo destinato ad imprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempre che non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale», precisando che le deliberazioni dell'assemblea non sono impugnabili per difetto di competenza, ma restano soggette all'impugnazione a norma dell'art. 1137 c.c. soltanto per contrarietà alla legge e al regolamento di condominio, nella quale contrarietà confluisce ogni possibile deviazione del potere decisionale verso la realizzazione di fini estranei alla comunità condominiale (nella specie, il licenziamento del portiere dello stabile condominiale, disposto ex art. 1130, n. 2, c.c. dall'amministratore, era stato “revocato” dall'assemblea, pur se intervenuta sul medesimo oggetto a seguito di richiesta dello stesso amministratore al fine di ratificarne l'operato).

Inoltre, l'assemblea, oltre ad avere il potere di delegare l'amministratore a concludere un determinato contratto fissando i limiti precisi dell'attività negoziale da svolgere, ha anche il potere di prestare direttamente il proprio consenso alla conclusione di un contratto, non essendo previsto alcun divieto al riguardo nella disciplina del condominio e non sussistendo alcun impedimento tecnico-giuridico per un'efficace manifestazione di volontà negoziale da parte dell'assemblea (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1980, n. 1994, riguardo alla transazione con il costruttore circa i lavori da eseguire sulle parti comuni).

Orbene, indiretta conferma di quanto sopra esposto si ritrae dall'istituzione, ad opera della Riforma del 2013, del summenzionato consiglio di condominio - senza, peraltro, indicare la maggioranza necessaria per la relativa istituzione - composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari (in rapporto, dunque, di uno a quattro), precisando appunto che lo stesso ha funzioni meramente “consultive e di controllo”.

Tale previsione costituisce un déjà vu, rappresentando un ritorno al passato, perché l'art. 16 del r.d. n. 54/1934 contemplava, nell'ipotesi di condominii numerosi, l'esistenza di un consiglio di condominio, composto da non meno di due membri scelti tra i condomini, con compiti vari: detto consiglio veniva definito come «l'organo consultivo dell'amministratore, ne controlla l'operato riferendone all'assemblea ed ha la precipua funzione di conciliare le vertenze tra i condomini», non escludendo che «i regolamenti possono affidare al consiglio altre attribuzioni tra quelle riservate all'amministratore».

Del resto, tale organismo compariva già in alcuni regolamenti, in cui si prevedeva la nomina di alcuni soggetti - in qualità di consiglieri, coadiutori, consultori e quant'altro - ma non sempre se ne circoscrivevano i poteri, specie con riferimento all'amministratore e all'assemblea.

La delega dei poteri decisori

Nel vecchio regime, la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. II, 6 marzo 2007, n. 5130) aveva affermato che l'assemblea potesse delegare parzialmente i suoi poteri ad una commissione ristretta di condomini, ma solo nel caso in cui tale delega fosse giustificata dall'esigenza di semplificare le procedure amministrative - ad esempio, scelta dei preventivi relativi ai lavori da eseguire nelle parti comuni dello stabile - e fosse contenuta entro i limiti di rispetto della competenza istituzionale della stessa assemblea, tali da assicurare sempre il controllo da parte del delegante e da escludere in tal modo ampi margini di discrezionalità del delegato; in pratica, le decisioni della commissione non potevano intendersi vincolanti per tutti i restanti condomini, perché le funzioni gestorie attribuite dalla legge all'assemblea non potevano mai reputarsi delegabili ad un ristretto gruppo di condomini.

In quest'ottica, si era posta una pronuncia di merito (Trib. Napoli 30 ottobre 1990), la quale aveva ritenuto che era vietato all'assemblea dei condomini, a maggioranza di voti, delegare (nella specie, senza obbligo di rendiconto) ad una commissione ristretta scelte di gestione ed opere indeterminate di manutenzione straordinaria, aggiungendo che la delibera comportasse un illegittimo esautoramento della minoranza dei partecipanti al condominio, nel cui interesse erano stabilite regole inderogabili a favore della competenza istituzionale dell'organo collettivo, con la precisazione che l'investitura di una commissione ad hoc era configurabile solo per la decisione su questioni tecniche minute e marginali conseguenti a scelte fatte dall'assemblea almeno in linea di massima ma sempre specificamente enunciate, con l'indicazione della copertura finanziaria e delle regole programmatiche, sia pur generali, di condotta della commissione medesima.

