Ambito cognitorio del giudice del lavoro e del giudice fallimentare a fronte dell'accertamento dell'indennità risarcitoria ex art. 18, st. lav.
29 Marzo 2019
Va rammentato che il discrimine tra la sfera di cognizione del giudice del lavoro e del giudice fallimentare risiede nell'individuazione delle rispettive speciali prerogative: del primo, quale giudice del rapporto e del secondo, quale giudice del concorso, cui è riservato l'accertamento, con la relativa qualificazione, dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro, in funzione della partecipazione al concorso.
Il Giudicante ritiene che, nel caso in cui il lavoratore agisca in giudizio per ottenere la declaratoria di illegittimità o inefficacia del licenziamento con tutela reintegratoria, il fallimento del datore di lavoro non escluda la competenza del giudice del lavoro in ordine a siffatte domande, in quanto soltanto per le pretese creditorie eventualmente proposte in correlazione alla declaratoria di illegittimità del licenziamento (con il correttivo di cui si dirà), ovvero dipendenti dal rapporto di lavoro sottostante, è funzionalmente competente il tribunale fallimentare in base al combinato disposto degli art. 24, 52 e 93, l. fall.
Tanto in quanto il fallimento del datore di lavoro non determina il venire meno dell'interesse del lavoratore all'accoglimento delle domande sopra indicate, poiché siffatto interesse ha ad oggetto non solo il ripristino della prestazione lavorativa, ma anche le utilità connesse al ripristino del rapporto in uno stato di quiescenza attiva dalla quale possono scaturire una serie di utilità, quali la ripresa del lavoro e la possibilità di ammissione ad una serie di benefici previdenziali. Sul punto il Giudicante richiama e condivide il principio espresso dalla Cassazione secondo cui spetta al giudice del lavoro la cognizione non soltanto sulle domande del lavoratore di impugnazione del licenziamento e di condanna del datore alla reintegrazione nel posto di lavoro, in quanto dirette ad ottenere una pronuncia costitutiva, ma anche della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni mediante il pagamento di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione, trattandosi di istanza meramente riproduttiva del contenuto dell'art. 18, comma 4, l. n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1, l. n. 108 del 1990, e conseguenziale alle richieste principali di dichiarazione di inefficacia del licenziamento. |