Maurizio Tarantino
01 Aprile 2019

Un albergo diffuso rappresenta un modello di ospitalità originale e un modello di sviluppo turistico del territorio. Questa forma di ospitalità, allo stato attuale, è oggetto di una specifica disciplina da parte di numerose Regioni italiane. Si tratta di una proposta concepita per offrire agli ospiti l'esperienza di vita di un centro storico di una città o di un paese, potendo contare su tutti i servizi alberghieri, cioè su accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni per gli ospiti...
Il quadro normativo

Prima di analizzare l'istituto in esame, è importante evidenziare che dal punto di vista normativo, la legge costituzionale n. 3/2001, di riforma del titolo V della Costituzione, ha attribuito la materia turistica e ricettiva alla competenza concorrente delle Regioni, quindi da esercitarsi nel rispetto dei principi fondamentali riservati alla attività legislativa dello Stato. Oltre a tale disciplina, si osserva anche che il d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (“Codice del turismo”) rappresenta oggi la più recente sistemazione nella legislazione statale in materia. In tal senso, l'art. 8 del d.lgs. 79/2011 definisce l'albergo come quella struttura ricettiva, aperta al pubblico, a gestione unitaria, che fornisce alloggio e a richiesta vitto ed altri servizi accessori, in camere ubicate in uno o più edifici. Per attività ricettiva,invece, si intende l'attività diretta alla produzione di servizi per l'ospitalità, esercitata in apposite strutture ricettive.

Tuttavia, diversamente dall'attività ricettiva ordinaria, sul piano di attività di impresa, il c.d. albergo diffuso, si pone come attività extra-ricettiva composta da camere dislocate in immobili diversi, che si trovano all'interno di uno stesso borgo caratteristico dal punto di vista storico e ambientale.

Si tratta di una struttura ricettiva di tipo orizzontale e non verticale come quella degli alberghi tradizionali. Anche l'esercizio dell'attività di albergo diffuso è soggetto alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

In questi casi di ricettività extra alberghiera, i contratti alberghieri nella loro forma e contenuto ricorrenti, subiscono i necessari aggiustamenti in relazione alla peculiarità delle circostanze: la progressiva e costante diffusione dell'albergo diffuso è dovuta principalmente all'attenzione di una parte della domanda turistica ai contenuti di sostenibilità e rispetto dell'ambiente proposte da alcuni luoghi di soggiorno (in questo contesto si colloca la natura propria di tale tipologia ricettiva).

La naturale collocazione, pertanto, dell'albergo diffuso, riferendosi a un modello ampio ed elastico definibile come “paese albergo”, vede privilegiare i piccoli centri storici, i borghi e nuclei di antica formazione o gli insediamenti rurali o montani, pur non escludendo la validità di soluzioni legate a singole presenze significative in contesti diversamente urbanizzati.

Da tempo, molte regioni regolamentano la disciplina dell'albero diffuso; tuttavia, a causa della diversità (paesaggistica, finanziaria, economica, ecc.), ad oggi, esiste una frammentarietà legislativa regionale in materia che comporta, di conseguenza, l'offerta di servizi qualitativamente diversi.

Solo da qualche anno, c'è stato un grande passo avanti da parte del legislatore nazionale. Difatti, a dicembre 2016, è stata presentata la proposta di legge n. 4194 e, nel momento in cui si scrive, ancora da approvare alla Camera, riguardante la disciplina degli alberghi diffusi il cui obiettivo è quello di regolamentare, in modo unitario e omogeneo, l'attività di albergo diffuso.

Gli aspetti generali

L' albergo diffuso è una tipologia di recente diffusione in Italia ed Europa, nata dall'idea di utilizzo a fini turistici delle case vuote ristrutturate con i fondi del post terremoto del Friuli (1976).

Il modello di ospitalità “albergo diffuso” è stato messo a punto da Giancarlo Dall'Ara, docente di marketing turistico ed è stato riconosciuto in modo formale per la prima volta in Sardegna con una normativa specifica che risale al 1998.

Si tratta di una forma di accoglienza turistica Made in Italy che mira a valorizzare i borghi e le piccole comunità creando strutture ricettive dislocate in più edifici ma a gestione unitaria; dunque, una tipologia di ospitalità turistica gestita in forma imprenditoriale con il vantaggio di riutilizzare strutture esistenti, proponendosi anche come soluzione turistica sostenibile dal punto di vista ambientale.

