La liquidazione controllata nel sovraindebitamento

21 Febbraio 2019

L'obiettivo del presente scritto è quello di illustrare il funzionamento ed i principi caratterizzanti la liquidazione controllata nel sovraindebitamento così come delineata dal legislatore nel nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza, ponendola a confronto con la disciplina contenuta nella L. n. 3/2012.
Premessa

La disciplina della liquidazione controllata nel sovraindebitamento è collocata nel Titolo V, dedicato alla Liquidazione, Capo IX, dedicato appositamente all'istituto in esame. Gli articoli specificamente dedicati sono dal 268 al 277, compresi.

La disciplina trova il suo antecedente in quella contenuta nella sezione seconda del capo secondo della L. 27 gennaio 2012, n. 3 relativa alla liquidazione del patrimonio del debitore sovraindebitato.

I presupposti

Si tratta di un procedimento finalizzato alla liquidazione del patrimonio dei seguenti soggetti:

  • consumatore;
  • professionista;
  • imprenditore agricolo;
  • imprenditore minore;
  • ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale.

La legittimazione a richiedere l'apertura della liquidazione controllata appartiene:

  • in primo luogo al debitore, che si trova in stato di sovraindebitamento;
  • ai creditori, ma solo se a carico del debitore pendono procedure esecutive individuali, ritenute chiaro indizio di crisi o insolvenza;
  • al pubblico ministero, ma l'interesse pubblico che la giustifica si ritiene sussistere solo se il debitore è un imprenditore e unicamente se lo stesso si trova in stato di insolvenza.

L'estensione della legittimazione ai creditori ed al pubblico ministero costituisce attuazione dello specifico criterio di delega di cui all'art. 9, comma 1, lett. h), L. n. 155/2017.

Tale previsione merita di essere evidenziata nella misura in cui contribuisce ad allargare la legittimazione attiva; occorre invero ricordare che l'art. 14-ter L. n. 3/2012 demandava la legittimazione al solo debitore in stato di sovraindebitamento.

Alcuni componenti del patrimonio sono esclusi dalla liquidazione, come già previsto dall'art. 14-ter, comma 6, L. 27 gennaio 2012, n. 3, e segnatamente:

a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 c.p.c.;

b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia;

c) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 c.c.;

d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

Non si ravvisa alcuna divergenza con l'art. 14 ter, comma 6, L. n. 3/2012, avendo il legislatore mantenuto invariato l'elenco dei beni non compresi nella liquidazione.

Come previsto anche per la liquidazione giudiziale, dalla data di deposito della domanda, ai soli fini del concorso, e fino alla chiusura della liquidazione è sospeso il corso degli interessi convenzionali o legali, salvo che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio e salvo quanto previsto dagli artt. 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, c.c.

Anche tale previsione risulta essere invariata rispetto alla formulazione contenuta nell'art. 14-ter, comma 7, L. n. 3/2012.

Procedimento

Si tratta di una procedura semplificata rispetto alla disciplina della liquidazione giudiziale, considerato che la liquidazione concerne patrimoni tendenzialmente di limitato valore e situazioni economico finanziarie connotate da limitata complessità.

In via preliminare è bene specificare che non è necessario il patrocinio di un legale per la presentazione del ricorso contenente la domanda di liquidazione, giusto il tenore letterale dell'art. 269: ciò al fine di contenere i costi della procedura.

La tutela del debitore si realizza grazie all'assistenza dell'organismo di composizione della crisi, il quale, in persona del gestore della crisi, deve redigere una relazione, da allegarsi al ricorso, in cui espone la situazione economico finanziaria del debitore (dalla quale deve risultare la sussistenza dello stato di crisi o insolvenza), ed esprime una valutazione sull'attendibilità della documentazione allegata dal debitore al ricorso. E' compito esclusivo dell'OCC, entro tre giorni dal conferimento dell'incarico da parte del debitore, finalizzato al deposito del ricorso, darne notizia all'agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali, competenti in base all'ultimo domicilio fiscale del debitore. La disposizione è volta a consentire agli uffici di predisporre tempestivamente la documentazione necessaria per far valere eventuali crediti nella liquidazione e, se possibile, a comunicare la situazione debitoria all'OCC, in modo che questi ne possa tener conto nella redazione della relazione.

