Le modifiche al diritto societario volte a favorire l’emersione anticipata della crisi

Daniele Fico
08 Maggio 2019

Tra le modifiche al codice civile previste nel Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza vanno annoverate per l'indubbio impatto che hanno sul nuovo istituto delle procedure di allerta quelle concernenti i presidi organizzativi, la responsabilità dell'organo amministrativo e quella che, attraverso la riduzione dei parametri numerici che rendono obbligatoria la nomina del collegio sindacale o del revisore, amplia di fatto la platea di società da sottoporre a controllo.
Premessa

Tra le modifiche al codice civile previste nel Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza vanno annoverate per l'indubbio impatto che hanno sul nuovo istituto delle procedure di allerta quelle concernenti i presidi organizzativi, la responsabilità dell'organo amministrativo e quella che, attraverso la riduzione dei parametri numerici che rendono obbligatoria la nomina del collegio sindacale o del revisore, amplia di fatto la platea di società da sottoporre a controllo.

Le modifiche al codice civile previste nel Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza

Il D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza) emanato in attuazione della L. 19 ottobre 2017, n. 155, prevede agli artt. da 375 a 383 le modifiche al codice civile, alcune delle quali in tema di diritto societario a conferma della particolare “attenzione ai profili societari emergenti nel periodo ante crisi nel proposito di governarla con i minori danni possibili all'impresa medesima e agli stakeholders” (così L.A. Bottai, Le modifiche al codice civile dettate dalla L. n. 155/2017 e l'affermazione del “diritto concorsuale societario, in IlFallimentarista, 23 aprile 2018).

Tra le citate disposizioni, a parere dello scrivente, meritano di essere segnalate, per l'indubbio impatto che hanno sul nuovo istituto delle procedure di allerta, quelle inerenti agli assetti organizzativi (artt. 375 e 377 CCI), alla responsabilità degli amministratori ex art. 378 CCI ed alla nomina degli organi di controllo previste dall'art. 379; la cui entrata in vigore, ai sensi del secondo comma del'art. 389 CCI, è prevista per il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo di cui sopra.

Non vi è dubbio, che la novità più significativa introdotta dal Codice della Crisi di impresa e dell'insolvenza è rappresentata dalle “procedure di allerta”, intese come strumento finalizzato a supportare gli amministratori e gli organi preposti al controllo delle società nell'individuazione dei primi segnali di crisi.

Questo nuovo istituto nasce con il chiaro intento di rimediare alle attuali carenze del nostro ordinamento giuridico che, nel complesso, fornisce deboli incentivi ai debitori a rivelare ed affrontare in maniera tempestiva situazioni di tensione economico-finanziaria e non prevede, a differenza di altri, strumenti di assistenza per favorire il raggiungimento di soluzioni precoci in accordo con i creditori.

A ben vedere, l'opportunità di un intervento in tal senso è stata segnalata anche dalle più recenti evidenze empiriche disponibili, le quali indicano come nelle imprese che hanno avviato una procedura concorsuale, il rischio di insolvenza risultava già elevato in anni precedenti l'instaurazione del procedimento (in questo senso Banca d'Italia, Documento sullo schema di decreto legislativo recante Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, in www.bancaditalia.it. Sul tema cfr., altresì, G. Sancetta, A.I. Baratta, L. Sicuro, Le misure di allerta: ruolo e funzioni dell'OCRI alla luce del nuovo testo del codice della crisi e dell'insolvenza, in IlFallimentarista, 28 dicembre 2018).

L'idea alla base delle procedure di allerta è che l'emersione precoce della situazione di difficoltà, consentendo all'organo gestorio di adottare le misure di risanamento quando l'impresa è ancora in continuità, permette di evitare la distruzione di valore generata dal ritardo che sovente si registra nei tempi di risposta alla crisi.

Al fine di valutare l'impatto innovativo delle procedure di allerta, è comunque necessario tenere in considerazione che l'attivazione delle medesime presuppone il cattivo funzionamento degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alla dimensione della società che, come noto, ai sensi dell'art. 2381, comma 5, c.c., debbono essere predisposti dagli amministratori delegati; assetti tra i quali non possono non rientrare le procedure interne volte alla rilevazione tempestiva della crisi.

Gli obblighi organizzativi

L'art. 3, comma 2, CCI (rubricato “Doveri del debitore”) interviene in questa direzione, imponendo all'imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi del novellato art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative.

Come precisato dalla Relazione illustrativa, se, da un lato, il sopra citato art. 3 mira a responsabilizzare esplicitamente il debitore in qualsiasi forma sia organizzato, prescrivendo, anche nel caso di impresa individuale, l'adozione di ogni misura diretta alla precoce rilevazione del proprio stato di crisi, per porvi tempestivamente rimedio; dall'altro lato, in presenza di imprenditore collettivo, si richiede un quid pluris costituto da specifici assetti organizzativi adeguati ai sensi dell'art. 2086 c.c., calibrati in base alla natura ed alle dimensioni dell'impresa medesima, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale. In entrambi i casi, si prescrive un obbligo di immediata attivazione per il superamento della crisi.

Al riguardo, l'art. 14, lett. b), L. 155/2017, ha previsto che l'obbligo di istituire assetti organizzativi adeguati, già peraltro sancito dal suddetto art. 2381 c.c. quale generale contenuto dei doveri gestori degli amministratori di società per azioni, si estenda a carico di ciascun imprenditore e degli organi sociali per la rilevazione precoce della crisi e della perdita di continuità aziendale, e sia integrato l'obbligo di attivarsi per l'adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento di tali condizioni di impresa (per un approfondimento, v. M. Perrino, Crisi di impresa e allerta: indici, strumenti e procedure, in www.osservatorio-oci.org, p. 8 s.).

In attuazione di quanto sopra, l'art. 375 CCI ha introdotto un nuovo comma (secondo) all'art. 2086 c.c. - oltre che modificarne il titolo in “Gestione dell'impresa” - obbligando l'imprenditore che opera in forma societaria o collettiva (diverso quindi dall'imprenditore individuale) ad istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura ed alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché ad attivarsi nel più breve tempo possibile “per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” medesima.

L'art. 2086 c.c., nel testo modificato dal Codice della crisi di impresa, da semplice regola gerarchica dell'imprenditore individuale diventa, pertanto, il parametro di riferimento per tutte le imprese, anche quelle collettive, relativamente all'approntamento del più adeguato assetto organizzativo da realizzare al fine di rilevare in maniera precoce i segnali di crisi e di porvi pronto rimedio (in questo senso, L.A. Bottai, Le modifiche al codice civile dettate dalla L. n. 155/2017 e l'affermazione del diritto concorsuale societario”, cit.).

Il passaggio successivo e consequenziale è codificato all'art. 12, comma 1, CCI, laddove si cristallizza l'interrelazione tra organizzazione interna dell'imprenditore e prevenzione della crisi, ponendo la prima a servizio della seconda. Gli obblighi (o presidi) organizzativi interni costituiscono infatti strumenti di allerta volti alla tempestiva emersione dello stato di crisi dell'impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.

In particolare, secondo il Codice della crisi gli strumenti di allerta (early warning tools secondo la terminologia anglosassone) sono costituiti:

i) dagli obblighi organizzativi posti a carico dell'imprenditore di cui all'art. 2086 c.c.;

ii) dagli obblighi di segnalazione posti a carico degli organi di controllo societari, revisore contabile e società di revisione (c.d. allerta interna);

iii) dagli obblighi di segnalazione, posti a carico dei creditori pubblici qualificati, intendendosi per tali ai sensi dell'art. 15 CCI l'Agenzia delle Entrate, l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e l'agente della riscossione (c.d. allerta esterna).

L'inerzia nell'attivazione dei presidi organizzativi, per i quali si deve comunque ritenere imprescindibile il principio della proporzionalità alle dimensioni ed alla complessità dell'impresa, determina, non soltanto la conseguente assunzione di responsabilità, ma anche il rischio dell'impercorribilità delle misure di composizione assistita della crisi con la conseguenza di un esito negativo delle medesime.

Responsabilità degli amministratori e quantificazione del danno

A questo fine, giova far presente che l'art. 378, comma 1, CCI, attraverso l'inserimento del comma 5-bis dell'art. 2476 c.c. ha espressamente previsto la responsabilità degli amministratori verso i creditori delle società a responsabilità limitata (azionabile anche dal curatore) per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale, recependo in tal modo l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità (cfr., per tutti, Cass. 21 luglio 2010, n. 17121).

Come specificato nella Relazione illustrativa al Codice della crisi, la suddetta disposizione riguarda tutte le azioni di responsabilità “anche quando siano state promosse senza che si sia aperta una procedura concorsuale; per le stesse ragioni il criterio di liquidazione del danno deve trovare applicazione in caso di apertura di qualsiasi procedura regolata dal codice della crisi e dell'insolvenza. La legge n.155/2017 sul punto (art. 14, comma 1, lettera e), non limita l'operatività della delega alle sole procedure concorsuali, ma impone semplicemente di disciplinare i criteri di quantificazione del danno risarcibile nei casi disciplinati dall'art. 2486 c.c.”.