Da quanto appreso dagli studi effettuati da alcuni autori, la prima legge di riferimento è stata quella della Sardegna del 1998, ma il concetto di albergo diffuso nasce a Comeglians, un borgo in Friuli, in un progetto nel 1982 su Borgo Maranzanis. Negli anni ottanta si sono verificate altre sperimentazioni di albergo diffuso, in genere concentrate sull'utilizzo di edifici o case vuote, ma sarà l'esperienza di Bosa, in Sardegna, a rappresentare la base della prima normativa italiana.

Oggi molte Regioni hanno una legge sull'albergo diffuso, anche se, in diversi casi, non è presente il regolamento applicativo. In generale, le normative regionali prevedono che gli alberghi diffusi:

  • devono trovarsi nel centro storico (le camere e le abitazioni sono in case tipiche, lo standard medio di qualità è in genere elevato ad almeno un hotel a tre stelle);
  • hanno una propria classificazione in base alla qualità degli immobili e dei servizi che offrono (la promozione del territorio spesso si estende alla cucina proposta e alla collaborazione con altre strutture locali, come i negozi);
  • si estendono su più edifici, anche di proprietà di diverse persone (ad essere unitaria è la gestione, con riferimento ad un unico centro servizi, con la reception e gli spazi comuni dell'albergo, mentre le camere possono essere anche distanti l'una dall'altra. In tale ambito, le normative possono prevedere distanze massime, in genere pari a qualche centinaia di metri);
  • possono offrire sia stanze sia appartamenti, con un servizio tipo residence, in genere le norme prevedono un numero minimo di stanze (almeno sette in media).
Le differenze con le altre strutture

In genere, la formula dell'albergo diffuso è pensata come iniziativa per promuovere lo sviluppo turistico di luoghi di interesse storico, ambientale, culturale.

Esistono anche altre forme di ospitalità diffusa (residence, villaggio albergo), che si basano su concetti simili ma che si differenziano, dall'albergo diffuso.

- Il residence diffuso è una struttura ricettiva extra-alberghiera, che offre residence in case sparse in un territorio, con una gestione centralizzata, ad esempio, per le prenotazioni.Tale tipologia è stata definita come “struttura ricettiva extralberghiere a gestione unitaria che fornisce alloggio in unità abitative, assieme ai servizi di accoglienza e di assistenza, situate all'interno di un unico territorio comunale, integrate tra loro dalla centralizzazione dell'ufficio ricevimento” (Dall'Ara).

- Il paese albergo è una formula poco applicata, che prevede una rete di offerte di ospitalità all'interno di una comunità locale (alloggio, ristoranti, bar, servizi turistici), con un servizio di prenotazioni centralizzato.

- Il villaggio albergo è una struttura turistica nata dalla ristrutturazione di un borgo disabitato, che diventa un vero e proprio albergo.

- Le case albergo sono una formula che può interessare un proprietario di bed and breakfast: si tratta di una rete di gestori, anche non professionali (come una famiglia), che ospitano i turisti in casa fornendo una serie di servizi, che però non si limitano (come è il caso dei B&B) alla prima colazione.

Dunque, l'albergo diffuso è un servizio completamente equiparato a quello di un albergo, quindi è possibile offrire colazione e pasti; tuttavia, si tratta, come si vede, di un'attività turistica decisamente più complessa rispetto a un normale esercizio di bed & breakfast, in primis non essendo un'attività saltuaria ma un vero e proprio esercizio imprenditoriale.

Anche il CondHotel è una modalità ricettiva che si colloca a metà strada fra l'albergo e l'abitazione privata, ma prossima all'albergo diffuso, proveniente da altri ordinamenti e costumi e caratterizzata dalla facoltà per il proprietario dell'albergo di fornire ospitalità e servizi ovvero offrire in vendita le singole stanze facenti parte di edifici condominiali ma nel limite del 40% della superficie abitativa, che così diverrebbero autonome e indipendenti, mantenendo o meno il collegamento con la gestione aziendale alberghiera.

La proposta di legge n. 4194/2016

Il 23 dicembre 2016 è stata presentata in Parlamento la proposta di legge n. 4194 avente ad oggetto la “Disciplina degli alberghi diffusi” (assegnata alla X Commissione Attività Produttive in sede Referente il 3 febbraio 2017).La proposta di legge in esame è molto importante in quanto tende a regolarizzare tutti gli aspetti dell'istituto in esame.

a) Definizione.

