Brevi note sull'art. 1, comma 1126, della legge di bilancio 2019

20 Marzo 2019

Breve commento alle novelle apportate al testo unico sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124) e all'art. 142 cod. ass. dall'art. 1, comma 1126, l. 30 dicembre 2018 n. 145, in tema di danno differenziale, surrogazione e regresso dell'assicuratore sociale.
Introduzione

Raccolgo con piacere l'invito, rivoltomi dal direttore di Ridare.it, di fornire un breve commento alle novelle apportate al testo unico sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124) e all'art. 142 cod. ass. dall'art. 1, comma 1126, l. 30 dicembre 2018 n. 145, in tema di danno differenziale, surrogazione e regresso dell'assicuratore sociale.

Avendo già altrove esposto un commento generale su questa riforma, non tedierò il lettore ripetendo cose già dette, permettendomi di rinviare a quel precedente scritto (M. ROSSETTI, La maledizione di Kirchmann, ovvero che ne sarà del danno differenziale, in www.questionegiustizia.it/articolo/la-maledizione-di-kirchmann-ovvero-che-ne-sara-del-danno-differenziale_06-02-2019.php).

In questa sede vorrei piuttosto concentrare l'attenzione su due questioni collaterali, non pienamente affrontate nel precedente scritto:

  • la posizione del debitore nel caso di infortunio in itinere;
  • la possibilità di interpretazioni costituzionalmente orientati della novella.

Infortunio in itinere

Nel caso di infortunio in itinere, non ascrivibile a colpa del lavoratore infortunato, vi sarà di norma un assicuratore della RCA del responsabile che, ai sensi dell'art. 144 cod. ass., sarà tenuto a risarcire il lavoratore infortunato.

Questo assicuratore del responsabile, tuttavia, è tenuto altresì a rifondere agli assicuratori sociali le somme che questi ultimi dovessero avere pagato alla vittima, in esecuzione dei propri obblighi indennitari.

La “partita a tre” che in questi casi si gioca tra vittima, assicuratore sociale e assicuratore del responsabile conobbe una stagione di tormenti, che si protrasse grosso modo dal 1974 (affermazione giurisprudenziale della risarcibilità del danno biologico) al 1989 (soluzione dei contrasti da parte di Corte cost. 319/89). Dopo il 1989, e per i trent'anni successivi, si erano consolidati i seguenti princìpi:

(a) la vittima non può pretendere dal responsabile un risarcimento superiore al danno civilistico effettivamente patito, tenuto conto di quanto percepito dall'assicuratore sociale;

(b) il responsabile non può essere costretto a pagare alla vittima più del danno effettivamente causato;

(c) l'assicuratore sociale non può esercitare la surrogazione con pregiudizio del diritto dell'assicurato al risarcimento di danni che non hanno formato oggetto di assicurazione sociale.

Il primo principio comportava che, se la vittima pativa un danno biologico di “100”, e percepiva dall'Inail a titolo di indennizzo del danno biologico, “80”, poteva pretendere dal responsabile solo 20.

Il secondo principio comportava che se l'Inail indennizzava alla vittima un danno patrimoniale da incapacità lavorativa di “100”, ma il responsabile aveva causato un danno patrimoniale da incapacità lavorativa di “20”, l'Inail poteva surrogarsi solo per 20, e non per 100.

Il terzo principio comportava che se il responsabile causava alla vittima un danno biologico di 20 ed un danno da inabilità temporanea di 50, l'assicuratore sociale che avesse risarcito alla vittima soltanto il danno da inabilità temporanea per 60 poteva pretendere dal responsabile solo 50.

Il novellato art. 142 cod. ass.

Il novellato art. 142 cod. ass. stabilisce oggi, per effetto della riforma introdotta dalla l. 145/2018, che «ove il danneggiato dichiari di avere diritto a tali prestazioni, l'impresa di assicurazione (…) potrà procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma a valere sul complessivo risarcimento dovuto idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare a qualsiasi titolo».

È rimasto, però, invariato, l'ultimo comma, il quale stabilisce che «in ogni caso l'ente gestore dell'assicurazione sociale non può esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti».

Si tratta di un puzzle normativo di non facile interpretazione, al contrario di quanto alcuni interpreti hanno mostrato di ritenere.

Il novellato art. 142, comma 2, cod. ass., detta infatti precise regole:

(a) l'assicuratore della RCA deve accantonare una somma di denaro;

(b) questa somma deve essere (almeno) pari agli indennizzi che l'assicuratore sociale ha pagato o pagherà alla vittima “a qualsiasi titolo”;

(c) la somma sub (b) deve essere detratta (“a valere”, dice la legge) dal risarcimento.

Ora, io credo che nessuno vorrà negare la palese distonia che è venuta a crearsi tra i commi 2 e 3 dell'art. 142 cod. ass., per effetto della riforma di fine anno.

Da un lato, infatti, è tuttora in vigore il divieto di surrogazione dell'assicuratore sociale, se questa comporti pregiudizi a crediti del lavoratore per danni “non altrimenti risarciti”. Dall'altro, però, si stabilisce che tutti gli accantonamenti compiuti dall'assicuratore, per formale la provvista destinata a soddisfare le pretese surrogatorie dell'assicuratore sociale, siano da intendersi «a valere sul complessivo risarcimento dovuto» alla vittima.

