Sulla prova contraria a carico del contribuente nell'accertamento sintetico

24 Aprile 2019

L'accertamento sintetico è molto utilizzato nell'ambito della ricostruzione in via induttiva del reddito delle persone fisiche. Il meccanismo si fonda sulla presunzione che ad una capacità di spesa determinata dall'acquisto di beni o investimenti, determinati secondo regolamento ministeriale, corrisponda, in conformità al principio della capacità contributiva, un determinato reddito. Il contribuente può peraltro addurre la prova contraria, sulle problematiche più ricorrenti relative alla quale si sofferma brevemente il contributo.
Premessa

L'accertamento cd. sintetico costituisce una modalità per ricostruire, mediante una comparazione tra le spese effettuate dai contribuenti ed il reddito dichiarato dagli stessi nel periodo di imposta, il reddito in via induttiva, secondo i parametri contenuti nei relativi regolamenti ministeriali.

A fronte della presunzione di maggior reddito correlata alle spese ed agli incrementi patrimoniali della persona fisica assoggettata all'accertamento, l'art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600/1973, consente alla medesima di superarla attraverso una prova contraria.

Pertanto, l'ufficio finanziario è legittimato a risalire, secondo il meccanismo dell'art. 2727 c.c., da un fatto noto a quello ignoto, cioè dal fatto noto della spesa a quello ignoto in ordine alla sussistenza di un certo reddito, incombendo, invece, sul contribuente l'onere di provare che la circostanza su cui si fonda la presunzione semplice non corrisponde alla realtà (cfr. Cass. Civ., n. 3445/2014).

Ciò implica che, in conformità al meccanismo di cui all'art. 2727 c.c., la spesa sia il fatto primario da dimostrare da parte dell'Amministrazione finanziaria. È opportuno quindi ricordare, in termini generali, che la prova critica o indiziaria è una prova in senso pieno e non un argomento di prova poiché il fatto secondario deve essere dimostrato attraverso gli ordinari mezzi di prova e, soltanto in seguito, il giudice effettuerà un ragionamento mediante il quale potrà dichiarare l'esistenza o l'inesistenza del fatto primario e rilevante ai fini della decisione.

Oggetto della prova contraria

Come evidenziato, quindi, ai sensi dell'art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600/1973, l'accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, purché anche l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione (cfr., tra le molte, Cass. Civ., n. 21142/2016; Cass. Civ., n. 20588/2005).

In sostanza, la prova contraria posta a carico del contribuente non ha per oggetto la mera disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto la norma, pur non prevedendo esplicitamente la dimostrazione che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, tuttavia richiede espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (v., tra le più recenti, Cass. Civ., n. 29067/2018). Si ritiene che, infatti, in tal senso debba essere inteso lo specifico riferimento alla prova, risultante da idonea documentazione, della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della "durata" del relativo possesso, previsione che ha l'indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi, di tipo quantitativo e temporale, la disponibilità di tali redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che gli stessi siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell'accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati.

In definitiva, la prova contraria a carico del contribuente ha ad oggetto non soltanto la disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto esenti o soggetti a ritenute alla fonte, ma anche la documentazione di circostanze sintomatiche che ne denotano l'utilizzo per effettuare le spese contestate e non altre, dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso (Cass. Civ., n. 7389/2018).

La S.C. ha evidenziato che inoltre la prova contraria da parte del contribuente può consistere anche nella dimostrazione che i beni o gli importi contestati quali indici di capacità contributiva non siano effettivamente entrati nella sua disponibilità, in quanto derivanti da un atto simulato, che non ne implica la corrispondente e reale disponibilità economica (Cass. Civ., n. 21442/2014).

Strumenti di prova

L'onere probatorio posto a carico del contribuente è in un certo senso “attenuato”, peraltro, dalla possibilità per lo stesso di fornire la prova contraria, avente ad oggetto la provenienza non reddittuale dell'elemento accertato dal fisco come sintomatico di una maggiore capacità contributiva, con qualsiasi mezzo, non essendo la stessa normativamente tipizzata (v., di recente, Cass. n. 4212/2019).

