Le nuove misure protettive nel Codice della crisi

06 Marzo 2019

Le procedure di allerta e composizione assistita della crisi rappresentano la novità più rilevante del Codice della crisi e dell'insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2019). Il principio ispiratore dell'allerta, che recepisce le istanze maturate in ambito comunitario, è che tanto più tempestivamente venga intercettata la crisi aziendale, quanto maggiori sono le possibilità di prevenire lo stato d'insolvenza dell'impresa.
Premessa

Le procedure di allerta e composizione assistita della crisi rappresentano la novità più rilevante del codice della crisi e dell'insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2019).

Il principio ispiratore dell'allerta, che recepisce le istanze maturate in ambito comunitario (v. Raccomandazione n. 2014/135 UE), è che tanto più tempestivamente venga intercettata la crisi aziendale, quanto maggiori sono le possibilità di prevenire lo stato d'insolvenza dell'impresa.

La fase dell'allerta, sovraintesa e gestita dall'organismo di composizione della crisi (OCRI), ha quale obiettivo di fondo quello di favorire forme di mediazione e componimento fra debitore e creditori in relazione alle situazioni di difficoltà economico-finanziarie dell'imprenditore.

Per quanto il nuovo codice della crisi si ponga nel solco della “vecchia” legge fallimentare sotto il profilo della centralità del rapporto obbligatorio (debitore vs creditori), appare tuttavia evidente il significativo passo in avanti fatto dal legislatore della riforma verso un'accresciuta tutela dei valori d'impresa e continuità aziendale.

A condizione, peraltro, che l'impresa presenti concrete prospettive di ripresa e/o sopravvivenza, dovendo altrimenti essere privilegiata l'alternativa ipotesi liquidatoria (v. la proposta di direttiva europea sull'insolvenza).

Quanto sopra, considerati i limiti d'interesse pubblicistico che presidiano la libertà d'iniziativa economica dell'imprenditore.

Al di là delle prevedibili difficoltà iniziali, perlopiù legate agli attuali assetti organizzativi delle imprese di piccole-medie dimensioni (storicamente “leggere”), si ritiene che il nostro sistema imprenditoriale possa avere la capacità di adattarsi al mutato contesto di riferimento, con il contributo dei soggetti normativamente coinvolti nelle fasi di allerta e composizione assistita della crisi.

Lo sforzo – diremmo darwiniano – richiesto all'imprenditore, ma anche, più in generale, all'intero sistema, è quello di passare, secondo una ragionevole progressività, dalla cultura dell'emergenza a quella della prevenzione.

Nella prospettiva dell'imprenditore, lo strumento imprescindibile per questo “cambio” culturale è il piano d'impresa, idoneo a monitorare in continuum l'andamento aziendale rispetto agli obiettivi, alle strategie, alle risorse, ai risultati programmati.

Ove ciò non accada – qualora dunque l'allerta si dimostrasse non funzionale alla prevenzione dell'insolvenza –, dovremmo probabilmente assistere ad un ulteriore, progressivo aumento delle procedure di liquidazione giudiziale (il vecchio, ma ammodernato, “fallimento”).

Difficile, infatti, che un'azienda che non abbia raggiunto alcun utile componimento, nei sei mesi previsti dall'art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 14/2019, con i propri creditori in una fase stragiudiziale, normativamente “protetta” ed a ciò deputata, possa trovare un più utile accordo con gli stessi creditori in un successivo, certamente più rigido, procedimento giurisdizionale.

Se, da un lato, il cambio di mentalità richiesto alle imprese rappresenta un elemento d'incertezza circa il buon esito dell'allerta e della gestione assistita della crisi, dall'altro, alcuni elementi introdotti dal legislatore appaiono certamente utili e funzionali ai fini dell'auspicabile riuscita di tali procedure.

Fra questi, un ruolo di spicco è assunto dalle misure di protezione del patrimonio dell'imprenditore.