La previsione risulta essere dalla portata più generica rispetto alla previgente disciplina contenuta nell'art. 14 ter, comma 3, L. 3/2012, limitandosi, per come sopra indicato, a prevedere una relazione che esponga, da un lato, una valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata; dall'altro, la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore.

Non può non osservarsi che la previgente formulazione era da preferire, atteso che non è dato a comprendere – perché non indicata – quale sia la documentazione da allegare al ricorso: la norma nulla dice sul punto. Con molta probabilità, quantomeno in una prima fase, si continuerà a fare riferimento all'art. 14 ter, comma 3, L. n. 3/2012, la quale indica nello specifico che la relazione deve contenere:

a) l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell'assumere volontariamente le obbligazioni;

b) l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore persona fisica di adempiere le obbligazioni assunte;

c) il resoconto sulla solvibilità del debitore persona fisica negli ultimi cinque anni;

d) l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;

e) il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.

Non è più richiesto espressamente l'inventario di tutti i beni del debitore, anche se v'è da ritenere che dovrà essere comunque fornito.

La domanda di apertura di una procedura di liquidazione controllata dei beni, contenuta in un ricorso, deve essere presentata al tribunale competente ai sensi dell'art. 27, comma 2 del Codice della crisi e dell'insolvenza, ovvero il tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali.

Per se la formulazione letterale risulta essere diversa, operando ora un riferimento al “centro degli interessi principali” non si ravvisa alcun cambiamento rispetto ai criteri contenuti nell'art. 9, L. n. 3/2012.

Il tribunale, in assenza di domande di accesso alle procedure di cui al titolo IV e verificati i presupposti di cui agli articoli 268 e 269, dichiara con sentenza l'apertura della liquidazione controllata.

Sul punto la previgente disciplina presentava aspetti di maggiore rigore, invero:

  • richiedeva l'assenza delle condizioni di inammissibilità di cui all'art. 7, comma 2, lett. a) e b);
  • richiedeva l'assenza di atti di frode ai creditori negli ultimi cinque anni.

Con la sentenza il tribunale:

a) nomina il giudice delegato;

b) nomina il liquidatore, confermando l'OCC o, per giustificati motivi, scegliendolo nell'elenco dei gestori della crisi di cui al decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202. In questo ultimo caso la scelta è effettuata di regola tra i gestori residenti nel circondario del tribunale competente e l'eventuale deroga deve essere espressamente motivata e comunicata al presidente del tribunale. Al liquidatore nominato dal tribunale si applicano gli articoli 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159;

c) ordina al debitore il deposito entro sette giorni dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell'elenco dei creditori;

d) assegna ai terzi che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall'elenco depositato un termine non superiore a sessanta giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, devono trasmettere al liquidatore, a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo, predisposta ai sensi dell'articolo 201; si applica l'articolo 10, comma 3;

e) ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo a utilizzare alcuni di essi. Il provvedimento è titolo esecutivo ed è posto in esecuzione a cura del liquidatore;

f) dispone l'inserimento della sentenza nel sito internet del tribunale o del Ministero della Giustizia. Nel caso in cui il debitore svolga attività d'impresa, la pubblicazione è altresì effettuata presso il registro delle imprese;

g) ordina, quando vi sono beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione della sentenza presso gli uffici competenti.

È bene evidenziare che lettere b), e), f), g) corrispondono a quanto già previsto dalle lett. A), c), d), e) dell'art. 14 quinquies, l. 3/12; muta la natura del provvedimento, non trattandosi più di decreto, bensì di sentenza.

