L’appello di Torino sul caso dei riders di Foodora: la terza via tra autonomia e subordinazione

Francesco Meiffret
19 Marzo 2019

L'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015, individua un terzo genere di rapporto di lavoro che si inserisce tra il lavoro subordinato disciplinato dall'art. 2094, c.c., e la collaborazione come prevista dall'art. 409, comma 3, c.p.c. L'elemento che distingue la collaborazione autonoma etero organizzata dal rapporto di lavoro subordinato e dalla collaborazione autonoma è l'etero organizzazione. Questa è ravvisabile ogni qual volta sussiste un'effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente che determina le modalità di esecuzione della prestazione senza tuttavia esercitare il potere gerarchico tipico della subordinazione.
Massima

L'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, individua un terzo genere di rapporto di lavoro che si inserisce tra il lavoro subordinato disciplinato dall'art. 2094, c.c., e la collaborazione come prevista dall'art. 409, comma 3, c.p.c.

L'elemento che distingue la collaborazione autonoma etero organizzata dal rapporto di lavoro subordinato e dalla collaborazione autonoma è l'etero organizzazione.

Questa è ravvisabile ogni qual volta sussiste un'effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente che determina le modalità di esecuzione della prestazione senza tuttavia esercitare il potere gerarchico tipico della subordinazione.

Il caso

La sentenza del Tribunale di Torino, 6 maggio 2018, n. 778, aveva respinto tutte le domande dei ricorrenti, fattorini della nota società Foodora, volte, in via principale, a far riconoscere la natura subordinata del rapporto di lavoro, formalmente qualificato come contratto di collaborazione autonoma più volte rinnovato, e, in via subordinata, a far accertare l'applicazione dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2018.

La reiezione della domanda principale in I grado era stata basata essenzialmente sulla base di due argomentazioni. La prima riguardava la volontarietà della prestazione. Secondo il Giudice di I grado erano i riders a scegliere se mettersi a disposizione di Foodora per effettuare le consegne indicando in quali turni erano disponibili ad effettuare il servizio. La seconda era giustificata sull'assunto che era stato accertato in corso d'istruttoria l'assenza di potere direttivo e gerarchico. Il Giudice aveva ritenuto provato che i riders non erano sottoposti al potere disciplinare di Foodora ed avevano una notevole autonomia nell'esecuzione della prestazione che doveva solamente coordinarsi con le esigenze produttive del committente.

Anche la domanda subordinata era stata respinta. Il Giudice aveva deciso per l'inapplicabilità dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, poiché questa norma introduce una definizione di subordinazione più ristretta rispetto all'art. 2094, c.c. Nell'art. 2, d.lgs. cit., la prestazione deve essere disciplinata dal committente anche - ma non solo - nei tempi e nei luoghi della prestazione circostanza che, invece, non sussiste nel rapporto di lavoro con i riders i quali gestiscono in autonomia i tempi di lavoro e di riposo (sul punto si v. anche Tribunale Milano, sez. lav., 10 settembre 2018, n. 1853).

La sentenza veniva appellata.

La prima critica mossa dai ricorrenti è che il giudice di prime cure ha dato eccessiva importanza alla qualificazione formale del rapporto di lavoro senza considerare i comportamenti delle parti durante la fase precontrattuale e le effettive modalità di esecuzione del rapporto.

La seconda censura si concentra sulla valutazione delle prove ammesse e acquisite in primo grado dalle quali emergerebbe la sottoposizione dei riders al potere disciplinare del datore di lavoro.

Il ricorso prosegue argomentando che la volontarietà o meno di eseguire il turno sia un elemento esterno rispetto alla qualificazione del rapporto come subordinato o autonomo richiamando un recente precedente della Corte di Cassazione in un caso simile (Cass., sez. lav., 13 febbraio 2018, n. 3457).

In subordine i ricorrenti censurano l'interpretazione dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, in base alla quale la norma fornirebbe una definizione di subordinazione più ristretta di quella dell'art. 2094, c.c., frustrando in questo modo l'intenzione del Legislatore di garantire anche alle prestazioni di lavoro autonome e coordinate le garanzie previste nel rapporto di lavoro subordinato.

Le questioni

Il fatto che il lavoratore sia libero o meno di accettare l'offerta di svolgere il turno di consegne costituisce un elemento esterno rispetto alla qualificazione del rapporto di lavoro oppure è un indice sintomatico nella natura autonoma della prestazione lavorativa?

Qual è l'elemento che distingue una collaborazione organizzata dal committente ai sensi dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, rispetto alla fattispecie rapporto di lavoro subordinato e alla prestazione d'opera coordinata e continuativa?

