Licenziamenti collettivi ed obbligo di consultazione sindacale delle associazioni maggiormente rappresentative dei dirigenti

26 Febbraio 2019

In materia di licenziamenti collettivi la Suprema Corte osserva che, con l'art. 16, l. n. 161 del 2014 (legge europea 2013-bis), il legislatore ha provveduto all'armonizzazione della normativa interna con l'inserimento nel primo comma dell'art. 24, l. n. 223 del 1991...

Il caso. Il Tribunale di Verona aveva rigettato l'opposizione proposta da F.C., ai sensi dell'art. 98, l. fall. (r.d. n. 267 del 1942), avverso lo stato passivo del Fallimento [Omissis] s.r.l., cui era stato ammesso in via privilegiata ai sensi dell'art. 2751-bis, c.c., n. 1, per il credito complessivo per retribuzioni, tredicesima, mancato preavviso, t.f.r., ecc.; con esclusione del credito risarcitorio per illegittimità del licenziamento intimato, per la pregiudizialità di un tale accertamento nella competente sede cognitoria del giudice del lavoro.

Dopo aver dato preliminarmente atto dell'improcedibilità della domanda respinta, dichiarata con sentenza dal Tribunale in funzione di giudice del lavoro successivamente adito dal predetto a seguito del provvedimento di esclusione dallo stato passivo (per avere ritenuto l'accertamento di illegittimità del licenziamento strumentale alla pretesa patrimoniale dell'indennità risarcitoria per violazione formale della procedura di licenziamento collettivo, in esito alla quale era stato intimato quello a F.C., nella cognizione del giudice fallimentare), il Tribunale rigettava nel merito la domanda.

In esito ad analitico esame della disciplina regolante la comunicazione della procedura di mobilità alla base del licenziamento collettivo (l. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24), esso escludeva, ai fini di rilevanza patrimoniale interessanti la procedura concorsuale, l'illegittimità del licenziamento per il vizio denunciato dal lavoratore di mancata comunicazione di avvio della procedura di mobilità a Federmanager, associazione sindacale indicata come la più rappresentativa dei dirigenti (categoria cui egli apparteneva) dello specifico settore (metalmeccanico) della società datrice.

E ciò per le seguenti ragioni: a) sufficienza dell'inoltro (regolarmente avvenuto) della comunicazione di avvio alla R.S.U. ed alle associazione sindacali di categoria (Fim-Cisl, Fiom. Cgil, Uilm Uil), dovendo queste essere intese in riferimento al settore merceologico dell'impresa e non al profilo professionale del lavoratore impugnante il licenziamento (nel caso di specie: dirigente); b) difetto di prova della ragione della comunicazione preventiva proprio a Federmanager e non ad altre organizzazioni; c) mancanza di prova del concreto pregiudizio subito dal lavoratore, di essa onerato, per l'omessa comunicazione.

Il lavoratore ricorreva per cassazione, resisteva la curatela fallimentare con controricorso.

Licenziamenti collettivi ed obbligo di consultazione sindacale delle associazioni maggiormente rappresentative dei dirigenti. In materia di licenziamenti collettivi la Suprema Corte osserva che, con l'art. 16, l. n. 161 del 2014 (legge europea 2013-bis), il legislatore ha provveduto all'armonizzazione della normativa interna con l'inserimento nel primo comma dell'art. 24, l. n. 223 del 1991, del comma quinquies, che stabilisce: “Nel caso in cui l'impresa o il datore di lavoro non imprenditore, ricorrendo le condizioni di cui al comma 1, intenda procedere al licenziamento di uno o più dirigenti, trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 4, commi 2, 3, con esclusione dell'ultimo periodo, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 14, 15 e 15-bis, e all'articolo 5, commi 1, 2 e 3, primo e quarto periodo. All'esame di cui all'articolo 4, commi 5 e 7, relativo ai dirigenti eccedenti, si procede in appositi incontri. Quando risulta accertata la violazione delle procedure richiamate all'articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all'articolo 5, comma 1, l'impresa o il datore di lavoro non imprenditore è tenuto al pagamento in favore del dirigente di un'indennità in misura compresa tra dodici e ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo alla natura e alla gravità della violazione, fatte salve le diverse previsioni sulla misura dell'indennità contenute nei contratti e negli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro”.

Tale norma, ha indubbiamente esteso, a seguito della pronuncia della Corte giust. UE (13 febbraio 2014, causa C-596/12), l'applicabilità della procedura di mobilità anche ai dirigenti, in adempimento degli obblighi comunitari derivanti dalla direttiva n. 98/59/CE, con disposizione già ritenuta dichiaratamente integrativa e non di interpretazione autentica.

Sul punto la Cassazione si era già espressa escludendone l'applicazione per tale ragione a procedure, interessanti la posizione dei dirigenti, anteriori alla sua entrata in vigore; neppure avendo reputato disapplicabile l'impianto normativo della l. n. 223 del 1991, nel testo vigente prima delle modifiche recate dall'art. 16, l. n. 161 del 2014, per contrasto con la direttiva 20 luglio 1998, n. 59/CE, dovendo essere esclusa l'efficacia diretta delle direttive prima della loro attuazione nei rapporti cd. orizzontali, secondo la giurisprudenza della Corte giustizia europea: attesa la finalità della disciplina dei licenziamenti collettivi di regolare interessi esclusivamente attinenti a situazioni soggettive private, del datore di lavoro e del lavoratore; né venendo meno tale caratteristica, per l'impatto economico e sociale normalmente connesso all'adozione di dette procedure, per le quali è previsto il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, anch'esse soggetti privati, ovvero per il mero obbligo di comunicazione all'autorità pubblica del progetto di licenziamento, insuscettibile di evidenziare l'esistenza di uno specifico e diretto interesse collettivo distinto da quello degli altri soggetti privati coinvolti.

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