Effetti del procedimento notificatorio: il dies a quo per l’impugnazione è uguale per il notificante ed il destinatario della notifica?
05 Marzo 2019
Il caso. Il fatto storico riguarda sostanzialmente il contenzioso tra due vicini. Più nello specifico, tutto iniziava quando il primo dei due esercitava la azione giudiziaria di manutenzione nei confronti dell'altro, proprietario di un fondo posto al confine con quello dell'attore. Il tribunale, quale giudice di primo grado, accoglieva parzialmente la domanda attoria, condannando il convenuto a ridurre ad un'altezza non superiore a 3 metri il muro eretto a confine con la proprietà del primo, nel tratto individuato dal CTU. L'attore, così, notificava al convenuto la sentenza ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione e, successivamente, proponeva appello avverso detta decisione, lamentando che il tribunale non aveva accolto la sua richiesta di ordinare anche la demolizione del terrapieno artificialmente creato dall'appellato sul proprio fondo a distanza non legale. Nella sua costituzione in appello, il convenuto eccepiva, tra l'altro, la tardività dell'atto di gravame in quanto notificato oltre il termine dei 30 giorni. La Corte d'appello, però, rigettava l'eccezione di inammissibilità del gravame ed accoglieva l'impugnazione, riformando la sentenza di primo grado nei termini sollecitati dall'appellante. Più nello specifico, la Corte territoriale riteneva tempestivo l'appello dell'attore sul rilievo che il principio secondo il quale la notificazione della sentenza determina il decorso del termine breve per l'impugnazione, anche per il notificante, deve essere inteso nel senso che la decorrenza del termine a carico del predetto inizia solo dal momento in cui la notificazione si è perfezionata nei riguardi del destinatario, non potendo in materia operare la regola della scissione soggettiva nella notificazione. Inevitabile diventava, così, il ricorso in Cassazione da parte dell'appellato. In particolare, il ricorrente denunciava la nullità della sentenza per avere la corte territoriale ritenuto che il termine breve per l'impugnazione decorresse, per la parte notificante, dal momento del perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario piuttosto che dal momento della consegna della copia della sentenza l'ufficiale giudiziario notificatore. All'esito della udienza pubblica, la seconda sezione civile della Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria, disponeva la trasmissione degli atti al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Nella ordinanza interlocutoria veniva sottolineato come nella giurisprudenza della Suprema Corte esistessero due contrapposti orientamenti in ordine alla individuazione per il notificante del dies a quo del termine breve per impugnare. Un primo orientamento, difatti, individua il dies a quo del termine breve nel momento in cui il notificante consegna all'ufficiale giudiziario la sentenza oppure l'atto di impugnazione da notificare, essendo detta consegna idonea a provare, in modo certo e con data certa, la conoscenza della pronuncia da parte dell'impugnante. Un secondo orientamento, invece, afferma che la bilateralità degli effetti della notifica della sentenza, per il notificante ed anche per il destinatario, implica contestualità degli effetti e, quindi, la decorrenza del termine breve dalla medesima data. Secondo il collegio rimettente i due orientamenti sono insuscettibili di essere ricondotti ad unità e, in via di principio, entrambi sostenibili.
