Visione della rendicontazione periodica: i diritti del condomino
13 Maggio 2019
Il quadro normativo
La norma che regolamenta espressamente la visibilità della rendicontazione periodica da parte del singolo partecipante alla compagine è l'art. 1129, comma 7, c.c., che lega tale diritto ad una condizione divenuta oramai obbligo di legge: ovvero che per ciascun condominio vi sia un conto corrente sul quale devono transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi e dal quale devono essere erogati gli importi, a qualsiasi titolo, per conto del condominio. Si può dire che il legislatore del 2012 abbia operato, nello specifico, una sorte di rivoluzione, poiché nel vigore della precedente normativa nessuna disposizione prevedeva un simile precetto e, quindi, in tale vuoto legislativo gli amministratori operavano in piena libertà, con una inevitabile confusione di patrimoni delle risorse liquide tra i vari condominii affidati alla loro gestione, oppure tra quelle proprie dell'amministratore e quelle degli edifici dal medesimo amministrati. Nella prassi, invece, hanno assunto rilevanza le decisioni degli Arbitri Bancari Finanziari (d'ora in poi valga l'acronimo “ABF”), che hanno dettato alcuni principi ai quali gli intermediari si dovrebbero attenere. Un cenno sul conto corrente condominiale
L'impulso decisivo per introdurre nell'art. 1129 la novità di cui al comma 7 è stato determinato dal consolidamento della giurisprudenza di merito (tra tutte, v. Trib. Salerno 3 maggio 2011; Trib. Roma 29 agosto 2009; Trib. Torino 3 maggio 2000) e di legittimità che, pur in assenza di una norma coercitiva, aveva confermato l'opportunità di aprire un conto corrente condominiale al fine di garantire ai condomini trasparenza, informativa e conoscenza dell'intera gestione condominiale. Un adempimento che non richiedeva un'autorizzazione specifica dell'assemblea e che rendeva opponibile al condominio l'eventuale scoperto, produttivo di interessi passivi (Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2012, n.7162). Già nel vigore della precedente normativa, quindi, il fatto che il condomino potesse avere piena consapevolezza dei movimenti effettuati sul conto corrente presupponeva che egli avesse il diritto di entrare nel possesso della relativa documentazione. L'entrata in vigore del novellato art.1129 c.c., tuttavia, non ha del tutto eliminato né comportamenti illeciti - come ad esempio nel caso in cui l'amministratore per il trasferimento di contanti ricevuti non utilizzi il contro corrente comune (App. Firenze 5 dicembre 2018, n. 2090) - né condotte omissive che, quanto al tema trattato, si possono verificare allorché lo stesso non dia riscontro ad una richiesta avanzata ai sensi dell'art. 1129 c.c. Oggi, a differenza del passato, le irregolarità commesse dal rappresentante condominiale in questo ambito costituiscono, per espressa previsione legislativa (art. 1129, comma 12, n. 7, c.c.), motivo di revoca dell'amministratore, e - come nel caso di cui si è occupata la Corte fiorentina - l'entità delle somme oggetto dell'illecito comportamento, anche se di modesta entità, non incide sulla gravità del fatto. Il controllo del conto corrente, tramite interpello dell'Istituto, deve essere preceduto dalla richiesta all'amministratore
Da una lettura testuale dell'art. 1129, comma 7, c.c. sembra che l'amministratore sia stato considerato dal legislatore il ponte tra il condomino e la documentazione bancaria, con la conseguenza che la frase “per il tramite dell'amministratore….” dovrebbe essere interpretata nel senso che, essendo l'amministratore il soggetto che, a nome e in rappresentanza del condominio, ha sottoscritto il contratto di conto corrente bancario o postale, il condomino potrebbe ottenere un accesso alla rendicontazione solo se filtrato tramite il mandatario. In via preliminare e come dato storico va osservato che il rilevante numero di ricorsi presentato dai condomini agli ABF dimostra quanto la problematica fosse reale già prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio, allorchè molti amministratori di condominio, pur in assenza di una norma specifica, avevano aperto un conto corrente per ciascuno dei condominii amministrati. Infatti l'ABF di Roma (decisione del 3 luglio 2014, n. 4248) aveva chiarito, sulla scorta delle decisioni della Corte Suprema, che l'art. 1129 c.c., nella parte in cui ha ora riconosciuto il diritto del condomino di prendere visione ed estrarre copia della documentazione bancaria, era applicabile anche alle situazioni pregresse all'entrata in vigore della nuova normativa, anche se si trattava di status conseguenti a fatti passati che dovevano essere presi in considerazione in sé stessi, prescindendo dal collegamento temporale con l'evento che li aveva generati. Detto questo, proprio per effetto del carattere letterale del testo dell'art. 1129 c.c., fino dai primi tempi di applicazione della normativa si era posta la questione concernente la possibilità e la legittimità di una richiesta diretta all'Istituto da parte del condomino che volesse ottenere la documentazione periodica, “bypassando” l'amministratore, considerato che il legislatore era rimasto sul generico senza precisare - come invece sarebbe stato opportuno - se la mancata domanda al legale rappresentante dell'Ente fosse ostativa di un interpello della Banca o dell'Ufficio postale. Per tale profilo, plurime decisioni degli ABF hanno chiarito che la locuzione deve essere interpretata non come preclusiva del diritto del singolo