Notificazione telematica all'Avvocatura dello Stato all'indirizzo PEC deputato alle comunicazioni istituzionali
03 Aprile 2019
Massima
Non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione la notifica della sentenza all'Avvocatura dello Stato eseguita all'indirizzo di PEC della medesima contenuto nell'IPA oppure comunicato ai fini delle comunicazioni istituzionali.
Il caso
Viene in rilievo una procedura esecutiva iniziata negli anni '90 del secolo scorso. Nelle more, l'immobile oggetto di tale procedura veniva confiscato ai sensi della legge n. 575/1965 (recante «Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso»). Ciò stante, il MEF (Ministero dell'Economia e delle Finanze) e l'ANBSC (Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati), succeduta in corso di causa all'Agenzia del Demanio, proponevano separate opposizioni di terzo ex art. 619 c.p.c., di contenute identico, volte a far valere l'inopponibilità all'erario dei crediti e dei diritti reali di garanzia vantati sul predetto immobile da alcuni Istituti di credito. Le opposizioni venivano rigettate dal Tribunale adito e avverso le relative pronunce le amministrazioni statali proponevano ricorso innanzi alla Suprema Corte, ottenendone la cassazione. I giudizi venivano, quindi, riassunti innanzi al Tribunale originariamente adito, che, riunite le due cause, rigettava l'opposizione. Avverso tale decisione il MEF e I'ANBSC proponevano nuovamente ricorso cassazione, onde ottenerne l'annullamento. Le controparti resistevano con controricorso. La questione
La sentenza ha affrontato molteplici questioni, di cui in questa sede interessa unicamente quella consistita nello stabilire se l'impugnazione proposta dall'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza di amministrazioni statali, dovesse ritenersi tempestiva e, a tal fine, e preliminarmente, se la notificazione della sentenza impugnata dovesse ritenersi idonea a far decorrere il termine «breve» di impugnazione. Le soluzioni giuridiche
Stando alla pronuncia in commento, la sentenza gravata veniva pubblicata il 26/10/20126 e notificata in via telematica il successivo giorno 28, mentre l'atto di impugnazione della medesima veniva consegnato, per la notificazione, all'ufficiale giudiziario il 26/4/2017. Risultava, dunque, rispettato il termine «lungo», ma non il termine «breve». La Suprema Corte, accogliendo gli argomenti esposti dall'Avvocatura dello Stato per dare ragione dell'apparente ritardo, ha ritenuto del tutto tempestiva la proposizione del gravame, sul rilievo che la notifica della sentenza gravata era avvenuto all'indirizzo di PEC dell'Avvocatura risultante dall'INI-PEC e non anche dal ReGindE ed utilizzato «per scopi amministrativi e non giudiziali» ed ha affermato, in asserita continuità con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, il seguente principio di diritto, che appare opportuno riportare per esteso: «Il domicilio digitale previsto dall'art. 16-sexies del d.l. n. 179/2012, conv. con modif. in l. n. 221/2012, come modificato dal d.l. n. 90/2014, conv., con modif., in l. n. 114/2014, corrisponde all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest'ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGindE) gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l'effettiva difesa, sicché la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile – a seconda dei casi – alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGindE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall'l'Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)». Osservazioni
i) L'attività di notifica con modalità telematiche, in via diretta da parte dell'Avvocato, è disciplinata dall'art. 3-bis della legge n. 53/1994. La notificazione con le suddette modalità deve essere eseguita, secondo specifiche modalità, ad indirizzi risultanti da «pubblici elenchi». ii) Ai sensi dell'art. 11 l. cit., le notificazioni sono nulle e la nullità è rilevabile d'ufficio anche qualora non vengano osservate le prescrizioni dettate dalla legge medesima, ivi sicuramente comprese quelle relative ai pubblici registri utilizzabili ai fini della notificazione. La nullità è, peraltro, sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass. civ., Sez. Un., 20 luglio 2016, n. 14916; Cass. civ., sez. III, ord., 12 giugno 2018, n. 15200). iii) L'elencazione dei «pubblici elenchi» è rinvenibile nell'art. 16-terd.