Esecuzione forzata delle condanne per irragionevole durata del processoFonte: L. 24 marzo 2001 n. 89
04 Marzo 2019
Inquadramento
Il recupero in via esecutiva di crediti ex lege 24 marzo 2001, n. 89 (l. Pinto) è soggetto ad uno speciale regime regolatorio.
La norma dal cui esame è necessario partire è contenuta nell'art. 5-quinquiesl. n. 89/2001, introdotto dall'art. 6, comma 6, d.l. 8 aprile 2013, n. 35, il cui contenuto può essere così sintetizzato:
La finalità complessiva perseguita da tale disposizione è quella «di assicurare un'ordinata programmazione dei pagamenti dei creditori» (art. 5-quinquies, comma 1, l. n. 89/2001). Altrimenti detto, data la particolare natura del soggetto passivo dell'espropriazione, l'azione esecutiva deve aver luogo secondo tempi e modi la cui determinazione, nella prospettiva di una lex specialis, risponde all'equilibrato contemperamento dei vari interessi in gioco, attesa la rilevanza pubblicistica dell'attività di cui è investito, in via istituzionale, il debitore e, quindi, la necessità di scongiurare il blocco della medesima. Una conferma di quanto appena notato si può cogliere attraverso l'esame dell'art. 5-sexiesl. n. 89/2001 – introdotto con la legge di stabilità del 2016, a seguito di una pronuncia di condanna emessa dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia (CEDU, 21 dicembre 2010, Gaglione e altri c. Italia) – che disciplina un procedimento di natura amministrativa da attivare preliminarmente onde ricevere il pagamento delle somme liquidate ex lege Pinto (il cui esperimento – quindi e come meglio si dirà – è condizione di procedibilità dell'azione esecutiva).
In dettaglio:
Il compendio normativo sopra esaminato pone non lievi problemi interpretativi. Fermo restando che l'azione esecutiva per il recupero di crediti ex lege Pinto presuppone il previo inutile esaurimento di un procedimento amministrativo, scaturente dalla comunicazione da parte del creditore, e fermo restando, quindi, che l'art. 5-sexiesl. n. 89/2001 introduce una condizione di procedibilità dell'azione esecutiva di cui si tratta, la principale (ma non unica) questione problematica attiene all'ammissibilità del pignoramento nella forma cd. presso terzi. Da un lato, infatti, l'art. 5-quinquiesl. n. 89/2001 prevede, al comma 2, che il creditore debba procedere esclusivamente(ed a pena di nullità rilevabile d'ufficio) nelle forme del pignoramento diretto presso il debitore (nella peculiare variante del pignoramento contabile). Dall'altro lato, l'art. 5-sexiesl. n. 89/2001 prevede, al comma 11, che nell'esecuzione “anche in corso” non può essere disposto il pagamento di somme o l'assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge se il creditore non ha adempiuto agli obblighi di comunicazione impostigli da tale disposizione. Nel riferimento alla assegnazione di crediti disposta nell'ambito nel processo esecutivo in corso sembra annidarsi il riconoscimento dell'ammissibilità del pignoramento cd. presso terzi; ammissibilità che, invece, dovrebbe escludersi alla stregua del richiamato art. 5-quinquies, comma 2, l. n. 89/2001 ed, in specie, dell'utilizzo dell'avverbio esclusivamente. Sul punto si sono profilati due contrapposti orientamenti interpretativi, peraltro espressi in termini perspicui in provvedimenti provenienti dal medesimo Tribunale.