In precedenza, lo stesso giudice partenopeo (Trib. Napoli 14 luglio 1987) aveva correttamente puntualizzato che qualunque decisione sulle opere di manutenzione straordinaria dell'immobile condominiale spettasse in via esclusiva, a norma dell'art. 1135, n. 4), c.c. alla competenza dell'assemblea, sicché risultava illegittima la delega conferita ad una commissione composta da alcuni soltanto dei condomini su provvedimenti e scelte tecnico-economiche inerenti lavori urgenti e di straordinaria amministrazione interessanti l'edificio condominiale.

Le funzioni consultive e di controllo

Va ribadito, pertanto, il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciute all'assemblea dall'art. 1135 citato, aggiungendo che la medesima assemblea può deliberare, quale organo destinato ad imprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempre che non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale (un limite alla sfera di competenza dell'assemblea potrebbe, invece, evincersi dall'art. 1108, comma 3, c.c. - applicabile al condominio per il rinvio ex art. 1139 c.c. - sicché l'assemblea, con mera votazione maggioritaria, non potrebbe disporre l'alienazione dell'intero edificio o delle parti comuni, la costituzione su queste di diritti reali, o la loro locazione per un periodo di tempo che eccede i nove anni).

Posto che compito primario dell'assemblea è la gestione e la disciplina dell'uso e godimento delle cose e dei servizi comuni (oltre che poteri normativi e di controllo), logico corollario è che i poteri della stessa assemblea non possono invadere la sfera della proprietà e dei diritti dei singoli condomini, spettanti per convenzione, o per effetto degli atti di acquisto, o per legge, sia in ordine ai beni comuni sia a quelli esclusivi, a meno che tale invasione sia stata specificatamente accettata da tutti i condomini (o da quelli direttamente interessati), e ciascuno si sia impegnato non solo quale partecipante alla comunione, ma anche quale titolare esclusivo della porzione a lui spettante in proprietà.

Si può concludere, pertanto, nel senso che il consiglio di condominio, da un lato, ha la funzione di adiuvare (e non vincolare o, addirittura, intralciare) l'amministratore nell'espletamento del suo mandato, per cui non è precluso al secondo di adottare decisioni senza il parere del primo, potendo essere sentito a sua discrezione in ordine alle questioni per cui crede di interpellarlo (soprattutto, per quelle materie di incerta appartenenza considerando i concorrenti poteri dell'assemblea), e, dall'altro, ha lo scopo di verificare la condotta dell'amministratore, affinché la stessa sia in linea con le attribuzioni conferitegli dalla legge e dal regolamento, non privando, però, l'assemblea dei suoi poteri di verifica e di indirizzo sopra esaminati.

Resta inteso, comunque, che se il consiglio (o commissione) di condominio eccede il mandato assegnato dall'assemblea o dal regolamento, risponderanno i singoli membri che ne fanno parte e non il condominio (si pensi ai danni derivanti dall'esecuzione di lavori al di fuori dell'incarico conferito).

In evidenza

In quest'ordine di principi, va ribadito, tuttavia, che, pure nella vigenza del novellato art. 1130-bis c.c., nessun regolamento, sia pure contrattuale, potrebbe validamente riservare al consiglio di condominio il compito di sostituire istituzionalmente l'assemblea dei condomini: la maggioranza espressa da tale consiglio sarebbe comunque cosa diversa dalla maggioranza effettiva dei partecipanti, e non si vedrebbe come far funzionare le regole sull'impugnazione delle delibere, allo scopo di individuare, in particolare, i condomini dissenzienti o assenti.

Le prime pronunce di merito e di legittimità

I principi sopra delineati hanno trovato recente conferma nella giurisprudenza di merito (App. Torino 25 luglio 2017, n. 1667), ad avviso della quale la deliberazione del consiglio di condominio è invalida allorché consista in una deliberazione assembleare che non abbia contenuto consultivo (come previsto dall'art. 1130-bis, ultimo comma, c.c.), ma esprima una vera e propria decisione e sia stata assunta in difetto di convocazione per conto dell'amministratore di condominio; infatti, il consiglio di condominio - come disciplinato dalla Riforma del 2013 - ha esclusivamente funzioni consultive e di controllo amministrativo, tecnico e contabile sull'operato dell'amministratore (nella specie, l'assemblea del consiglio di condominio aveva deliberato sul punto la “assegnazione dei lavori di rifacimento terrazzo/lastrico solare”, con evidente eccesso di potere in relazione alle sue legittime prerogative).