La fase iniziale dell'allerta è connotata da requisiti di riservatezza: tali profili di “confidenzialità” tenderanno giocoforza a sfumare nella successiva fase di composizione assistita della crisi, necessariamente aperta (almeno) ai principali creditori dell'imprenditore.

In questa prospettiva, le misure protettive mirano a neutralizzare le iniziative di quei creditori dell'imprenditore che non siano disposti a concedere allo stesso margini di manovra per regolare la propria situazione di crisi aziendale in ambito stragiudiziale.

Le misure protettive interessano, peraltro, non solo la fase di composizione assistita della crisi, ma anche il procedimento di regolazione giurisdizionale della crisi e dell'insolvenza, attivabile dal debitore – oltreché dagli organi/autorità con funzioni di vigilanza e dal PM, in caso di liquidazione giudiziale – qualora non sia stato concluso alcun accordo nel corso della fase stragiudiziale, persistendo una situazione di difficoltà aziendale.

Le “nuove” misure protettive presentano rispetto all'attuale disciplina concorsuale rilevanti differenze sia in termini di effetti (sono concesse dal giudice su istanza di parte), sia in termini di sistematicità (si rendono applicabili in un quadro di unitarietà).

Le misure protettive e cautelari nella normativa attuale

L'art. 15, comma 8, l. fall. prevede che il tribunale fallimentare possa emettere nell'ambito dell'istruttoria pre-fallimentare, su istanza del ricorrente, provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio del debitore, con efficacia circoscritta alla durata di tale procedimento.

Gli effetti delle misure di cui sopra possono essere confermati dal tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento o dallo stesso revocati con la tale sentenza ovvero con il decreto che rigetti l'istanza per il fallimento del debitore.

Quanto al concordato preventivo, l'effetto protettivo si produce, in via automatica, dalla data di pubblicazione del ricorso, anche prenotativo, presso il registro imprese, ex art. 169 l. fall., fino al momento in cui il decreto di omologa non diventi definitivo (divieto per i creditori concorsuali d'iniziare e/o proseguire azioni esecutive ovvero cautelari).

Fra l'altro, l'accesso al concordato preventivo determina la sospensione della prescrizione per quei crediti che avrebbero potuto essere azionati con procedimenti esecutivi e/o cautelari al momento del deposito della domanda, sino al passaggio in giudicato del decreto di omologa; per ogni altro credito, non si verifica alcuna sospensione della prescrizione.

Ai sensi dell'art. 168, comma 3, l. fall., i creditori non possono acquisire diritti di prelazione in danno degli altri creditori, salva l'autorizzazione del giudice.

Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la pubblicazione del ricorso sono, poi, inefficaci rispetto ai creditori.

Con riferimento all'accordo di ristrutturazione dei debiti, gli effetti protettivi conseguono, in via automatica, per una durata di sessanta giorni, dalla data di pubblicazione dell'accordo intervenuto fra il debitore ed i propri creditori, ex art. 182-bis, comma 1, l. fall.

Nella fase precedente, l'imprenditore ottiene la protezione del patrimonio depositando un'apposita istanza, assieme alla documentazione ex art. 161, commi 1 e 2, lett. a-d), ed alla proposta d'accordo, corredata da una dichiarazione che dia atto dell'esistenza delle trattative con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti e dall'attestazione ex art. 67, comma 3, lett. d), circa l'idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori “estranei” all'accordo.

Anche in questo caso, gli effetti protettivi si producono automaticamente dalla data di pubblicazione dell'istanza di sospensione al competente registro delle imprese.

In ogni caso, gli effetti protettivi si producono – sempre automaticamente – qualora la fase delle trattative sia preceduta dal deposito della domanda di concordato con riserva, con effetti dalla data di pubblicazione al registro imprese del ricorso prenotativo, ex art. 161, comma 6, l. fall.

In ambito di sovraindebitamento, le misure protettive a favore del patrimonio del debitore sono sempre accordate dal giudice, con effetto sostanzialmente automatico in caso di accordo di composizione e liquidazione giudiziale, con effetto motivatamente discrezionale in caso di piano del consumatore.

