Le spese di custodia dei beni sequestrati sono sempre dovute

Matteo Policastri
01 Aprile 2019

Anche in caso di condanna a seguito di decreto penale: nessuna disparità di trattamento.
Massima

Il condannato è tenuto al pagamento delle spese di custodia dei beni in sequestro, sia quando la sentenza di condanna è stata pronunciata in sede di giudizio ordinario o abbreviato, sia quando questa è stata emessa a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti o di procedimento per decreto. Non sono fondate, pertanto, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione, degli artt. 204 e 205 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia».

Il caso

Il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Venezia ha emesso, nei confronti di due imputati, un decreto penale di condanna per i delitti di cui agli artt. 334 e 349 c.p., non opposto e divenuto esecutivo.

Successivamente al passaggio in giudicato del decreto penale, l'Ufficio Recupero Crediti presso il tribunale di Venezia ha richiesto al Giudice per le indagini preliminari l'integrazione, ex art. 130 c.p.p., del decreto penale di condanna, con la condanna al pagamento delle spese di custodia di un autocarro che era stato sequestrato agli imputati, perché utilizzato per commettere il reato, e che, in un secondo momento, era stato dissequestrato e restituito al legittimo proprietario, estraneo al reato e, quindi, non sottoposto all'obbligo del pagamento delle spese di custodia dell'autoveicolo.

La questione

Nel decidere sulla richiesta formulatagli dall'Ufficio Recupero Crediti, il giudice per le indagini preliminari di Venezia, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell'art. 205, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», nella parte in cui dispone che le spese del processo penale anticipate dall'erario sono recuperate nella misura fissa stabilita con decreto del Ministro della giustizia, e dell'art. 204 del d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui dispone che nel caso di decreto ai sensi dell'art. 460 c.p.p. si procede al recupero delle spese per la custodia dei beni sequestrati.

Secondo il giudice rimettente sussisteva una irragionevole disparità di trattamento tra i condannati nei giudizi ordinario ed abbreviato, i quali, pur essendo obbligati al pagamento delle spese processuali, non sarebbero sottoposti (dalla normativa attualmente in vigore) al pagamento delle spese di custodia dei beni sequestrati; ed i condannati nei procedimenti per decreto ed applicazione pena, i quali, pur essendo esentati, ex lege, dal pagamento delle spese processuali, sarebbero obbligati, secondo quanto stabilito dall'art. 204, comma 3, del d.P.R. n. 115/2002, al pagamento delle spese per la custodia dei beni sequestrati.

Sempre secondo il Giudice per le indagini preliminari di Venezia rimettente, sussisteva una ulteriore irragionevole disparità di trattamento, in relazione a quanto stabilito dall'art. 205 del d.P.R. n. 115/2002, tra i condannati nei giudizi ordinario ed abbreviato ed i condannati nei procedimenti per decreto ed applicazione pena, dal momento che i primi sarebbero sottoposti al pagamento delle spese processuali in misura forfettaria, stabilita dal d.m. n. 124/2014, menzionato nel suddetto art. 205 d.P.R. n. 115/2002, mentre i secondi, pur essendo esentati dal pagamento (in misura forfettaria) delle spese processuali, sarebbero obbligati a versare allo Stato le spese per la custodia dei beni sequestrati. Il versamento di queste spese, sempre secondo il Giudice rimettente, dovrebbe essere, comunque, in misura forfettaria, dal momento che tale voce di spesa non è menzionata in quelle che dovrebbero essere versate per intero e per quota, che, secondo l'art. 205, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, sarebbero solo «le spese per la consulenza tecnica e per la perizia, le spese per la pubblicazione della sentenza penale di condanna e le spese per la demolizione delle opere abusive e per la riduzione in pristino dei luoghi».

Le soluzioni giuridiche

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 204 e 205, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002, sollevate dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Venezia.

La Corte, invero, dopo aver ripercorso il contenuto delle norme censurate di costituzionalità dal giudice rimettente, non trascurando di evidenziare le modifiche che si sono susseguite nel corso degli anni, ha ricostruito l'intera questione di legittimità costituzionale che le è stata sottoposta, ed è giunta alla conclusione che pur essendo astrattamente corretta l'interpretazione del giudice rimettente, questa, se letta in chiave “adeguatrice” alle norme costituzionali, non presenta alcuna violazione del principio di uguaglianza.