Secondo Trib. Napoli, 20 dicembre 2017 (in proc. RGE n. 15658/16), espressiva di un orientamento più diffuso:
Per altra pronuncia, emessa dal medesimo Tribunale (Trib. Napoli, 25 maggio 2018, in proc. RGE 15651/2016) e, anch'essa, espressiva di un orientamento più diffuso, l'affermazione che l'antinomia tra art. 5-quinquiese 5-sexiesl. n. 89/2001 vada risolta nel senso dell'abrogazione tacita del primo, nella parte che qui interessa, presupporrebbe, invero, l'identità gli oggetti rispettivamente disciplinati dalle citate disposizioni; più specificamente, dovrebbe manifestarsi, tra le due proposizioni normative, una contraddizione «tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dall'applicazione ed osservanza della nuova legge non possano non derivare la disapplicazione e/o l'inosservanza dell'altra». Tale situazione – secondo la citata pronuncia – non ricorre nel caso specifico dato che l'art. 5-quinquiese l'art. 5-sexies l. n. 89/2001 hanno riguardo ad oggetti differenti: la prima disposizione all'esecuzione forzata; la seconda il procedimento amministrativo di pagamento e, in particolare, quanto al comma 11, l'interferenza tra tale procedimento e l'eventuale processo esecutivo in corso per il recupero delle medesime somme. Nel dettaglio, il comma 7 dell'art. 5-sexiesl. n. 89/2001 «configura gli obblighi di trasmissione e documentazione a carico del creditore procedente quale condizione di procedibilità per il ricorso agli strumenti dell'espropriazione forzata (e dell'ottemperanza)»; in sostanza, si tratta «di adempimenti che si pongono a monte di una potenziale attività di riscossione coattiva». Il riferimento alle assegnazioni dei crediti, invece, esprime, secondo tale orientamento, un valore neutro, «avendo il sintagma anche in corso contenuto nella disposizione in esame unicamente la funzione di estendere l'obbligo di comunicazione a tutti i procedimenti espropriativi in qualche modo ammissibili e, in particolare, sia a quelli antecedenti alla novella del 2013 (e, ovviamente, non ancora definiti), sia a quelli iniziati successivamente: in altri termini, la funzione è quella di prevedere un'applicazione delle prescrizioni in tema di comunicazione in deroga al principio del tempus regit actum». In definitiva: l'art. 5-sexies, comma 11, l. n. 89/2001 si riferirebbe al solo caso di procedura esecutiva pendente posta in essere (perché intrapresa prima dell'introduzione dell'art. 5-quinquiesl. n. 89/2001) nelle forme dell'espropriazione forzata di crediti; anche in questo caso, il creditore intanto potrebbe iniziare l'azione esecutiva (anche quella eventualmente ammissibile nella forma del presso terzi) in quanto abbia assolto agli obblighi di comunicazione ed abbia atteso il termine di sei mesi senza che, malgrado il loro adempimento, l'amministrazione non abbia provveduto al pagamento. A chi scrive sembra preferibile quest'ultima lettura. Appaiono in specie da condividere le considerazioni poste a sostegno della medesima laddove si osserva che «le previsioni circa l'impignorabilità dei fondi speciali e la necessità del ricorso al pignoramento contabile (con esclusione delle altre forme di pignoramento) s[ono] tra loro intimamente collegate e siano funzionali a conseguire un determinato assetto che esprime il bilanciamento degli interessi in gioco»; onde «ammettere ulteriori forme di pignoramento (e, in particolare, l'espropriazione mobiliare presso terzi) significa, in buona sostanza, modificare del tutto quell'assetto e vanificare il bilanciamento ad esso sotteso (sol che si pensi alla perdita della funzione di accentramento e programmazione dei pagamenti che ne scaturirebbe)». Altra questione problematica attiene al coordinamento tra l'art. 5-sexies, comma 5, l. n. 89/2001 e l'art. 14, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669. Nella versione attualmente in vigore (che ha consentito di superare i dubbi interpretativi suscitati dalla formulazione pregressa), la norma prevede un termine dilatorio (di centoventi giorni) che deve necessariamente intercorrere tra la notifica del titolo esecutivo e quella dell'atto di precetto (escludendosi pertanto la possibilità di una loro notifica contestuale, in deroga a quanto previsto dall'art. 481 c.p.c.). Alla stregua della disposizione introdotta dalla legge di stabilità 2016, invece, «i creditori non possono procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di precetto (…)» prima che sia decorso il termine di sei mesi dall'assolvimento degli obblighi di comunicazione gravanti sul creditore procedente. In mancanza di precedenti giurisprudenziali sul punto, sembra da preferire la lettura secondo cui le due disposizioni non possano trovare contestualmente applicazione. Interessa notare che la ratio dell'art. 14, cit., come rilavato dalla Corte costituzione (Corte cost., 23 aprile 1998, n. 142; Corte cost., 16 dicembre 1998, n. 463/o.), va ravvisata nella esigenza di garantire al debitore esecutato «uno spatium adimplendi per l'approntamento dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti azionati», onde evitare «il blocco dell'attività amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando in tal modo l'interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche». Ebbene, nel caso specifico in esame, la predetta esigenza è già garantita – come icasticamente chiarisce il primo comma dell'art. 5-quinquies l. Pinto – dal termine di sei mesi, onde sarebbe del tutto ultronea la previsione di una ulteriore condizione di procedibilità propedeutica ad assicurare – a ben vedere – la medesima finalità.
Alla luce di quanto sopra rilevato, il creditore pertanto dovrà:
Riferimenti
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