Nell'accordo di composizione, il giudice, con il provvedimento di fissazione dell'udienza, dispone che sino alla definitiva omologazione del procedimento non possano essere iniziate né proseguite azioni esecutive individuali, né essere disposti sequestri conservativi ovvero acquisite prelazioni da parte di creditori aventi titolo e/o causa anteriore (art. 10, L. n. 3/2012).

Quanto sopra a pena di nullità, salvo che non si tratti di soggetti titolari di crediti impignorabili.

Con riferimento al piano del consumatore, il giudice, nelle more della convocazione dei creditori, può disporre la sospensione dei procedimenti esecutivi, sino alla definitiva omologazione del piano, qualora dagli stessi possa derivare pregiudizio alla fattibilità del piano (art. 12-bis, L. n. 3/2012).

Quanto, infine, alla liquidazione, il giudice, con il decreto di apertura del procedimento, dispone che sino al momento della definitiva omologa non possano essere iniziate né proseguite azioni cautelari e/o esecutive, né essere acquisiti da parte di creditori concorsuali diritti di prelazione sul patrimonio del debitore oggetto di liquidazione, e ciò a pena di nullità (art. 14-quinquies, L. n. 3/2012).

Le nuove misure nell'allerta e nella composizione assistita della crisi

Il D.Lgs. n. 14/2019, all'art. 2, lett. p), fornisce la seguente definizione delle misure protettive: “le misure temporanee disposte dal giudice competente per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza”.

Il codice della crisi, all'art. 2, lett. q), dà poi la seguente definizione delle misure cautelari: “i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza”.

In sintesi, le misure protettive sono volte a neutralizzare le azioni dei creditori, le misure cautelari, a prevenire gli atti dispositivi del debitore.

Con riferimento alle fasi stragiudiziali di allerta e composizione assistita della crisi, è l'art. 20 del D.Lgs. n. 14/2019 a trattare il tema delle misure protettive.

Dopo l'audizione del debitore da parte dell'OCRI – audizione che deve tenersi nei quindici giorni dalla segnalazione dei soggetti obbligati a tale incombenza ovvero dall'istanza presentata dal debitore –, l'imprenditore può richiedere alla sezione specializzata del tribunale in materia d'imprese le misure protettive necessarie per condurre a termine le pendenti trattative.

L'art. 20, comma 1, primo periodo, D.Lgs. n. 14/2019 non fornisce alcuna elencazione in ordine alle misure protettive.

Detta norma, al secondo comma, dispone che il procedimento di concessione delle misure protettive è regolato sulla base di quanto previsto dai successivi artt. 54-55, in quanto compatibili.

Tali disposizioni trattano delle misure cautelari e protettive nell'ambito della fase di accesso alla regolazione giurisdizionale della crisi e dell'insolvenza.

L'art. 54, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019 dispone, in particolare, che ove il debitore ne abbia fatto richiesta con il ricorso per la regolazione della crisi e dell'insolvenza, dalla data di pubblicazione al registro imprese della relativa domanda, i creditori per titolo/causa anteriore non possano, a pena di nullità, iniziare né proseguire azioni esecutive e/o cautelari sul suo patrimonio.

Dalla data di pubblicazione al registro imprese del ricorso, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.

Con riferimento alla fase stragiudiziale, l'art. 54, comma 4, D.Lgs. n. 14/2019 dispone, poi, che ove l'imprenditore in sede di presentazione dell'istanza volta alla composizione assistita della crisi abbia fatto richiesta delle misure protettive ovvero di ogni altro provvedimento ritenuto necessario per concludere le trattative in corso, la domanda, su istanza del debitore, può essere pubblicata presso il registro delle imprese.

Da tale momento si producono, ex lege, gli effetti protettivi sul patrimonio dell'imprenditore.

Le misure protettive ex art. 54, commi 2-4, D.Lgs. n. 14/209 si uniformano sostanzialmente a quelle previste dall'attuale disciplina del concordato preventivo, potendosi dunque riassumere nelle seguenti categorie:

i) inammissibilità di nuove azioni esecutive e/o cautelari individuali

ii) sospensione dei processi esecutivi e/o cautelari pendenti

iii) divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione.

