Gli indici di capacità contributiva non possono essere privati del loro valore presuntivo
01 Marzo 2019
Il giudice tributario non ha il potere di privare gli elementi indicatori di capacità contributiva del loro valore presuntivo, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenere tali beni. Lo spiega la Corte di Cassazione con l'ordinanza del 26 febbraio 2019, n. 5544.
La CTR aveva accolto il ricorso del contribuente contro l'avviso di accertamento con il quale era stato rettificato il reddito in relazione all'anno di imposta 2008, specie per le spese di manutenzione di due autovetture a lui intestate. La CTR riteneva che le spese per il mantenimento delle due vetture fossero inferiori a quelle risultanti dall'applicazione dei coefficienti previsti dal redditometro, i quali così assumevano valore di presunzione semplice, ma che gravasse sull'amministrazione finanziaria l'onere di fornire la prova della correttezza dei fattori-indice alla base dell'accertamento. Secondo le Entrate, invece, era il contribuente a dover dimostrare che il reddito determinato sinteticamente era costituito in tutto o in parte da reddito esente o da redditi soggetti a ritenuta, e così ha valutato anche la Suprema Corte. I giudici di legittimità hanno infatti affermato: «La CTR, riconoscendo rilievo probatorio alla documentazione prodotta dal contribuente afferente i minori costi di mantenimento delle autovetture, ha privato tali elementi indicatori di capacità contributiva del valore presuntivo normativamente correlato alla loro disponibilità, mentre avrebbe potuto soltanto apprezzare la prova circa la provenienza non reddituale delle somme necessarie per il mantenimento dei beni». |