Per la Suprema Corte la procura non prova il contratto di patrocinio

Redazione scientifica
25 Marzo 2019

A fronte della contestazione dell'esistenza di un contratto di patrocinio fonte dell'obbligazione di pagamento del compenso dell'avvocato, la prova dello stesso non può essere fornita in termini esaustivi mediante la procura alle liti, trattandosi di un atto unilaterale autonomo diverso dal contratto con cui si instaura il rapporto di patrocinio legale.

Il caso. Un avvocato agiva per ottenere il pagamento degli onorari relativi all'attività professionale svolta in due giudizi, nei confronti di più soggetti dai quali aveva ricevuto mandato. A dire il vero, tutti i soggetti convenuti in giudizio avevano sottoscritto la procura alle liti, ma secondo il tribunale, prima, e la Corte d'appello, poi, solo alcuni di essi potevano essere considerati “clienti” dell'avvocato, e in quanto tali tenuti al pagamento della parcella. A fondamento della loro decisione ritenevano rilevante e decisiva la distinzione fra il rapporto processuale derivante dal mandato o procura ad litem (con il quale difensore è investito del potere di rappresentanza in giudizio della parte) dal rapporto interno tra difensore e colui che conferisce l'incarico professionale, solo quest'ultimo qualificabile come "cliente", e non necessariamente coincidente con il soggetto autore della procura.

Sul punto è stato proposto ricorso in Cassazione, alla luce del quale la Suprema Corte ha ritenuto che la pronuncia impugnata ha fatto corretta applicazione delle norme regolatrici e dei consolidati orientamenti giurisprudenziali in materia.

Procura ad litem e contratto di patrocinio. Infatti, ricordano i Giudici, è principio consolidato che «in tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem è un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cd. contratto di patrocinio) con il quale il legale viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte».

Di conseguenza, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo quest'ultima richiesta solo per lo svolgimento dell'attività processuale (cfr., ex multis, Cass. civ., n. 14276/2017). E, allo stesso modo, si deve ritenere che «al rilascio della procura ad litem non corrisponda un contratto di patrocinio fra le stesse parti, potendosi verificare che il rilascio della procura avvenga in ragione di un mandato sostanziale da altri rilasciato».

La prova del contratto di patrocinio. Ciò, a parere del Collegio, non significa che il rilascio della procura alle liti sia privo di effetti giuridici, ma piuttosto che, a fronte della contestazione dell'esistenza di un contratto di patrocinio fonte dell'obbligazione di pagamento del compenso dell'avvocato (come avvenuto nel caso in esame), la prova dello stesso non possa essere fornita mediante la procura alle liti, trattandosi di un atto unilaterale autonomo diverso dal contratto con cui si instaura il rapporto di patrocinio legale.

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