A tali misure “tipiche” si aggiunge poi la categoria “atipica” delle misure necessarie al buon esito delle trattative in corso, ex art. 54, comma 4, D.Lgs. n. 14/2019.

Ci si chiede se facendo ricorso alla suddetta categoria residuale, il debitore possa richiedere al tribunale la sospensione di uno o più rapporti contrattuali pendenti.

Si tratterebbe – più che di misura protettiva – di misura cautelare.

Nell'ambito del codice della crisi, le misure cautelari sono disciplinate dall'artt. 54, comma 1, D.Lgs. n. 14/2019, in ambito di procedimento per l'accesso alla regolazione della crisi e dell'insolvenza.

Riteniamo che per effetto del richiamo agli artt. 54-55 ad opera dell'art. 20, comma 2 (per quanto relativo al solo “procedimento”), il tribunale possa far ricorso alle misure cautelari anche nel corso della fase stragiudiziale di composizione assistita della crisi.

Quanto sopra, a condizione che le misure cautelari siano compatibili con la fase stragiudiziale, e che appaiano ad essa funzionali.

Proseguendo, il tribunale, nell'ambito del procedimento di concessione delle misure protettive, può sentire sia i soggetti che abbiano effettuato la segnalazione (organi di controllo, revisore contabile, società di revisione, creditori pubblici qualificati), sia il presidente dell'organismo di composizione della crisi (art. 20, comma 2, secondo periodo, D.Lgs. n. 14/2019).

Le misure protettive hanno una durata limitata.

Ai sensi dell'art. 20, comma 3, D.Lgs. n. 14/2019, la durata iniziale non può eccedere i tre mesi.

Tale termine può essere prorogato, più volte, su istanza del debitore, ma al massimo fino a sei mesi.

Condizione affinché il tribunale conceda le richieste proroghe è che l'imprenditore abbia compiuto progressi significativi nelle trattative, tali da far ritenere probabile il raggiungimento di un accordo finale con i creditori.

La condizione di cui sopra deve essere conformemente attestata dall'OCRI.

Una specifica misura “incentivante” ai fini del ricorso alla composizione assistita della crisi è prevista dall'art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 14/2019.

Secondo tale norma, il debitore durante la fase stragiudiziale e sino a quando la stessa non si sia conclusa ex art. 19, D.Lgs. n. 14/2019, può richiedere al tribunale delle imprese che sia disposto il differimento degli obblighi previsti dal codice civile in materia di riduzione del capitale per perdite e che siano sospese le correlate cause di scioglimento del vincolo societario.

L'imprenditore ha la facoltà di richiedere che il suddetto provvedimento venga pubblicato presso il registro imprese (art. 20, comma 4, ultimo periodo, D.Lgs. n. 14/2019).

Se la pubblicazione al registro imprese del provvedimento sospensivo avrà l'effetto di neutralizzare possibili iniziative da parte dei soci e/o dei creditori volte ad eccepire l'inosservanza degli obblighi posti a tutela del capitale, essa farebbe però venir meno ogni profilo di riservatezza della fase stragiudiziale dalla composizione assistita della crisi.

L'imprenditore dovrà così decidere a quale dei due contrapposti interessi dare priorità.

Ai sensi dell'art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 14/2019, le misure protettive possono essere revocate dall'autorità giudiziaria in ogni momento, anche d'ufficio, qualora sia accertato che l'imprenditore abbia posto in essere atti in frode ai creditori.

Le misure protettive sono altresì revocate qualora l'OCRI segnali al giudice competente l'impossibilità di addivenire ad una soluzione concordata della crisi ovvero qualora non vi siano significativi progressi nell'attuazione delle misure adottate dall'imprenditore ai fini del superamento delle proprie difficoltà economico-finanziarie.