Il giudice rimettente, come già evidenziato, riteneva che non fosse conforme a Costituzione l'art. 204 del d.P.R. n. 115/2002 nella parte in cui poneva a carico dei condannati nei procedimenti per decreto e patteggiamento il pagamento delle spese di custodia dei beni sequestrati, pur essendo, questi soggetti, esentati per legge al pagamento delle spese processuali e, al contempo, censurava l'art. 205 dello stesso decreto presidenziale, nella parte in cui non includeva né tra le spese dovute in misura forfettaria (comma 1), né tra quelle dovute per l'intero (comma 2) le spese per la custodia dei beni sequestrati.

La Corte Costituzionale, nella sentenza in esame, muovendo dal principio, evidenziato anche dal Giudice rimettente, che le spese per la custodia dei beni sequestrati rientrano nell'alveo delle spese processuali indicate dall'art. 535 c.p.p. (così come statuito anche dalla giurisprudenza di legittimità, v. Cass. pen., sez. I, 16 marzo 2016, n. 49280), le quali, secondo quanto stabilito dalla norma appena richiamata, sono sempre poste a carico del condannato, ha ritenuto, prima di tutto (al punto 5), che la regola generale stabilita dal richiamato art. 535 c.p.p. è derogata sia dall'art. 460, comma 5, c.p.p., che dall'art. 445, comma 1, c.p.p., i quali esentano i condannati nei procedimenti per decreto e per applicazione pena dal pagamento delle spese processuali, per poi, subito dopo, evidenziare che, comunque la deroga apportata da queste ultime due disposizioni, trova una limitazione nell'art. 204 che, al comma 3, prevede che nel caso di sentenza di applicazione pena e di decreto penale di condanna sono dovute le spese per la custodia dei beni sequestrati.

Secondo la Corte, a fronte della regola generale per cui tutti i condannati sono tenuti al pagamento delle spese processuali, e quindi sono obbligati anche al pagamento delle spese di custodia dei beni sequestrati, espressamente indicate dall'art. 5 del d.P.R. n. 115/2002 tra le spese ripetibili, «vi è un regime derogatorio di favore previsto per i condannati con decreto penale (o a seguito di applicazione della pena su richiesta) che sono esonerati dal pagamento delle spese del procedimento, ma non anche di quelle per la custodia dei beni sequestrati».

Con riferimento ai dubbi di legittimità costituzionale sollevati dal Giudice rimettente in relazione all'art. 205 del d.P.R. n. 115/2002, invece, la stessa Corte, pur ritenendo pacifica una lacuna normativa in relazione alla misura in cui devono essere versate le spese per la custodia dei beni sequestrati, anche in tal caso, non ha ritenuto integrata alcuna violazione del principio di uguaglianza, essendo, piuttosto sussistente una indubbia carenza in relazione al quantum debeatur, non sussite alcun vuoto per ciò che concerne l'an, che, invece, trova preciso e puntuale riferimento nella regola generale dell'art. 535, comma 1, c.p.p., che non può essere derogata per il sol fatto che non vi è traccia di tale voce di spesa né nelle ipotesi di forfettizzazione delle spese processuali, né in quelle dovute per l'intero.

Ed è proprio in relazione al quantum – e cioè alla misura delle spese che il condannato deve versare per il mantenimento dei beni in sequestro – che la sentenza annotata ha effettuato una interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata dell'art. 205 del d.P.R. n. 115/2002.

