Oggetto del sequestro giudiziario

Cesare Trapuzzano
13 Maggio 2019

Il sequestro giudiziario ricade tra i provvedimenti cautelari conservativi ed è regolato dall'art. 670, n. 1), del codice di rito, il quale dispone che siffatta misura può essere autorizzata quando sia controversa la proprietà o il possesso del bene, su cui è indirizzata la relativa richiesta, e sia altresì opportuno provvedere alla sua custodia o gestione temporanea. La medesima disposizione individua espressamente i beni che possono formarne oggetto.
Inquadramento

Il sequestro giudiziario ricade tra i provvedimenti cautelari conservativi ed è regolato dall'art. 670, n. 1), del codice di rito, il quale dispone che siffatta misura può essere autorizzata quando sia controversa la proprietà o il possesso del bene, su cui è indirizzata la relativa richiesta, e sia altresì opportuno provvedere alla sua custodia o gestione temporanea. La medesima disposizione individua espressamente i beni che possono formarne oggetto: beni mobili o immobili, aziende e altre universalità di beni. Altre ipotesi di sequestro sono regolate dalle leggi speciali in materia di tutela della proprietà intellettuale e industriale. Proprio in ragione della natura dei beni che possono costituirne l'oggetto, l'art. 677 c.p.c. prevede che tale forma di misura cautelare assicurativa si esegua secondo le modalità dell'esecuzione per consegna o rilascio, in quanto la relativa disciplina sia applicabile, omessa, in ogni caso, la notificazione del precetto nonché la comunicazione dell'avviso dell'ufficiale giudiziario sui tempi di attuazione del rilascio, qualora sia nominato custode la parte che aveva già la disponibilità del bene immobile al momento in cui il sequestro è stato adottato. Ai fini dell'esecuzione, non è prescritta la specificazione nel provvedimento dei beni da sottoporre alla misura cautelare, essendo sufficiente la semplice indicazione che consenta di identificarli (Cass. civ., sez. II, 27 settembre 1993, n. 9729). Con il provvedimento autorizzativo del sequestro, o anche successivamente, il giudice della cautela può ordinare al terzo detentore del bene sequestrato di consentire l'immediata immissione in possesso del custode nominato.

L'attenzione deve essere, a questo punto, incentrata sulla possibilità, e sul conseguente atteggiarsi, del sequestro giudiziario in ordine a determinati beni, quali gli assegni e le cambiali, le aziende e le partecipazioni sociali. Tale analisi non può prescindere dal preliminare rilievo circa il fine che connota il sequestro giudiziario, ossia lo scopo di prevenire, anche in termini astratti e potenziali, condotte lesive dell'integrità materiale del bene (recte deterioramenti, alterazioni e sottrazioni), su cui ricade l'istanza di sequestro, da parte del soggetto giuridico che ne ha, nelle more del giudizio, l'immediata disponibilità. Sicché il provvedimento conservativo di specie mira ad evitare che il disponente possa, prima del definitivo accertamento della titolarità dello ius in rem o ad rem, disfarsi del bene, alterarlo nella sua integrità materiale, distruggerlo, diminuirne le potenzialità produttive, pena il sacrificio dell'utilità pratica che il futuro provvedimento di merito è destinato ad apportare nella realtà esterna. Basta appunto un pericolo astratto e non è richiesto il fondato, concreto e attuale timore di perdere la disponibilità del bene, presupposto quest'ultimo che avvince il sequestro conservativo di cui all'art. 671 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 6 novembre 1964, n. 2694; nella giurisprudenza di merito, Trib. Bari, 16 novembre 2014; Trib. Savona, 30 ottobre 2013). In particolare, il rischio che possa disfarsene riguarda i beni mobili, rispetto ai quali ex art. 1153 c.c. il passaggio materiale della cosa in favore del terzo in buona fede determina il trasferimento della proprietà secondo la regola possesso vale titolo. La possibilità, invece, che il bene perda o diminuisca la sua capacità di produrre frutti concerne precipuamente i beni produttivi, tra cui le aziende. Il sequestro giudiziario non vale, per contro, a cautelarsi avverso potenziali atti di disposizione giuridica dei beni immobili o mobili registrati, evenienza cui assolve la trascrizione della domanda giudiziale, alla stregua della sua funzione prenotativa (Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2000, n. 46; Cass. civ., sez. II, 28 aprile 1994, n. 4039).