Le nuove misure nel procedimento di regolazione della crisi e dell'insolvenza

Una rilevante novità introdotta dal nuovo codice attiene al procedimento unitario per la regolazione giurisdizionale delle situazioni di crisi e d'insolvenza del debitore.

La L. n. 155/2017, all'art. 2, comma 1, lett. d), aveva – al riguardo – previsto l'adozione di un unico modello processuale per l'accertamento dello stato di crisi e dell'insolvenza, con caratteristiche di particolare celerità, anche nella fase del reclamo.

Per quanto il procedimento di accesso alla regolazione della crisi e dell'insolvenza sia “unitario”, possono tuttavia concorrere all'avvio di tale fase giurisdizionale più domande.

In quest'ultimo caso, le varie domande presentate saranno oggetto di riunione.

Il tribunale procederà dunque a trattare in via prioritaria la domanda che sia diretta a regolare la crisi o l'insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione, a condizione che nel piano sia espressamente indicata la convenienza per i creditori e che la domanda non sia manifestamente inammissibile ovvero infondata (art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019).

L'art. 2, comma 1, lett. d), L. n. 155/2017 aveva inoltre previsto che il legislatore, nell'ambito del procedimento di accesso alla regolazione della crisi e dell'insolvenza, precisasse “la disciplina delle misure cautelari, con attribuzione della relativa competenza anche alla corte di appello […]”.

Quanto premesso, le misure cautelari e protettive relative al procedimento unitario di regolazione giurisdizionale della crisi e dell'insolvenza sono disciplinate dagli artt. 54-55 del D.Lgs. n. 14/2019.

L'art. 54, rubricato “misure cautelari e protettive”, dispone, al primo comma, che nel corso del procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale, delle procedure di concordato preventivo ed omologazione degli accordi di ristrutturazione, il tribunale, su istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari che appaiano più idonei, secondo le concrete circostanze, ad assicurare in via provvisoria gli effetti della sentenza che dichiari aperta la liquidazione giudiziale ovvero che omologhi il concordato o l'accordo di ristrutturazione.

Fra le misure cautelari, l'art. 54, comma 1, D.Lgs. n. 14/2019 menziona espressamente la nomina di un custode del patrimonio e/o del complesso aziendale di titolarità del debitore.

Li misure cautelari previste dal menzionato art. 54, comma 1, ricalcano, in sostanza, quelle previste dall'art. 15, comma 8, l. fall.

La legge fallimentare circoscrive l'efficacia di tali misure al fallimento (ed alla liquidazione coatta amministrativa, ex art. 195, comma 3, l. fall.): le misure cautelari non sono dunque applicabili al concordato preventivo, né all'accordo di ristrutturazione dei debiti.

Adesso, il codice della crisi, riconducendo i singoli ricorsi per l'accesso alle procedure concorsuali all'interno di un unitario schema processuale, estende la possibilità di concessione delle misure cautelari anche al concordato preventivo ed all'accordo di ristrutturazione.

Peraltro, il nuovo codice della crisi – diversamente da quanto accade in ambito fallimentare, ex art. 15, comma 8, l. fall. – non appronta alcuna norma di “collegamento”, circa la sorte delle misure concesse, fra la fase iniziale del ricorso e gli esiti giudiziali della sottostante domanda.

Nel silenzio della norma, si assume che gli effetti cautelari e/o conservativi concessi abbiano efficacia limitata alla durata del procedimento unitario ex art. 37 e ss. D.Lgs. n. 14/2019.

Il legislatore delegato, in modo apprezzabile, ha evitato di trattare le misure cautelari secondo schemi di tipicità.

Al riguardo, la Relazione illustrativa dà atto che “potranno essere dunque richieste misure “tipiche”, come il sequestro conservativo o la sospensione delle procedure esecutive e cautelari, ma anche misure “atipiche”, in particolare di carattere inibitorio, come la giurisprudenza formatasi sulla previgente normativa fallimentare aveva consentito”.

Le misure protettive sono regolate dal secondo comma dell'art. 54, D.Lgs. n. 14/2019.

