L'amministratore di nomina giudiziale può rifiutarsi di accettare l'incarico?
03 Maggio 2019
L'amministratore di nomina giudiziale può rifiutarsi di accettare l'incarico? O per il solo fatto di essere stato nominato dal tribunale deve necessariamente amministrare fino all'eventuale nomina di un nuovo amministratore da parte dell'assemblea?
La questione non sembra porre specifici motivi di perplessità, potendosi ritenere che l'amministratore di nomina giudiziale, ex art. 1129, comma 1, c.c., sia libero di non accettare l'incarico di matrice processuale. Depongono in questo senso sia il comma 2 dell'art. 1129 c.c., il quale (riferibile tanto all'amministratore individuato dai condòmini quanto a quello di investitura giudiziale) richiama come necessaria la “accettazione” del gestore, sia la giurisprudenza di settore la quale ha affermato che, anche in caso di nomina giudiziale (e, dunque, in ipotesi di inerzia o di impossibilità dell'organo deliberativo), il rapporto tra condòmini e amministratore (lungi dall'essere quest'ultimo un ausiliario del giudice) è pur sempre regolato, pur se trae origine in una fattispecie a formazione progressiva, dalle norme sul contratto di mandato (Cass. civ. sez. II, 21 settembre 2017, n. 21966 e Cass. civ. sez. II, 22 luglio 2014, n. 16698) e perciò anche dall'art. 1326 c.c. (essendosi in presenza di un rapporto di natura sinallagmatica). Pervengono alla medesima conclusione i più diffusi studi monografici di settore: terzago (Il condominio, Milano, 2015, 345 e 346). Un conto, infatti, è l'obbligatorietà della nomina dell'amministratore quando i condòmini di uno stabile sono più di otto (art. 1129, co. 1, c.c.) altro conto è la posizione del singolo amministratore concretamente designato per la funzione, che, come rimane in facoltà di non accettare la nomina del preponente, così deve ritenersi libero di non aderire (condicio iuris) a quella di chi si surroga per legge, nella investitura, ai comproprietari. |