L’affitto d’azienda pendente nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

Enrico Stasi
16 Aprile 2019

Il nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza presenta significative novità rispetto alla vigente disciplina in tema di affitto preesistente e affitto endofallimentare, ma non tutte le attuali criticità appaiono risolte.
Premessa

Il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza presenta significative novità rispetto alla vigente disciplina in tema di affitto preesistente e affitto endofallimentare, ma non tutte le attuali criticità appaiono risolte.

Nel presente scritto soffermeremo l'attenzione sugli aspetti maggiormente controversi dell'attuale disciplina dell'affitto di azienda nel fallimento, per poi verificare se essi abbiano o meno trovato soluzione nelle nuove disposizioni dettate dal nuovo Codice per la procedura di liquidazione giudiziale.

L'attuale quadro normativo

Come è noto, nell'ambito del fallimento, le disposizioni attualmente vigenti che si occupano dell'affitto di azienda sono gli artt. 79 e 104-bis.

L'art. 79 disciplina gli effetti del fallimento sul contratto di affitto di azienda stipulato dall'imprenditore in bonis prima della sua dichiarazione di fallimento. Ai sensi di questa disposizione il fallimento non è causa di scioglimento del contratto, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L'ultima parte dell'art. 79 dispone che l'indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall'art. 111, n. 1.

L'art. 104-bis disciplina il contenuto del contratto di affitto di azienda concluso dal curatore in costanza di fallimento, prevedendo che il giudice delegato, su proposta del curatore e previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l'affitto di azienda (nella sua interezza o limitatamente ad uno o più rami), quando ciò appaia utile ai fini della più proficua vendita dell'azienda o di parti della stessa. La norma prosegue precisando che la scelta dell'affittuario compete al curatore, il quale deve effettuarla a norma dell'art. 107, sulla base di apposita stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta del contraente-affittuario deve tenere conto, oltre che dell'ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e dell'attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali. Il contratto di affitto va stipulato nelle forme previste dall'art. 2556 c.c. e deve contenere una serie di elementi che ne costituiscono il contenuto minimo obbligatorio (vale a dire: diritto del curatore di procedere all'ispezione; le prestazioni di idonee garanzie per tutte le obbligazioni cui l'affittuario sia tenuto ex lege o ex contractu; diritto di recesso del curatore, che può essere esercitato sentito il comitato dei creditori con la corresponsione di un giusto indennizzo, da pagarsi in prededuzione ai sensi dell'art. 111, comma 2, n. 1). La durata dell'affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni e all'affittuario può essere pattiziamente concesso il diritto di prelazione sulla vendita dell'azienda, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. Infine, viene dettata, al 6° comma, una specifica disciplina per il caso di retrocessione al fallimento dell'azienda, o di un suo ramo, a seguito di recesso o di cessazione di durata del contratto, escludendo la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2112 (con riferimento ai crediti dei lavoratori dipendenti) e 2560 c.c., che, com'è noto, sancisce la responsabilità in solido dell'alienante e dell'acquirente per i debiti risultanti dalle scritture contabili obbligatorie inerenti l'azienda trasferita. Inoltre, per i contratti pendenti al momento della retrocessione dell'azienda, viene richiamata la disciplina generale dettata dagli artt. 72 ss.

All'indomani della legge di riforma, stante l'assenza di disciplina, gli interpreti si sono interrogati sulla possibilità di applicare analogicamente la disposizione dettata dal comma 6 dell'art. 104-bis al caso affine di retrocessione dell'azienda ai sensi dell'art. 79 in conseguenza dell'esercizio da parte di uno dei due contraenti del diritto di recesso o della cessazione naturale del periodo di affitto.

Una parte della dottrina e dei giudici di merito sono favorevoli all'applicazione estensiva della norma in quanto gli effetti dell'applicazione delle regole dell'accollo cumulativo ex lege renderebbero altrimenti difficilmente praticabile ogni prosecuzione del contratto preesistente (v., tra gli altri, Bozza, I rapporti pendenti nelle procedure concorsuali. L'affitto di azienda, in Fall., 2018, 1145 ss.; Jorio, I rapporti giuridici pendenti, in Ambrosini-Cavalli-Jorio, Il fallimento, XI, Trattato Cottino, Padova, 2009, 503; Fimmanò, L'affitto di azienda preesistente al fallimento, in Ambrosini (a cura di), Le nuove procedure concorsuali, Bologna, 2008, 140; Ravinale, Affitto di azienda, in Cagnasso-Panzani (diretto da), Crisi d'impresa e procedure concorsuali, I, Torino, 2016, 1465 ss.; Dimundo, sub art. 79, in Lo Cascio (diretto da), Codice commentato del fallimento, Milano, 2017, 1133. In giurisprudenza, cfr., Trib. Milano, 5 maggio 2015, in Il caso; Trib. Monza, 19 novembre 2013, in Unijuris; Trib. Patti, 12 novembre 2013, in Fall., 2014; Trib. Firenze, 30 maggio 2011, in Il caso).

