I rapporti tra procedura espropriativa immobiliare e sequestro o confisca disposti dal giudice penale

10 Aprile 2019

La Suprema Corte è chiamata a valutare se l'ipotesi della concorrenza tra la confisca penale e il processo esecutivo sia regolata solamente dall'art. 1, commi 194 ss. della l. n. 228/2012, oppure – come sostenuto dall'Avvocatura dello Stato – se questa debba essere considerata una disciplina di per sé non esaustiva, che non esclude che la prevalenza della confisca (e, dunque, delle ragioni dell'Erario) sull'azione esecutiva possa ricavarsi anche da altre disposizioni dell'ordinamento.
Massima

Nel caso di sequestro penale o confisca disposti ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 («Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere») su un bene immobile che è oggetto di espropriazione forzata, l'interesse dello Stato a confiscare il bene prevale, secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 194, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, su quello del creditore a soddisfarsi sull'immobile, ma è sempre recessivo rispetto a quello del terzo che si sia reso aggiudicatario del bene, anche in via provvisoria, in data anteriore all'entrata in vigore della stessa legge n. 228 del 2012 (1° gennaio 2013). Ai tali fini è irrilevante la circostanza che l'Erario abbia proposto opposizione di terzo con ricorso depositato anteriormente all'aggiudicazione, qualora la procedura esecutiva non sia stata tempestivamente sospesa.

Il caso

La vicenda oggetto del provvedimento in epigrafe giunge all'attenzione della Suprema Corte all'esito di un lunghissimo iter giudiziario, originato da una procedura espropriativa immobiliare avviata nel lontano 1996.

L'immobile oggetto di tale procedura esecutiva veniva sequestrato nel 1998, in applicazione dell'art. 2-bis della legge n. 575/1965 («Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso»), nonché confiscato nel 2000.

In ragione di ciò, il Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) e l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC) depositavano due distinti ricorsi in opposizione di terzo all'esecuzione, ex art. 619 c.p.c., volti a far valere l'inopponibilità nei confronti dell'Erario dei crediti e dei diritti reali di garanzia vantati su detto immobile da due istituti di credito (creditori nella procedura esecutiva in questione).

Il giudice dell'esecuzione rigettava la richiesta di sospensione della procedura; avverso tale provvedimento veniva proposto reclamo ex artt. 624 e 669-terdecies c.p.c., il quale veniva accolto con conseguente sospensione dell'esecuzione.

Nel frattempo, con atto di citazione le due opposizioni venivano introdotte nel merito; le stesse venivano rigettate, con due sentenze fatte oggetto di due ricorsi straordinari per cassazione, entrambi decisi dalle Sezioni Unite (con le famose pronunce “gemelle” nn. 10532 e 10533 del 2013) nel senso della cassazione con rinvio; il giudice del rinvio, riunite le cause, decideva rigettando nuovamente l'opposizione.

Avverso tale sentenza il MEF e la ANBSC proponevano nuovamente ricorso per cassazione censurando la decisione del tribunale di ritenere prevalenti i diritti dei creditori sull'intervenuto sequestro, e poi confisca, del bene oggetto di procedura esecutiva: decisione fondata sulla disciplina racchiusa nell'art. 1, commi 194 e ss. della l. n. 228/2012, che ha introdotto il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive sui beni oggetto di confisca ai sensi della l. n. 575/1965 e l'estinzione dei pesi e oneri iscritti sugli stessi, fatta salva la disciplina transitoria – applicabile nel caso di specie -, secondo cui tali divieti non opererebbero se, alla data di entrata in vigore della legge (1° gennaio 2013), il bene era già stato trasferito o aggiudicato, anche in via provvisoria.