Qualora il debitore ne abbia fatto richiesta nella domanda ex art. 40, D.Lgs. n. 14/2019, dalla data di pubblicazione al registro imprese delle medesima domanda, i creditori per titolo/causa anteriore non possono, a pena di nullità, iniziare né proseguire azioni esecutive e/o cautelari sul patrimonio del debitore.

Le misure protettive possono essere richieste dall'imprenditore, in via “anticipata” rispetto alla fase del ricorso per l'accesso alla regolazione della crisi e dell'insolvenza, anche durante la fase delle trattative con i propri creditori volte al perfezionamento di un accordo di ristrutturazione dei debiti, prima dell'eventuale deposito della domanda di omologazione dell'accordo.

In questo caso, il debitore deve allegare alla domanda la documentazione ex art. 57, D.Lgs. n. 14/2019, nonché l'attestazione di un professionista indipendente circa la pendenza di trattative aventi ad oggetto almeno il sessanta per cento dei crediti e la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori “estranei” all'accordo.

Quanto sopra è applicabile anche agli accordi di ristrutturazione dei debiti cd. “ad efficacia estesa”, ex art. 61, D.Lgs. n. 14/2019 (accordi i cui effetti, sussistendo le condizioni di legge, si estendono ai creditori non aderenti all'accordo, ove appartengano ad una medesima classe).

Il procedimento per la concessione delle misure protettive di cui sopra (misure “anticipate”) è disciplinato dall'art. 54, commi 5-6, D.Lgs. n. 14/2019.

Tale procedimento, fra l'altro, si applica anche alle misure richieste dal debitore, in via anticipata, nella fase della composizione assistita della crisi ex art. 20, comma 1, D.Lgs. n. 14/2019, per effetto del richiamo all'art. 54 fatto dal secondo comma del citato art. 20.

In base all'art. 54, comma 5, D.Lgs. n. 14/2019, il presidente del tribunale ovvero il presidente della sezione cui sia assegnata la trattazione delle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza fissa, con decreto, l'udienza entro un termine non superiore a trenta giorni dal deposito della domanda.

Con provvedimento motivato, il presidente può stabilire che l'udienza si tenga massimo entro quarantacinque giorni dal deposito della domanda.

All'esito dell'udienza, egli fissa senza indugio, con decreto motivato, la durata delle misure.

Le misure protettive conservano efficacia anche qualora il debitore – prima che sia decorso il termine fissato dal giudice per il deposito dell'accordo di ristrutturazione ex art. 44, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 14/2019 – depositi la domanda di ammissione al concordato preventivo.

La richiesta di concessione delle misure cautelari e protettive è richiesta dall'amministratore delle procedure d'insolvenza nominato dal giudice competente ex art. 3, par. 1, Regolamento UE n. 2015/848, qualora nel territorio italiano sia stata presentata la domanda di accesso alla regolazione della crisi e dell'insolvenza.

Qualora tale domanda non sia stata depositata, l'amministratore espone nella propria richiesta “le condizioni di effettivo ed imminente soddisfacimento non discriminatorio di tutti creditori secondo la procedura concorsuale aperta” (art. 54, comma 7, D.Lgs. n. 14/2019).

L'art. 55 del D.Lgs. n. 14/2019, rubricato “procedimento”, regola l'iter per la concessione sia delle misure cautelari ex art. 54, comma 1, sia delle misure protettive (non richieste in via anticipata) ex art. 52, comma 2.

Con riferimento alle misure cautelari (art. 55, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019), il giudice, sentite le parti ed omessa ogni formalità che non sia essenziale al contraddittorio, procede agli atti d'istruzione indispensabili in funzione della misura richiesta.

Qualora la convocazione delle parti possa pregiudicare l'attuazione del provvedimento, il giudice provvede con decreto motivato, assunta, ove occorra, ogni sommaria informazione.

In questo caso, il giudice fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione, salvo che la stessa non sia già stata disposta ex art. 41, D.Lgs. n. 14/2019, assegnando all'istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notifica del ricorso e del decreto alle altre parti.

