Licenziamento intervenuto successivamente allo scadere del periodo di prova

Sabrina Apa
18 Aprile 2019

Una volta accertato che il periodo di prova è già scaduto, licenziare motivando solo sul mancato superamento della prova equivale a licenziare ad nutum, cioè perché si è voluto licenziare e basta, senza alcuna ragione a fondamento della scelta, in violazione di quanto sancito dall'art. 1, l. n. 604 del 1966 (il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'art. 2119, c.c., o per giustificato motivo).

Una volta accertato che il periodo di prova è già scaduto, licenziare motivando solo sul mancato superamento della prova equivale a licenziare ad nutum, cioè perché si è voluto licenziare e basta, senza alcuna ragione a fondamento della scelta, in violazione di quanto sancito dall'art. 1,l. n. 604 del 1966 (il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'art. 2119, c.c., o per giustificato motivo).

Pertanto, in applicazione dell'art. 3, d.lgs. n. 23 del 2015 (c.d. Jobs Act) – il quale, pur non prevedendo espressamente tra le ipotesi di illegittimità quella per cui è giudizio, che si ritiene però sussumibile per analogia con il licenziamento senza giustificato motivo oggettivo, caratterizzato da un difetto sostanziale di totale mancanza di motivo, piuttosto che con il licenziamento senza motivazione in cui il motivo può anche esserci, ma non viene espressamente indicato - deve dichiararsi estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condannarsi il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità, con il contemperamento di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la recente sentenza C. cost. n. 194 del 2018 la cui motivazione questo giudice condivide e fa propria. La Corte Costituzionale con la decisione citata ha dichiarato illegittimo il comma 1 dell'art. 3,d.lgs. n. 23 del 2015, sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte che determina in modo rigido l'indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato. In particolare, la previsione di un'indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è stata ritenuta dalla Corte contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli artt. 4 e 35 della Costituzione.

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