Furto in condominio attraverso i ponteggi: la concorrente responsabilità del committente e dell'appaltatore
19 Marzo 2019
Massima
Nell'ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell'edificio, è configurabile tanto la responsabilità dell'appaltatore ex art. 2043 c.c., per omessa ordinaria diligenza nell'adozione delle cautele atte ad impedire l'uso anomalo dei ponteggi, quanto quella del condominio, sia ex art. 2043 c.c., per culpa in vigilando o in eligendo, allorché risulti che questo abbia omesso di sorvegliare sull'operato dell'impresa appaltatrice, o ne abbia scelta una manifestamente inadeguata per l'esecuzione dell'opera, sia ai sensi dell'art. 2051 c.c., per omessa custodia, cui è obbligato quale soggetto che ha disposto la manutenzione della struttura.
Fonte: condominioelocazione.it Il caso
Durante lo svolgimento di lavori edili ad un fabbricato condominiale, realizzati in esecuzione di un contratto di appalto, ignoti si introducono all'interno di un appartamento ubicato nell'edificio, forzando le ante di un balcone, raggiunto attraverso l'impalcatura montata dall'appaltatore per l'esecuzione delle opere convenute; una volta all'interno dell'abitazione, quindi, i malviventi, dopo avere messo a soqquadro varie stanze, rinvengono, nel cassetto di un comodino, la chiave della cassaforte collocata all'interno dell'abitazione medesima e, apertala, ne asportano il contenuto. I proprietari del cespite svaligiato convengono in giudizio tanto il condominio, quanto l'impresa appaltatrice, onde sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del furto così perpetrato. La questione
La questione in esame è la seguente: in ipotesi di appalto di opere di manutenzione all'edificio condominiale, chi è tenuto al risarcimento dei danni nel caso di furto in uno degli appartamenti ivi ubicati, realizzato servendosi delle impalcature necessarie all'esecuzione dell'appalto medesimo? Le soluzioni giuridiche
La fattispecie oggetto della pronunzia del Tribunale oplontino rientra all'interno di una casistica abbastanza frequente in ambito condominiale, condividendo un ipotetico “podio” con l'ipotesi di danni da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o da rottura della braga: proprio la frequente ricorrenza di un simile contenzioso consente, dunque, di ricapitolare agevolmente lo stato attuale della giurisprudenza di legittimità, le cui conclusioni sono state fatte proprie dalla decisione in esame. L'autonomia dell'appaltatore - il quale esplica la sua attività nell'esecuzione dell'opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera - implica che, di regola, l'appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera, potendosi una corresponsabilità del committente configurare in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c. dal precetto di neminem laedere o in caso di riferibilità dell'evento al committente stesso per culpa in eligendo, per essere stata affidata l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l'appaltatore in base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 16 ottobre 2008, n. 25251, con specifico riferimento al caso di corresponsabilità del condominio committente; più in generale, per l'affermazione del principio, Cass. civ., sez. II, 21 giugno 2004, n. 11478; Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2000, n. 8686). Il principio generale così esposto è stato ulteriormente specificato nel caso - come quello di specie - di danni che conseguano all'introduzione di ignoti in uno degli appartamenti ubicati nello stabile condominiale, per il tramite delle impalcature installate dall'appaltatore. A fronte di un orientamento molto in voga anche nel recente passato ed in virtù del quale, in assenza di una previsione contrattuale o di specifiche norme di legge che prevedessero, in concreto, lo specifico obbligo di attivarsi per apprestare le misure di sicurezza idonee a prevenire l'evento dannoso, doveva escludersi a priori la responsabilità dell'appaltatore, che pure aveva materialmente provveduto all'installazione dei ponteggi (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 2005, n. 20133), l'opinione ormai maggioritaria ritiene, al contrario, che del danno patito da persona il cui appartamento sia stato svaligiato da ladri, introdottivisi attraverso ponteggi installati per il restauro del fabbricato e privi sia di illuminazione che di misure di sicurezza - si legge in Cass. civ., sez. II, 17 marzo 2009, n. 6435 - possono essere chiamati a rispondere sia l'impresa che ha realizzato i ponteggi, che il condominio: la prima, per avere ingenerato una situazione di rischio conseguente alla mancata adozione delle misure di sicurezza necessarie ad evitare il danno, non avendo dotato i ponteggi di idonee cautele di natura strutturale o strumentale (quali, ad esempio, la loro illuminazione notturna, ovvero l'installazione di un impianto di allarme), rispondendo dunque, di un illecito omissivo "atipico", fondato sulla