Gli adempimenti di cui alle precedenti lettere f) e g) sono eseguiti a cura del liquidatore; la sentenza è notificata al debitore, ai creditori e ai titolari di diritti sui beni oggetto di liquidazione.

A differenza di quanto previsto dalla disciplina dettata dalla L. n. 3/2012, la nuova normativa innesta anche la liquidazione controllata del sovraindebitato nel procedimento unitario regolato dagli art. 44 ss., in quanto applicabili, e disciplina la procedura di liquidazione controllata sul modello della liquidazione giudiziale, adattandola alle caratteristiche dei soggetti sovraindebitati.

La norma, dando per presupposto lo svolgimento della precedente fase in esito al deposito della domanda di un soggetto legittimato, prevede che il tribunale, valutata l'assenza di domande alternative di composizione concordata e la sussistenza del presupposto della crisi o dell'insolvenza, dichiari l'apertura della liquidazione giudiziale e detti i provvedimenti per l'ulteriore corso.

Con lo stesso provvedimento nomina il giudice delegato e il liquidatore, confermando normalmente il gestore della crisi che già assiste il debitore. Il tribunale può, tuttavia, nominare liquidatore anche un diverso gestore della crisi, scegliendolo, di regola, nell'elenco di cui al DM Giustizia 24 settembre 2014 n. 202, tra i residenti nel circondario del tribunale competente. E' possibile derogare a tale indicazione, ma la diversa scelta deve essere espressamente motivata e se ne deve dare notizia al presidente del tribunale. Se la domanda è stata presentata da un creditore o dal pubblico ministero, la scelta del liquidatore non è condizionata dalla presenza dell'OCC incaricato dell'assistenza dal debitore, tranne il caso in cui l'incarico sia stato conferito nella fase precedente alla decisione del tribunale e l'OCC vi abbia partecipato.

Il liquidatore dovrà aggiornare l'elenco dei creditori; ai nuovi soggetti inseriti nell'elenco dovrà essere notificata la sentenza di apertura della liquidazione, entro il termine di trenta giorni, affinché possano parimenti presentare domanda di ammissione al passivo o di restituzione, rivendicazione.

Al contempo, entro il termine di novanta giorni, il liquidatore dovrà completare l'inventario dei beni del debitore e redigere un programma in ordine ai tempi e modalità della liquidazione; il programma dovrà essere comunicato al giudice delegato e depositato in cancelleria.

Anche tali adempimenti non divergono dalla disciplina di cui all'art. 14-sexies, L. n. 3/2012.

Alla stessa conclusione deve pervenirsi con riguardo alla formazione dello stato passivo, il quale continua ad essere così caratterizzato:

  • il liquidatore predispone un progetto di stato passivo, comprendente un elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore, e lo comunica agli interessati all'indirizzo di posta elettronica certificato indicato nella domanda. In mancanza della predetta indicazione, il provvedimento si intende comunicato mediante deposito in cancelleria;
  • entro quindici giorni possono essere proposte osservazioni;
  • in assenza di osservazioni, il liquidatore forma lo stato passivo, lo deposita in cancelleria e ne dispone l'inserimento nel sito web del tribunale o del Ministero della giustizia (nella disciplina di cui all'art. 14-octies, l. 3/12 era previsto che il liquidatore depositasse lo stato passivo in cancelleria e lo comunicasse alle parti);
  • quando sono formulate osservazioni che il liquidatore ritiene fondate, predispone, entro quindici giorni un nuovo progetto di stato passivo e ne dà comunicazione;
  • in presenza di contestazioni non superabili, il liquidatore rimette gli atti al giudice delegato, il quale provvede alla definitiva formazione del passivo con decreto motivato e pubblicato. Contro il decreto può essere proposto reclamo davanti al collegio, di cui non può far parte il giudice delegato. Il procedimento si svolge senza formalità, assicurando il rispetto del contraddittorio.

Continua pertanto a trattarsi di un procedimento deformalizzato.

(Segue) La procedura semplificata

L'art. 271 introduce una variante semplificatoria alla disciplina del processo unitario per il caso di concorso di procedure.