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'appello respinge la domanda principale volta a far accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro subordinato, ma accoglie quella subordinata in base alla quale si chiede l'applicazione dell'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015, con la conseguenza che alle prestazioni autonome coordinate dal committente si applicano le tutele previste per il rapporto di lavoro subordinato.

I giudici di secondo grado ritengono corretta la conclusione del giudice di I grado in merito alla natura non subordinata del rapporto confermando integralmente le motivazioni sul punto. Respingono, infatti, la tesi difensiva dei ricorrenti in base alla quale la volontarietà o meno di eseguire la prestazione sia un elemento esterno rispetto la qualificazione del rapporto perché attiene alla fase genetica di ogni rapporto di lavoro, sia autonomo che subordinato. La tesi dei ricorrenti, non accolta dalla Corte d'appello, si basa sull'osservazione che l'accettazione o meno dell'offerta di lavoro determina esclusivamente la nascita o meno del rapporto giuridico, ma non incide sulla sua modalità di esecuzione.

Secondo la Corte d'appello gli elementi peculiari del rapporto di lavoro subordinato sono non solo le modalità di svolgimento della prestazione, ma anche l'obbligo di eseguire la prestazione che nel caso di specie non sussisterebbe.

Come già anticipato la Corte accoglie la domanda subordinata dei ricorrenti volta a far applicare l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015. Il Collegio, innanzitutto, ritiene errata la tesi del Giudice di I grado secondo cui la norma non avrebbe natura precettiva e non sarebbe comunque applicabile in quanto definirebbe in maniera più restrittiva il concetto di subordinazione rispetto all'art. 2094, c.c. Tale tesi risulterebbe in netto contrasto con l'intenzione del Legislatore di fornire maggiori tutele anche ai rapporti di lavoro che rientrano nella categoria della c.d. parasubordinazione.

Il Collegio prosegue definendo l'elemento che distingue il rapporto di lavoro subordinato ed i rapporti di collaborazione definiti dall'art. 409, comma 3, c.p.c.: l'etero-organizzazione. Questa si realizza quando il committente determina le modalità e le tempistiche di esecuzione della prestazione che diviene parte integrante dell'organizzazione produttiva. L'etero-organizzazione presenta queste caratteristiche in più della semplice coordinazione che è, invece, il caso in cui il lavoratore esegue la propria attività lavorativa in piena autonomia, salvo il fatto che l'opera o il servizio fornito rispecchi le esigenze del committente (in altre parole, quindi, si coordini).

Dall'altra parte l'etero organizzazione è priva del potere gerarchico disciplinare tipico del vincolo di subordinazione.

Una volta inquadrate dal punto di vista dogmatico subordinazione, etero-direzione e coordinazione, il Collegio motiva la propria decisione di sussumere il rapporto di lavoro dei riders nella seconda categoria. Il contratto di lavoro stipulato tra i riders e Foodora presenta tutte le caratteristiche di un rapporto etero organizzato: Foodora, infatti, decideva i turni, forniva gli indirizzi di consegna ai fattorini e ne stabiliva le tempistiche, lasciando tuttavia a quest'ultimi autonomia nell'esecuzione della prestazione e senza sottoporli al potere disciplinare.

Ritiene, quindi, che debba essere accolta la domanda volta all'ottenimento di un trattamento non inferiore a quello dei lavoratori subordinati che svolgono mansioni simili. Poichè Foodora non aveva sottoscritto alcun contratto collettivo, utilizza come termine di paragone la retribuzione diretta ed indiretta stabilita per i lavoratori subordinati che rientrano nel V livello del CCNL logistica trasporti merci. La scelta di tale contratto collettivo non è casuale da parte dei Giudici di secondo grado poiché il 18 luglio 2018 è stato sottoscritto dalle parti che hanno siglato il sopracitato CCNL un accordo che disciplina il rapporto di lavoro dei riders (sul punto v. su questo portale “Riders: siglato l'accordo tra le parti del CCNL Logistica e Trasporti che disciplina l'attività dei fattorini della Gig economy”).

Il collegio respinge, invece, la domanda volta ad ottenere l'indennità per il licenziamento illegittimo sia perché rileva che tale forma di tutela è tipica del rapporto di lavoro subordinato e sia perché ai fattorini era stata proposta la prosecuzione del rapporto seppur con modalità diverse di pagamento.

