Assenza di limite temporale fisso nel piano del consumatore: ammissibilità ponderata al caso concreto

Luigi Amendola
25 Febbraio 2019

In assenza di una previsione normativa del limite di durata delle procedure di sovraindebitamento, va esclusa l'individuazione di un parametro temporale fisso rispetto al quale vagliare l'ammissibilità del piano del consumatore, dovendosi preferire una ponderata valutazione della singola fattispecie.
Massima

In assenza di una previsione normativa del limite di durata delle procedure di sovraindebitamento, va esclusa l'individuazione di un parametro temporale fisso rispetto al quale vagliare l'ammissibilità del piano del consumatore, dovendosi preferire una ponderata valutazione della singola fattispecie (…) va omologato il piano del consumatore qualora la dilazione proposta dal debitore risulti pienamente compatibile con la natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (ossia un mutuo fondiario), vale a dire un rapporto negoziale la cui intrinseca ed ontologica caratteristica è proprio la lunga durata (che secondo la prassi bancaria raggiunge tempistiche anche di molto superiori a quelle proposte).

Il caso

Un consumatore chiede l'omologa di un piano del consumatore strutturato sulla dilazione di pagamento ventennale di un credito di rango fondiario. Il Tribunale di Como nel respingere la opposizione della creditrice Banca che ne eccepiva la irragionevole durata, ha omologato il piano, ritenendo di dover vagliare la meritevolezza della procedura di sovraindebitamento e del suo termine di esecuzione sulle peculiarità della singola fattispecie concreta che nel caso di specie induceva ad un giudizio del tutto positivo. Ha ritenuto, nello specifico, che il termine di esecuzione ventennale, essendo conforme alla natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (id est mutuo fondiario) la cui ontologica caratteristica è proprio la lunga durata, non poteva che porsi in senso favorevole all'omologa. Tanto anche in considerazione del fatto che la creditrice Banca rappresentava la quasi totalità dei debiti da consumo fondanti il piano.

Questioni giuridiche

La pronuncia in commento involge la problematica della ragionevole durata del piano del consumatore, tema di particolare interesse giacchè la normativa di riferimento è silente sul punto. La legge n. 3 del 27 gennaio 2012 recante la disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento non identifica in nessuna sua disposizione quali sono i tempi massimi di esecuzione del piano né contiene norme applicabili.

L'art. 7, comma 2, come modificato a seguito del d.l. n. 179/2012, detta quali condizioni di procedibilità che il debitore richiedente non abbia fatto ricorso nei cinque anni precedenti ad uno dei procedimenti previsti, che non abbia subito per cause a lui imputabili un provvedimento di impugnazione, revoca o annullamento del piano, e che abbia depositato una documentazione idonea per ricostruire la sua situazione economica e patrimoniale.

L'assenza di un dato normativo univoco ha alimentato il vivo dibattito giurisprudenziale e dottrinale registratosi in materia.

La soluzione offerta dalla sentenza in commento

Il Tribunale di Como ha inteso sopperire a tale vuoto mediante una interpretazione che “presuppone il bilanciamento di contrapposti interessi di rango costituzionale - la ragionevole durata dei procedimenti nonché la effettività della tutela giurisdizionale, tenuto conto della natura dei rapporti giuridici dai quali il credito al consumo trae origine”.

In altre parole, il Tribunale comasco ha offerto una chiave di lettura moderata tra gli opposti orientamenti giurisprudenziali che si sono sviluppati in materia. Nel rintracciare la soluzione da adottare, negli anni post legge cd. salva suicidi è emersa una netta divaricazione in proposito: in senso concessivo, la giurisprudenza di merito ha ammesso piani del consumatore con dilazione di pagamento anche di 20, 30 o 40 anni (cfr. Tribunale di Napoli, decreto del 28 ottobre 2015,Tribunale di Pisa, decreto del 05.7.2017) ed in senso restrittivo ha ritenuto, nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo, di preferire soluzioni aderenti ad una durata inferiore e addirittura non superiore a cinque anni (Tribunale di Rovigo, 13.12.2016; Tribunale di Milano, 27.11.16.) Si sono registrati anche decreti di omologa di piani del consumatore di durata di 5 – 7 anni richiamando il limite temporale delle procedure concorsuali.