Sull'argomento, la citata legge delega 155/2017 ha richiesto altresì di formulare un criterio di liquidazione dei danni conseguenti all'inosservanza da parte degli amministratori sociali dell'obbligo di gestire la società, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, al solo scopo di preservare integrità e valore del patrimonio, per dirimere, anche in funzione deflattiva, il contrasto giurisprudenziale esistente in materia e l'obiettiva difficoltà di quantificare il danno in tutte le ipotesi, nella pratica molto frequenti, in cui mancano le scritture contabili o le stesse sono state irregolarmente tenute (cfr. F. Lamanna, Il codice concorsuale in dirittura d'arrivo con le ultime modifiche ministeriali al testo della Commissione Rordorf, in IlFallimentarista, 17 ottobre 2018, il quale osserva come il testo della Commissione era stato “alquanto tiepido in proposito”, limitandosi a consentire l'applicazione del criterio dei cd. netti patrimoniali soltanto in caso di scritture contabili mancanti o comunque inattendibili, con salvezza della prova contraria e del potere di liquidazione equitativa del danno da parte del giudice).

Ai sensi del terzo comma dell'art. 2486 c.c. – introdotto dall'art. 378, comma 2, CCI – il danno risarcibile, salva la prova di un diverso ammontare, è determinato in base al suddetto criterio dei netti patrimoniali, intendendosi con tale espressione la differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in presenza di procedura concorsuale, alla data diapertura della medesimaed il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento prevista dall'art. 2484 c.c. (tra le quali, giova segnalare, l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale e della liquidazione controllata di cui al nuovo comma 7-bis, aggiunto dall'art. 380 CCI), detratti i costi sostenuti e da sostenere, in base ad un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione (per un approfondimento, si rinvia a D. Galletti, Ancora sulla valutazione del danno nelle azioni di responsabilità: un banco di prova per la coerenza dei concetti, in IlFallimentarista, 7 novembre 2018).

Nell'ipotesi in cui, al contrario, dovessero mancare le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non potessero essere determinati, il danno potrà essere liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella liquidazione giudiziale, applicandosi in questo modo, e limitatamente a tale evenienza, il criterio da tempo accantonato dalla giurisprudenza.

I nuovi parametri per la nomina obbligatoria del collegio sindacale o del revisore nella s.r.l.

Sempre al fine di favorire la tempestiva emersione dello stato di crisi dell'impresa e la sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione, nonché per valorizzare la funzione di vigilanza societaria, il Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza se, da un lato, come già chiarito, indica tra gli strumenti di allerta gli obblighi di segnalazione posti a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e della società di revisione ai sensi dell'art. 14; dall'altro, ha previsto all'art. 379 CCI la modifica dell'art. 2477, commi 3 e 4, ampliando in tal modo la platea dei soggetti da sottoporre a controllo, attraverso la riduzione dei parametri numerici il cui superamento impone alle s.r.l. la nomina obbligatoria del collegio sindacale o del revisore.

A seguito di tale variazione - per la quale il terzo comma dell'art. 379 CCI concede il termine di nove mesi entro cui le società interessate dovranno provvedere ad adeguare l'atto costitutivo e lo statuto alle nuove regole - la s.r.l. è obbligata a nominare il collegio sindacale o il revisore:

a) nelle ipotesi in cui la stessa sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) quando controlli una società obbligata alla revisione legale;

c) nel caso in cui per due esercizi consecutivi superi almeno una delle sogliedimensionali di seguito indicate:

  • totale attivodello stato patrimoniale superiore a 2 milionidi euro (dagli attuali 4,4 milioni);
  • ricavidelle vendite e delle prestazioni superiore a 2 milionidi euro (dagli attuali 8,8 milioni);
  • numero di dipendentioccupati in media durante l'esercizio superiore alle 10 unità(dalle attuali 50 unità).

In virtù della anzidette modifiche, dunque, non soltanto sono stati ridotti in maniera considerevole i tre parametri attualmente vigenti, ma è stato altresì considerato sufficiente il superamento di soltanto uno dei predetti limiti (a differenza della normativa attuale che prevede il superamento di due limiti su tre) aumentando, in tal modo, il numero di società a responsabilità limitata tenute alla nomina.