progressiva evoluzione interpretativa dell'art. 2043 c.c., che, «da norma secondaria punitiva della violazione di specifiche prescrizioni aliunde poste dall'ordinamento, è oggi considerata essa stessa norma precettiva primaria [...] quale clausola aperta che conferisce un autonomo diritto al risarcimento del danno» (così Balucani 2013, 1304); il condominio, invece, per un duplice titolo e, cioè, quale custode del fabbricato, ai sensi dell'art. 2051 c.c. (il committente, infatti, quale proprietario del bene, ha il dovere di apprestare tutte le precauzioni idonee ad evitare che dallo stesso derivino pregiudizi ai terzi), nonché per culpa in vigilando o in eligendo, allorché risulti (sulla base del medesimo ragionamento appena svolto per ciò che concerne l'appaltatore) che abbia omesso di sorvegliare l'operato dell'impresa appaltatrice - la quale abbia trascurato le ordinarie norme di diligenza o non abbia adottato le cautele idonee ad impedire l'uso anomalo delle impalcature - ovvero ne abbia scelta una manifestamente inadeguata per l'esecuzione dell'opera (v. anche Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2009, n. 12274; Cass. civ., sez. II, 12 aprile 2006, n. 8630; Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2005 n. 2844). Né altera tale regime l'eventuale clausola a discarico della responsabilità, pattuita tra il condominio committente e l'appaltatore la quale, se vincolante ed efficace nei rapporti fra le parti del contratto di appalto, producendo l'effetto di consentire al primo di rivalersi sul secondo per i danni di cui sia chiamato a rispondere per effetto del comportamento di quest'ultimo, non è, invece, opponibile ai terzi danneggiati (art. 1372, comma 2, c.c.), né vale ad esonerare il condominio dall'obbligo di rispondere, nella ricorrenza dei presupposti di cui si è detto, nei loro confronti (Cass. civ., sez. II, 19 dicembre 2014, n. 26900). Tali principi sono stati pienamente applicati dal Tribunale campano, che ha ravvisato proprio nell'assenza di sistemi antifurto sulle impalcature l'ubi consistam della responsabilità dell'appaltatore e - in solido con questo - del condominio committente: «l'assenza dei citati dispositivi, che dovevano essere predisposti dall'impresa appaltatrice - si legge in motivazione - consente di ritenere integrato l'elemento soggettivo della colpa in capo alla ditta convenuta, per avere custodito negligentemente detti ponteggi, in modo inidoneo a impedirne l'uso anomalo anche ad opera di terzi(Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2016, n. 19399)». Osservazioni
La (concorrente) responsabilità dell'appaltatore e del committente non esclude, anche nel caso in esame, la possibilità di ravvisare un concorso di colpa del danneggiato, secondo la regola generale di cui all'art. 1227, comma 1, c.c., indipendentemente dalla circostanza che sia stata fatta valere la responsabilità ex art. 2043 oppure ex 2051 c.c.: quanto al primo regime di responsabilità, infatti, la recente Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2018, nn. 2480 e Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2018, n. 2483 è chiara nell'evidenziare che, quanto più le conseguenze della condotta altrui sono suscettibili di essere previste e superate attraverso l'adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze del caso concreto, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del suo comportamento imprudente nella produzione del danno, fino al punto di interrompere il nesso eziologico tra condotta e danno quando lo stesso comportamento sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale; quanto, poi, all'art. 2051 c.c., l'altrettanto recente Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 2017, n. 30775, evidenziato come il criterio di imputazione di tale tipologia di responsabilità abbia carattere oggettivo, chiarisce che è sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, spettando al custode l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, il quale è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull'evento dannoso, che può anche essere esclusiva. In altri termini, la condotta incauta del "derubato" (quale soggetto danneggiato) può incidere sia sull'an che sul quantum debeatur: profilo, invero, esaminato dal Tribunale di Torre Annunziata e, nella specie, correttamente escluso, essendo risultato dall'istruttoria non solo che persiane e vetri del balcone da cui gli ignoti si erano introdotti nell'appartamento erano stati correttamente chiusi, prima che questo fosse lasciato incustodito, ma anche che le modalità di custodia della chiave della cassaforte (riposta nel cassetto di un comodino) erano inidonee ad ascrivere qualsivoglia responsabilità ai derubati, «in quanto con valutazione ex post qualunque, posto può essere ritenuto inadatto a custodire la chiave di una cassaforte in un appartamento, come dimostrato, del resto, dal fatto che i ladri hanno messo a soqquadro varie stanze prima di trovarla». |