Il piano regolatore del Comune può stabilire distanze maggiori rispetto a quelle indicate dalla normativa?
06 Maggio 2019
Tizia e Caia, proprietarie di un immobile, avevano convenuto in giudizio la società Beta lamentando che la società stesse ultimando, nel terreno confinante con il proprio, un fabbricato violando le norme stabilite dal piano regolatore generale del Comune, sia con riferimento alla distanza tra edifici, sia con riferimento alla distanza dal confine; chiedevano, quindi, la riduzione a distanza legale mediante abbattimento del fabbricato e la condanna della convenuta a risarcire i danni subiti. Sia in primo che in secondo grado, i giudici del merito avevano accolto la domanda; pertanto, la società era stata condannata a demolire parte del fabbricato di sua proprietà. Nel giudizio di legittimità, la S.C. contesta il ragionamento espresso dai giudici di merito. Difatti, le distanze tra edifici non si misurano in maniera radicale come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare. Dunque, lo scopo del limite posto dall'art. 873 c.c. è quello di impedire la formazione di intercapedini nocive, sicché tale norma trova giustificazione nel caso che i due fabbricati, sorgenti da bande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggino, ossia che, supponendo di farle avanzare verso il confine in linea retta, si incontrino almeno in un punto. In conclusione, al Comune è consentito stabilire nei piani regolatori generali distanze maggiori, ai sensi dell'art. 873 c.c., ma non alterare il metodo di calcolo in modo lineare. Per le suesposte ragioni, il ricorso della società è stato accolto; per l'effetto, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.
|