Secondo la Corte, invero, se è pacifico che l'art. 205, comma 1, d.P.R. n. 115/2002 deve essere letto unitamente alla tabella indicata nel d.m. n. 124/2014, che menziona una serie ben precisa ed individuata di spese processuali dovute in misura forfettaria, tra cui non rientrano le spese per la custodia dei beni sequestrati, che, quindi, non sarebbero dovute in misura forfettaria, il secondo comma dell'art. 205 d.P.R. n. 115/2002, nel quale, invece, sono elencate le spese processuali dovute per l'intero, deve essere considerato, attraverso una interpretazione adeguatrice, una ipotesi residuale e le voci di spesa in esso indicate non tassative, con la conseguenza che nell'alveo delle spese dovute per l'intero (art. 205, comma 2, d.P.R. n. 115/2002) non possono non rientrare sia le voci di spesa espressamente indicate, sia tutte quelle che, seppur dovute dal condannato, non sono espressamente menzionate, e, quindi, anche le spese per la custodia dei beni in sequestro.

Secondo la Corte costituzionale, quindi, il condannato con decreto penale di condanna, pur essendo esentato dal pagamento delle spese processuali, è obbligato a versare, per intero, le spese per la custodia dei beni sequestrati.

La Corte, quindi, ha concluso ritenendo che il condannato, in generale, è tenuto al pagamento delle spese per la custodia dei beni sequestrati che – seppur in assenza di una espressa previsione legislativa, ma attraverso una interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata dell'art. 205 del d.P.R. n. 115/2002 – devono essere versate nel loro intero ammontare.

Osservazioni

La Corte costituzionale, con una interpretazione adeguatrice, che, non pare un fuordopera evidenziare, è, ormai, un modus operandi, largamente diffuso nella giurisprudenza del Giudice delle leggi, ha “risolto” la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Venezia, coniugando, in maniera perfettamente adesiva al dettato costituzionale, sia la ratio legis che la ratio iuris.

Il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Venezia riteneva contrarie al principio di uguaglianza le disposizioni degli artt. 204 e 205 del d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui, il primo, prevedeva l'obbligo al pagamento delle spese per la custodia dei beni nei confronti del condannato per decreto penale – esentato dall'art. 460, comma 5, c.p.p. al pagamento delle spese processuali – ed il secondo, a seguito della modifica operata dalla l. n. 69/2009, non menzionava le spese per la custodia dei beni sequestrati, né tra le voci di spesa dovute in misura forfettaria (art. 205, comma 1, d.P.R. n. 115/2002), né tra quelle dovute per l'intero (art. 205, comma 2, d.P.R. n. 115/2002).

Muovendo dall'assunto, invalso e consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione, per il quale le spese per la custodia dei beni sequestrati costituiscono spese processuali, il giudice delle leggi, ha ritenuto che queste sono dovute, a prescindere, da qualsiasi condannato, secondo quanto statuito dall'art. 535 c.p.p..

Sempre secondo la Corte costituzionale, è pur vero che l'art. 460, comma 5, c.p.p., in un'ottica di premialità, esenta dal pagamento delle spese processuali il condannato con decreto penale, ma l'art. 204, comma 3, d.P.R. n. 115/2002 costituisce una deroga a tale norma.

Per cui, secondo il Giudice delle leggi, il condannato con decreto penale, è esentato dal pagamento di tutte le spese processuali, ad esclusione delle spese per la custodia dei beni sequestrati.

Il pagamento di queste spese, secondo quanto stabilito dalla stessa sentenza in esame, non può che essere dovuto per l'intero e non in misura forfettaria, dal momento che le spese dovute in misura forfettaria sono espressamente – e tassativamente – stabilite dalla tabella allegata al d.m. n. 124/2014 richiamato dall'art. 205, comma 1, d.P.R. n. 115/2002, mentre quelle dovute per l'intero, ex art. 205, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, sono solo in parte espressamente richiamate dalla norma, e rappresentano un elenco non tassativo, nel quale, quindi, non possono che rientrare anche le spese per la custodia dei beni sequestrati.

In conclusione, quindi, tutti coloro i quali sono destinatari di un provvedimento di condanna, sono obbligati al pagamento delle spese processuali, tra le quali rientrano anche quelle per la custodia dei beni sequestrati, che sono dovute per l'intero e non in misura forfettaria.

Attraverso una interpretazione adeguatrice, e non certo additiva, quanto, piuttosto, interpretativa di rigetto, la Corte costituzionale, con la sentenza in esame, ha, de facto, colmato, in aderenza ai principi costituzionali ed alla ratio legis, una lacuna normativa.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.