Secondo quanto previsto dalla proposta, l'albergo diffuso è una struttura ricettiva a gestione unitaria situata nei centri storici, caratterizzata dalla centralizzazione in un unico edificio dei servizi comuni quali, ad esempio, la reception o la sala colazione, mentre le unità abitative sono dislocate in uno o più edifici, anche separati.

b) Condizioni per la localizzazione.

Affinché possa essere avviato un albergo diffuso è necessario che il centro storico sia abitato, vitale e vivibile, con una popolazione di almeno dieci famiglie. Inoltre, il centro storico deve ospitare attività commerciali, artigianali o enogastronomiche necessarie ad animare e stimolare la vita; in tali luoghi, devono essere prodotti localmente beni e servizi in grado di funzionare da polo di attrazione verso altre zone del Comune. Dal punto di vista demografico, la legge prevede, come condizione, Comuni con una popolazione censita fino a 5.000 abitanti.

c) Le unità abitative.

Le camere devono essere composte da uno o più locali con accesso diretto da spazi di disimpegno o di uso comune. Inoltre, queste devono avere arredi, attrezzature e servizi tra loro omogenei con uno stile riconoscibile, coerente con l'immagine architettonica del luogo e rispettoso della sua identità. Queste stanze, inoltre, devono essere dotate di un locale bagno autonomo (sanitari, lavabo, vasca da bagno o doccia).

Gli alloggi non devono superare il 40% dell'intera capacità ricettiva dell'albergo diffuso e, la capacità ricettiva minima, deve consistere in almeno sette unità abitabili, con un numero minimo di cinque camere.

Le unità abitative devono essere poste in almeno due edifici autonomi e indipendenti con una distanza non più di 300 metri effettivi dallo stabile in cui è collocata la reception (è ammessa la presenza di unità abitative nello stesso stabile destinato a reception). Almeno il 70% delle unità abitative deve ricadere all'interno del perimetro del centro storico del comune in cui l'attività alberghiera è svolta; il restante 30 %, invece, può essere collocato al di fuori di tale perimetro a condizione che la distanza in linea d'aria, tra l'accesso al piano stradale dell'immobile contenente le unità abitative e il perimetro del centro storico, non sia superiore a 50 metri e sia rispettata la distanza del servizio di ricevimento e dagli altri servizi principali.

d) Esercizio e gestione.

L'albergo diffuso si avvia tramite presentazione di Scia allo Sportello Unico per le Attività Produttive dei Comune competente per territorio L'attività è gestita in forma imprenditoriale e la sua gestione fa capo a un unico soggetto giuridico. La prima colazione è fornita nei locali che ospitano i servizi principali dell'albergo diffuso. Pranzo e cena, invece, sono preparati dalla struttura ospitante ovvero dati in convenzione a soggetti esterni in possesso di regolare abilitazione. Le attività di ristorazione si svolgono all'interno di uno stesso stabile ricadente nel perimetro del centro storico; in ogni caso, occorre garantire l'80% di cibi e bevande somministrati sia rappresentato da prodotti tipici locali che siano espressione della cultura enogastronomica regionale e dello stile di vita della comunità ospitante. All'interno dell'albergo diffuso è possibile esporre e vendere prodotti tipici agroalimentari e artigianali di origine locale. L'esercizio dell'attività è subordinato al rispetto delle vigenti norme urbanistiche, edilizie igienico-sanitarie, ambientali, culturali e paesaggistiche, nonché alle norme vigenti in materia di pubblica sicurezza, di prevenzione incendi e di sicurezza nei luoghi di lavoro.

e) Apertura.

L'attività dell'albergo diffuso può essere annuale se si svolge per almeno nove mesi anche non consecutivi; ovvero stagionale se il periodo di apertura è inferiore a nove mesi e, comunque, superiore a cinque mesi.

f) Adempimenti e obblighi di comunicazione.

Fra gli obblighi dei titolari si evidenziano gli adempimenti in materia di pubblica sicurezza, la comunicazione dei prezzi al Comune competente e la loro pubblicità all'interno della struttura, la comunicazione agli Enti di competenza dei dati dell'Istituto nazionale di statistica relativi ai flussi turistici.

g) Classificazione.

L'attribuzione dei livelli di classificazione per l'albergo diffuso è effettuata dal comune competente per territorio sulla base delle disposizioni legislative regionali in materia. Il comune, entro trenta giorni dalla presentazione dell'autodichiarazione o della variazione di classificazione, procede alle verifiche accogliendole o respingendole per mancanza dei requisiti previsti. Il comune può procedere in ogni momento, anche d'ufficio, a verifiche e a controlli nonché al declassamento ovvero all'attribuzione di una classificazione superiore in coerenza con l'effettivo possesso dei requisiti richiesti.

h) Qualità e accessibilità.

L'albergo diffuso è una struttura ricettiva orizzontale e sostenibile che funge da attrattore per i centri storici dei comuni. I fabbricati che ospitano gli alberghi diffusi devono rispettare le disposizioni vigenti in materia di accessibilità, visitabilità e adattabilità al fine di garantire, in condizioni di sicurezza e di autonomia, alle persone con ridotta o impedita capacità motoria la fruizione degli spazi e delle attrezzature sia all'interno delle unità abitative che nelle zone di relazione. Nei centri storici devono essere predisposti percorsi di accesso alla struttura dell'albergo diffuso (l'osservanza di tali disposizioni consente di usufruire dell'erogazione di finanziamenti, contributi e altre forme di benefìci).

i) Requisiti minimi dimensionali.

L'utilizzazione di un alloggio o di una camera come stanza di un albergo diffuso è compatibile con la destinazione residenziale dell'alloggio o del vano stesso e non comporta alcun mutamento di destinazione d'uso. I requisiti minimi relativi alle dimensioni dei locali sono i seguenti:

  • La superficie delle camere da letto, comprensiva degli spazi aperti sulle stesse purché non delimitati da serramenti anche mobili ed esclusa ogni altra superficie, è fissata in 8 metri quadrati per le camere a un letto e in 14 metri quadrati per quelle a due letti.
  • Per ogni letto aggiunto, consentito nelle sole camere a due letti e con un massimo di 2 posti letto aggiuntivi per camera, la superficie e aumentata di 6 mq. I posti letto sono aggiunti esclusivamente in via temporanea a richiesta del cliente e possono essere realizzati anche mediante arredi che ne consentono la scomparsa.
  • I limiti di superficie indicati sono ridotti a 12 metri quadrati per le camere a due letti e a 4 metri quadrati per ogni letto aggiunto nel caso in cui non è possibile raggiungere la superficie minima senza effettuare interventi che alterino le caratteristiche tipologiche e costruttive storiche degli edifici; in deroga ai limiti di superficie indicati, è sempre consentita l'aggiunta di un letto se gli ospiti accompagnano un bambino di età inferiore a dodici anni.
  • L'altezza minima interna utile dei locali posti nell'albergo diffuso è quella prevista dalle norme e dai regolamento comunali di igiene, con un minimo di 2,70 metri per le camere da letto e per i locali di soggiorno, riconducibile a 2,40 metri per i locali adibiti a bagno e per gli altri locali accessori, fermo restando il mantenimento di altezze inferiori in presenza di alloggi già abitati qualora le caratteristiche degli immobili non consentano il raggiungimento di tale altezza.
Le recenti modifiche della Regione Liguria

Abbiamo detto che molte Regioni hanno una legge sull'albergo diffuso, anche se in diversi casi non è presente il regolamento applicativo. Ai fini di una corretta disamina (aggiornata), si segnala quanto previsto dalla Regione Liguria. A tal proposito si evidenzia che con delibera del 12 settembre 2018, n. 737 (Bollettino Ufficiale Regionale 3 ottobre 2018, n. 40, Modifiche ed integrazioni alle "Disposizioni di attuazione delle altre strutture ricettive nonché degli appartamenti ad uso turistico di cui alla l.r. n. 32/2014” - Allegato D, artt. 29-30), la Regione Liguria ha previsto che:

  • Gli organismi edilizi costituenti l'albergo diffuso di cui all'art. 9 della legge non possono essere inferiori a 3 e sono localizzati in un centro storico o nelle sue immediate vicinanze, con caratteristiche tali da ospitare il cliente in un centro urbano vivo, con un contesto ambientale di pregio e con un tessuto socio-economico ben individuabile all'interno del quale lo stesso possa integrarsi, avendo la sensazione di vivere un paese “autentico”.
  • Il centro storico, in cui è localizzato l'albergo diffuso, deve garantire il pregio storico-ambientale (qualora l'aggregato urbano interessato sia classificato dal vigente strumento urbanistico generale quale zona "A" o ad essa assimilabile) e vitalità e vivibilità (quando il centro storico costituisce polo di attrazione per l'intero territorio comunale, in ragione della presenza di servizi pubblici o privati di pubblica utilità o di una pluralità di attività commerciali e artigianali).
  • Le unità abitative sono differenziate in: camera, suite, junior suite, bicamera, appartamento.
  • Le unità abitative, costituenti l'albergo diffuso, devono garantire la capacità ricettiva minima di 7 unità.
  • Negli alberghi diffusi classificati 3 stelle, le dotazioni e i servizi relativi alle sale/aree comuni possono essere assolte, previa convenzione, attraverso esercizi di somministrazione di alimenti e bevande nonché locali pubblici e privati esistenti posti nel centro storico o nelle sue immediate vicinanze e comunque ad una distanza massima di 250 metri di percorrenza pedonale dal locale ricevimento.

(Per una maggiore disamina si rinvia al documento della Regione Liguria).

La particolare vicenda amministrativa della Regione Lazio

Il panorama giurisprudenziale non è considerevole di pronunce in materia di Albergo Diffuso; tuttavia, in virtù di quanto sopra esposto, appare significativa la pronuncia del Tribunale Amministrativo della Regione Lazio (TAR. Lazio - Roma, sez.II-ter, 5 febbraio 2016, n. 1761) in merito ad una controversa normativa regionale.

Ebbene, preliminarmente, ai fini di una corretta disamina della presente questione, è importante precisare che nella Regione Lazio, ai sensi dell'art. 23,comma 4-bis della l. Regione Lazio n. 13/2007, gli alberghi diffusi sono “strutture ricettive aperte al pubblico situate nei centri storici e minori, a gestione unitaria, anche compresi in programma di itinerario, che forniscono alloggio anche in stabili separati purché ubicati i servizi di ricevimento e portineria e gli altri servizi accessori generali compreso l'eventuale servizio di ristorazione”.

Dunque, sia le finalità che i contesti di localizzazione sono predeterminati a livello legislativo; tuttavia, spettava al regolamento (che doveva essere approvato entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge), l'individuazione delle (sole) caratteristiche e tipologie di tali strutture.

Tale tempistica non era stata rispettata e, pertanto, era intervenuta la normativa secondaria con il regolamento n. 7 del 3.8.2015; quest'ultimo, introduceva all'art. 2 particolari requisiti di localizzazione: “l'albergo diffuso doveva essere localizzato in comuni con popolazione inferiore a 40.000 abitanti”.

Fatta questa doverosa precisazione, si osserva che nella vicenda in esame, prima delle citate modifiche normative, la società beta gestiva sin dal febbraio 2014, in virtù di SCIA ritualmente presentata, un'attività ricettiva di tipologia “albergo diffuso”. Di conseguenza, a causa di tale sopravvenienza a livello regolamentare (nuova normativa), con nota prot. n. 54894 del 15 ottobre 2015, il Comune (avente una popolazione residente registrata pari a 66 mila abitanti), diffidava la Società beta dal proseguire la propria attività a decorrere dal 31.12.2015, preavvertendo che, in caso di inosservanza, si sarebbe proceduto all'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 31, comma 1, della l. Regione Lazio n. 13/2007 (chiusura immediata dell'attività ed irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 10.000 euro).

Per tali motivi, la Società beta aveva impugnato il provvedimento con il quale era stata ordinata la cessazione della propria attività. Secondo la Società, l'albergo diffuso e il borgo costituivano un “centro storico minore”, caratterizzati da una propria autonomia funzionale e dalla presenza di rilevanti elementi di pregio culturale e paesaggistico (l'attività era composta di 12 camere e appartamenti dislocati nel comune per 23 posti letto ed una capacità ricettiva tra sale comuni ristorante e sala ricevimenti per oltre 100 persone).

Quindi, a parere della Società ricorrente, oltre ai vizi normativi, il regolamento regionale avrebbe travalicato il perimetro della potestà normativa attribuita dalla legislazione sovraordinata.

Premesso quanto innanzi esposto, secondo il giudice amministrativo (investito della questione), la definizione normativa (art. 23, comma 4-bis, della l.Regione Lazio n. 13/2007) era alquanto chiara nel fondare una fattispecie giuridica il cui presupposto territoriale è costituito da quella parte del territorio comunale che è individuata come tale dallo strumento urbanistico, avente le note caratteristiche dell'antica formazione, sottoposizione a tutela storica, artistica, ambientale e così via. Quindi, secondo il T.A.R., la citata previsione legislativa fondava una fattispecie compiuta, che il regolamento era chiamato non già ad integrare, bensì a specificare solo in relazione ai limiti indicati.