All'udienza, il giudice del procedimento, con ordinanza, conferma, modifica ovvero revoca i provvedimenti cautelari emanati con decreto.

Con riferimento alle misure protettive, qualora il debitore abbia proceduto alla pubblicazione della domanda presso il registro imprese ex art. 54, comma 2, il giudice, entro trenta giorni da tale data, assunta ogni informazione, decide, con decreto, sulle misure, confermandole, fissandone la durata, ovvero revocandole (art. 55, comma 3,.D.Lgs. n. 14/2019).

La Relazione illustrativa precisa che “il decreto è reso senza necessaria previa audizione del debitore o di eventuali altri controinteressati”.

Il decreto è pubblicato al registro imprese ed è reclamabile ex art. 124, D.Lgs. n. 14/2019.

Qualora il deposito del decreto non intervenga nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione al registro imprese della domanda, cessano gli effetti protettivi ex art. 54, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019.

In caso di atti di frode da parte del debitore, il tribunale, su istanza del commissario giudiziale, delle parti del procedimento o del pubblico ministero, sentite le parti ed omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, revoca ovvero modifica le misure protettive.

La stessa conseguenza si ha qualora il tribunale accerti che l'attività posta in essere dal debitore non sia idonea al raggiungimento di un accordo con i creditori, né con riferimento alla fase di composizione assistita della crisi, né con riferimento alla fase di regolazione della crisi e dell'insolvenza.

I provvedimenti in materia di misure cautelari e protettive possono essere emessi anche dalla corte di appello, nell'ambito del giudizio di reclamo ex art. 50, D.Lgs. n. 14/2019.

Si rileva una differenza fra le misure protettive ex art. 20-54, commi 2-4, D.Lgs. n. 14/2019 e le misure cautelari ex art. 54, comma 1, D.Lgs. n. 14/2019.

Le prime producono i propri effetti dalla data di pubblicazione al registro imprese del ricorso del debitore, le seconde, producono i propri effetti dal deposito del provvedimento con il quale il tribunale, accogliendo l'istanza di parte, conceda tali misure.

Un'ultima annotazione è la seguente.

Tutte le misure protettive previste nell'ambito del procedimento per la regolazione della crisi e dell'insolvenza – come peraltro quelle previste nella fase stragiudiziale dell'allerta – sono concesse dall'autorità giudiziaria, esclusivamente, su istanza di parte.

Ne consegue che in caso di avvio e/o pendenza di procedure esecutive individuali nei confronti dell'imprenditore ovvero di iniziative da parte dei terzi volte ad acquisire titoli di prelazione, la mancata richiesta/concessione ovvero la revoca delle misure protettive, farà sì che le azioni proseguano nel corso del procedimento per la regolazione della crisi e dell'insolvenza.

Quanto sopra, con evidenti conseguenze negative in ordine alla “tenuta” della fattibilità dei piani d'impresa posti a supporto delle pendenti domande per l'accesso alle procedure di concordato preventivo e/o di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

Anzi, a ben vedere, con particolare riferimento al concordato preventivo, l'imprenditore, si vedrebbe, da una parte, sottoposto ai controlli “limitativi” in ordine alla gestione della propria impresa, dall'altra, privo di ogni tutela rispetto alle iniziative, esecutive e/o cautelari, dei propri creditori.

Le nuove misure nel sovraindebitamento

Il debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale può accedere al sovraindebitamento secondo le norme del Titolo IV, Capo II, per la ristrutturazione dei debiti del consumatore e per la proposta di concordato minore, nonché del titolo V, capo IX, per la liquidazione controllata.

Si applicano al procedimento di sovraindebitamento, in quanto compatibili, le disposizioni del Titolo III in materia di procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza (art. 65, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019).

Abbiamo ricordato come nell'ambito della L. n. 3/2012 le misure protettive a favore del patrimonio del debitore siano accordate dal giudice, con effetti automatici, in caso di accordo di composizione e liquidazione del patrimonio, con effetti discrezionali, in caso di piano del consumatore.