Il tribunale, in presenza di una domanda di liquidazione proposta dai creditori o dal pubblico ministero, se il debitore chiede l'accesso ad una procedura alternativa di regolazione della crisi a lui riservata, conceda un termine per integrare la domanda.

Poiché la liquidazione può essere disposta solo quando non siano proposte o non siano percorribili soluzioni concorsuali alternative, durante il termine concesso non può essere aperta la liquidazione controllata e, nel caso in cui venga aperta una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, la domanda di liquidazione deve essere dichiarata improcedibile.

Se, tuttavia, alla scadenza del termine concesso il debitore non integra la domanda o la procedura non è aperta o è dichiarata cessata, il tribunale dispone l'apertura della liquidazione controllata con sentenza reclamabile innanzi alla Corte di appello.

Il liquidatore

Al liquidatore sono attribuiti incarichi specifici, e segnatamente:

  • esercita o se pendente, prosegue, ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore e ogni azione diretta al recupero dei crediti;
  • esercita o, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.

In entrambe le ipotesi è necessaria la previa autorizzazione del giudice delegato, il quale la concede quando l'azione è utile per il miglior soddisfacimenti dei creditori.

Ed ancora:

  • esegue il programma di liquidazione, riferendo ogni sei mesi al giudice delegato. Se non provvede a depositare le relazioni semestrali tal comportamento costituisce causa di revoca dell'incarico ed è valutato ai fini della liquidazione del compenso;
  • ha l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione;
  • al termine presenta al giudice il rendiconto, quest'ultimo se lo approva procede anche alla liquidazione del compenso del liquidatore; diversamente se non lo approva indica gli atti necessari al completamento della liquidazione ovvero le opportune rettifiche ed integrazioni del rendiconto, nonché un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice provvede alla sostituzione del liquidatore e nella liquidazione del compenso tiene conto della diligenza prestata, con possibilità di escludere in tutto o in parte il compenso stesso;
  • provvede alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione secondo l'ordine di prelazione risultante dallo stato passivo, previa formazione di un progetto di riparto da comunicare al debitore e ai creditori, con termine non superiore a giorni quindici per osservazioni. In assenza di contestazioni, comunica il progetto di riparto al giudice che senza indugio ne autorizza l'esecuzione. Se sorgono contestazioni sul progetto di riparto, il liquidatore verifica la possibilità di componimento e vi apporta le modifiche che ritiene opportune. Altrimenti rimette gli atti al giudice delegato, il quale provvede con decreto motivato, reclamabile.

Rispetto al contenuto dell'art. 14-novies e decies, L. n. 3/2012 può evidenziarsi una maggiore specificità dei compiti attribuiti al liquidatore, anche se nella sostanza non si denota una modifica degli stessi.

La chiusura della procedura

La procedura si chiude con decreto, come previsto dall'art. 14-nonies, comma 5, L. n. 3/2012. Con decreto di chiusura, il giudice, su istanza del liquidatore, autorizza il pagamento del compenso liquidato, lo svincolo delle somme eventualmente accantonate e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo.

I creditori con causa o titolo posteriore al momento dell'esecuzione della pubblicità non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione.

I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti.

Anche tali previsioni corrispondono a quanto previsto dall'art. 14-duodecies, L. n. 3/2012.

In conclusione

La procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato corrisponde in grande parte a quanto già previsto dalla L. n. 3/2012.

Deve registrarsi e valutarsi positivamente l'ampliamento della legittimazione attiva ad avvalersi di tale strumento non più riservato al debitore, ma utilizzabile anche dai creditori e finanche dal pubblico ministero. L'obiettivo perseguito è in linea con i principi generali che caratterizzano il Codice della crisi e dell'insolvenza: garantire un'emersione tempestiva dello stato di crisi e/o insolvenza ed individuarne una soluzione, nell'interesse di tutte le parti coinvolte.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario