Competenza in materia di procedimento disciplinare nell'area del pubblico impiego
03 Aprile 2019
Come già affermato dalla Suprema Corte, va considerato che “In tema di rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 59, comma 4, d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, trasfuso nell'art. 55, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte esclusivamente dall'ufficio competente per i procedimenti disciplinari (u.c.p.d.), il quale è anche l'organo competente alla irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura. Ne consegue che il procedimento instaurato da un soggetto o organo diverso dal predetto ufficio, anche se questo non sia ancora stato istituito, è illegittimo e la sanzione irrogata è, in tale caso, affetta da nullità, risolvendosi in un provvedimento adottato in violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza; né la previsione legislativa è suscettibile di deroga ad opera della contrattazione collettiva, sia per l'operatività del principio gerarchico delle fonti, sia perché il terzo comma dell'art. 59 cit. attribuisce alla contrattazione collettiva solo la possibilità di definire la tipologia e l'entità delle sanzioni e non anche quella di individuare il soggetto competente alla gestione di ogni fase del procedimento disciplinare”.
Il principio, interpretato alla luce dei principi generali dell'ordinamento ed affermato dalla Corte nella vigenza del vecchio testo dell'art. 18, st. lav., appare valido anche nei casi in cui trovi applicazione il nuovo testo dell'art. 18, trattandosi di un'ipotesi di carenza di legittimazione, che – sulla scorta dei principi generali – rende radicalmente nulla la sanzione disciplinare. |