Analizzando una peculiare fattispecie, i giudici di Piazza Cavour (Cass. civ., sez. II, 20 dicembre 2018, n. 33057) hanno chiarito che è possibile che l'assemblea condominiale possa deliberare (in maniera legittima) la nomina di una “commissione di condomini”, attribuendo alla stessa l'incarico di esaminare i preventivi e le relative spese per valutare quali di essi sia meglio rispondente alle esigenze del condominio; tuttavia, è altrettanto vero che, non essendo delegabili ai singoli condomini (anche se riuniti in un gruppo) le funzioni dell'assemblea, la scelta del contraente e il riparto del corrispettivo effettuati dalla suddetta commissione sono vincolanti per tutti i condomini (e cioè anche per i dissenzienti) solo se approvati dall'assemblea con le maggioranze prescritte; ne consegue che, in mancanza di qualsivoglia deliberazione assembleare di approvazione della scelta del contraente (in ipotesi) svolta dai consiglieri incaricati e del relativo corrispettivo, il contratto di appalto stipulato dall'amministratore - per lavori di manutenzione straordinaria dei quali, come nella specie, non sia stata accertata, in fatto, l'urgenza ex art. 1135, comma 2, c.c. - pur se conforme (in ipotesi) a tali scelte, non è giuridicamente opponibile ai condomini.

Casistica

CASISTICA

Impugnazione del rendiconto

L'approvazione da parte dell'assemblea condominiale del rendiconto annuale che l'amministratore è tenuto a rendere ai sensi dell'art. 1130, comma 2, c.c. preclude successive iniziative individuali da parte dei condomini che intendono contestare il rendiconto, in quanto l'unica forma di contestazione ammessa dalla disciplina del condominio è rappresentata dalla impugnazione ai sensi dell'art. 1137 c.c. della deliberazione di approvazione, e ciò per ragioni di legittimità e non di merito (nella fattispecie, alcuni condomini successivamente alla deliberazione di approvazione del rendiconto e senza avere proposto tempestiva impugnazione, avevano convenuto in giudizio direttamente l'amministratore in tale sua qualità, oltre ai componenti del consiglio condominiale, chiedendo che venisse ordinato ai convenuti un ulteriore rendimento del conto, e che venisse accertato il loro illecito comportamento nella gestione di lavori di manutenzione e di spese straordinarie, oltre al risarcimento dei danni) (Trib. Salerno 30 gennaio 2010).

Clausole contrattuali del regolamento

È valida la deliberazione assembleare del supercondominio che riporti all'assemblea le attribuzioni basilari ed essenziali per la collettività condominiale, prima demandate da norma regolamentare al consiglio di condominio, quali la nomina dell'amministratore, l'approvazione del rendiconto e le deliberazioni sulle spese, perché le clausole contrattuali del regolamento di condominio non possono prevalere sulla disciplina inderogabile di legge (Trib. Milano 16 maggio 2002).

Rimedi esperibili avverso le statuizioni

Le deliberazioni di un apposito “consiglio di quartiere”, al quale la collettività dei comunisti, convenzionalmente e in via preventiva e permanente a mezzo di un regolamento della comunione, abbia delegato una parte dei propri poteri, sono, relativamente alle funzioni delegate, deliberazioni dell'assemblea dei condomini e in quanto tali sono impugnabili sia con l'azione generale di nullità, sia con l'azione speciale di annullamento ex art. 1109 c.c. (Trib. Milano 9 marzo 1987).

Esame dei preventivi

L'assemblea condominiale può legittimamente deliberare di nominare una commissione di condomini con l'incarico di esaminare i preventivi e le relative spese, al fine di valutare quali di essi sia meglio rispondente alle esigenze del condominio; ciononostante, la scelta e il riparto operati dalla commissione diventano vincolanti per tutti i condomini (dissenzienti inclusi), solo se riportati in assemblea e approvati con le maggioranze prescritte, non essendo delegabili ai singoli condomini (anche riuniti in un gruppo) le funzioni dell'assemblea (Cass. civ., sez. II, 6 marzo 2007, n. 5130).

Guida all'approfondimento

Di Marzio, Commento all'art. 1130-bis c.c., in Codice del condominio diretto da A. Celeste, Milano, 2018, 711;

Tarantino, Il consiglio di condominio può scegliere la ditta appaltatrice?, in Condominioelocazione.it;

Nicoletti, Consiglio di condominio: limiti ai poteri e all'impugnativa delle delibere, in Condominioelocazione.it;

Lazzaro - Di Marzio - Petrolati, Codice del condomino, Milano, 2017, 461;

Accoti, Il nuovo rendiconto condominiale, la figura del revisore dei conti e la nomina del consiglio di condominio, in Consulente immobiliare, 2016, fasc. 1012, 2192;

Celeste, L'assemblea, Milano, 2003, 93.

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