Osservazioni

La sentenza in commento ha il merito di indicare il campo di applicazione dell'art. 2, d.lgs n. 81 del 2015, sconfessando le teorie di parte di autorevole dottrina che sosteneva l'inapplicabilità in concreto della norma sul presupposto che fornisce una definizione di subordinazione più ristretta di quella presente nell'art. 2094, c.c. Questa tesi dottrinale era stata di fatto sposata dalla sentenza di primo grado e da quella pronunciata dal Tribunale di Milano. La Corte d'appello, invece, fornisce un'interpretazione dell'art. 2 fedele all'intenzione del Legislatore che tramite tale disposizione ha avvertito come nel mercato del lavoro non esiste più una rigida distinzione tra autonomia e subordinazione. Oltre a tali due ipotesi esiste un'ampia “terra di mezzo” nella quale si rinvengono rapporti di lavoro “ibridi”. E più detti rapporti tendono ad avvicinarsi alla fattispecie classica di subordinazione più necessitano di tutele per riequilibrare la forza contrattuale tra i due stipulanti. Più, invece, tali tipologie di rapporto si allontanano dalla subordinazione minore è la necessità di fornire tutele: non solo, quindi, la società è liquida, ma anche il diritto dei contratti del lavoro ha assunto tale forma abbandonando, quindi, la rigida dicotomia tra autonomia e subordinazione.

Se a sommesso parere dello scrivente la sentenza ha il pregio di fornire un'interpretazione dell'art. 2 in linea con l'intenzione del Legislatore, qualche perplessità in più desta la parte motivazionale a giustificazione dell'esclusione della natura subordinata del rapporto di lavoro dei riders con Foodora.

La Corte d'appello respinge la tesi dei ricorrenti secondo la quale la volontarietà o meno di accettare la prestazione è un elemento esterno alla fattispecie subordinazione. Sulla base di tale presupposto arriva a stabilire che il rapporto di lavoro dei riders non è subordinato e, quindi, non si applicano tutte le tutele previste da tale tipologia, nello specifico quelle del licenziamento illegittimo.

Occorre a questo punto soffermarsi sul concetto di volontarietà della prestazione da parte dei fattorini. Invero una volta accettata la chiamata, la prestazione per i fattorini doveva essere obbligatoriamente eseguita. Come opportunamente rilevato nella sentenza della Cass., sez. lav., 13 febbraio 2018, n. 3457, la volontarietà rileva solo nel momento dell'offerta del lavoro dopo di che, se il lavoratore accetta, si instaura un vincolo contrattuale. Ed, infatti, i riders se una volta data la propria disponibilità di accettare un turno (slot) rinunciavano, dovevano pagare una penale. E' chiara dunque l'obbligatorietà della prestazione una volta che i fattorini hanno accettato l'offerta di svolgere il turno.

D'altronde, in base alla ricostruzione fornita dalla Corte d'appello il rapporto giuridico tra Foodora ed i riders, sarebbe sottoposto ad una condizione meramente potestativa di quest'ultimi, nulla ai sensi dell'art. 1355, c.c.

Ma anche a voler ritenere come dirimente la volontarietà della prestazione, come prospettato dalla sentenza in commento, a giudizio dello scrivente tale elemento non escluderebbe nel caso di specie la riqualificazione del rapporto come subordinato posto che, come si descriverà infra, manca totalmente l'autonomia nell'esecuzione della prestazione.

Il contratto stipulato dai riders con Foodora prevede, infatti, che questi diano la propria disponibilità di eseguire le consegne in relazione ai turni predisposti dalla seconda. Foodora comunica i turni disponibili ed i riders, una volta accettati i turni, devono recarsi alle postazioni predefinite da Foodora ed eseguire le consegne di volta in volta assegnate. Per ciascuna ora del turno i riders ricevono € 5,60 all'ora.

L'analisi della fattispecie concreta avrebbe dovuto indurre la Corte a qualificare il contratto come contratto di lavoro a chiamata senza obbligo di risposta.

Dal momento che è molto probabile l'assenza del documento unico di valutazione dei rischi richiesto dall'art. 14, d.lgs.n. 81 del 2015, nonché è possibile che non siano stati rispettati gli altri requisiti stabiliti dalla fattispecie nell'art 13 (età e numero massimo di giornate lavorative – 400 - nell'arco di tre anni) il rapporto di lavoro avrebbe dovuto a sua volta essere riqualificato nel contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Sono numerose, infatti, le sentenze che sanciscono che il mancato rispetto dei precetti stabiliti dal Legislatore per la stipula di contratti di lavoro atipici comportino la conversione del rapporto in subordinato a tempo indeterminato. Questi precedenti partono dal presupposto normativo che la forma tipica del contratto di lavoro è quella subordinata a tempo indeterminato. La regola, quindi, è il contratto subordinato a tempo indeterminato, l'eccezione sono le altre varie tipologie contrattuali. Se dunque mancano i presupposti per la stipula di un contratto atipico la conseguenza non può essere altro che la conversione del contratto di lavoro in quello tipico.