Difatti, secondo tale ricostruzione, all'evidenza, la previsione normativa di rango primario costituisce una fattispecie più ampia di quella risultante dall'aggiunta regolamentare e fonda altrettanti interessi pretensivi, che il regolamento, nel restringerne l'ambito applicativo (40 mila abitanti), finisce con il sacrificare senza titolo, perché travalica i limiti della delega contenuta nell'art. 23, comma 4-bis l. r. citata.

Pertanto, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, i giudici amministrativi hanno sostenuto che “non è possibile ricondurre la previsione di un requisito demografico di identificazione delle località ove possono essere aperti alberghi diffusi (che la legge regionale non ha ritenuto di prefissare), alla riserva di specificazione dei dati tecnici che la legge ha demandato al regolamento, posto che questi ultimi sono evidentemente riferiti alle caratteristiche intrinseche dell'offerta al pubblico (dimensioni planovolumetriche, numero di posti e così via)”.

Per le suesposte ragioni, il T.A.R. per il Lazio ha accolto il ricorso della Società beta e, per l'effetto, ha annullato: l'art. 2, comma 1 del Regolamento del 2015 - limitatamente all'inciso “in Comuni con popolazione inferiore a 40.000 abitanti” - ed il contestuale provvedimento restrittivo del Comune.

In conclusione

È ormai ampiamente riconosciuto che il turismo sia l'industria più grande e in più rapida crescita al mondo. Da una parte la globalizzazione ha influito a standardizzare i processi, dall'altra il trend basato sull'autenticità e la tipicità dei territori ha portato altri segmenti, come il turismo rurale o ecosostenibile, a svilupparsi.

Il processo di creazione del valore attraverso questo turismo si basa proprio sull'interazione di più attori e sulla combinazione di un insieme di risorse, specifiche del patrimonio locale rurale. La vitalità economica e sociale di un territorio è quindi legata indissolubilmente all'agricoltura e al turismo, che permettono la produzione e rigenerazione spontanea dei capitali. Pertanto, l'albergo diffuso risponde a pieno alle esigenze del turista contemporaneo ed è in linea con il turismo sostenibile basato sul recupero, tutela e valorizzazione del territorio, attenzione alle tradizioni e all'autenticità.

Il modello, tuttavia, non è privo di problemi: molti alberghi diffusi in Italia sono gestiti da singoli imprenditori che hanno ristrutturato la proprietà di famiglia o che hanno acquistato strutture all'interno di frazioni abbandonate o quasi abbandonate (gestiscono l'attività come qualsiasi imprenditore di un'attività alberghiera tradizionale). La gestione, però, rispetto all'albergo tradizionale è differente: l'albergo diffuso ha stanze sparse nel borgo, quindi, l'amministrazione è più impegnativa e richiede più personale per essere efficiente. Inoltre, quando si decide di intraprende un progetto di albergo diffuso, è necessario cercare finanziatori che credano nel progetto e vogliano investire risorse economiche e competenze.

Quest'ultimo aspetto comporta delle difficoltà, poiché anche in questo caso bisogna formare e sensibilizzare i possibili nuovi finanziatori. Oltre ai grandi finanziamenti, bisogna anche presentare progetti in modo da riuscire ad accedere ai fondi (anche europei) per avviare i progetti presentati (molti alberghi diffusi sono stati realizzati grazie ai fondi).

Data la particolarità dell'istituto e la frammentarietà/diversità legislativa regionale, a parere di chi scrive, sarebbe opportuno che il legislatore provvedesse a regolamentare e attualizzare in maniera definitiva l'attività dell'albergo diffuso; magari, nei limiti del possibile, incentivare lo sviluppo rurale/alberghiero in quelle regioni che permettono maggiormente la diffusione di questo particolare turismo (al momento, abbiamo solo la citata proposta di legge n. 4194/2016).

Possiamo concludere col dire che l'albergo diffuso, in virtù del suo particolare rapporto di simbiosi con il territorio non è solamente un'impresa ricettiva, bensì può essere considerato un prodotto turistico tout-court.

Guida all'approfondimento

Santangelo, Bed & breakfast e affittacamere, Maggioli, 2018, 325;

Scripelliti, Albergo e pensione, in Condominioelocazione.it, 16 aprile 2018;

Dall'Ara, Manuale dell'albergo diffuso. L'idea, la gestione, il marketing dell'ospitalità diffusa, Franco Angeli Edizioni, 2015, 23;

Dall'Ara, Approfondimenti sull'albergo diffuso, in www.albergodiffuso.com;

Becheri - Maggiore, Rapporto sul turismo italiano 2012-2013, Franco Angeli Edizioni, 2013, 183.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario