La competenza in materia di scioglimento di comunione

Sabrina Passafiume
06 Maggio 2019

La Suprema Corte si è pronunciata sulla competenza in materia di scioglimento di comunione e sulla litispendenza tra giudizio di divisione ordinario e giudizio di divisione endoesecutivo.
Massima

Nel giudizio di divisione, laddove i beni provengano da un medesimo titolo attributivo, si è in presenza di un'unica comunione e la competenza va regolata, alla stregua dell'art. 23 c.p.c., in favore del giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. In tal caso, trattandosi di foro esclusivo ma derogabile, estraneo alla previsione dell'art. 28 c.p.c., l'incompetenza non può essere rilevata d'ufficio.

Il caso

Con domanda del 20 luglio 2007 – trascritta il 29 novembre 2011 – veniva proposto un giudizio di scioglimento della comunione davanti al Tribunale di Macerata.

Il Tribunale adito, con ordinanza del 13.2.2018 e “difformemente dal provvedimento in data 26.8.13”, dichiarava la “competenza funzionale alle operazioni di divisione” del Tribunale di Roma con riguardo ad alcuni immobili siti in Roma, compresi nel più consistente compendio immobiliare oggetto di comunione.

In particolare, il Tribunale di Macerata rilevava che sulla quota del 50% di alcuni dei beni facenti parte del compendio immobiliare da dividere, situati in Roma, era stato trascritto nel 2008 atto di pignoramento e che pertanto, con riferimento ad essi, risultava previamente pendente un'espropriazione immobiliare innanzi al Tribunale di Roma. Inoltre, un ulteriore immobile costituiva oggetto di un giudizio di divisione intrapreso – sempre davanti al Tribunale di Roma – con domanda trascritta il 17.10.2011. Conseguentemente, la competenza a decidere della domanda doveva essere individuata nel Tribunale di Roma.

L'ordinanza del Tribunale di Macerata veniva impugnata da uno dei comproprietari con regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. innanzi alla Corte di cassazione.

La questione

Con la pronuncia in esame la Suprema Corte ha potuto affrontare le questioni inerenti la competenza in materia di scioglimento di comunione e la litispendenza tra giudizio di divisione ordinario e giudizio di divisione endoesecutivo.

Le soluzioni giuridiche

La sesta Sezione della Cassazione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso e ritenute assorbite le ulteriori censure, ha cassato il provvedimento impugnato e ha rimesso le parti dinanzi al Tribunale di Macerata.

La Corte ha affermato, in primo luogo, che deve ritenersi esclusa, nel caso in esame, la possibilità di rilevare d'ufficio l'incompetenza per territorio ai sensi dell'art. 38 c.p.c.

L'ordinanza impugnata era stata emessa nell'ambito di un giudizio di scioglimento della comunione avente ad oggetto una serie di immobili siti in Recanati (MC), nonché uno ubicato in Loreto (AN) e quattro in Roma. La comunione aveva unica provenienza in un atto di donazione e, intervenuto il decesso di uno dei donatari, a questi erano subentrati gli eredi. Tuttavia, ha evidenziato la Corte, la qualità di erede di uno dei comproprietari integra esclusivamente il titolo della sua legittimazione a partecipare della comunione con il comproprietario superstite; pertanto non opera la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui si è aperta la successione, competenza che l'art. 22 c.p.c. pone, in deroga al forum rei sitae, per la sola ipotesi di divisione della universalità dei rapporti giuridici facenti capo a un comune de cuius.

Peraltro, quando, come nella specie, i beni provengano da un medesimo titolo attributivo (id est, la donazione), si è in presenza di un'unica comunione e la competenza va regolata, alla stregua dell'art. 23 c.p.c., in favore del giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.

In ogni caso, ha concluso la Cassazione, la competenza del giudice del luogo in cui si trovano i beni comuni oggetto della domanda di divisione concreta un foro esclusivo ma derogabile, non rientrando nelle ipotesi di cui all'art. 28 c.p.c. Con la conseguenza che resta escluso il rilievo d'ufficio dell'incompetenza.

Con la pronuncia in esame il Giudice di legittimità ha chiarito poi in quale modo debbano essere regolati i rapporti tra il giudizio di divisione ordinario, introdotto da alcuni partecipanti alla comunione (quale quello introdotto il 20 luglio 2007 innanzi al Tribunale di Macerata), e il giudizio di divisione endoesecutivo (quale quello introdotto con l'ordinanza del 14 marzo 2013 del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Roma), laddove essi abbiano ad oggetto lo stesso bene.

Il rapporto tra i due giudizi si pone “al più” in termini di litispendenza, da disciplinare applicando il criterio della prevenzione sancito dall'art. 39 ult. comma c.p.c.; ovvero avendo riguardo alla notifica della citazione del giudizio di divisione ordinario ed alla data della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione che disponga la divisione nell'ambito del procedimento esecutivo, senza che assuma alcun rilievo la data della trascrizione della citazione (del primo giudizio) o del pignoramento (del secondo giudizio).

Infine, se anche l'art. 181 disp. att. c.p.c. attribuisce al giudice dell'esecuzione, in qualità di giudice istruttore civile, una competenza funzionale, inderogabile, a procedere al giudizio di divisione endoesecutivo per la liquidazione della quota dell'esecutato, non può comunque essere rilevata d'ufficio l'incompetenza funzionale, come ipotizzato dall'ordinanza impugnata, trattandosi di rilievo soggetto ai limiti di sbarramento temporale di cui all'art. 38 c.p.c., nel regime, ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica introdotta con la legge 18 giugno 2009, n. 69.

La decisione della Cassazione, che esclude la rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza territoriale nelle cause di scioglimento di comunione, appare pienamente condivisibile.

Invero, la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui è aperta la successione, prevista dall'art 22, n. 1), c.p.c. in deroga al forum rei sitae stabilito dall'art. 23 c.p.c., riguarda solo le cause di divisione ereditaria, e cioè quelle relative all'universalità dei rapporti giuridici facenti capo al de cuius: essa, perciò, non opera nell'ipotesi – quale quella esaminata dal Tribunale di Macerata – in cui la qualità di erede di una delle parti integra esclusivamente il titolo della sua legittimazione e non l'oggetto principale del giudizio (Cass. civ., sez. II, n. 1630/1963; Cass. civ., sez. I, n. 44/1975; Cass. civ., sez. II, n. 4260/1978).

Pertanto, seppure in presenza di domande di divisione di beni comuni di diversa provenienza le stesse possono essere proposte cumulativamente, ove appartengano alla competenza territoriale di giudici diversi, nella diversa ipotesi in cui i beni provengano da un medesimo titolo attributivo si è in presenza di un'unica comunione e, quindi, il giudizio di divisione non può che essere unico e la competenza deve essere regolata, alla stregua dell'art. 23 c.p.c., in favore del giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. E poiché nel caso in esame il titolo di provenienza degli immobili dislocati a Roma, Recanati e Loreto era costituito dal medesimo atto di donazione, la comunione è da considerarsi unica.

Trova allora applicazione l'art. 23 c.p.c., operante non soltanto nell'ipotesi di condominio di edifici, ma, più in generale, in tutti i casi di comunione di beni ex artt. 1100 ss. c.c. (Cass. civ.,sez. II, n. 1365/1999; Cass. civ.,sez. II, n. 6319/2003; Cass. civ.,sez. VI, n. 12148/2015). Il forum rei sitae integra, peraltro, un foro esclusivo ma derogabile, non rientrando esso nelle ipotesi di cui all'art. 28 c.p.c.

Conseguentemente il Tribunale di Macerata è incorso in errore nel rilevare d'ufficio, ex art. 38 ult. comma c.p.c., la propria incompetenza per territorio a decidere sulla domanda di divisione, in mancanza delle ipotesi d'incompetenza territoriale inderogabile elencate dall'art. 28 c.p.c.

Va evidenziato che la Cassazione ha censurato il provvedimento impugnato anche sotto un ulteriore profilo. Tra il giudizio di divisione ordinario pendente innanzi al Tribunale di Roma e quello pendente innanzi al Tribunale di Macerata, aventi a oggetto il medesimo immobile, così come tra il giudizio di divisione endoesecutivo (pendente innanzi al Tribunale di Roma, e quello di divisione ordinaria, pendente innanzi al Tribunale di Macerata), in relazione allo stesso immobile, sussiste “al più” un rapporto di litispendenza (in quanto non può escludersi, in relazione al caso concreto, il configurarsi di un rapporto di continenza) che, ai sensi dell'art. 39 c.p.c., va risolto individuando il giudice competente in quello preventivamente adito.

A tal fine, tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Macerata, non occorre avere riguardo alla data di trascrizione della domanda di divisione del primo giudizio o a quella della trascrizione del pignoramento del secondo giudizio. La prevenzione si determina, infatti, dalla data della pendenza della lite. Nei rapporti tra giudizio ordinario di divisione e giudizio di divisione endoesecutivo rilevano pertanto la data della notifica dell'atto di citazione, quanto al giudizio ordinario di divisione, e la data della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione dispone la divisione, quanto al giudizio incidentale di divisione (arg. da Cass. civ., sez III, n. 20817/2018).

Osservazioni

L'affermazione della non rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza territoriale nelle cause di scioglimento della comunione si pone in linea con i precedenti della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ.,sez. VI, n. 17130/2015) e va condivisa, in quanto l'art. 23 c.p.c., che prevede per le cause condominiali il foro esclusivo del luogo in cui si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, individua un caso di competenza derogabile, poiché estranea alle ipotesi di cui all'art. 28 c.p.c.; né il carattere esclusivo del foro stesso implica una diversa soluzione.

Quanto al rapporto tra giudizio di divisione ordinaria e giudizio di divisione endoesecutivo, la pronuncia applica il principio affermato recentemente da Cass. civ., n. 201817/2018, secondo la quale la qualificazione del giudizio divisionale endoesecutivo quale epilogo o esito normale della procedura di espropriazione di beni indivisi consente di ricostruire l'introduzione di quel giudizio come una fattispecie a formazione progressiva, che si compie o conclude con l'ultimo degli atti in cui si articola, vale a dire l'ordinanza che dispone il giudizio di divisione incidentale. É infatti con l'ordinanza del giudice dell'esecuzione, pronunciata all'udienza per la comparizione delle parti e di tutti gli interessati, che questa fattispecie si completa; ed è unicamente l'ordinanza che dispone il giudizio divisionale davanti allo stesso giudice, sia pure nelle diverse vesti di giudice della cognizione, che deve essere notificata agli interessati non presenti, stando alla lettera dell'art. 181 disp. att. c.p.c.

La eventuale contemporanea pendenza di un giudizio di divisione ordinario e un giudizio di divisione endoesecutivo, aventi ad oggetto il medesimo bene, comporta pertanto che, laddove i giudizi pendano innanzi ad uffici diversi (dovendo, diversamente, trovare applicazione l'art. 273 c.p.c.), in applicazione del criterio di prevenzione sancito dall'art. 39 c.p.c., il giudice successivamente adito debba dichiarare anche d'ufficio con ordinanza la litispendenza e disporre la cancellazione della causa dal ruolo. La prevenzione si determina dalla notificazione della citazione e dell'ordinanza che dispone il giudizio di divisione incidentale. La trascrizione dell'anzidetta ordinanza e della domanda di divisione ordinaria a tal fine non rileva, essendo tale adempimento volto, ex art. 2646 c.c., a consentire ai terzi di individuare i passaggi attraverso i quali l'aggiudicatario della quota pignorata o comunque gli aventi causa delle quote o delle porzioni sono diventati tali.

Guida all'approfondimento
  • L. Baccaglini, La Cassazione esclude in ogni caso la necessità di introdurre il giudizio di divisione endoesecutiva con atto di citazione, in Il Corriere giuridico, 2019, 3, 383;
  • A. Cardino, Comunione di beni ed espropriazione forzata, Torino, 2011;
  • F. Fradeani, Natura del giudizio di divisione endoesecutivo, in Giurisprudenza italiana, 2019, 3, 550.

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