Sequestro di assegni o cambiali

Nessun dubbio ricorre sulla possibilità di invocare il sequestro giudiziario di assegni o cambiali considerati come beni mobili ove, in base al sotteso rapporto causale, l'avente diritto alla prestazione rivendichi la consegna del titolo che incorpora la prestazione stessa e che si sostanzia in un assegno o in una cambiale. In altri termini, qualora, in base alla conclusa operazione contrattuale, sia stabilito che il pagamento della prestazione avvenga mediante i menzionati titoli, di cui nelle more sia stata curata l'emissione, l'avente diritto alla loro consegna può chiederne il sequestro, in quanto proprietario privo del possesso. Così come nessun dubbio sussiste sulla possibilità del debitore di richiedere la restituzione dei titoli cartolari, emessi a garanzia del pagamento, una volta che la prestazione sia stata adempiuta, con la conseguente possibilità di invocare il sequestro di tali chartule nelle more del giudizio. In questi casi il titolo si comporta come qualsiasi altro bene mobile e la controversia ha ad oggetto la pretesa alla restituzione o alla consegna del documento in sé considerato, sicché, a tutti gli effetti, quest'ultimo può formare oggetto di una istanza di sequestro giudiziario.

Più controversa è l'ammissibilità del sequestro giudiziario di un assegno o cambiale, quale titolo astratto, letterale e autonomo che incorpora il diritto, ove sia contestata la debenza della prestazione riassunta in quel titolo, in ragione della inesistenza ovvero dell'invalidità o, ancora, dell'inefficacia sopravvenuta del sottostante rapporto causale. In altri termini, il nodo concerne l'utilizzabilità del sequestro ove sia venuto meno il rapporto fondamentale che ne ha legittimato l'emissione. Il dubbio nasce dalla circostanza pacifica che il sequestro giudiziario non può avere ad oggetto una ragione di credito su somme di danaro, non essendo configurabile, in linea generale, rispetto ai diritti di credito, una controversia sulla proprietà o sul possesso, e non essendovi ragione di prevedere una loro custodia o gestione temporanea, o di garantire una successiva esecuzione specifica per consegna (Cass. civ., sez. I, 23 novembre 1991, n. 12595).

Secondo un primo orientamento, in questo caso il sequestro non sarebbe ammissibile, poiché il suo oggetto non sarebbe rappresentato dal documento in sé considerato, bensì dal diritto incorporato nel titolo. Ove fosse consentita una simile possibilità, sarebbe posta in dubbio la stessa rilevanza del diritto alla prestazione fondato sulla disponibilità del titolo, disponibilità che già in sé è significativa del diritto alla prestazione, alla stregua dei caratteri di letteralità, astrattezza e autonomia della cartolarizzazione. Si aggiunge che attraverso questo riconoscimento sarebbe consentito al ricorrente che chiede il sequestro di far valere le eccezioni personali sottese al rapporto cartolare nei confronti del primo prenditore e si eviterebbe così la possibilità continua di girate, inibitorie dell'esercizio di tale facoltà (Trib. Napoli, 3 marzo 2000). Infatti, il terzo portatore di un titolo di credito, in conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione (Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 1985, n. 106). Ma le finalità innanzi evocate sarebbero estranee allo scopo proprio dell'istituto del sequestro giudiziario, non essendo integrato il pericolo che il titolo si deteriori o venga distrutto.

In senso opposto si è, invece, ritenuto che anche il titolo che incorpora il diritto può formare oggetto di sequestro giudiziario, qualora, appunto, sia controversa la titolarità del diritto incorporato in quel titolo, alla luce del venir meno del sottostante rapporto causale (Trib. Latina, 27 ottobre 2009; Trib. Nola, 1 aprile 2007; Trib. Bergamo, 21 novembre 2001; Trib. Verona, 23 agosto 2001). Il fine ultimo di scongiurare il pericolo di una circolazione abusiva, attraverso la condanna alla retrocessione del documento, rientra, comunque, nel conflitto sul possesso del titolo di credito, poiché detta circolazione postula la materiale disponibilità di detto documento, di cui si contesta il diritto cartolare. Infatti, la negoziabilità cartolare ha un prezzo, di cui il possessore non può avvalersi se non corrispondendo tale prezzo, ossia conformandosi al rapporto che ha dato causa all'acquisto del titolo. Sicché nella relazione tra emittente e primo prenditore il sotteso rapporto causale ha un peso specifico non trascurabile ex art. 1993, comma 1, c.c. Ne discende che la facoltà di richiedere l'autorizzazione del sequestro è circoscritta all'ipotesi in cui il titolo sia nella disponibilità del primo prenditore, che non abbia ancora girato il titolo a terzi in buona fede. Inoltre, affinché possa essere ottenuto il sequestro su questa tipologia di beni, è necessario che il titolo rimanga nella disponibilità del primo prenditore. Per l'effetto, in tale evenienza ricorrono tutti i presupposti affinché sia disposto il sequestro inaudita altera parte ex art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., appunto perché la previa instaurazione del contraddittorio è suscettibile di pregiudicare l'attuazione della pretesa azionata con il ricorso per sequestro. L'altra peculiarità della fattispecie dovrebbe sostanziarsi nel fatto che l'attuazione del sequestro autorizzato inaudita altera parte dovrebbe avvenire in prevenzione o al più in contestualità con la notifica, al fine di evitare che nell'intervallo temporale tra notificazione e attuazione il destinatario della misura possa disfarsi del titolo, girandolo a terzi.