Quanto premesso, il nuovo codice della crisi, all'art. 70, comma 4, disciplina le misure protettive in ambito di ristrutturazione dei debiti del consumatore.

Il giudice, con il decreto con il quale, ritenuta ammissibile la proposta, dispone la comunicazione ai creditori, può disporre, su istanza del debitore, la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata qualora gli stessi siano idonei a pregiudicare la fattibilità del piano.

Il giudice, sempre su istanza del debitore, può altresì disporre il divieto delle azioni esecutive e/o cautelari sul patrimonio del consumatore, oltreché ogni misura idonea a conservare l'integrità del patrimonio sino alla conclusione del procedimento.

Su questo punto, non si rilevano sostanziali modifiche rispetto all'attuale normativa (art. 12-bis, L. n. 3/2012).

Le misure protettive nella proposta di concordato minore sono disciplinate dall'art. 78, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019.

Il giudice, ritenuta ammissibile la domanda, dichiara aperta la procedura, con decreto, disponendo, in caso di istanza del debitore, che sino al momento in cui il provvedimento di omologazione non diventi definitivo, non possano, a pena di nullità, essere iniziate/proseguite azioni esecutive individuali, né essere disposti sequestri conservativi, né acquisiti diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore.

È venuto meno, in questo caso, l'automatismo previsto dall'art. 10, L. n. 3/2012.

In base a tale norma, il giudice con il provvedimento di fissazione dell'udienza, dispone le misure protettive a prescindere dall'esistenza di una relativa domanda del debitore, con effetti appunto di “automaticità”.

Con riferimento alla liquidazione controllata del sovraindebitato, la procedura può essere domandata sia dal debitore, sia da qualsiasi creditore, anche in pendenza di procedure esecutive individuali, nonché, qualora l'insolvenza riguardi un imprenditore non assoggettabile a liquidazione giudiziale, dal pubblico ministero.

Il nuovo codice non fa alcun riferimento circa la possibilità che il ricorrente richieda al tribunale la concessione di misure protettive ovvero cautelari, in sede di presentazione del ricorso per l'apertura del procedimento di liquidazione controllata.

Riteniamo che per effetto del richiamo alle disposizioni del Titolo III in materia di procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza, ex art. 65, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019, il ricorrente abbia la facoltà di farne richiesta, nei modi e per gli effetti di cui agli artt. 54-55.

Sotto altro profilo, una volta che il tribunale abbia dichiarata aperta la procedura – valutata l'assenza di domande alternative di composizione, nonché la sussistenza del presupposto della crisi o dell'insolvenza –, gli effetti “protettivi” siano assicurati dalla stessa ammissione.

Essa determina infatti, ex lege, oltre all'effetto di spossessamento, anche il divieto di azioni esecutive e cautelari individuali, ex art. 150, D.Lgs. n. 14/2019, come richiamato dall'art. 270, comma 5.

Fra l'altro, per concludere, il ricordato art. 270, al sesto comma, prevede una misura “cautelare”, operante una volta che sia stata aperta la liquidazione controllata, che recepisce – in punto di principio ispiratore – quanto previsto in ambito di liquidazione giudiziale.

Qualora un contratto non sia compiutamente eseguito, nelle prestazioni principali, da entrambi i contraenti al momento dell'apertura della liquidazione, la sua esecuzione rimane sospesa fino a quando il liquidatore, sentito il debitore, non dichiari di subentrarvi in luogo del sovraindebitato, assumendo tutti i relativi obblighi.

In via alternativa, il liquidatore può sciogliersi dal contratto salvo che, trattandosi di contratti ad effetti reali, non sia già avvenuto il trasferimento del diritto.

L'altro contraente può mettere in mora il liquidatore, facendogli assegnare dal giudice un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

In caso di prosecuzione del rapporto, sono prededucibili i soli crediti maturati in corso di procedura.

In caso di scioglimento, il terzo ha diritto di far valere nel passivo della liquidazione il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto alcun risarcimento.

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