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221 del 2012 – norma inserita dall'art. 1, comma 19, punto 2), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, modificato dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 114/2014 e, infine, sostituito dall'art. 66, comma 5, d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217. La norma attualmente,con effetto dal 27 gennaio 2018, recita «1. A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall'articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall'articolo 16, comma 6, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia …». iv) Nell'attualità, gli elenchi degli indirizzi di PEC utilizzabiliper le notificazioni telematiche sonoi seguenti: a) Elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese [art. 6-quater, 1° comma, del CAD (d.lgs. n. 82/2005)]. b) Registro degli indirizzi PEC delle PP.AA. (d.p.c.m. 31 ottobre 2000; art. 16, comma 8, d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella legge n. 2/2009; art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012) – Tenuto presso il Ministero della Giustizia . c) Elenco degli indirizzi PEC delle imprese costituite in forma societaria (art. 16, comma 6, d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella legge n. 2/2009). d) Indice Nazionale Indirizzi INI-PEC: (relativo ai professionisti ed alle imprese): art. 6-bis d.lgs. n. 82/2005, introdotto dal d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012) nel testo risultante dalle modifiche compiute dai d.lgs. n. 179/2016 e n. 217/2017 – Tenuto presso il Ministero per lo sviluppo economico. e) Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) (art. 7 d.m. n. 44/2011) – elenco degli indirizzi PEC dei Professionisti (Avvocati etc.) – Tenuto dal Ministero della Giustizia. I «pubblici elenchi» sub b) e sub d) sono consultabili esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli UNEP e dagli Avvocati. L'elenco sub c) è accessibile solo alle pubbliche amministrazioni [peraltro, gli indirizzi PEC ivi contenuti vanno ad alimentare, unitamente a quelli sub e), l'elenco sub d)]. v) Differentementedall'opinione che appare essere stata espressa nel principio di diritto enunciato nella sentenza in commento (v. precedente § 3.), dalla normativa di riferimento non risulta essere stabilito alcun ordine gerarchico fra i suddetti «pubblici elenchi». vi) Nella fattispecie, stando alla sentenza in commento, la notificazione della sentenza gravata sarebbe stata eseguita all'indirizzo di PEC dell'Avvocatura dello Stato deputato a scopi amministrativi e non giudiziali, asseritamente inserito nell'INI-PEC, ma non registrato al ReGIndE. Poiché, secondo la suddetta sentenza, soltanto quest'ultimo registro dovrebbe ritenersi «qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l'organizzazione preordinata all'effettiva difesa», la notifica eseguita presso l'indirizzo presente nell'INI-PEC doveva dichiararsi inefficace o, più esattamente, inidonea a determinare la decorrenza del termine «breve» per l'impugnazione; ciò in continuità con l'orientamento espresso dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. VI, ord., 14 dicembre 2017, n. 30139; Cass. civ., sez. VI, ord., 25 maggio 2018, n. 13224). vii) L'art. 6-bis del CAD (d.lgs. n. 82 del 2005) – richiamato dall'art. 16-sexiesd.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012 (norma introdotta dal d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 114/2014), prevede l'istituzione, presso il Ministero per lo sviluppo economico, di un «pubblico elenco» denominato «Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti», realizzato a partire dagli elenchi di indirizzi PEC costituiti presso gli ordini o collegi professionali, rilevanti quali «domicili digitali» ai fini processuali unitamente agli indirizzi di PEC contenuti nel ReGIndE (art. 16-sexies d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012 – norma introdotta dal d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 114/2014). vii) Attesa la «qualità» («pubblico elenco», equiparato al ReGIndE ed avente contenuti parzialmente identici) attribuita dall'art. 6-bis del CAD all'INI-PEC, deve ritenersi fuori di dubbio che, qualora l'indirizzo di PEC utilizzato per la notifica della sentenza impugnata, venuto all'attenzione nella procedura di cui alla sentenza in commento, fosse stato presente nell'INI-PEC, come asserito nella sentenza medesima, la notifica si sarebbe dovuta ritenere appieno rituale, a prescindere dal fatto che nel ReGIndE non fosse presente alcun indirizzo di PEC relativo al destinatario, problemi potendo sorgere unicamente nel caso di presenza in più registri di indirizzi di PEC riferiti al medesimo soggetto ma differenti tra loro, nonché nel caso di presenza dell'indirizzo di PEC di un soggetto in un solo registro, ma «non proprio» rispetto alla «qualità» del soggetto medesimo. Tale seconda ipotesi – che è quella che, stando alla sentenza in commento, sembra (gli atti di causa non sono noti) essersi realizzata nel caso di specie – è, peraltro, da ritenere peregrina, giacché nel «pubblico elenco» denominato INI-PEC non dovrebbero, almeno di regola, essere rinvenibili indirizzi di PEC dell'Avvocatura dello Stato né di amministrazioni pubbliche, la cui rispettiva collocazione ordinaria è nel ReGIndE e nel Registro degli indirizzi PEC delle PP.AA. Proseguendo nelle ipotesi formulabili, verace irritualità della notifica si sarebbe potuta verificare, soltanto nei due seguenti casi: a) Notifica della sentenza eseguita presso indirizzo risultante dall'IPA, registro degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni previsto nella versione originaria del citato art. 16-ter e venuto meno,con effetto dal 19/8/2014, in forza dell'art. 45-bis, comma 2 lett. a) n. 1), del d.l. