Decorrenza del termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi
24 Aprile 2019
Massima
Ai fini del decorso del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c., è sufficiente la comunicazione del provvedimento del giudice dell'esecuzione, pur non conforme al disposto del capoverso dell'art. 45 disp. att. c.p.c., in quanto non integrale, ove l'oggetto della comunicazione sia sufficiente a fondare in capo al destinatario una conoscenza di fatto della circostanza che è venuto a giuridica esistenza un provvedimento del giudice dell'esecuzione potenzialmente pregiudizievole; in tal caso, è onere del destinatario attivarsi per avere piena conoscenza dell'atto mentre incombe all'opponente dimostrare, se del caso, l'inidoneità in concreto della ricevuta comunicazione ai fini dell'estrinsecazione, in detti termini, del suo diritto di difesa. Il caso
Nel caso di specie era stata proposta una opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all'art. 617 c.p.c. avverso una ordinanza emessa dal Tribunale di Roma, in qualità di giudice dell'esecuzione, con la quale era stata declinata la competenza per territorio in un procedimento di esecuzione per espropriazione di crediti promosso nei confronti dell'AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) e del terzo debitor debitoris Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane. L'opposizione era stata dichiarata inammissibile per tardività, ritenendo che la mera comunicazione, avvenuta nel caso di specie a mezzo PEC, del dispositivo dell'ordinanza e non anche del testo integrale del provvedimento fosse idonea a far decorrere il termine di venti giorni previsto dall'art. 617 c.p.c. e testualmente decorrente «dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti». Contro tale pronuncia è proposto ricorso in Cassazione. La questione
La pronuncia in esame affronta la questione del decorso del termine previsto dall'art. 617 c.p.c. a pena di decadenza dalla opposizione formale avverso gli atti e i provvedimenti esecutivi. In particolare, emerge l'esigenza di vagliare se il dies a quo coincida con la conoscenza integrale del provvedimento ovvero se rilevi, e a quali condizioni, la mera comunicazione del provvedimento, che si sia in particolare concretizzata nell'invio a mezzo PEC del solo dispositivo dell'ordinanza impugnanda. Le soluzioni giuridiche
La pronuncia in esame ricorda il percorso compiuto dalla Suprema Corte nella evoluzione della individuazione del termine per proporre opposizione, confermando la posizione assunta nelle più recenti pronunce a favore della sufficienza della conoscenza di fatto dell'atto (cfr. Cass. civ., 30 marzo 2018, nn. 7898 e 7899; Cass. civ., 6 marzo 2018, nn. 5172, 5173 e 5174; Cass. civ., 13 febbraio 2018, n. 3430). D'altronde, la Suprema corte rileva [v. Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5172 ove ampi richiami di giurisprudenza] che rappresenta principio ormai consolidato quello della sufficienza, ai fini della decorrenza del termine di decadenza previsto dall'art. 617 c.p.c., della conoscenza anche solo di fatto dell'atto da opporre. Viene, di tal guisa, superata la più rigorosa precedente impostazione, improntata sulla necessità della conoscenza legale dell'atto da opporre e sulla irrilevanza della conoscenza di fatto ai fini del decorso del termine di decadenza di cui all'art. 617 c.p.c. (così, Cass. civ., 16 aprile 2009, n. 9018, richiamata in motivazione). Si ricordi che la Cassazione ha affermato, altresì, che il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi decorre, in caso di mancata conoscenza dell'atto opposto, dal momento in cui la parte abbia avuto conoscenza di un atto della sequenza procedimentale che necessariamente presupponga l'atto viziato (v., da ultime, in motivazione e per riferimenti, Cass. civ., 6 giugno 2014, n. 12848; Cass. civ., ord. 31 ottobre 2013, n. 24662, con riguardo al processo esecutivo iniziato senza la previa notificazione – o in caso di notificazione invalida – del titolo esecutivo e/o dell'atto di precetto; Cass. civ., 13 maggio 2010, n. 11597; Cass. civ., 15 maggio 2009, n. 11316). Osservazioni
La pronuncia in epigrafe afferma, quindi, che non può dubitarsi che la comunicazione, da parte della cancelleria, del solo dispositivo dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione sia sufficiente a determinare in capo al destinatario quella situazione di conoscenza sommaria o in via di mero fatto, in presenza della quale quest'ultimo è tenuto ad attivarsi per apprendere il contenuto integrale dell'atto e le sue motivazioni, così da poter valutare, con cognizione di causa, le iniziative da assumere. D'altro canto, in altra occasione (Cass. civ., n. 7898/2018), la Corte ha, altresì, affermato che la nullità della comunicazione del provvedimento del giudice dell'esecuzione – avvenuta senza la trasmissione del testo integrale della decisione comprensivo del dispositivo e della motivazione (in violazione dell'art. 45, comma 4, disp. att. c.p.c.) – è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo, anche ai fini del decorso del termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, qualora l'oggetto della comunicazione sia sufficiente a fondare in capo al destinatario una conoscenza di fatto della circostanza che è venuto a giuridica esistenza un provvedimento del giudice dell'esecuzione potenzialmente pregiudizievole. La conclusione cui giunge la Suprema Corte è ulteriormente arricchita dal riconoscimento di uno specifico onere in capo al destinatario della comunicazione: nonostante l'incompletezza della comunicazione, questo deve attivarsi per assumere piena conoscenza dell'atto e valutare se e per quali ragioni proporre opposizione avverso di esso ai sensi dell'art. 617 c.p.c. e nel rispetto del relativo termine; ed incombe all'opponente dimostrare, se del caso, l'inidoneità in concreto della ricevuta comunicazione ai fini dell'estrinsecazione, in detti termini, del suo diritto di difesa. |