Early warning, allerta e probability of default nel nuovo Codice della crisi d’impresa

14 Maggio 2019

Il nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza (CCI) definisce lo stato di crisi in termini di probabilità di futura insolvenza (c.d. probability of default). Per tale ragione, la corretta individuazione dello stato di crisi presuppone che i dati e le informazioni relative all'impresa non siano valutati ed analizzati unicamente in chiave storica, ma formino oggetto di un approccio prospettico necessariamente previsionale (forward-looking) in grado di cogliere tempestivamente i segnali di quella difficoltà economico e finanziaria che, ove non opportunamente corretta, può trasformarsi in insolvenza conclamata. In questa prospettiva devono essere lette le nuove disposizioni che disciplinano, sul piano oggettivo e soggettivo, la procedura di allerta.
Premessa

Il Titolo II del nuovo Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (CCI), agli artt. da 12 a 18 contiene le norme che disciplinano la procedura di allerta. Tra le molte novità introdotte dalla riforma di cui al D. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, l'esplicita previsione di meccanismi di allerta finalizzati a far emergere in modo rapido e tempestivo le difficoltà finanziarie delle imprese prima ancora che si manifesti una crisi conclamata o che quest'ultima sfoci nell'insolvenza, rappresenta indubbiamente uno degli aspetti caratterizzanti della riforma e, perlomeno per il nostro paese, un momento di sicura evoluzione, normativa e culturale, rispetto alla disciplina previgente.

In linea con quanto praticamente accaduto un po' d'ovunque, dall'Europa agli Stati Uniti, anche in Italia l'approccio della riforma è stato quello del superamento della tradizionale e consolidata impostazione che vedeva nella disciplina del fallimento lo strumento per eliminare dal mercato l'imprenditore divenuto insolvente nell'interesse dei creditori e delle altre imprese sane, a favore di una nuova concezione della crisi di impresa e dell'insolvenza chiaramente ispirata alla rescue culture e alla second chance di derivazione statunitense, teorizzate nel Chapter 11 dello U.S. Bankruptcy Code, secondo cui privare le imprese in crisi della possibilità di ristrutturarsi finisce inevitabilmente per danneggiare il mercato stesso, i creditori e, più in generale, l'intera economia.

In tale contesto il legislatore della riforma ha costruito la procedura di allerta sulla base dei seguenti punti-chiave:

a) la definizione di (precisi) indicatori della crisi;

b) la creazione di un apposito organismo con il compito di gestire il procedimento di allerta e di composizione assistita della crisi (OCRI);

c) la previsione di precisi obblighi di segnalazione in capo a determinati soggetti qualificati;

d) l'obbligo a carico dell'imprenditore di: (i) dotarsi di appositi modelli organizzativi; (ii) rilevare tempestivamente l'esistenza degli indici della crisi; e (iii) adottare sollecitamente le misure più idonee per la composizione della crisi.

L'ambito di applicazione della procedura di allerta

L'ambito di applicazione del procedimento di allerta è definito all'art. 12, commi da 4 a 9, CCI, sia in termini positivi, sia in termini negativi. Il principio generale, infatti, è che la procedura di allerta si applica ai debitori che svolgono attività imprenditoriale, sia in forma individuale, sia in forma collettiva. Per espressa previsione del comma 7, a tali soggetti devono aggiungersi anche le imprese agricole e le imprese minori, compatibilmente con la loro struttura organizzativa, ferma la competenza dell'OCC per la gestione della fase successiva alla segnalazione dei soggetti qualificati ovvero alla istanza del debitore di composizione assistita della crisi.

Sono, invece, espressamente esclusi, i seguenti soggetti:

i) le grandi imprese, i gruppi di imprese di rilevante dimensione, le società con azioni quotate in mercati regolamentati, o diffuse fra il pubblico in misura rilevante secondo i criteri stabiliti dal Regolamento della Consob concernente la disciplina degli emittenti;

ii) le banche, le società capogruppo di banche e le società componenti il gruppo bancario;

iii) gli intermediari finanziari iscritti nell'albo di cui all'articolo 106 del D. lgs. 1° settembre 1993, n. 385;

iv) gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento;

v) le società di intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, le società di investimento a capitale variabile e fisso, le società capogruppo di società di intermediazione mobiliare e le società componenti il gruppo;

vi) i fondi comuni di investimento, le succursali di imprese di investimento e di gestori esteri di fondi di investimento alternativi; i depositari centrali;

vii) le fondazioni bancarie di cui al D. lgs. 17 maggio 1999, n. 153;

viii) la Cassa depositi e prestiti di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla l. 24 novembre 2003, n. 326;

ix) i fondi pensione;

x) le imprese di assicurazione e riassicurazione di cui al codice delle assicurazioni private, di cui al D. lgs. 7 settembre 2005, n. 209.