Sequestro di azienda

L'ammissibilità del sequestro di azienda è specificamente contemplata dall'art. 670, n. 1), codice di rito. Affinché il sequestro sull'azienda possa essere disposto, è necessario che ne sia controversa la proprietà o il possesso o anche la detenzione. Il sequestro giudiziario può riguardare l'intera azienda o anche singoli rami di azienda. In linea generale, si evidenzia che il sequestro giudiziario può essere concesso anche quando il bene, sul quale è destinata a ricadere la misura cautelare, sia oggetto di diritto di godimento da parte di un terzo, in virtù di un titolo detentivo, trasmessogli da una delle parti contendenti, purché vi sia un conflitto relativo alla proprietà o al possesso, producendosi, nei confronti del terzo, titolare di un diritto di natura personale, soltanto il subentro del custode nella posizione del concedente (Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2008, n. 9692). Tuttavia, ove l'affitto del ramo d'azienda oggetto del sequestro sia stato concesso prima dell'adozione del provvedimento di sequestro, ma sia stato iscritto nel registro delle imprese successivamente all'iscrizione del provvedimento cautelare conservativo, sarà quest'ultimo a prevalere nel conflitto tra titoli, con la conseguenza che l'affittuario, ai sensi dell'art. 677, comma 3, c.p.c., dovrà consentire che nel possesso dell'azienda sia immesso il custode nominato (contra Trib. Novara, 10 giugno 2010).

La particolarità del sequestro giudiziario di un compendio aziendale si sostanzia nel fatto che il bene che ne costituisce l'oggetto è un bene produttivo. Sicché la parte che ne chiede il sequestro sarà legittimata a invocare tale misura nell'ipotesi in cui l'azienda sia svilita o alterata nella sua potenzialità produttiva (o sia suscettibile di divenire tale), senza irrimediabili effetti pregiudizievoli. Ma anche ove sia più intensamente depauperata rispetto alla sua idoneità a produrre reddito ovvero nel caso di cattiva gestione dell'impresa, dipendente da incapacità del soggetto che ne ha la disponibilità, con la possibile incidenza sulla perdita dell'avviamento commerciale. Sotto questo profilo, trova un avallo la discriminazione effettuata dalla norma tra opportunità di custodia e opportunità di gestione temporanea. Quest'ultima è riconducibile ad un'incapacità subiettiva dell'attuale gestore, tale da giustificare il sequestro nell'intento di stimolare la produttività del bene e di non perdere i frutti che essa può concretamente rendere (Trib. Nola, 11 gennaio 2011; Trib. Bari, 3 agosto 2006; in senso contrario, per l'irrilevanza della capacità di gestione del possessore, Trib. Rossano, 2 luglio 2011; Trib. Torino, 2 luglio 2005). Sono, per contro, estranee alla finalità del sequestro giudiziario le ipotesi in cui l'interesse dell'istante si consacri nella necessità che l'azienda ricada nella propria gestione dinamica diretta e non di un custode, quand'anche il custode corrisponda alla persona dell'istante, ma con precipui e meri compiti conservativi. Si pensi al caso in cui il soggetto giuridico che ha la disponibilità dell'azienda abbia radicalmente cessato (e non già solo mal gestito o gestito in modo riduttivo) l'attività di impresa, con conseguente rischio di disgregazione dei beni aziendali e di definitivo decadimento per non uso dei macchinari, mentre il soggetto che invoca la misura cautelare intenda riprendere dette attività. In questo caso il ricorrente richiede l'esercizio in proprio dell'azienda, prima che i vari elementi che la costituiscono siano definitivamente dispersi, assumendo i singoli beni destinazioni diverse; così è possibile prevenire la non più rimediabile chiusura dell'esercizio di vendita, la rimozione delle merci e delle attrezzature e la restituzione al proprietario del locale in cui l'attività è posta in essere. Oppure si pensi all'ipotesi in cui il ricorrente richieda la misura cautelare per evitare uno sfratto per morosità dei locali in cui l'azienda si esercita, specie ove siano intestati al medesimo istante, ovvero per non perdere la licenza rilasciata per l'esercizio della relativa attività d'impresa. In queste fattispecie non è controversa la proprietà o il possesso e non vi è un'opportunità di custodia o gestione temporanea, ma vi è uno specifico fine di gestione diretta dell'azienda in capo al richiedente, al quale è funzionale la richiesta cautelare di rilascio anticipato dell'azienda, per non subire un pregiudizio imminente e irreparabile. Pertanto, in tali ipotesi vi sono le condizioni affinché operi la misura cautelare residuale e atipica di cui all'art. 700 c.p.c. All'esito, il beneficiario della misura preventiva potrà disporre liberamente del proprio bene e, quindi, sfruttarlo pienamente e senza alcun vincolo. Inoltre, sarà favorita la conclusione (a migliori condizioni) di nuovi contratti di affitto del ramo d'azienda con terzi.