Infatti la Suprema Corte ha affermato che la procedura fallimentare, affinché rispetti i dettami dell'art. 2, comma 2, L. 89/2001 (c.d. legge Pinto) e i parametri della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, non possa superare i cinque anni nel caso di media complessità e i sette anni in caso di notevole complessità (Cass., n. 8468 del 28 maggio 2012 e Cass. n. 23982 del 12 ottobre 2017). Inoltre, con la sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521, le Sezioni unite, nel pronunciarsi sulla questione del controllo sulla fattibilità della proposta di concordato preventivo, hanno affermato che tale giudizio debba essere operato anche tenendo conto della ragionevole durata del piano, da qui l'estensione in via analogia al piano del consumatore.

Ebbene, sotto il primo profilo si tende a dare maggiore rilevanza al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti del consumatore sovraindebitato, sottolineando al massimo la ratio della L. n. 3/2012.

Ex adverso, il secondo filone giurisprudenziale ha inteso individuare il limite di durata del piano nel principio della ragionevole durata delle procedure giudiziarie giacchè ha ritenuto involgere maggiormente un interesse collettivo. È parere dello scrivente che l'esigenza (di matrice comunitaria) di tutelare il consumatore sovraindebitato riconoscendo una cd. second chance, non possa però far trascurare la tutela del creditore, portatore di interessi - comunque – meritevoli di tutela. È in questo contesto che si inserisce la pronuncia del Tribunale di Como, la quale, nell'omologare un piano del consumatore con esecuzione ventennale, bilancia questi opposti interessi applicando il principio secondo il quale “va omologato il piano del consumatore qualora la dilazione proposta dal debitore risulti pienamente compatibile con la natura giuridica del rapporto negoziale sottostante (ossia un mutuo fondiario), vale a dire un rapporto negoziale la cui intrinseca ed ontologica caratteristica è proprio la lunga durata (che secondo la prassi bancaria raggiunge tempistiche anche di molto superiori a quelle proposte)”

L'assunto è certamente condivisibile, laddove si consideri che, nel caso di specie, il piano del consumatore si pone come alternativa di una soluzione liquidatoria (rectius trattandosi di mutuo fondiario l'alternativa si tradurrebbe nel soddisfacimento coattivo sul bene gravato da ipoteca) e che dalla liquidazione del bene gravato da ipoteca l'attivo distribuibile sarebbe stato nettamente inferiore a quanto proposto a titolo di soddisfacimento nel piano omologato. Altresì, la pronuncia è coerente con la ratio delle procedure per la composizione della crisi da sovraindebitamento, che si traduce nell'offrire al consumatore sovraindebitato la possibilità di riemergere economicamente in una situazione scevra dai debiti.

Del resto, quanto sia sacrificabile il diritto del creditore di poter ottenere un soddisfacimento del proprio credito in tempo ragionevole resta, a parere dello scrivente, un quesito sempre aperto. Lecito, invero, chiedersi se l'omologa del Tribunale debba riguardare anche la capacità del soggetto di adempiere al piano quando il credito non viene falcidiato ma solo dilazionato in un lungo periodo alla stregua della stipula - di fatto - di una sorta di secondo mutuo.

Il rischio è di imporre al creditore la rinuncia ad una pronta liquidazione e ad invocare la decadenza dal beneficio del termine, “obbligandolo” alla stipula di un nuovo contratto – benchè senza effetto novativo – con un soggetto già inadempiente.

Non può tralasciarsi di considerare anche la circostanza che i creditori nel piano del consumatore non hanno alcuna possibilità di voto né di preventivo accordo con il debitore. La cd. chance di ristrutturare la propria sovraesposizione debitoria senza avere il consenso qualificato del ceto creditorio diventa il vero tallone di Achille della normativa in tema di piano del consumatore.

Ulteriore analisi, per la peculiarità del caso affrontato dal Tribunale di Como, concerne il giudizio di meritevolezza. Ove il creditore principale sia un istituto bancario, si potrebbe sostenere che il giudizio di meritevolezza viene assorbito da quell'obbligo di veridicità del merito creditizio previsto dall'art. 8 della direttiva 2008/48/CE e trasfuso nell'art. 124-bis del TUB laddove si precisa che “prima della conclusione del concreto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio sulla base di informazioni adeguate”.

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