Inconferibilità degli incarichi di medicina convenzionata al personale medico ex-dipendente e collocato a riposo
03 Aprile 2019
Il divieto di conferire incarichi convenzionali al personale medico ex-dipendente e collocato a riposo costituisce un principio di ordine generale, non derogato dalla disciplina specifica (legale e pattizia) in tema di rapporti in convenzione. Infatti: - l'art. 8, d.lgs. n. 502 del 1992, rimette la concreta disciplina delle incompatibilità agli Accordi Collettivi Nazionali, i quali a loro volta hanno espressamente previsto, quale causa di incompatibilità, la fruizione “di trattamento di quiescenza relativo ad attività convenzionate e dipendenti del SSN” (cfr. art. 17, secondo comma, lett. F, ACN 2005; art. 25, primo comma, lett. L, ACN 2015); - il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con atto prot. n. 104123 del 16/12/2013, ha espressamente chiarito che il divieto di conferimento degli incarichi convenzionali al personale già dipendente e collocato in quiescenza trova applicazione anche con riguardo al conferimento di incarichi di medico convenzionato col Servizio Sanitario Nazionale, con la espressa specificazione che i relativi divieti di conferimento “valgono per tutta la medicina convenzionata […], indipendentemente dalla presenza di specifiche disposizioni, in tal senso, negli Accordi collettivi nazionali di riferimento”.
Non vi è plausibile ragione, sotto il profilo logico-giuridico, di ritenere che dagli “incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca”, cui si riferisce il divieto di cui all'art. 25, comma 1, l. n. 724 del 1994, debbano rimanere esclusi i rapporti di medicina convenzionata, atteso che questi ultimi, come la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire, si sostanziano in una “attività di collaborazione professionale concretantesi in una prestazione d'opera non occasionale - ossia limitata ad uno o più affari determinati - ma continuativa, che si estendeva cioè a tutti gli affari di una certa specie del preponente, in un determinato periodo di tempo, anche se non di lunga durata; e caratterizzata altresì dal requisito del coordinamento fra la prestazione d'opera continuativa e prevalentemente personale del medico e l'ASL preponente, nel senso che la medesima attività doveva svolgersi in connessione o collegamento con l'Azienda stessa, onde contribuire alle finalità sanitarie cui essa mira. Ne consegue che nel concetto di “incarichi di collaborazione” (cui si applica il divieto di cumulo di cui all'art. 25, comma 1, l. n. 724 del 1994) ben possono rientrare le collaborazioni coordinate e continuative svolte dai medici convenzionati, che sono quindi soggette al divieto di legge. |