Concordato in continuità ed aumento di capitale: rischio di impresa e competizione a confronto

Luca Jeantet
23 Aprile 2019

L'art. 163-bis l. fall. prevede che il Tribunale debba disporre l'apertura di un procedimento competitivo ogniqualvolta la proposta concordataria si fondi su di un'offerta proveniente da un soggetto già individuato per l'acquisto a titolo oneroso o l'affitto dell'azienda, di rami di essa o di beni specifici.
Premessa

L'art. 163-bis l. fall. prevede che il Tribunale debba disporre l'apertura di un procedimento competitivo ogniqualvolta la proposta concordataria si fondi su di un'offerta proveniente da un soggetto già individuato per l'acquisto a titolo oneroso o l'affitto dell'azienda, di rami di essa o di beni specifici.

La ratio della previsione è quella di favorire la competitività in sede concordataria al fine di consentire una migliore valorizzazione dell'attivo del debitore e, con essa, registrare maggiori flussi attivi da destinare a soddisfacimento delle pretese dei creditori concorsuali.

In questo contesto e di fronte a strutture concordatarie che prevedono operazioni straordinarie societarie, si pone la questione di verificare se la disciplina di cui all'art. 163-bis l. fall. vada applicata ad una proposta di concordato preventivo che preveda il pagamento dei creditori concorsuali con risorse apportate da un soggetto che entri nella compagine societaria mediante la sottoscrizione e liberazione di un aumento di capitale esecutivo dell'operazione di ristrutturazione.

Sussistenza di un contrasto interpretativo

La fattispecie ha fatto registrare contrapposti orientamenti, entrambi supportati da articolate motivazioni, che meritano di essere esaminate separatamente, nella prospettiva di accertare, secondo una lettura che risulti la più oggettiva possibile, quale sia il giusto bilanciamento tra rischio di impresa e competizione, indagando se ed in quali termini il primo possa prevalere oppure debba lasciare il passo alla seconda.

Le ragioni a sostegno dell'applicabilità dell'art. 163-bis l.fall.

Secondo un primo orientamento, l'art. 163-bis l. fall. è norma imperativa ed inderogabile che, in quanto tale, è tesa a favorire la valorizzazione dell'attivo del debitore in concordato nell'interesse prioritario dei creditori concorsuali mediante la competizione, rispondendo ad interessi di ordine pubblico volti a prevenire occultamenti di attivo ed assicurare la trasparenza nei processi di collocazione delle attività aziendali (Danilo Galletti, Ancora sulle elusioni dell'art. 163-bis l. fall., in questo portale, 2018).

Su queste basi, la disciplina delle offerte concorrenti di cui all'art. 163-bis l. fall. deve trovare applicazione non solo quando il piano e la proposta di concordato prevedano la cessione dell'azienda (o di una porzione della stessa) a terzi già individuati, ma anche quando il risultato traslativo sia ottenuto, in via indiretta, mediante operazioni straordinarie societarie, quali l'aumento di capitale, che hanno l'effetto finale di cambiare la titolarità della società e dunque dell'azienda che ne costituisce il patrimonio.

In altre parole, l'asta competitiva è obbligatoria ogni qual volta la titolarità dell'azienda, all'esito del concordato preventivo, sia diversa da quella esistente all'origine della procedura.

Su queste basi, recente giurisprudenza di merito ha ritenuto violata la disciplina dell'art. 163-bis l. fall. nel caso in cui “un piano concordatario che realizzi ed abbia per effetto il trasferimento sostanziale dell'azienda ad un terzo già individuato attraverso forme negoziali per cd. “anomale”, spesso coincidenti con operazioni societarie che difficilmente possono consentire al tribunale la predisposizione di una procedura competitiva (...) deve ritenersi inammissibile per incompatibilità con la norma imperativa ed inderogabile dell'art. 163 bis l. fall. in quanto elusiva del disposto normativo e da qualificarsi quindi in frode alla legge con conseguente illiceità della stessa causa “concreta” del concordato” (Trib. Alessandria, 14 dicembre 2017).

La previsione di un concordato preventivo in continuità con soddisfacimento delle ragioni dei creditori mediante le risorse derivanti dall'aumento di capitale sociale sarebbe riconducibile, in questa prospettiva, ad un “tentativo di aggiramento”, senza che possa avere rilevanza la constatazione che le partecipazioni non sono incluse nel patrimonio della società in concordato e, come tali, sfuggono alla previsione di cui all'art. 2740 c.c.

Di qui e quale conseguenza, il dovere del tribunale di intervenire e di prevenire l'elusione della disciplina imperativa di cui all'art. 163-bis l. fall., comminando la sanzione dell'inammissibilità del concordato preventivo, tutelando le ragioni dei creditori concorsuali e richiamando l'attenzione sulle responsabilità, non solo degli organi di gestione della società debitrice, ma anche del terzo che si propone di entrare nella compagine societaria. (Danilo Galletti, op. cit.).

Le ragioni a sostegno dell'inapplicabilità dell'art. 163-bis l.fall.

Secondo un diverso orientamento, la circostanza che un soggetto terzo entri a far parte del capitale sociale della società in crisi – con ciò stabilendo che il mutamento della compagine sociale – non vale a mutare la qualificazione giuridica di continuità diretta sotto il profilo soggettivo.

Questa posizione trova fondamento nel tenore letterale dell'art. 163-bis l. fall. che identifica nel debitore in concordato preventivo, il c.d. soggetto passivo della procedura competitiva, senza mai coinvolgere il socio interessato dall'operazione societaria.