Altri autori escludono tale possibilità facendo leva sulla natura eccezionale della norma che disciplina gli effetti della retrocessione dell'azienda nel caso di contratto di affitto endofallimentare, con conseguente applicabilità dell'intera disciplina codicistica, sia in ordine ai contratti pendenti che ai rapporti di lavoro, ad eccezione dell'art. 2560 c.c. da essi unanimemente ritenuto inapplicabile al contratto di affitto di azienda (Lamanna, I rapporti giuridici pendenti, in Jorio-Sassani (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, II, Milano, 2014, 553 ss.; Proto, Rapporti che proseguono ex lege con la massa, in Panzani (diretto da), Il fallimento e le altre procedure concorsuali, II, Torino, 2012, 411; Martorano, sub art. 79, in Nigro, Sandulli e Santoro (a cura di), in La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 1107; Patti, L'affitto di azienda, in Fall., 2007, 1096; Meoli-Sica, Effetti sui rapporti giuridici preesistenti, in Buonocore-Bassi-Capo De Santis-Meoli (diretto da e coordinato da), Trattato di diritto fallimentare, II, Padova, 2010, 552; Giovetti, sub art. 80-bis, in Jorio-Fabiani (diretto da e coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2006, 1298; Rossi, sub art. 79 l.fall., in Cavallini (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, artt. 64-123, Milano, 2010, 495).

Quest'ultima opinione è stata recentemente avallata dalla Corte di Cassazione con una pronuncia che, oltre ad escludere l'applicabilità della disposizione derogatoria di cui all'u.c. dell'art. 104-bis al caso della restituzione dell'azienda al fallimento dell'affittante ai sensi dell'art. 79, ha affermato il principio secondo cui la regola dettata dal secondo comma dell'art. 2560 c.c. (in tema di responsabilità dell'acquirente per i debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta risultanti dai libri contabili obbligatori), si applicherebbe anche all'affitto di azienda (Cass., 9 ottobre 2017, n. 23581). A tale conclusione i giudici di legittimità sono pervenuti argomentando, al contrario, dal dettato dell'u.c. dell'art. 104-bis «il quale stabilisce oggi che la retrocessione al fallimento di aziende o rami di azienda, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2112 e 2560 c.c.: il che val quanto dire, per l'appunto, che, pur nell'ipotesi di affitto di azienda attuato nell'ambito della procedura concorsuale, in mancanza di detta norma di contenuto derogatorio, si applicherebbe l'art. 2560 c.c. il quale determinerebbe, all'esito della retrocessione dell'azienda affittata, la responsabilità della procedura per i debiti sorti a carico dell'affittuario».

Come si può immaginare, questa pronuncia ha suscitato sconcerto e preoccupazione tra gli interlocutori dell'impresa in difficoltà, non soltanto perché sino ad oggi si riteneva, pressoché unanimemente, che l'espressione «trasferimento di azienda», contenuta nel 2° comma dell'art. 2560, non potesse essere dilatata sino a comprendere anche l'usufrutto e l'affitto di azienda (cfr., tra i tantissimi, Martorano, L'azienda, in Buonocore (fondato da) e Costi (diretto da), Trattato di diritto commerciale, Torino, 2010, 305; Fimmanò, Retrocessione dell'azienda affittata e responsabilità del concedente per i debiti dell'affittuario, cit., 30 ss.; Rossi, sub art. 79 l.fall., cit., 494; contra, tra i più recenti, Minneci, Imputazione e responsabilità in ordine ai debiti relativi all'azienda ceduta, in Banca, Borsa, tit. cred., II, 2008. In giurisprudenza, nel senso dell'inapplicabilità del 2° comma dell'art. 2560 al contratto di affitto di azienda, Cass. 3 luglio 1958, n. 2386, Foro it., Rep. 1958, voce Azienda, n. 23; Cass. 8 maggio 1981, n. 3027 in Giur. it., 1982, I, 1, 281, in Mass. Giust. civ.,1981, fasc. 5. in Foro it., Rep. 1981, voce Azienda, n. 18; Cons. Stato, Sez. III, 30 giugno 2016, n. 2937. Nella giurisprudenza di merito, cfr., Trib. Patti 12 novembre 2013, cit., 114; Trib. Firenze 30 maggio 2011, cit.; Trib. Genova 5 marzo 2007, in leggiprofessionaliditalia.it; Trib. Monza 19 novembre 2013, cit.; Trib. Padova 13 dicembre 2001, in Giur. it., 2009, 395), ma anche e più ancora perché il medesimo principio della responsabilità solidale dovrebbe valere, in senso opposto, anche per il contratto di affitto di azienda endofallimentare, assodato che l'art. 104-bis non contiene la norma, sancita nell'art. 105, che esonera dalla responsabilità solidale l'acquirente per i debiti aziendali pregressi, salvo quelli accollati in virtù di un apposito patto, con la conseguenza che l'affittuario ben potrebbe essere chiamato a rispondere di tutti debiti aziendali sorti prima dell'affitto, ivi compresi quelli concorsuali.