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni nella legge n. 114 del 2014 (ove, nell'enumerare i «pubblici elenchi», il richiamo veniva limitato a quelli previsti nel sesto comma dell'art 16 del d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella legge n. 2/2009, vale a dire unicamente all'elenco degli indirizzi PEC delle imprese costituite in forma societaria, fatta, peraltro, sempre salva la considerazione del ReGIndE). In proposito, quanto all'IPA, va anche rammentato che tale registro non è incluso nel Registro degli indirizzi PEC delle PP.AA., previsto dal testo vigente dell'art. 16, comma 12, del d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012. b) Notifica della sentenza eseguita presso uno dei domicili indicati nel «pubblico elenco di fiducia» denominato Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi, previsto dall'art. 6-ter del CAD, introdotto dal d.lgs. n. 179/2016 (entrato in vigore il 14/9/2016, quindi prima della notifica della sentenza di riferimento), giacché espressamente utilizzabile unicamente «per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l'invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati». E' certo che i domicili digitali in questione non devono, né possono, essere inseriti né nel ReGIndE né da questo essere trasfusi nel Registro INI-PEC, né essere inseriti direttamente in quest'ultimo. viii) In conclusione, deve osservarsi, da un lato, che il principio di diritto affermato nella circostanza dalla Suprema Corte non appare in linea con le argomentazioni esposte a supporto della pronuncia di cassazione con rinvio e, da un altro lato, che tale principio non appare in alcun modo condivisibile allorché attribuisce al ReGIndEuna sorta di primauté rispetto al registro INI-PEC, considerata anche l'identità della fonte di entrambi. A tale proposito, sia pure fuor d'opera, ma allo scopo di far constatare la correttezza dell'assunto secondo cui tra i due suddetti registri non è prevista né ipotizzabile alcuna ordinazione gerarchica, si rammenta, con riguardo alle ipotesi che più frequentemente si possono realizzare fra quelle disciplinate dalla legge n. 53/1994, che è incontroverso che, in seguito all'introduzione del domicilio digitale previsto dall'art. 16-sexiesd.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012, come modificato dal d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 114/2014, è valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco (l'INI-PEC) di cui all'art. 6-bis del CAD, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest'ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio Ordine e quest'ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI-PEC, sia nel ReGindE (v. Cass. civ., Sez. Un., 28 settembre 2018, n. 23620). ix) Alla luce di tutte le considerazioni svolte, il principio di diritto esposto dalla Suprema Corte potrebbe essere o totalmente sostituito da quello che segue distinto con la lettera a) (fruito sia per dare intitolazione alla presente nota, sia per la formulazione della massima) oppure espresso con l'eventuale aggiunta di quello distinto con la lettera b), in questa seconda ipotesi al limitato fine di correzione di quello che in questa sede si è ritenuto enunciato fuor d'opera: a) É viziata di nullità (peraltro sanabile – n.d.r.) ed è, pertanto, inidonea ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare la notificazione della sentenza eseguita presso l'indirizzo di PEC dell'Avvocatura dello Stato contenuto nel Registro IPA, trattandosi di Registro non più in essere a far tempo dal 19 agosto 2014, oppure contenuto nel «pubblico elenco di fiducia» denominato «Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi», previsto dall'art. 6-ter del CAD, introdotto dal d.lgs. n. 179/2016, giacché utilizzabile soltanto per scopi amministrativi e non giudiziali. b) Il domicilio digitale previsto dall'art. 16-sexies del d.l. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221/2012, come modificato dal d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni nella legge n. 114/2014, corrisponde all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest'ultimo, è inserito sia nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGindE) tenuto dal Ministero della giustizia sia nell'Indice Nazionale Indirizzi INI-PEC tenuto dal Ministero per lo sviluppo economico. |