In altre parole, quest'orientamento valorizza la differenza tra l'operazione di vendita dell'azienda e quella di ingresso nel capitale sociale di un terzo. Nel caso di vendita dell'azienda, infatti, la società in concordato sta disponendo di un diritto appartenente al suo patrimonio ed è completamente assente il rischio di solidarietà passiva in capo al cessionario, giusto il disposto dell'art. 105 l. fall., applicabile anche al concordato preventivo. Nel caso, ben diverso, di aumento di capitale chi dispone del diritto non è la società debitrice in concordato ma i suoi soci, cioè soggetti giuridicamente distinti dalla debitrice e rispetto ai quali non si giustifica – anche considerata l'assunzione del rischio società e di tutti i debiti pregressi – l'applicazione di una disciplina coattiva, quale quella di cui all'art. 163-bis l. fall., la cui applicazione è, nient'affatto casualmente, limitata agli atti di disposizione del debitore.

E non a caso proprio su questo punto interviene la giurisprudenza prevalente, allorché delimita il perimetro di applicazione dell'art. 163-bis l. fall., escludendo la competitività nel caso dell'aumento del capitale.

Non è, infatti, un caso che la giurisprudenza espressasi sull'art. 163-bis l. fall. faccia riferimento, quanto alla portata di applicazione della norma de qua, solo ed esclusivamente ad “atti dismissivi del patrimonio dell'azienda” ed alla alienazione di “beni”: “l'introduzione dell'art. 163-bis l. fall. e la contestuale modifica del quinto comma dell'art. 182 l. fall. (ad opera del d.l. 27 giugno 2015 n. 83, come convertito con legge 6 agosto 2015 n. 132), hanno determinato la creazione di un vero e proprio principio di portata generale secondo cui gli atti dismissivi del patrimonio dell'azienda che ricorra al concordato preventivo devono necessariamente essere effettuati mediante il preventivo espletamento di procedure competitive (e ciò sia nella fase del concordato pieno, sia nella fase c.d. prenotativa, sia, infine, nella fase esecutiva); ciò al fine di garantire la miglior soddisfazione dei creditori ed evitare che, con il sistema delle c.d. offerte chiuse, i beni vengano ceduti a prezzi non di mercato o si presti il fianco a condotte fraudolente” (Trib. Roma, 3 agosto 2017), con disciplina dunque da ritenersi applicabile “esclusivamente nel caso in cui il piano preveda, quale sua specifica modalità di attuazione, il trasferimento anche non immediato del bene in favore di un soggetto offerente già individuato” (Trib. Roma, 19 maggio 2017).

Particolarmente perspicuo è recentemente stato il Tribunale di Napoli là dove ha evidenziato che “alla proposta di concordato preventivo che preveda un aumento del capitale sociale della proponente con rinuncia al diritto di opzione e dunque l'ingresso di nuovi soci, non è applicabile la procedura competitiva di cui all'art. 163-bis legge fall., dettata per ipotesi assolutamente differenti dal caso in cui la società debitrice realizzi un'operazione di modificazione degli assetti proprietari a mezzo di una deliberazione di aumento del capitale sociale rispetto alla quale i titolari dei beni oggetto di atto dispositivo (come la rinuncia al diritto di opzione) sono i soci e soltanto i soci” (Trib. Napoli, 13 giugno 2018).

Di qui e quale conseguenza, la disciplina delle offerte concorrenti di cui all'art. 163-bis l. fall. non trova applicazione quando la continuità dell'attività dell'azienda sia ottenuta mediante operazioni straordinarie societarie, quali l'aumento di capitale, che hanno l'effetto finale di incidere sulla titolarità della società ma non sull'azienda che ne costituisce il patrimonio.

Conclusioni

Volendo trarre le fila di quanto precede, deve ritenersi assolutamente preferibile l'interpretazione che afferma l'inapplicabilità dell'art. 163-bis l. fall. alla fattispecie di aumento di capitale deliberato, sottoscritto e liberato nel contesto di un concordato in continuità aziendale (in questo senso, Fabiani, Aumento di capitale e offerte concorrenti nel concordato preventivo, in Fallimento, 2018).

Se è vero che l'effetto dell'operazione è una traslazione del controllo di un'azienda da un socio ad un altro, che entra nella compagine, è anche vero che il titolare dell'azienda resta sempre la società in concordato, il nuovo socio assume un chiaro rischio d'impresa invece non assunto da chi si renda cessionario di un'azienda, non è chiaro che cosa dovrebbe (anzi, potrebbe) essere posto in competizione (il diritto di opzione rinunciato dal socio di controllo originario oppure la proposta di investimento del nuovo socio) e ogni competizione su beni diversi da quelli di cui è proprietario il debitore in concordato si tradurrebbe in una compressione e coartazione di diritti privati in assenza di una espressa previsione legislativa.

Questo non significa che una proposta concordataria che prevede un aumento di capitale debba essere accettata a prescindere, ben potendo essere bocciata per ragioni differenti e, in particolare, se si ritenesse (e dimostrasse) che alla base dell'operazione straordinaria sul capitale vi sia un'ipotesi di abuso di diritto; ma questo non perché la competizione sia obbligatoria, ma perché sono in gioco valori e questioni che la prescindono e si pongono al di sopra di essa, precludendo un giudizio di ammissibilità e fattibilità di una proposta concordataria ai sensi dell'art. 162 l. fall.

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