Precisazione delle conclusioni e onere della parte di reiterare le richieste istruttorie rigettate in corso di causa

Caterina Costabile
16 Aprile 2019

Nella pronuncia in commento, la Suprema Corte ha affrontato la tematica dell'onere della parte di reiterare, al momento della precisazione delle conclusioni, le richieste istruttorie rigettate in corso di causa.
Massima

La parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l'onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, poiché, diversamente, le stesse dovranno ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in appello.

Il caso

I germani A, B, C e D citavano dinanzi al Tribunale gli altri fratelli E, F e G per sentir: 1) dichiarare aperta la successione del padre Zeta; 2) dichiarare simulata la vendita intervenuta tra Tizio ed il germano F in quanto dissimulante una donazione fatta dal de cuius; 3) disporre la riduzione della donazione con il conferimento dei beni donati o del loro valore all'asse ereditario; 4) procedere allo scioglimento della comunione ereditaria.

Si costituivano i germani E ed F.

Il Tribunale con sentenza parziale dichiarava aperta la successione di Zeta e rigettava la domanda di simulazione di riduzione. Il giudizio proseguiva con la CTU e la vendita dei beni dell'asse ereditario non essendo possibile la divisione in natura. Con sentenza definitiva il Tribunale scioglieva la comunione ed assegnava le quote ai sette eredi.

A e B proponevano appello sia avverso la sentenza parziale sia contro quella definitiva denunciando una erronea valutazione delle risultanze istruttorie, rifiutando di ascoltare a chiarimenti il teste X.

La Corte d'appello dichiarava la nullità di entrambe le sentenze in quanto non rese nel contraddittorio del litisconsorte necessario X e rimetteva la causa la primo giudice.

Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione i germani E ed F. La Suprema Corte accoglieva il ricorso escludendo che X rivestisse la qualifica di litisconsorte necessario con rinvio alla medesima Corte d'appello.

I Germani E ed F riassumevano il giudizio di rinvio nel quale si costituiva il solo A.

La Corte d'appello rigettava il gravame proposto.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il germano B deducendo, tra l'altro, la mancata ammissione e valutazione delle richieste istruttorie formulate.

La questione

La Suprema Corte ha affrontato la tematica dell'onere della parte di reiterare, al momento della precisazione delle conclusioni, le richieste istruttorie rigettate in corso di causa.

Le soluzioni giuridiche

Costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità che la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l'onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni poiché, diversamente, le stesse debbono intendersi rinunciate e non possono essere riproposte in appello (cfr. Cass. civ., sez. III, 10/08/2016, n.16886; Cass. civ., sez. III, 4 agosto 2016, n. 16290; Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2008, n. 25157).

La Suprema Corte ha, peraltro, escluso che risulti idoneo a comportare reiterazione delle richieste istruttorie il richiamo generico al contenuto dei precedenti atti difensivi, atteso che la precisazione delle conclusioni deve avvenire in modo specifico, coerentemente con la funzione sua propria di delineare con precisione il thema sottoposto al giudice e di porre la controparte nella condizione di prendere posizione in ordine alle (sole) richieste istruttorie e di merito definitivamente proposte (cfr. Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2017, n. 19352).

Osservazioni

I giudici di legittimità hanno già da tempo chiarito che l'interpretazione consolidata del combinato disposto degli artt. 189,345 e 346 c.p.c., secondo cui l'istanza istruttoria non accolta nel corso del giudizio, che non venga riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, deve reputarsi tacitamente rinunciata, non contrasta con gli artt. 47 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, né con gli art. 2 e 6 dal trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (ratificato con l. 2 agosto 2008 n. 130), né con gli artt. 24 e 111 cost., non determinando alcuna compromissione dei diritti fondamentali di difesa e del diritto ad un giusto processo, poiché dette norme processuali, per come interpretate, senza escludere né rendere disagevole il diritto di « ;difendersi provando ;», subordinano, piuttosto, lo stesso ad una domanda della parte che, se rigettata dal giudice dell'istruttoria, va rivolta al giudice che decide la causa (cfr. Cass. civ., sez. VI, 27 giugno 2012, n. 10748).

La Suprema Corte ha, in particolare, rimarcato che combinato disposto degli artt. 189, 345 e 346 c.p.c. non compromette ed , anzi, riconosce il diritto di difendersi provando sia in primo grado, sia in secondo grado nel caso di mancata ammissione della prova nel primo grado, ma, in questa seconda ipotesi, stabilisce a carico dell'interessato un onere di richiesta (nel momento processuale nel quale si formulano le definitive domande, anche istruttorie da sottoporre al giudice che deve decidere la causa) che in alcun modo può essere considerato un serio impedimento all'esercizio del diritto di difesa, tenuto anche conto della assistenza tecnica garantita alla parte, obbligatoriamente tenuta ad essere assistita da un avvocato. Al contrario la norma (nella sua corretta applicazione giurisprudenziale) garantisce anche il diritto di difesa della controparte che non deve controdedurre su quanto non espressamente richiamato e che subirebbe un pregiudizio del proprio diritto di difesa se il giudice chiamato a decidere la causa decidesse invece senza un contraddittorio su una istanza istruttoria non specificamente riproposta.

Tali principi sono, del resto, coerenti con il sistema processualcivilistico successivo alla riforma del 1990 che tiene distinti il thema decidendum riguardante le domande e eccezioni e il thema probandum riguardante le istanze istruttorie e, mentre per le prime soccorre la discrezionalità del giudice nell'interpretarle e nel ritenerle, eventualmente, abbandonate anche indagando sulla volontà delle parti, per le seconde vige il sistema delle preclusioni e delle decadenze che prescinde dall'indagine sulla volontà delle parti (Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2011, n. 9410).

Guida all'approfondimento
  • Barone, Sulla riproponibilità in appello delle pregresse istanze istruttorie, in Foro it., 2004, p. 2402-2403;
  • Iappelli, Sull'onere di specifica riproposizione in appello delle istanze istruttorie non accolte in primo grado, in GiustiziaCivile.com, 22 settembre 2016.

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