Si tratta di due norme che affermano l'una l'esatto contrario dell'altra.

Proviamo a verificarlo in corpore vili con un banale esempio.

La vittima d'un infortunio in itinere patisce un danno biologico di 100, un danno al veicolo di 30 e un danno alla capacità lavorativa specifica di 50.

L'Inail la indennizza pagandole 90 a titolo di danno biologico e 90 a titolo di danno alla capacità lavorativa specifica.

In questo caso, poiché l'assicuratore del responsabile deve accantonare tutte le somme che l'Inail “ha pagato o pagherà” alla vittima, dovrà accantonare 180. Ma la legge dice anche che questo accantonamento deve avvenire “a valere” sul complessivo risarcimento: l'infortunato dunque, che aveva un credito risarcitorio di 180, si vedrà opporre dall'assicuratore del responsabile un netto rifiuto, perché il suo credito risarcitorio è stato “esaurito” dall'accantonamento. E ciò nonostante il danno biologico non sia stato interamente risarcito (danno di 100, indennizzato dall'Inail con 90), né lo sia stato il danno al veicolo, che ovviamente non è indennizzato dall'Inail.

Ma in questo modo la vittima perderebbe il diritto al risarcimento di danni “non altrimenti risarciti”, con questo effetto paradossale: che l'applicazione del secondo comma dell'art. 142 comporta di per se la violazione del terzo, e viceversa.

Sospetti di illegittimità costituzionale

L'antinomia appena segnalata tra i commi 2 e 3 dell'art. 142 cod. ass. solleva forti sospetti di illegittimità costituzionale: il precetto secondo cui la surrogazione non può nuocere al diritto del danneggiato al risarcimento dei danni “non altrimenti” risarciti, infatti, come noto costituisce applicazione di un principio ripetutamente affermato dalla Consulta, in particolare con le sentenze n. 319/1989 e 356/1991.

Chiediamoci allora se la evidente antinomia tra i commi 2 e 3 dell'art. 142 cod. ass. possa essere superata attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata.

La prima strada potrebbe essere quella di dare prevalenza al terzo comma rispetto al secondo: ma sarebbe strada rozza ed istintiva, dal momento che essa avrebbe l'effetto di abrogare per via interpretativa l'inciso “a valere sul complessivo risarcimento”. Non di interpretazione si tratterebbe, pertanto, ma di vera e propria manipolazione della norma, non consentita all'interprete.

Una seconda strada, pur proposta, potrebbe essere quella di ritenere che la nuova regola dettata dall'art. 142, comma 2, cod. ass., valga solo per il danno differenziale, e non per il danno complementare, rispetto al quale nessuna surroga sarebbe concepibile.

Rammento, a tal riguardo, che nella prassi specie giuslavoristica viene definito “danno differenziale” l'eccedenza del credito risarcitorio civilistico rispetto all'indennizzo pagato dall'Inail per il medesimo pregiudizio; mentre si definisce “danno complementare” il credito risarcitorio vantato dalla vittima verso il responsabile, scaturente da pregiudizi che non hanno formato oggetto di copertura assicurativa da parte dell'Inail.

Il credito risarcitorio civilistico per danno biologico può costituire un danno differenziale, perché anche l'Inail assicura il ristoro del danno biologico; il credito risarcitorio civilistico per il danno al veicolo costituisce un danno complementare, perché l'Inail non assicura il danno ai veicoli.

Secondo taluni autorevoli commentatori, dunque, la riforma introdotta dall'art. 1 l. 145/2018 riguarderebbe solo i danni differenziali, non quelli complementari. Per i danni complementari, non essendovi copertura assicurativa, non vi è nemmeno diritto di surroga, e di conseguenza non vi sarebbe nemmeno obbligo dell'assicuratore della RCA di accantonare gli importi previsti dall'art. 142 cod. ass.

Il ragionamento è ineccepibile in astratto, ma finisce per cozzare contro la chiara lettera della norma in esame, la quale non fa affatto distinzione tra danni coperti e danni non coperti dall'Inail, limitandosi a stabilire che l'assicuratore della RCA «potrà procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma a valere sul complessivo risarcimento dovuto idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare a qualsiasi titolo».

Se davvero il legislatore avesse voluto distinguere il danno differenziale da quello complementare, la norma si sarebbe dovuta scrivere così: «l'assicuratore della r.c.a. potrà procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma a valere sul complessivo risarcimento dovuto per i danni coperti dall'assicuratore sociale, idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare a qualsiasi titolo».

La presenza dell'aggettivo “complessivo”, invece, parrebbe impedire qualsiasi interpretazione salvifica che distingua tra danni complementari e differenziali.

In conclusione

In conclusione, credo che ben difficilmente si possa evitare la seguente conclusione: l'art. 142, comma 2, cod. ass., è norma costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 2, 3 e 24 Cost.

È illegittima nei confronti della vittima, perché consente la surrogazione dell'assicuratore sociale con pregiudizio dei crediti risarcitori vantati dalla vittima per danni non altrimenti risarciti; ed è illegittima nei confronti del debitore, perché lo obbliga a rifondere all'Inail indennizzi pagati a ristoro anche dei pregiudizi che, civilisticamente parlando, sono insussistenti.

* Il testo esprime le mie opinioni personali, e non è in alcun modo riferibile all'istituzione cui appartengo.

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