Il trattamento dei creditori postergati nel concordato preventivo

01 Marzo 2019

Nel concordato preventivo la proposta del debitore, di suddivisione dei creditori in classi, può prevedere il riconoscimento del diritto di voto a quei creditori che siano stati inseriti in apposita classe e postergati, perché titolari di crediti inerenti il rimborso ai soci di finanziamenti a favore della società, nelle ipotesi previste dall'art. 2467 c.c., purché il trattamento previsto per detti creditori sia tale da non derogare alla regola del loro soddisfacimento sempre posposto rispetto a quello, integrale, degli altri chirografari.
Massima

Nel concordato preventivo la proposta del debitore, di suddivisione dei creditori in classi, può prevedere il riconoscimento del diritto di voto a quei creditori che siano stati inseriti in apposita classe e postergati, perché titolari di crediti inerenti il rimborso ai soci di finanziamenti a favore della società, nelle ipotesi previste dall'art. 2467 c.c., purché il trattamento previsto per detti creditori sia tale da non derogare alla regola del loro soddisfacimento sempre posposto rispetto a quello, integrale, degli altri chirografari.

Il caso

La sentenza n. 16348 del 21 giugno 2018 della Corte di Cassazione affronta la tematica relativa al trattamento riservato al socio finanziatore nell'ambito del concordato preventivo.

Nel caso di specie, la società in crisi aveva depositato il ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione integrale dei beni ai creditori presso il Tribunale, il quale, ammessa la società alla procedura, a fronte del mancato raggiungimento delle maggioranze in sede di votazione del piano, non aveva omologato il concordato dichiarando il fallimento della società.

In seguito alla revoca del fallimento, in accoglimento del reclamo proposto dalla società fallita, la Corte di appello aveva rimesso gli atti al giudice di prime cure per consentire la continuazione della procedura concordataria. Tuttavia il Tribunale, in ragione del mancato raggiungimento delle maggioranze, aveva dichiarato l'inammissibilità del concordato e il fallimento della società, su istanza di uno dei creditori.

La società fallita aveva proposto nuovamente reclamo dinnanzi alla Corte d'appello, la quale, respingendolo, ha affrontato il tema relativo al trattamento del credito vantato dal socio finanziatore nell'ambito del concordato preventivo e al diritto di quest'ultimo ad essere ammesso al voto.

La sentenza emessa dal giudice di seconde cure veniva impugnata dinnanzi alla Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso in forza delle argomentazioni che vengono di seguito illustrate.

Questioni giuridiche e soluzioni

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine a un duplice profilo relativo al trattamento del socio finanziatore nell'ambito del concordato preventivo, interessandosi, da un lato, dell'inclusione del creditore socio nelle classi del piano e, dall'altro, dell'ammissione dello stesso al voto.

Per meglio comprendere l'iter argomentativo seguito dalla Corte di Cassazione giova brevemente inquadrare la fattispecie del finanziamento soci disciplinata all'art. 2467 c.c.

Ai sensi della norma citata, s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi:

  1. in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto;
  2. in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

A siffatti finanziamenti si applica la disciplina della postergazione, vale a dire che il rimborso dei versamenti effettuati dai soci è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.

Il trattamento spettante ai creditori postergati nell'ambito del concordato preventivo è controverso, come si evince dalla sentenza in esame.

Nel caso di specie, la proposta concordataria prevedeva la suddivisione dei creditori in tre classi ammesse al voto e, specificatamente, una costituita dai creditori chirografari contestati, un'altra dai creditori chirografari non contestati e l'ultima dai creditori chirografari soci. A tutte e tre le classi era riservato il medesimo trattamento, vale a dire che a ciascuna classe spettava il pagamento del proprio credito nella misura del 100% (evidentemente il concordato riguardando esclusivamente lo spostamento dei termini di pagamento e la rinuncia agli interessi di mora), senza che i postergati subissero alcuna posticipazione temporale rispetto al resto del ceto creditorio e tantomeno alcuna falcidia.

Il giudice di merito aveva ritenuto inammissibile una classe di creditori composta dall'unico socio finanziatore postergato, considerandola costituita nell'interesse esclusivo del debitore e al solo scopo di conseguire la maggioranza delle classi ammesse al voto. Pertanto, il giudice di merito aveva escluso dal voto il creditore postergato, sebbene la proposta di concordato prevedesse il soddisfacimento integrale dei creditori chirografari.

