Ricorso per cassazione senza le conclusioni, tra ‘sostanza' delle garanzie e derive del formalismo

Giacomo Cusani
25 Marzo 2019

La questione esaminata dalla Suprema Corte è la seguente: accertata la mancata indicazione delle conclusioni nel ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, l'atto deve ritenersi inammissibile?
Massima

L'omessa indicazione esplicita delle conclusioni nel ricorso non comporta automaticamente l'inammissibilità dello stesso per carenza di un requisito essenziale, laddove la volontà del ricorrente sia desumibile con certezza dall'intero contenuto del ricorso risultando comunque tutelato il diritto di difesa della controparte.

Il caso

Tizio contestava gli avvisi di accertamento IRPEG IRAP, IVA per l'anno di imposta 1999-2002 emessi dalla Agenzia delle Entrate nei suoi confronti. La Commissione Tributaria Provinciale si pronunciava in suo favore in primo grado e così anche la Commissione Tributaria Regionale in sede di appello. L'Agenzia delle Entrate proponeva quindi ricorso in Cassazione deducendo da un lato l'omessa contabilizzazione dei ricavi e dall'altro l'indebita deduzione di alcuni costi. Il contribuente controricorrente eccepiva in tale sede l'inammissibilità del ricorso proposto dall'Agenzia per mancata enunciazione delle conclusioni, oltre che le censure più strettamente relative al merito.

La questione

La questione in esame è la seguente: accertata la mancata indicazione delle conclusioni nel ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, l'atto deve ritenersi inammissibile?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza è stata sempre attenta nel sindacare i requisiti essenziali di forma-contenuto degli atti introduttivi del giudizio in un'ottica di prevalenza degli aspetti sostanziali rispetto a quelli più marcatamente formali.

Tale impostazione si è affermata in particolare con riferimento al diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost. e all'onere di specificazione dei motivi di cui all'art. 366, n. 4, c.p.c..

Quanto al primo aspetto la Suprema Corte ha, anche di recente, affermato che laddove l'atto di citazione risulti privo dell'indicazione dell'oggetto, delle ragioni della domanda, nonché delle conclusioni, il giudice deve rilevarne la nullità e disporne l'integrazione al fine di garantire l'instaurazione di un contraddittorio pieno (Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2017, n. 8492).

La stessa Corte ha poi precisato, come, perché si abbia la nullità dell'atto, sia necessaria una valutazione caso per caso che dimostri l'assoluta incertezza circa la determinazione dell'oggetto della domanda e che non consenta al convenuto, attraverso un esame complessivo dell'atto, di individuare con esattezza la pretesa dell'attore e di predisporre quindi le opportune prospettazioni difensive.

Quanto al secondo aspetto, invece, attinente a profili più strettamente processuali di inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c. che non strutturali dell'atto, i giudici di legittimità sono intervenuti per dirimere il contrasto giurisprudenziale sorto in merito all'intensità dell'onere di specificità dei motivi del ricorso, nell'ambito del quale ad un orientamento più drasticamente formalistico (Cass. civ., sez. III, 4 marzo 2010, n. 5207) si è contrapposta un'impostazione di senso diametralmente inverso (Cass. civ. sez. I, 14 novembre 2011, n. 23794).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. civ., Sez Un., 25 giugno 2013, n. 17931) hanno espresso la loro preferenza verso il favor impugnationis fondante il secondo orientamento, aderendo quindi ad una impostazione del processo civile che garantisca il più possibile il principio di effettività della tutela giurisdizionale, bilanciando la declaratoria di inammissibilità del ricorso con l'esigenza, ribadita anche dalla Corte di Strasburgo, di evitare eccessivi formalismi.

All'interno del quadro delineato, si pone la sentenza in commento con cui la Corte di cassazione ha specificato che l'omessa esplicita enunciazione delle conclusioni, ossia – nel caso di specie – la mancata diretta richiesta di cassazione della sentenza, non deve considerarsi come requisito necessario ai fini della ammissibilità del ricorso laddove la volontà della parte ricorrente risulti desumibile con certezza dall'intero contenuto del ricorso.

Sostengono quindi i Giudici di legittimità che, in tal caso, non viene violato in alcun modo l'obbligo di esposizione dei motivi e, al contempo, viene comunque assicurata un'effettiva tutela del diritto di difesa della controparte nell'ottica di un processo che tende a concludersi con maggiore favore con una decisione di merito anziché con una mera absolutio ab instantia.

Osservazioni

Un corretto accertamento dei vizi relativi ai requisiti di forma-contenuto del ricorso in Cassazione richiede una valutazione complessiva del predetto ricorso che tenga conto anche del soddisfacimento delle finalità per cui l'ordinamento ha previsto la censura di tali violazioni.

In tal senso viene in gioco il principio della strumentalità delle forme non solo contemplato dagli artt. 121 e 131 c.p.c. ma anche, in tema di nullità degli atti del processo, dall'art. 156, commi 2 e 3, c.p.c. in forza del quale, se nulla è previsto espressamente in relazione alla forma dell'atto, quest'ultimo sarà comunque valido laddove abbia raggiunto il suo fine. Il raggiungimento dello scopo consente al giudice di garantire un'effettiva tutela della posizione giuridica sostanziale lesa, evitando di deviare il giudizio verso non necessari formalismi.

Dal punto di vista del sindacato che il giudice deve operare sulla controversia, l'impostazione descritta appare peraltro perfettamente coerente con il principio di autosufficienza che governa i giudizi dinnanzi alla Corte di cassazione e in forza del quale si impone al ricorso di contenere tutti gli elementi necessari per porre il giudice di legittimità nella condizione di avere una completa cognizione della controversia e del suo oggetto. La mancata enunciazione delle sole conclusioni nulla toglie ad un ricorso adeguatamente articolato e dettagliato, in quanto tale idoneo ad essere sottoposto allo scrutinio del giudice di legittimità.

In definitiva, nel pieno rispetto dei principali principi processuali richiamati, si pone la sentenza oggetto di esame, secondo la quale la mancata indicazione delle sole conclusioni nel ricorso non può costituire difetto tale da determinarne l'inammissibilità, a fronte di una restante parte dell'atto comunque idonea a chiaramente manifestare la volontà del ricorrente.

Guida all'approfondimento
  • A. Carratta, C. Mandrioli, Diritto Processuale Civile, 2014, 496;
  • F. Coli, Ancora sull'inammissibilità del ricorso in Cassazione “indaginoso”, in Rivista di Diritto Tributario, 2017;
  • G. Ghiurghi, La consistenza del difetto di specificità nel giudizio di Cassazione, in Judicium, 2018;
  • F.P. Luiso, Diritto Processuale Civile, Giuffrè, 2017, 414 e ss.;
  • U. Morcavallo, Il ricorso per Cassazione: dal giusto processo al processo efficiente, 2017, 74;
  • V.M. Rocco, Il principio di autosufficienza nel ricorso per Cassazione civile, in Giur. civ., 2018, 10.

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