La questione

Preliminarmente, la Corte affronta una questione inerente alla ammissibilità stessa del ricorso. In particolare, poiché la sentenza emessa dal giudice del rinvio è nuovamente giunta all'attenzione del giudice di legittimità mediante un ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., si ritiene necessario verificare se, nel giudizio di rinvio, il regime delle impugnazioni debba tenere conto delle novità legislative nel frattempo sopravvenute, le quali, in particolare, avrebbero permesso l'esperimento dell'appello avverso il provvedimento de quo (e ciò, in particolare, in virtù delle modifiche apportate all'art. 616 c.p.c. dalla l. n. 69/2009 che ha ripristinato tale rimedio quale mezzo ordinario di impugnazione avverso le sentenze pronunciate all'esito delle opposizioni ex artt. 615 e 619 c.p.c.).

In seconda battuta, i giudici di legittimità si trovano a dover valutare la tempestività dell'impugnazione, proposta ben oltre la scadenza del c.d. termine breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c., tenendo in considerazione il fatto, denunciato dall'Avvocatura dello Stato, che la sentenza era stata ad essa notificata presso un indirizzo risultante dall'Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC), ma non registrato al Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE).

Nel merito, infine, la Suprema Corte è chiamata a valutare se l'ipotesi della concorrenza tra la confisca penale e il processo esecutivo sia regolata solamente dall'art. 1, commi 194 ss. della l. n. 228/2012, oppure – come sostenuto dall'Avvocatura dello Stato – se questa debba essere considerata una disciplina di per sé non esaustiva, che non esclude che la prevalenza della confisca (e, dunque, delle ragioni dell'Erario) sull'azione esecutiva possa ricavarsi anche da altre disposizioni dell'ordinamento.

Le soluzioni giuridiche

In via preliminare, e in relazione alla prima questione esposta, la Corte giudica il ricorso per cassazione proposto ammissibile. A tal riguardo, viene richiamato il precedente di cui a Cass. civ., Sez. Un., 9 giugno 2016, n. 11844, secondo cui, nell'ipotesi di cassazione con rinvio innanzi al giudice di primo e unico grado, la sentenza del giudice di rinvio, nel caso di rinvio cd. prosecutorio, è impugnabile in via ordinaria solo con ricorso per cassazione, senza che rilevi la sopravvenuta modifica del regime impugnatorio della decisione cassata, atteso che il giudizio di rinvio rappresenta una fase ulteriore del procedimento originario e non un nuovo giudizio: pertanto, bene hanno operato i ricorrenti, utilizzando nuovamente il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.

La Suprema Corte risolve in senso positivo anche la questione inerente alla tempestività del ricorso per cassazione, sulla base dell'inidoneità della notificazione della sentenza a un indirizzo PEC diverso rispetto a quello risultante dal ReGIndE a far decorrere il c.d. termine breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c. Ciò in quanto il c.d. domicilio digitale corrisponde all'indirizzo PEC che l'avvocato comunica al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e che, tramite questo, viene inserito nel ReGIndE gestito dal Ministero della giustizia; solo tale indirizzo è quello istituzionalmente deputato allo svolgimento delle attività processuali, con la conseguenza per cui la notificazione di un atto giudiziale a un indirizzo PEC diverso, pur risultante dall'INI-PEC – come avvenuto nel caso di specie – è da considerarsi nulla.

Passando all'esame del merito del ricorso, e dunque alla risoluzione del conflitto tra interesse dell'Erario sui beni sottoposti a sequestro o confisca, e interesse dei creditori a soddisfare le proprie ragioni sui medesimi, la Corte richiama, in primo luogo, le due pronunce a Sezioni Unite che si erano già pronunciate sulla fattispecie de qua (nn. 10532 e 10533 del 2013), le quali avevano affermato che i commi 194 ss. dell'art. 1 della l. n 228/2012, più volte richiamati, dettano una disciplina tendenzialmente organica in materia di rapporti tra creditori ipotecari e pignoranti e Stato, con riferimento alle procedure di confisca non soggette alla disciplina introdotta dal Codice delle misure di prevenzione di cui al d.lgs. n. 159/2011.

