Il licenziamento orale del lavoratore distaccato, natura del credito e responsabilità solidale del committente
29 Marzo 2019
Il caso
Il lavoratore adiva con ricorso il Tribunale in funzione di giudice del lavoro, adducendo di avere lavorato alle dipendenze di una prima società con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e di essere stato successivamente da questa distaccato presso altra società per essere adibito all'esecuzione di mansioni per l'esecuzione di un contratto di appalto. Il lavoratore veniva successivamente licenziato, senza ricevere alcuna comunicazione scritta. In forza di tale ricostruzione dei fatti, il ricorrente rilevava la nullità e inefficacia del licenziamento intimatogli, rivendicando il diritto alla reintegra nel posto di lavoro e il riconoscimento dell'indennità risarcitoria non inferiore a cinque mensilità.
Inoltre, poiché a suo dire, non gli erano state corrisposte alcune mensilità di retribuzione, il ricorrente chiedeva che venissero condannate al pagamento di queste, le società presso le quali aveva prestato attività e, in subordine la società committente, in forza delle norme che regolano la responsabilità solidale negli appalti.
Le questioni
Le questioni poste all'attenzione del Tribunale sono le seguenti:
a) in quali condizioni il lavoratore può evitare la decadenza dall'impugnazione del licenziamento nell'ipotesi in cui ne contesti la regolarità formale e sostanziale della intimazione.
b) nell'ipotesi in cui venga dichiarata la nullità del licenziamento orale, il lavoratore ha diritto a percepire le retribuzioni maturate e non corrisposte dalla data di licenziamento alla reintegra.
c) quale è la natura dell'obbligazione che discende dall'accertamento e dalla dichiarazione di nullità del licenziamento orale.
d) dell'adempimento della superiore obbligazione può ritenersi responsabile il committente, sulla scorta delle norme che disciplinano la responsabilità solidale negli appalti e inoltre, durante il periodo di distacco del lavoratore su chi grava l'obbligazione retributiva. La soluzione giuridica
a) Con riferimento alla prima delle questioni evidenziate, il Tribunale adito, ponendosi nel solco di una consolidata giurisprudenza, ha ribadito che allorquando sia eccepito in giudizio che il licenziamento non abbia avuto la forma della comunicazione scritta, gravi in capo al datore di lavoro l'onere di provarne la rituale comunicazione. Nel caso in esame il datore di lavoro non ha fornito tale prova, essendosi limitato a produrre in giudizio certificazione UNILAV dalla quale risultano esclusivamente la data e la ragione del licenziamento.
Al ricorrere di tale condizione, per il Giudice adito, il lavoratore non può ritenersi decaduto dall'impugnazione del licenziamento, poiché l'art. 6,l. n.604 del 1966, stabilisce che il licenziamento deve essere impugnato nel termine di 60 giorni che decorrono dalla ricezione della comunicazione in forma scritta. Ciò comporta l'impossibilità di applicare tale termine e di comminare la relativa decadenza, nell'ipotesi in cui il licenziamento sia irrogato oralmente.
b) Il Giudice adito ha ritenuto di non dovere accogliere la tesi del ricorrente per il quale dalla accertata nullità del licenziamento orale discende il diritto del lavoratore a percepire le retribuzioni maturate e non corrisposte in conseguenza all'intimato licenziamento.
Ed infatti, la disciplina introdotta con la l. n. 92 del 2012 ha uniformato la tutela riconosciuta in caso di licenziamento orale a quella prevista per il licenziamento discriminatorio o nullo, riservando a queste ipotesi la tutela reale piena. L'art. 18, l. n. 300 del 1970, prevede che: “Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché' discriminatorio […] ovvero perché' riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'art. 1345, c.c., ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro […]. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché' intimato in forma orale”. Tale regime, per espressa previsione normativa, trova oggi applicazione « quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro». La tutela piena è garantita poi dal fatto che, secondo quanto prescritto al secondo comma del su citato art. 18, deve essere ristorato il danno al lavoratore licenziato mediante corresponsione di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito nel periodo di estromissione per lo svolgimento di attività lavorative poi dichiarato nullo.
c) Con riferimento all'ulteriore questione posta al punto c), il Tribunale adito ha giudicato la tesi prospettata dal ricorrente, “del tutto fallace”.
L'inefficacia del licenziamento orale, infatti, è integralmente sanzionata come previsto dall'art. 18, essendo oramai superata, con l'entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, e delle modifiche da questa apportate allo Statuto dli lavoratori, la distinzione tra il licenziamento orale operato da datore di lavoro con meno di 15 dipendenti o con più di 15 dipendenti: in entrambi i casi, si avrà infatti tutela reale piena. Dunque, nel caso di specie, dopo il licenziamento alcuna obbligazione retributiva può dirsi ancora gravante in capo al datore di lavoro, il quale è invece tenuto al risarcimento del danno mediante versamento di una indennità avente natura risarcitoria.
d) infine il giudice del Tribunale di Gela, conclude affermando che, “non sussistendo la natura retributiva dell'obbligazione, non è fondata neppure la richiesta di coinvolgimento delle responsabilità solidali”. Nessuna delle norma invocate dal ricorrente infatti, risulta applicabile ai fini del riconoscimento della responsabilità solidale, atteso che questa si fonda sulla sussistenza di un contratto di appalto. Pertanto il Tribunale ha ritenuto non sussistere alcuna obbligazione solidale in capo alla società committente, affermando che ai sensi dell'art. 30 , comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003, in caso di distacco è il datore di lavoro a rimanere obbligato a corrispondere al lavoratore il trattamento economico e normativo. Non esiste infatti alcuna norma che consenta di estendere al committente le conseguenze risarcitorie di un licenziamento illecito. Osservazioni
La decisione in commento si caratterizza per il dettaglio con il quale affronta alcuni degli aspetti critici del rapporto di lavoro, delineando sinteticamente ma con precisione i diritti del lavoratore che discendono dalla irregolare cessazione del rapporto di lavoro. Di rilievo, seppur emerga tra le righe, il riferimento ai presupposti che regolano la responsabilità solidale del committente l'appalto. Il Giudice in modo chiaro ribadisce che può parlarsi di solidarietà del committente solo nell'ambito del rapporto intercorso tra la committente e l'aggiudicataria dell'appalto. Rimane da chiarire però il passaggio della sentenza che si riferisce alla applicazione delle norme sulla solidarietà nell'ambito delle vicende interne ai rapporti tra l'aggiudicataria e l'esecutrice dei lavori. Il Giudice adito inoltre, ha precluso ogni rivendicazione da parte del lavoratore che non trovi fondamento espresso nel quadro normativo attuale. Si tratta di una decisione in linea con l'orientamento giurisprudenziale prevalente e rispettosa del dettato normativo, interpretato in senso rigoroso. |