La sentenza della Cassazione 2 aprile 2012, n. 5241, ha stabilito che l'assenza della valutazione dei rischi nei contratti a tempo determinato comporta la conversione del contratto in tempo indeterminato poiché tale obbligo mira a tutelare la salute del lavoratore ed ha natura, quindi, imperativa. La valutazione dei rischi non è un adempimento di natura formale, ma mira a tutelare tutti quei lavoratori atipici che, a causa della loro minor formazione e dell'esecuzione della propria prestazione in maniera non continuativa o duratura all'interno dell'impresa, sono maggiormente esposti al rischio di infortuni sul luogo di lavoro.

La sanzione secondo la Cassazione non può essere altro che la conversione del contratto da atipico a quello tipico posto che il Legislatore ha sempre stabilito che il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è la forma tipica di contratto di lavoro (v. in ultimo l'art. 1, d.lgs. n. 81 del 2015).

Anche se la fattispecie riguarda il contratto a tempo determinato è evidente che il principio possa essere applicato anche al contratto a chiamata posto che il Legislatore prevede anche in questa fattispecie il divieto della stipula del contratto a chiamata in assenza della valutazione dei rischi.

Ed infatti il Tribunale di Milano con la sentenza 19 giugno 2017, n. 1806, ha affermato che la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente da parte di una società sprovvista di dvr, in violazione del precetto di cui all'art. 14, d.lgs. n. 81 del 2015, comporta, quale sanzione, la conversione del rapporto di lavoro a chiamata in ordinario rapporto di lavoro subordinato.

Appurato che il requisito della volontarietà non può essere la cartina a tornasole per dimostrare la natura o meno subordinata del rapporto di lavoro con i riders, la Corte d'appello non specifica nemmeno esaurientemente l'ambito di autonomia dei riders nell'esecuzione della prestazione. Trattasi, infatti, quella della consegna, una prestazione meramente esecutiva dove non si rinviene alcuna possibilità di decisione sulle modalità dell'esecuzione della prestazione anche alla luce del fatto che persino il tragitto per effettuare la consegna veniva tracciato dalla committente tramite l'applicazione che doveva essere installata dai fattorini sui loro cellulari. La Corte d'appello dunque qualifica la prestazione come autonoma etero organizzata, senza tuttavia indicare ove vi sarebbe lo spazio di libertà lasciato al prestatore d'opera.

Le censure sin qui riportate in merito all'assenza di autonomia nell'esecuzione della prestazione di consegna a domicilio di cibo trovano conferma nella sentenza della Cassazione, sez. lav., 4 luglio 2017, n. 16377, che affronta un caso del tutto simile a quello di cui trattasi: la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dei fattorini di una società che distribuisce pizze a domicilio.

Tra i numerosi motivi che hanno indotto gli ermellini a ritenere subordinato il rapporto con i fattorini vi era il carattere meramente esecutivo della prestazione. Secondo la Corte i vettori, una volta data la disponibilità ad essere inseriti nei turni predisposti dalla società, erano tenuti ad operare secondo le modalità stabilite dalla stessa che non lasciava alcun margine di autonomia. L'assenza di autonomia risultava ulteriormente confermata alla luce della natura esecutiva della prestazione che rendeva arduo intravedere reali margini di autonomia.

Conclusioni

Alla luce di quanto sin qui esposto si può, quindi, concludere affermando che la sentenza in commento lascia ancora aperta la questione dell'inquadramento giuridico del rapporto di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali, una questione sulla quale potrebbe a breve intervenire il Legislatore con una legge specifica che definisce tipologia del rapporto e tutele. Se la sentenza ha l'indubbio pregio di indicare che cosa possa essere in astratto una collaborazione etero organizzata, non esente da critiche può essere la conclusione in merito all'esclusione delle tutele del licenziamento per i lavoratori ai quali viene applicato l'art. 2, d.lgs. n. 81 del 2015. Non tanto nel caso in concreto in cui i lavoratori si erano dimessi, ma nel caso in cui la prestazione autonoma venga interrotta per volontà del committente.

La sentenza, infatti, esclude in generale l'applicabilità della disciplina della tutela del licenziamento illegittimo sul presupposto che questa sia tipica del solo lavoro subordinato ai sensi dell'art. 2094, c.c.

Se dal punto dogmatico può essere anche giusta questa deduzione, ciononostante l'art. 2, d.lgs.n. 81 del 2015, prevede l'applicazione ai collaboratori di tutte le tutele del lavoro subordinato, motivo per cui l'interpretazione proposta potrebbe essere considerata contra legem.

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