Un'ulteriore novità apportata all'art. 2477 c.c. è rappresentata dall'aumento a tre degli esercizi in cui consecutivamente non devono essere superati i limiti affinché l'obbligo di nomina del collegio sindacale o del revisore venga meno.

In caso d'inerzia dei soci, rectius ove l'assemblea non provveda alla istituzione nel termine di nove mesi dell'organo di controllo, alla nomina del collegio sindacale o del revisore provvederà comunque «il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o su segnalazione del conservatore del registro delle imprese» (art. 2477, comma 6, come modificato dall'art. 379, comma 2, CCI).

Trattasi, di fatto, di modifiche che riguarderanno essenzialmente le piccole imprese che, fino ad oggi, hanno rinviato l'obbligo di attrezzarsi con adeguati sistemi di controllo; in conformità, peraltro, alla Norma di comportamento 1.1. emanata dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per il collegio sindacale, secondo cui tale organo, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigili affinché il sistema di controllo e gli assetti organizzativi adottati dalla società risultino adeguati a rilevare tempestivamente segnali che facciano emergere dubbi significativi sulla capacità dell'impresa di continuare ad operare come entità in funzionamento (Danovi A., Riva P., Le cinque fasi della crisi e dell'allerta, in IlFallimentarista, 20 agosto 2018).

Conclusioni

In definitiva, i nuovi obblighi introdotti all'art. 2086, comma 2, c.c., da un lato e l'obbligo di segnalazione previsto all'art. 14 CCI, dall'altro, responsabilizzano i sindaci nella gestione delle crisi d'impresa, anticipando di molto la tempistica del loro intervento.

Più in generale, le modifiche al codice civile sopra analizzate attraverso la previsione di un dovere generalizzato di qualsiasi imprenditore, sia individuale che collettivo (in qualunque altra veste societaria o non), in estensione di quanto disposto dalla normativa vigente esclusivamente per gli amministratori di società per azioni dall'art. 2381 c.c., di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla dimensione ed alla natura dell'impresa; la responsabilità degli amministratori e la riduzione dei parametri numerici che rendono obbligatoria la nomina del collegio sindacale o del revisore - ampliando, in tal modo, sensibilmente la platea di soggetti da sottoporre a controllo - hanno quale obiettivo comune quello di favorire la rilevazione tempestiva della crisi ed il recupero della continuità aziendale.

Alla luce di tale nuovo contesto normativo, pare potersi affermare il definitivo riconoscimento del c.d. diritto societario della crisi, nozione coniata da autorevole dottrina con riferimento a quegli strumenti già esistenti finalizzati a regolare la disciplina degli organi sociali in prossimità o pendenza di uno stato di dissesto, astrattamente idonei, ove puntualmente applicati, a far tempestivamente emergere le situazioni di pericolo per i creditori(sul tema, U. Tombari, Principi e problemi di “diritto societario della crisi”, in Riv. Soc., 2013; G.B. Portale, Verso in “diritto societario della crisi”?, in U. Tombari (a cura di), Diritto societario e crisi d'impresa, Torino, 2014, 1 ss.; P. Montalenti, La gestione dell'impresa di fronte alla crisi tra diritto societario e diritto concorsuale, in Riv. dir. soc., 2011, 821. Sull'argomento, la stessa Banca d'Italia, Documento sullo schema di decreto legislativo recante Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, cit., p. 13 s., cosi conclude: “Viene elaborato un vero e proprio diritto commerciale della crisi, codificando obblighi di governance per gestire quelle zone grigie nelle quali l'impresa si trova a cavallo tra uno stato fisiologico e uno patologico”).

Resta però da indagare, come pregevolmente osservato, “se tale microsistema possa qualificarsi come diritto speciale o addirittura autonomo, cioè sottoposto a propri principi applicabili anche in via analogica ai casi non regolati (senza bisogno di ricorrere ai principi del diritto societario generale o di quello concorsuale) in virtù della cosiddetta autointegrazione" (l'espressione è di L.A. Bottai, Le modifiche al codice civile dettate dalla L. n. 155/2017 e l'affermazione del “diritto concorsuale societario”, cit., che richiama C. Ibba, Il nuovo diritto societario tra crisi e ripresa: profili introduttivi, in www.rivistaodc.eu, 2016).

Da ultimo, una rivisitazione di tale tematica proprio a proposito delle modifiche apportate dal Codice può leggersi – insieme ad un generale commento anche sulle misure di riorganizzazione societaria - in Lamanna, Il Codice della crisi e dell'insolvenza (III), Titoli IV-V, Milano, 2019, 117 e ss.

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