Per la Consulta la mediazione ha più possibilità della negoziazione assistita

23 Aprile 2019

Con la sentenza n. 97 del 18 aprile 2019 la Corte costituzionale fuga ogni dubbio sulla costituzionalità del d.l. n. 69/2013 con il quale il legislatore aveva re-introdotto l'obbligatorietà della mediazione oltre ad apportare alcune modifiche come l'obbligatorietà dell'assistenza dell'avvocato o la gratuità del cd. primo incontro.

Per la Consulta tutte le norme costituzionali che consentono al Governo di ricorrere al decreto legge sono state rispettate nel momento in cui ha re-introdotto la mediazione obbligatoria.

I dubbi di legittimità. A richiedere l'intervento della Consulta era stato il Tribunale di Verona secondo cui il decreto legge (ed in particolare la norma che sanziona la mancata partecipazione al tentativo di mediazione e quella sulla previsione della condizione di procedibilità in sede di opposizione a decreto ingiuntivo) avrebbe dovuto essere dichiarato illegittimo, inter alia, per mancanza dei presupposti costituzionali per la sua adozione: in altri e più chiari termini, si è tentato di avanzare dubbi propri della fonte del diritto come già era stato per il d.lgs. n. 28/2010 che introdusse la obbligatorietà della mediazione poi bocciata dalla Consulta con la sentenza n. 272/2012.

Senonché, diversamente dal precedente intervento, questa volta il Governo non ha commesso errori: il d.l. n. 69/2013 (e quindi la disciplina della mediazione obbligatoria così introdotta), quindi, è salvo (e con esso la mediazione).

Ed infatti, per la Consulta «il sindacato sulla legittimità dell'adozione, da parte del Governo, di un decreto-legge va limitato ai casi di evidente mancanza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'art. 77, comma 2, Cost., o di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della loro valutazione».

Per la Corte l'insussistenza della straordinaria necessità e urgenza non potrebbe essere desunta semplicemente dal mero differimento dell'efficacia delle disposizioni introdotte dal decreto legge.

Ed infatti, la previsione secondo cui i decreti devono contenere misure di immediata applicazione «non postula inderogabilmente un'immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge».

Peraltro, la Consulta osserva che la previsione dell'obbligatorietà della mediazione avrebbe comportato un significativo incremento delle istanze di accesso al relativo procedimento.

Ecco allora che «la decisione di procrastinarne [sia l'obbligatorietà che la connessa disciplina come quella che disciplina e sanziona la mancata partecipazione], peraltro per un periodo contenuto, l'applicabilità è, pertanto, ragionevolmente giustificata dall'impatto che essa avrebbe avuto sul funzionamento degli organismi deputati alla gestione della mediazione stessa».

Mediazione ed efficienza. Per la Corte non è fondato neppure un secondo profilo sollevato dal Tribunale di Verona secondo il quale le disposizioni del decreto legge in materia di mediazione non sarebbero funzionalmente coerenti rispetto alle altre norme contenute nel d.l. n. 69/2013 la cui efficacia non era stata differita nel tempo.

Senonchè, innanzitutto le norme sulla mediazione sono coerenti con il resto del decreto: sono, infatti, norme in materia di giustizia che concorrono alla realizzazione dei comuni e urgenti obiettivi – a loro volta preordinati al rilancio dell'economia – del miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario e dell'accelerazione dei tempi di definizione del contenzioso civile.

E che questo obiettivo lo si raggiunga con misure come l'obbligatorietà della mediazione – aggiungo io – ce lo confermano, da un lato, i dati statistici della mediazione (in particolare quelli che videro un deciso calo dei numeri all'indomani della sentenza che dichiarò l'illegittimità della mediazione) e , dall'altro lato, le posizioni che più volte l'Europa ha assunto sul modello (virtuoso) italiano fondato proprio sull'obbligatorietà.

Peraltro, l'omogeneità finalistica non determina necessariamente anche l'uniformità del termine di efficacia di tutte le norme: vieppiù come nel nostro caso dove il differimento del termine di efficacia era ragionevolmente giustificato dalla necessità di far organizzare gli organismi di mediazione.

Mediazione - negoziazione assistita: 1-0. Un'ulteriore questione esaminata dalla Corte (e rigettata) riguarda la differenza di disciplina esistente tra la mediazione e la negoziazione assistita e consente alla Corte di svolgere alcune osservazioni.

Secondo il Tribunale di Verona vi sarebbe una violazione dell'art. 3 Cost.: mentre la negoziazione assistita non opera come condizione di procedibilità con riferimento al procedimento monitorio, la mediazione opera come condizione di procedibilità, ma soltanto nella successiva fase di opposizione (dopo che il giudice si sia pronunciato sulla provvisoria esecutività).

Orbene, è vero che mediazione e negoziazione sono entrambi «istituti processuali […] diretti a favorire la composizione della lite in via stragiudiziale e sono riconducibili alle misure di ADR (Alternative Dispute Resolution)» e che costituiscono condizioni di procedibilità della domanda giudiziale.

Senonchè, la Corte rileva come nella mediazione esista «un fondamentale elemento specializzante» rappresentato dal ruolo centrale del mediatore che è soggetto neutrale (diversamente dalla dagli avvocati che assistono le “loro” parti nella negoziazione assistita) che rende evidentemente disomogenee i due istituti processuali con impossibilità di comparare le due discipline ai fini del sindacato di costituzionalità riguardo all'art. 3 Cost.

Prospettive future: la mediazione preferita alla negoziazione. Peraltro - e questo è un passaggio argomentativo importante fatto dalla Corte, utile anche per l'attuale dibattito sulla riforma della giustizia – «la presenza di un terzo del tutto indipendente rispetto alle parti giustifica, infatti, le maggiori possibilità della mediazione, rispetto alla negoziazione assistita, di conseguire la finalità cui è preordinata».

Per la Corte, questa differenza di “valore aggiunto” della presenza di un terzo neutrale è la spiegazione per la quale «il legislatore ha ritenuto inutile imporre la negoziazione assistita [nei giudizi monitori, nda], giacché essa è condotta direttamente dalle parti e dai loro avvocati, senza l'intervento di un terzo neutrale».

Questa argomentazione può tornare oggi utile, direi, “politicamente” e, cioè, de lege ferenda: in un prossimo futuro si potrebbe prevedere in sede di riforma (allo studio del Ministro) soltanto la mediazione obbligatoria ovvero la possibilità di assolvere la condizione di procedibilità della negoziazione assistita magari promuovendo un tentativo di mediazione (e non viceversa).

Inoltre, ma qui lo dico in senso provocatorio, questa argomentazione potrebbe contribuire ad un dibattito che porti ad una futura dichiarazione di illegittimità costituzionale della negoziazione assistita (a favore della mediazione).

Ed infatti, è noto l'orientamento della giurisprudenza costituzionale per il quale le condizioni di procedibilità devono essere “efficaci”.

Ed allora se un giorno i dati dovessero confermare “sistematicamente” la sensazione degli operatori quotidiani (e dei primi dati disponibili) e, cioè, che la negoziazione funziona soltanto nella materia della separazione e divorzio dove, peraltro, non è neppure obbligatoria, dovremmo arrivare (forse) alla sua illegittimità costituzionale anche alla luce di quel che oggi ha argomentato la Consulta.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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