Sul piano argomentativo, l'adesione a tale pronuncia viene corroborata da una riflessione vertente sul piano dei principi generali. Ai contrapposti interessi dianzi citati (quello pubblico a reprimere il fenomeno della criminalità organizzata anche nella dimensione economica, e quello dei creditori a trovare soddisfazione sui beni del debitore), la Suprema Corte accosta i principi fondamentali del giusto processo e della sua ragionevole durata, di cui all'art. 111 Cost., che nel processo esecutivo si declinerebbero nei termini della necessità di approntare le condizioni alle quali la vendita forzata può essere maggiormente fruttuosa: ciò, evidentemente, allo scopo di renderla più rapida ed efficiente. È chiaro, infatti, come l'efficacia della vendita forzata passi anche da una tutela della posizione dell'aggiudicatario, in quanto una maggiore certezza attorno alla stabilità degli effetti dell'aggiudicazione comporterà pure una maggiore appetibilità della partecipazione alla vendita forzata. Tale esigenza è senz'altro sentita dall'ordinamento, che riconosce infatti all'aggiudicatario un'aspettativa di diritto, giuridicamente tutelata, sul bene espropriato, cui corrisponde un obbligo di diligenza in capo al custode del bene (per tali affermazioni, Cass. civ., Sez. Un., 28 novembre 2012, n. 21110; Cass. civ., 30 giugno 2014, n. 14765). Un siffatto favor nei confronti dell'aggiudicatario è, peraltro, ravvisabile anche nelle scelte compiute dal legislatore penale, proprio nella disciplina transitoria di cui all'art. 1, comma 195,l. n. 228/2012, che, appunto, esclude l'innesco del divieto di proseguire l'azione esecutiva e dell'estinzione dei diritti di prelazione sul bene oggetto di espropriazione laddove l'aggiudicazione vi sia già stata, anche in via provvisoria. In definitiva, la Cassazione afferma che in caso di sequestro penale o confisca sul bene immobile oggetto di espropriazione, disposti ai sensi della l. n. 575/1965, l'interesse dello Stato a confiscare il bene prevale, secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 194, della l.n. 228/2012, su quello del creditore a soddisfarsi sull'immobile, ma è sempre recessivo rispetto a quello del terzo che si sia reso aggiudicatario del bene, anche in via provvisoria, in data anteriore all'entrata in vigore della stessa l. n. 228/2012 (1° gennaio 2013). Ai tali fini è irrilevante la circostanza che l'Erario abbia proposto opposizione di terzo con ricorso depositato anteriormente all'aggiudicazione, qualora la procedura esecutiva non sia stata tempestivamente sospesa. Applicando tale principio di diritto al caso di specie, la decisione del tribunale appare corretta, con conseguente infondatezza del ricorso per cassazione proposto.

Osservazioni

Anzitutto occorre osservare come, in superamento dei principi espressi dalle Sezioni Unite del 2013 – le quali, sulla base di una interpretazione letterale dell'art. 1, comma 194,l. n. 228/2012, avevano limitato il divieto di azioni esecutive e l'estinzione dei diritti di prelazione esclusivamente ai beni “confiscati”, e non anche a quelli oggetto di sequestro penale -, il principio di diritto affermato dalla pronuncia in epigrafe ricomprenda anche i beni oggetto di sequestro nell'area applicativa della disciplina de qua.

A completamento della normativa in materia di rapporti tra sequestro e confisca penali e procedura esecutiva, è utile poi ricordare quanto previsto dal menzionato Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. n. 159 del 2011). La norma di riferimento è rappresentata dall'art. 55, secondo il quale a seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive e i beni oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall'amministratore giudiziario. Le esecuzioni in sede civile potranno essere riassunte soltanto nel caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca, mentre la confisca definitiva comporta l'estinzione delle procedure esecutive medesime.

Guida all'approfondimento
  • Metafora, L'opposizione di terzo all'esecuzione, Napoli, 2012;
  • Miccolis, L'opposizione di terzo all'esecuzione, in REF, 2000;
  • Vaccarella, Opposizioni all'esecuzione, in EGT, XXI, Roma, 1990;
  • Ziino, Conflitti tra azioni esecutive civili e sequestri disposti dal giudice penale, in www.eclegal.it.

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