I giudici di legittimità, pur ritenendo inammissibile la proposta di concordato, hanno offerto una motivazione differente.

In primis, la Corte di Cassazione richiama un precedente orientamento secondo il quale i creditori postergati non possono essere inseriti in un piano insieme ai creditori chirografari in ragione del disposto di cui all'art. 160, comma 1 lett. c), LF, che nel prevedere i possibili contenuti di un piano concordatario indica alla lett. c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei (Cass. 4 febbraio 2009, n. 2706).

Come è noto, il Legislatore non ha previsto un obbligo di suddivisione in classi, risultando, pertanto, tale scelta meramente discrezionale (Cass. 10 febbraio 2011,) e si è limitato a fornire due criteri, perlopiù generici, per la ripartizione dei creditori, ossia quello della omogeneità dell'interesse e della posizione giuridica dei creditori, non fornendo all'interprete ulteriori indicazioni al riguardo.

Gli interessi economici omogenei che possono appartenere ad un creditore sono svariati. a titolo esemplificativo, si fa riferimento alla fonte, all'ammontare, al tempo di costituzione o alla scadenza del credito oppure alla sua importanza nel piano o al ruolo nel superamento della crisi (P. Pajardi, Codice del fallimento, a cura di M. Bocchiola e A. Paluchowski, in Le fonti del diritto italiano, Giuffrè, 2016, 1877).

Quanto, invece, alla posizione giuridica, si fa riferimento alla natura o al carattere privilegiato o chirografario del credito o ancora all'esistenza di eventuali contestazioni o alla sussistenza di garanzie.

Con riferimento alla creazione di una classe ad hoc per i creditori postergati, la giurisprudenza in passato ha offerto orientamenti contrastanti.

Dal momento che la soddisfazione della categoria dei creditori in esame è postergata, è stato sostenuto che per legge tali creditori non avrebbero diritto ad alcuna soddisfazione e, di conseguenza, si è posto il problema circa l'ammissibilità di classi di creditori che non riceverebbero alcuna soddisfazione. Da un lato, vi è chi sostiene che i creditori postergati possono comunque rientrare in una classe autonoma sebbene senza diritto di soddisfazione, dall'altro lato, altri si schierano per l'inammissibilità di una classe di creditori senza soddisfazione e, pertanto, sostengono che i creditori postergati non possono fare parte di un'autonoma classe (O. Cagnasso e L. Panzani, Crisi d'impresa e procedure concorsuali, Tomo terzo, 2016, 3503; Trib. Messina 29 dicembre 2005, in Il Fall. 2006, 66; Trib. Bologna, 26 gennaio 2006, ivi, 2006, 67).

I suddetti orientamenti si riferiscono, invero, all'ipotesi di un piano che non preveda l'integrale soddisfazione dei creditori chirografari diversi da quelli postergati.

Ad avviso della Corte di Cassazione appare corretta la riconducibilità dei creditori postergati all'interno di una classe con diritto di voto in ragione dell'omogeneità di tutti i crediti derivanti da un finanziamento all'impresa ex art. 2467, comma 2, c.c. e della differenza sostanziale intercorrente tra i creditori postergati e i creditori chirografari.

In secondo luogo, i giudici di legittimità si soffermano in merito alla legittimazione al voto dei creditori postergati.

Come è noto, è stato più volte riconosciuto in giurisprudenza che i creditori postergati sarebbero privi del diritto di voto in quanto diversamente si consentirebbe a soggetti esclusi dal concorso di incidere sul processo di approvazione di una proposta che vede come destinatari altri soggetti (Trib. Firenze 26 aprile 2010, in Riv. dir. comm. 2011, 4, II, 467; nel senso di escludere i creditori postergati dal voto si veda anche Trib. Milano, 29 settembre 2011, in Ilfallimentarista.it 2014; Trib. Vibo Valentia, 2 dicembre 2010, in Corti calabresi 2011, 3, 852).