Nella recente elaborazione giurisprudenziale si è così ritenuto, in via meramente esemplificativa, che tale prova contraria possa essere addotta dal contribuente:

  • mediante l'esibizione dei propri estratti dei conti correnti bancari, idonei a dimostrare l'entità e la durata del possesso dei redditi in esame, in quanto la produzione di documentazione bancaria, in considerazione della natura di estratto di scrittura contabile, fornisce tutte le indicazioni sull'entità dei redditi, sulle date dei movimenti, sull'eventuale addebito di assegni circolari usati per taluni acquisti (Cass. Civ., n. 12026/2018);
  • con la produzione del contratto di mutuo, perché idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale delle somme utilizzate per l'acquisto del bene (Cass. Civ., n. 31124/2018). A quest'ultimo riguardo, è stato precisato, tuttavia, dalla stessa S.C. che, qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali ed il contribuente deduca e dimostri che tale spesa sia giustificata dall'accensione di un mutuo ultrannuale, il mutuo medesimo non esclude ma diluisce la capacità contributiva, sicché deve essere detratto dalla spesa accertata ed imputata a reddito il capitale mutuato, ma ad essa vanno, invece, aggiunti, per ogni annualità, i ratei di mutuo maturati e versati (cfr. Cass. Civ., n. 4797/2017).

In conclusione

Casistica

Appaiono interessanti le precisazioni intervenute in giurisprudenza in ordine a peculiari fattispecie.

Si segnala in primo luogo la statuizione per la quale, ai fini dell'accertamento dei redditi con metodo sintetico, la formale intestazione a terzi dei beni-indice non rende di per sé inoperante la presunzione legale di capacità contributiva, ove la concreta posizione dei terzi intestatari (come il coniuge fiscalmente a carico o una società a base ristretta) consenta di riferire l'effettiva disponibilità di detti beni in capo al contribuente, sul quale incombe, di conseguenza, l'onere della prova contraria dell'inesistenza in concreto dei qualificati vincoli familiari o societari posti a fondamento dell'accertamento presuntivo (Cass., n. 6195/2018).

Si è ritenuto, per altro verso, sempre in sede di legittimità, che, ai fini dell'accertamento sintetico di cui all'art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 in relazione a spesa per incrementi patrimoniali, l'esborso per l'acquisto di un bene in comunione legale può legittimamente essere considerato dall'Amministrazione finanziaria come sostenuto esclusivamente dal "partner" che abbia da solo stipulato il contratto e pagato il prezzo, salva la prova contraria da parte del contribuente, atteso che dal regime della comunione legale non deriva alcuna presunzione relativamente alla provenienza comune delle somme utilizzate per i nuovi acquisti (Cass., n. 17807/2017, in Corr. Trib., 2017, n. 41, 3191, con nota di G. GLENDI).

È stato anche chiarito che qualora il contribuente abbia acquistato la sola nuda proprietà di un immobile con contestuale costituzione di usufrutto a favore di un terzo, è solo con riferimento a detto acquisto che l'Amministrazione finanziaria deve fare riferimento per la determinazione in via sintetica del reddito in base a spese per incrementi patrimoniali (Cass., n. 930/2016).

Quanto alla ricostruzione di reddito in via presuntiva da parte dell'Amministrazione, la prestazione di fideiussioni non costituisce indice di maggiore redditività, sia per la mancanza di previsioni normative in tal senso, sia perché una presunzione di possesso della disponibilità economica corrispondente a quanto garantito comporterebbe un'inammissibile moltiplicazione delle capacità reddituali del garante, a prescindere dalla consistenza patrimoniale effettiva ed aliunde accertata (Cass., n. 6735/2010).

Guida all'approfondimento

Basilavecchia, "Sui limiti alla prova contraria nell'accertamento sintetico e redditometrico", in GT - Riv. giur. trib., n. 7/2014, 588 ss.;

Marongiu, L'accertamento sintetico tra vecchia e nuova disciplina, in Dir. e prat. trib., 2014, n. 5, 2075;

Naio, Onere della prova e tutela del contribuente nel nuovo redditometro, in Fisco, 2015, 1228.

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