La disciplina del nuovo Codice

Il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, nel riscrivere la disciplina del contratto di affitto di azienda pendente, per l'ipotesi di fallimento del concedente, ha previsto espressamente, al comma 3 dell'art. 184, che «In caso di recesso del curatore e comunque alla scadenza del contratto, si applicano le disposizioni di cui all'art. 212, comma 6», ove sono state riprodotte, con gli opportuni adattamenti richiesti dal mutato linguaggio legislativo (sono stati infatti espunti i termini fallito e fallimento) e dalla diversa architettura del quadro normativo, le disposizioni dettate dall'u.c. dell'art. 104-bis, attualmente in vigore, per l'affitto endofallimentare. Con la duplice conseguenza di consentire al curatore di sciogliersi dai contratti inerenti all'esercizio dell'impresa stipulati sia dal debitore, prima del suo assoggettamento alla liquidazione giudiziale, che dall'affittuario e di rispondere dei debiti anteriori di natura concorsuale (da insinuarsi al passivo della procedura) e non di quelli contratti dall'affittuario. Poiché la deroga contemplata dall'art. 184 concerne solo i debiti, in virtù della norma imperativa sancita dall'art. 2112 c.c., i rapporti di lavoro subordinato pendenti si trasferiscono in capo alla liquidazione e la loro sorte sarà disciplinata dalle disposizioni dettate dall'art. 189 del Codice della crisi.

Le ulteriori modifiche alla vigente disciplina del contratto di affitto di azienda preesistente recepiscono alcune delle indicazioni provenienti dalla dottrina maggioritaria e riguardano:

a) nel caso di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del concedente: la previsione della facoltà di recesso per il solo curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, entro sessanta giorni dall'apertura della liquidazione, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo (non avente natura risarcitoria, ma pacificamente indennitaria) da liquidarsi dal giudice delegato in caso di mancato accordo tra le parti; al credito per indennizzo la nuova legge attribuisce espressamente natura concorsuale in coerenza con la scelta del legislatore delegato di riportare la situazione al momento della sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale ed in coerenza la soluzione adottata per l'indennizzo dovuto in caso di scioglimento dei contratti pendenti nella procedura di concordato preventivo ai sensi dell'art. 97;

b) nel caso di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti dell'affittuario: la previsione della facoltà di recesso, senza limiti di tempo, in favore della sola curatela, previa autorizzazione del comitato dei creditori, corrispondendo al concedente un equo indennizzo da liquidarsi dal giudice delegato in caso di mancato accordo delle parti; indennizzo, avente natura indennitaria, a cui la nuova legge attribuisce natura concorsuale.

Come si può constatare, si tratta di misure che, se da un lato, sacrificano l'interesse del contraente in bonis, rispetto a quello della massa dei creditori, dall'altro pongono fine agli abusi, che, nel caso di fallimento dell'impresa affittante, talvolta si registrano nella pratica da parte dell'affittuario, il quale, con la minaccia di recedere dal contratto, chiede, e spesso ottiene, dalla curatela, preoccupata di salvaguardare il valore produttivo dell'azienda e di mantenere i livelli occupazionali, modifiche migliorative alle condizioni economiche del contratto prestipulato dal fallito.

Il legislatore delegato si è, invece, “dimenticato” di intervenire nel testo dell'art. 212, relativo all'affitto endoconcorsuale dell'azienda o di suoi rami, inserendo una norma analoga a quella sancita nel 3° comma dell'art. 214 (oggi nel 4° comma dell'art. 105), relativo alla vendita dell'azienda o di suoi rami, per escludere espressamente la responsabilità dell'affittuario per i debiti aziendali sorti prima dell'affitto.

Sarebbe quindi auspicabile un nuovo intervento del legislatore, prima dell'entrata in vigore della nuova normativa, volto a fugare ogni perplessità sull'utilizzo di questo strumento contrattuale nella gestione della crisi d'impresa.

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