Sentenze USA: efficaci in Italia anche in caso di lesione della par condicio

Redazione scientifica
19 Aprile 2019

Il principio della par condicio creditorum non impedisce il riconoscimento in Italia di una sentenza di condanna nei confronti di società ammesse ad una procedura concorsuale.

Il caso. La Corte d'appello di Bologna, in accoglimento del ricorso ex art. 67 l. n. 218/1995, dichiarava efficace nei confronti di alcune società italiane, tutte ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, la sentenza di condanna al pagamento di una somma di danaro nei confronti della ricorrente pronunciata negli Stati Uniti d'America. La Corte territoriale ha evidenziato che la sentenza statunitense non era contraria all'ordine pubblico italiano: né in riferimento al difetto di motivazione, che di per sé non integrava violazione dell'ordine pubblico; né in relazione al principio di personalità della responsabilità; né in relazione alla competenza del giudice concorsuale di cui agli artt. 52, 93 e ss. l. fall.; né in relazione alla dedotta duplicazione del credito; né in relazione alla violazione della par condicio; né in riferimento alla lesione dell'effetto di esdebitazione; né, infine, in relazione agli interessi.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l'amministratore straordinario delle società.

Con il motivo di ricorso sul quale ci soffermeremo in questa sede, le ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 64 lett. g) della l. n. 218/1995 e 55 l. fall. ed, in generale, del principio della par condicio creditorum, per esser stati riconosciuti gli interessi in pendenza della procedura.

Il principio della par condicio creditorum. Si rivela infondato l'assunto delle ricorrenti, secondo cui il principio della par condicio creditorum, così come espresso dalle norme interne di diritto concorsuale, costituisce espressione di ordine pubblico, che: a) impedisce, in sé, il riconoscimento in Italia di una sentenza straniera di condanna nei confronti di società ammesse ad una procedura concorsuale, in ragione del particolare procedimento di verifica del passivo; b) impedisce comunque il riconoscimento della medesima decisione, nella parte in cui, con riferimento al credito chirografario accertato, computi anche gli interessi maturati in pendenza della procedura concorsuale, che l'ordinamento interno esclude.

Il riconoscimento in Italia di una sentenza di condanna nei confronti di società ammesse ad una procedura concorsuale. In sede concorsuale, il concorso sostanziale dei creditori si esprime attraverso il concorso formale e cioè attraverso i procedimenti dell'accertamento del passivo e del riparto dell'attivo, svolti in un unico contesto, in contraddittorio con tutti i creditori e i titolari degli altri diritti, e se, in effetti, il procedimento di distribuzione dell'attivo vede convogliati tutti i creditori, compresi quelli esentati dal divieto di cui all'art. 51, l. fall. e i titolari di crediti prededucibili, la procedura di verifica del passivo prevista dagli artt. 93 e ss., l. fall., trova invece significative eccezioni. Al riguardo le Sezioni Unite, (v., Cass. civ., Sez. Un., n. 15200/2015), pur ribadendo la specialità e l'inderogabilità del procedimento di verificazione dei crediti nei confronti della massa, ha, comunque, rilevato l'esistenza del principio generale per cui, in caso di controversia sul credito sottratta alla cognizione del giudice fallimentare, gli organi del fallimento devono considerare il credito assimilabile ai crediti condizionati, con facoltà di ammetterlo con riserva, da sciogliersi dopo la definizione del processo dinanzi al giudice giurisdizionalmente competente, in relazione all'esito di tale giudizio. È evidente che l'affermazione di un principio generale in tal senso, non solo comporta che esso possa applicarsi, oltre ai casi di giurisdizione del giudice tributario, amministrativo o contabile, ma anche quando sia operante la giurisdizione di un giudice straniero; inoltre, e ciò è quanto qui rileva, di per sé esclude la fondatezza dell'assunto secondo cui il procedimento di accertamento dello stato passivo costituisce l'unica modalità consentita per accertare eventuali ragioni di credito ammesse ad una procedura concorsuale, e, per astrazione, la sussistenza di un principio di ordine pubblico ostativo al riconoscimento della sentenza straniera che accerti siffatto credito; conclusione che è avvalorata dal fatto che l'esclusività della procedura di cui agli artt. 93 e ss., l. fall., si risolve in una questione di rito, la cui violazione può essere fatta valere in giudizio, ma è soggetta ai limiti del giudicato interno.

La nozione di “ordine pubblico”. In riferimento ai limiti derivanti dall'ordine pubblico in sede unionale, la Corte di Giustizia ha chiarito che la nozione di “ordine pubblico” enunciata all'art. 34, punto 1, del reg. n. 44/2001 deve essere interpretata restrittivamente, non potendo negarsi il riconoscimento o l'esecuzione di una decisione per il solo motivo che esiste una divergenza tra la norma giuridica applicata dal giudice dello Stato membro di origine e quella che avrebbe applicato il giudice dello Stato membro richiesto se fosse stato investito della controversia. La Corte del Lussemburgo ha rilevato che la portata dell'obbligo di motivazione può variare a seconda della natura della decisione giudiziaria di cui trattasi, e dev'essere analizzata in relazione al procedimento considerato nel suo complesso e sulla base dell'insieme delle circostanze pertinenti, tenendo conto delle garanzie procedurali da cui tale decisione è coronata, al fine di verificare se queste ultime garantiscono agli interessati la possibilità di proporre ricorso contro detta decisione in maniera utile ed effettiva. Ancorché affermato in riferimento alla circolazione dei prodotti giuridici tra Stati membri, il principio costituisce linea guida cui attenersi, anche, quando, come nella specie, vengano in rilievo questioni ascrivibili ad aspetti processuali relativi a sentenze provenienti da Stati terzi.

In considerazione dell'assoluta novità e rilevanza della questione relativa alla controversa natura di ordine pubblico sostanziale dell'istituto della par condicio creditorum, quale limite al

riconoscimento di sentenza straniera, ex art. 64 lett. g) della l. n. 218/1995, la Corte ritiene di dover compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.

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