condomino di richiedere ed ottenere la documentazione dall'intermediario in caso di inadempimento dell'amministratore, quanto piuttosto di obbligo a carico del primo di avanzare una iniziale richiesta al rappresentante dell'ente, il quale si deve attivare per adempiere a tale istanza che, peraltro, non può essere oggetto di rifiuto. Tra i numerosi provvedimenti si richiama all'attenzione la decisione dell'ABF di Roma, 11 ottobre 2017, n. 12617, nel quale si è precisato che il diritto del “cliente” di ottenere l'esibizione dei documenti bancari, previsto dall'art. 119, comma 4, T.U.B., si applica anche ai rapporti indiretti tra banca e cliente, come ad esempio nel rapporto tra garante e garantito. Ciò significa che tale principio si applica in via analogica anche alla materia condominiale ove l'amministratore rappresenta la parte formale, mentre i condomini costituiscono la parte sostanziale del rapporto. Altro problema che è emerso con riferimento al testo dell'art. 1129 c.c. concerne il senso che il legislatore ha dato al termine di “rendicontazione periodica”, rispetto al quale si deve accertare se questa debba essere riferita alla presa visione di una singola operazione bancaria oppure se nella locuzione possa essere compresa anche la certificazione relativa ad un periodo della gestione condominiale. Secondo il disposto dell'art. 119, comma 4, TUB il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che gli subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere nel corso degli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione. Per il dato legislativo, quindi, il soggetto interessato che inoltri alla banca apposita istanza deve dimostrare la propria qualità di condomino, provare di avere improduttivamente interpellato l'amministratore con apposita richiesta e contenere la domanda nei limiti fissati dall'art. 119 citato. Di recente, l'ABF di Milano (decisione 22 gennaio 2019, n. 1934) si è trovato a dirimere una controversia promossa da più condomini i quali, assolto inutilmente l'obbligo di preventiva istanza all'amministratore, avevano chiesto alla banca il dettaglio dei MAV emessi dal condominio in più annualità con la specifica dei condomini debitori, degli importi richiesti, della data di scadenza e della data di pagamento. In pratica - come rilevato dall'intermediario che aveva declinato tale domanda - era stata richiesta una elaborazione/ricostruzione personalizzata dei pagamenti ricevuti dal condominio, non rientrante nel diritto sancito dall'art. 119 T.U.B. L'Arbitro, dopo avere chiarito che la qualità di condomino può essere fornita con qualsiasi mezzo (ad esempio carta d'identità) ha affermato che il termine “copia” non può confondersi con la pretesa di ottenere un elaborato che costituisca una ricostruzione della situazione contabile da parte dell'Istituto che non è ovviamente obbligato a fare. In conseguenza il ricorso veniva accolto, ma solo limitatamente alla domanda concernente la copia dei MAV. Tuttavia, con precedente decisione di altro Collegio (ABF Roma 26 luglio 2018, n. 16185), era stato accolto il reclamo promosso da un condomino avverso il rifiuto dell'intermediario a fronte di richiesta che aveva ad oggetto non solo la lista dei movimenti di lungo periodo (nella specie: otto anni), ma anche di tutte le condizioni economiche del contratto, l'indicazione delle eventuali aperture di credito connesse, il rilascio di eventuali carte di pagamento ed ogni altro eventuale rapporto connesso. Vi è, invece, da parte degli Arbitri una uniformità di orientamento sul punto secondo il quale la richiesta documentale avanzata dal condomino all'intermediario assolva di fatto la funzione di reclamo che va inteso come ogni atto con cui un cliente chiaramente identificabile contesta in forma scritta (ad esempio: lettera, fax, email) un suo comportamento anche omissivo (da ultimo, v. ABF Roma, 17 gennaio 2019, n. 1585). Conclusioni
Da quanto emerso risultano fatti certi: il diritto del condomino di rivolgersi all'intermediario dopo aver attivato l'amministratore senza ottenere soddisfazione; la necessità di provare, con qualunque mezzo la qualità di condomino nonché la necessità di valutare se in capo al condomino/ricorrente sussista un interesse ad agire per ottenere una decisione del Collegio arbitrale. Per tale aspetto è stato chiarito (ABF Milano, 17 gennaio 2019, n. 1585) che l'interesse ad agire deve essere attuale e si fonda sul disposto dell'art. 100 c.p.c. applicato alle controversie sottoposte alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e dei tribunali arbitrali. Per quanto concerne, invece, il tipo e l'entità della documentazione oggetto di visibilità si rileva un differente orientamento: uno più restrittivo, più aderente alla lettera dell'art. 1129, comma 7, c.c. ed il secondo (dec. n. 1585/2019) più ampio che potrebbe annoverare anche documentazione non strettamente inquadrabile nella nozione di periodicità e che - come visto nella decisione a momenti richiamata - andrebbe a comprendere documenti collaterali non propriamente in sintonia con la ratio della norma in esame. Carrato, Richiesta dei documenti condominiali ed obbligo di non interferenza con i compiti dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 2017, 552; Manassero, Conto corrente bancario condominiale: accesso del condomino alla rendicontazione periodica in Immob. & proprietà, 2015, 429; Rosselli, La contabilità condominiale e la revisione del rendiconto condominiale, in Arch. loc. e cond., 2015, 127. |