Questione di diritto. Le Sezioni Unite venivano chiamate a risolvere la seguente questione di diritto: se in tema di notificazione della sentenza ex art. 326 c.p.c. il termine di impugnazione decorre, per il notificante, dalla data di consegna della sentenza all'ufficiale giudiziario oppure dalla data di perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario. Ai fini della soluzione della questione la Suprema Corte svolge alcune essenziali premesse, volte ad illustrare l'attuale configurazione codicistica del termine breve per impugnare, sotto i profili ontologico e funzionale. Innanzitutto, la Suprema Corte ricorda che il termine lungo di impugnazione decorre dalla venuta ad esistenza giuridica della sentenza, che si ha con la sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria, giacché tale adempimento rende la sentenza conoscibile dalle parti, che ne hanno così conoscenza legale, essendo loro onere informarsi tempestivamente della decisione che le riguarda, mediante l'uso della ordinaria diligenza dovuta in rebus suis. A fronte di ciò, l'esigenza pubblicistica di accelerare la formazione del giudicato (posta a fondamento della previsione codicistica di un termine lungo di impugnazione automaticamente decorrente nei confronti di tutte le parti e per il mero fatto della pubblicazione della sentenza) oggi trova il nuovo fondamento nel principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. ed è stata una delle ragioni ispiratrici della riforma del rito civile, che ha modificato la relativa norma riducendo l'originario termine lungo annuale di impugnazione, da un lato, e prevedendo in seno al procedimento sommario di cognizione la decorrenza ufficiosa del termine breve per proporre appello, dall'altro, entro 30 giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria dell'ordinanza decisoria che, ove non appellata entro detto termine, passa in giudicato. Altra novità è stata poi la previsione della decorrenza officiosa del termine breve di 60 giorni per proporre ricorso in cassazione, dipendente dalla comunicazione a cura della cancelleria dell'ordinanza che dichiara la inammissibilità dell'appello. Tuttavia, nonostante la previsione di un termine lungo di impugnazione o, in talune ipotesi, di termini brevi decorrenti ufficiosamente, nel nostro sistema processuale permane il tradizionale istituto di natura privatistica della notificazione della sentenza a cura della parte interessata ai fini della decorrenza di un termine breve. Si tratta, a ben vedere, di un istituto che attribuisce alla parte un vero e proprio diritto potestativo di natura processuale, cui corrisponde una soggezione dell'altra parte. Infatti, attraverso la notificazione della sentenza, la parte notificante ha il potere di operare un mutamento della situazione giuridica della controparte, assoggettandola, secondo una propria scelta di convenienza, ad un termine di impugnazione più breve di quello altrimenti previsto dalla legge. Tale accelerazione del termine per impugnare è condizionata al fatto che la notificazione della sentenza sia effettuata al procuratore costituito della controparte. Dopo aver effettuato le suddette premesse sui profili ontologici e funzionali, che nell'attuale diritto positivo denotano il termine breve per impugnare, la Suprema Corte passa ad esaminare la questione di diritto in relazione alla quale è stato invocato l'intervento nomofilattico risolutivo da parte delle Sezioni Unite. In sintesi, viene chiesto alla Suprema Corte di stabilire se il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione operi anche con riferimento alla notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine breve di impugnazione. E se, quindi, la notifica della sentenza eseguita a tale scopo abbia ‘efficacia bilaterale sincronica', nel senso che il termine di impugnazione decorra da un unico momento sia per il notificante che per il destinatario della notifica, oppure ‘diacronica', nel senso che il termine di impugnazione decorre da momenti diversi. Il collegio ritiene che, nella soggetta materia, non possa trovare applicazione il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione e che vada, di contro, affermata l'efficacia bilaterale sincronica della notifica della sentenza nonchè la unicità oppure la comunanza del termine per impugnare, nel senso che quest'ultimo decorre per entrambe le parti dalla medesima data. Tra le varie ragioni che le Sezioni Unite espongono al fine di sostenere questa tesi, vi è la circostanza secondo la quale una diversificazione della decorrenza del termine breve per impugnare, tra notificante e destinatario della notificazione, condurrebbe ad un assetto irrazionale del sistema delle impugnazioni. La unicità del decorso del termine di impugnazione tutela l'equilibrio e la parità processuale tra le parti e garantisce la certezza dei rapporti giuridici perché giudicato si forma contemporaneamente nei confronti di tutte le parti. Al contrario, la diversità del decorso del termine di impugnazione determinerebbe una sorta di disparità di trattamento nei confronti del notificante, il quale, ove parzialmente soccombente, vedrebbe decorrere il proprio termine breve per impugnare prima della decorrenza del medesimo termine per il destinatario della notifica e prima ancora di avere la possibilità di verificare se tale notifica si sia perfezionata.
Il principio di diritto delle Sezioni Unite. Per tutti questi motivi la Suprema Corte stabilisce il seguente principio di diritto: in tema di notificazione della sentenza ex art. 326 c.p.c., il termine breve di impugnazione di cui al precedente art. 325 c.p.c., decorre anche per il notificante dalla data in cui la notifica viene eseguita nei confronti del destinatario, in quanto gli effetti del procedimento notificatorio, qual è la decorrenza del termine predetto, vanno unitariamente ricollegati al suo perfezionamento e, proprio perché interni al rapporto processuale, sono necessariamente comuni ai soggetti che ne sono parti.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it |