L'immobile oggetto di donazione legittima la risoluzione del contratto preliminare di compravendita?

Redazione scientifica
12 Aprile 2019

Il rifiuto di stipulare il definitivo non poteva essere ritenuto giustificato sulla base della semplice allegazione del timore di una successiva azione da parte dell'erede pretermesso, posto che alla data prevista per la stipula dell'atto detto pericolo non aveva i necessari requisiti di concretezza ed attualità.

Tizia aveva chiesto la risoluzione del contratto preliminare e la condanna dei convenuti (venditori) alla restituzione del doppio della caparra. A sostegno della domanda, l'attrice esponeva che l'immobile era stato oggetto di donazione lesiva delle quote di legittima spettanti agli eredi necessari del donante e che non tutti detti eredi avevano dato la loro disponibilità ad intervenire in atto, poiché uno di essi era interdetto. Sia in primo che in secondo grado, i giudici avevano dichiarato risolto il contratto con condannava dei convenuti alla restituzione della caparra. In particolare, secondo la Corte territoriale, nel preliminare non vi era stata alcuna menzione dell'esistenza di un erede interdetto dell'originario donante.

Nel giudizio di legittimità, la S.C. contesta il ragionamento espresso dai giudici del merito. Difatti, il diritto previsto dall'art. 1481 c.c., per cui il compratore può sospendere il pagamento del prezzo quando abbia ragione di temere che la cosa possa esser rivendicata da terzi, presuppone che il pericolo di evizione sia effettivo e cioè non meramente presuntivo o putativo. Ne consegue che il semplice fatto che un bene immobile provenga da donazione e possa essere teoricamente oggetto di una futura azione di riduzione per lesione di legittima, esclude di per sé che esista un pericolo effettivo di rivendica e che il compratore possa sospendere il pagamento o pretendere la prestazione di una garanzia. Per le suesposte ragioni, il ricorso dei venditori è stato accolto; per l'effetto, la sentenza è stata cassata con rinvio.

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