Tuttavia, i giudici di legittimità nella sentenza in commento rilevano che il creditore postergato non deve essere escluso dal voto poiché è titolare di un interesse giuridicamente rilevante a manifestare la propria posizione in merito alla proposta concordataria. Infatti, dall'approvazione o meno della stessa derivano conseguenze differenti in punto di ammontare delle risorse conseguibili in esito alla procedura concorsuale (concordataria o fallimentare) che si ripercuotono fatalmente anche sulla posizione del creditore postergato. Pensiamo alla maggiore efficacia che, in teoria, il fallimento potrebbe avere sul piano delle azioni liquidatorie, revocatorie o risarcitorie rispetto a un concordato in cui, invece, la gestione della crisi è ultimamente lasciata nelle mani del debitore e altri interessi sono perseguiti rispetto alla mera liquidazione nella prospettiva della massimizzazione del risultato per i creditori.

Alla luce di tali valutazioni la Corte di Cassazione ritiene, quindi, che i creditori postergati non possono considerarsi indifferenti all'esito della procedura concordataria come invece accade per i creditori privilegiati rispetto ai quali l'art. 177, comma 2, l.fall. stabilisce l'esenzione dall'esprimere il proprio voto se essi non rinunciano in tutto o in parte al diritto di prelazione, laddove la proposta di concordato preveda l'integrale pagamento gli stessi.

A tale proposito la Corte riprende un proprio precedente orientamento in forza del quale la partecipazione al voto è la regola, mentre l'esclusione dallo stesso deve essere espressamente prevista dalla legge (Cass., 10 febbraio 2011, n. 3274).

Infine, i giudici di legittimità si interrogano in ordine agli effetti derivanti dalla creazione di una classe composta esclusivamente da creditori postergati domandandosi in particolare se la previsione di tale classe violi il principio di postergazione.

La Corte si dissocia dall'orientamento, - pure postulato da un precedente dei Supremi Giudici (Cass. 4 febbraio 2009 n. 2706) - che ammette la deroga alla postergazione se la proposta concordataria ottiene il consenso della maggioranza delle classi ammesse al voto, oltre a quello della maggioranza dei crediti chirografari.

Il superamento di tale arresto procede dall'osservazione che, salvo il consenso unanime dei creditori chirografari, il principio di postergazione non è derogabile e pertanto il piano non può modificarne gli effetti giuridici attraverso l'equiparazione dei crediti postergati ai chirografari (in tal senso anche Trib. Como 3 novembre 2015, in Ilfallimentarista.it 2016, 28 gennaio; Trib. Vicenza 13 luglio 2015, n. 103, in Ilfallimentarista.it 2016, 24 febbraio).

La Corte sintetizza il suo ragionare nel seguente principio di diritto: “nel concordato preventivo, la proposta del debitore può prevedere la suddivisione dei creditori in classi con il riconoscimento del diritto di voto ai creditori postergati che siano stati inseriti in apposita classe, purché il trattamento previsto per questi ultimi sia tale da non derogare alla regola del loro soddisfacimento sempre posposto a quello integrale degli altri creditori chirografari”.

Facendo applicazione del principio richiamato al caso di specie, la Corte di Cassazione reputa inammissibile la proposta di concordato oggetto di suo esame perché il piano, prevedendo per tutte le classi di creditori chirografari il pagamento nella misura del 100% senza che i postergati subiscano alcuna posticipazione temporale, viola la regola della postergazione.

Conclusioni e osservazioni

La sentenza della Corte di Cassazione, benchè esponga una soluzione opinabile, è di notevole rilievo in quanto offre motivi di riflessione su un tema di grande momento, sancendo la legittimità nel concordato della creazione di una classe ad hoc per i creditori postergati e della partecipazione al voto degli stessi e sostenendo che la ratio legis della postergazione non risulterebbe in tal modo violata.

Sebbene la pronuncia in esame si riferisca al caso di un concordato preventivo che contemplava l'integrale soddisfacimento dei creditori chirografari, essa offre senz'altro la chiave per affrontare il caso di una proposta concordataria che, al contrario, non preveda l'integrale soddisfacimento dei creditori chirografari. Restando fedeli al principio di postergazione – come la Suprema Corte vuole -, non può che ritenersi che se il proponente non è in grado di prevedere l'integrale soddisfacimento dei creditori chirografari, i creditori postergati devono essere esclusi dal piano concordatario perché da esso non residua alcunché da attribuire loro una volta soddisfatti al massimo grado i chirografari.

In estrema sintesi dunque: sì a classe e voto per i postergati, no a partecipazione al riparto se i chirografi non sono soddisfatti prima al 100%.

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