Sequestro di partecipazioni sociali

Che il sequestro giudiziario possa avere ad oggetto le partecipazioni sociali nelle s.p.a. e nelle s.r.l. è ormai espressamente previsto dalla normativa di settore. Infatti, gli artt. 2352 e 2471-bis c.c. ammettono che le azioni o quote possano essere sequestrate. In specie, in presenza di una seria controversia in merito alla proprietà delle quote di una società, di cui entrambe le parti si affermano titolari, qualora si profili il rischio di compromettere la funzionalità della società, può essere disposto il sequestro giudiziario delle quote con nomina di un custode, per fare fronte alle indifferibili necessità gestionali della società, dal momento che i soci non sono più in grado di arrivare ad una gestione concorde (Trib. Milano, 15 gennaio 2014). Nelle società per azioni il sequestro si estende alle nuove azioni emesse in caso di aumento del capitale sociale; tale estensione non opera, invece, nelle società a responsabilità limitata. In conseguenza del sequestro delle partecipazioni sociali, ove ne sia controversa la proprietà o il possesso, il custode nominato potrà esercitare i diritti connessi alla disponibilità della quota, con le eventuali limitazioni stabilite dal provvedimento di sequestro, e – in particolare – potrà esercitare il diritto di voto in assemblea, nonché gli altri diritti amministrativi sociali, fatta esclusione per il diritto di opzione. Quindi, il custode potrà richiedere la convocazione dell'assemblea nell'ipotesi in cui questa facoltà spetti ai soci (facoltà esclusa per i soci delle s.r.l.). Ancora, potrà richiedere lo scioglimento della società nel caso in cui vi sia una prolungata inattività dell'assemblea, come ad esempio accade quando per più anni non siano stati approvati e depositati i bilanci sociali, ex art. 2484, comma 1, n. 3, c.c. (Trib. Brescia, 24 giugno 2011). Non assume rilievo in senso contrario la circostanza che detta iniziativa comporti l'avvio di un'attività di controllo, anziché di un'attività diretta di indirizzo, poiché anche le specifiche iniziative volte al controllo della gestione sociale devono essere ricondotte alla categoria dei diritti amministrativi, come nei casi delle denunzie al collegio sindacale o al tribunale, di cui rispettivamente agli artt. 2408 e 2409 c.c. Per converso, sarà inibito l'esercizio del recesso, il quale appare ontologicamente incompatibile con la conservazione della partecipazione la cui proprietà sia controversa.

Guida all'approfondimento
  • R. Caponi, Il sequestro giudiziario di beni nel processo civile. Profilo storico sistematico, Milano, 2000;
  • R. Conte, Tutela del diritto alla restituzione dell'azienda tra sequestro giudiziario e provvedimento di urgenza, in Giur. it., 2004, 77;
  • F. Corsini, Il sequestro giudiziario di cambiali e di assegni, in Riv. trim. dir. proc. civ., 4, 2003, 1357;
  • F. Corsini, Sequestro giudiziario e circolazione di azienda, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2004, 1173;
  • C. Costabile, Risoluzione del contratto di azienda: sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. o cautela atipica ex art. 700 c.p.c.?, in www.ilProcessoCivile.it, Giuffrè, 14 maggio 2016;
  • D. Fico, Il sequestro di quote di società a responsabilità limitata, in Dir. e prat. delle soc., 2002, 26;
  • F. Gusso, Scioglimento di s.r.l. su ricorso del custode di quote sequestrate, in Società, 2012, 10, 1074;
  • A. Monteverde, Sequestro di azioni - brevi note in tema di sequestro giudiziario di azioni, in Giur. it., 2016, 4, 904;
  • G. Muscolo, Società di capitali e sequestro giudiziario di partecipazioni sociali e di azienda, in Società, 2000, 27;
  • I. Usuelli, Attuazione del sequestro giudiziario di ramo d'azienda, poteri di controllo del giudice cautelare, ruolo del custode ed efficace tutela dei diritti del sequestrante, in Giur. it., 2011, 1128.

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