xi) le società fiduciarie di cui all'art 199 del T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui D. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58; le società fiduciarie, le società fiduciarie e di revisione e gli enti di gestione fiduciaria disciplinati dalla l. 23 novembre 1939, n. 1966; le società di cui all'articolo 2 del D.L. 5 giugno 1986, n. 233, convertito, con modificazioni, dalla l. 1 agosto 1986, n. 430; le società fiduciarie di cui all'art. 60, comma 4, del D. lgs. 23 luglio 1996, n. 415.

Il comma 8 precisa, inoltre, che nel caso in cui un'impresa soggetta al procedimento di allerta sia assoggettata alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, il procedimento di allerta e di composizione assistita della crisi vedrà anche la partecipazione delle autorità amministrative di vigilanza secondo le modalità previste dall'art. 316, comma 1, lett. a) e b), CCI.

Gli indicatori della crisi

L'obiettivo di favorire l'emergere delle difficoltà finanziarie delle imprese prima ancora che si manifesti la crisi vera e propria o, addirittura, l'insolvenza, presuppone necessariamente, oltre ad una definizione di tali concetti (rinvenibile nell'art. 2, comma 1, lett. a e b, CCI), che l'imprenditore sia messo in grado di conoscere e riconoscere le circostanze in presenza delle quali l'ordinamento giuridico ricollega l'esistenza di una situazione di crisi. Soltanto se il debitore è messo in grado di conoscere i segnali della crisi, lo stesso potrà rilevarli in modo rapido e tempestivo ed attivarsi al fine di ricercare una soluzione della crisi stessa ed evitare in tal modo l'insolvenza.

A tal fine, l'art. 13 CCI individua gli indicatori della crisi negli “gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell'attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso o, quando la durata residua dell'esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi”. Nello specifico, poi, vengono individuate tre tipologie di indici considerati significativi:

a) quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare;

b) quelli che misurano l'adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi;

c) i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi. Con specifico riferimento a questi ultimi, una particolare rilevanza viene attribuita ai debiti per retribuzioni scaduti da almeno sessanta giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni nonché ai debiti verso fornitori scaduti da almeno centoventi giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti (art. 24, comma 1, CCI).

Alla luce del tenore letterale dell'art. 13, comma 1, CCI, pertanto, risulta chiara, perlomeno sulla carta, la volontà del legislatore di distinguere tra gli indicatori della crisi e gli indici attraverso cui rilevare tali indicatori. I primi (gli indicatori) vengo individuati negli squilibri reddituali, patrimoniali o finanziari, ma nulla viene detto per chiarire il rapporto e l'incidenza, anche in termini quantitativi, di ciascuno di tali indicatori rispetto allo stato di crisi; i secondi (gli indici), per contro, vengono definiti in relazione alla loro idoneità a dare evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso o per i sei mesi successivi nel caso in cui la durata residua dell'esercizio al momento della valutazione è inferiore ai sei mesi. Peraltro, come si è visto, il legislatore non manca di menzionare tre indici definiti “significativi” ed individuati, i primi due, con riferimento alla loro idoneità a misurare la sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare e l'adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi e il terzo direttamente nei ritardi nei pagamenti reiterati e significativi. Risulta, pertanto, evidente che il legislatore della riforma non ha inteso prevedere direttamente degli indici (di allerta) ufficiali, rimettendo tale onere al CNCEDC. L'art. 13, comma 2, CCI, infatti, attribuisce al CNDCEC il compito di elaborare, con cadenza almeno triennale e con riferimento a ciascuna tipologia di attività economica prevista ai fini ISTAT, gli indicatori che, valutati complessivamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell'impresa, inteso come lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate. Proprio nell'ottica di garantire che gli indici siano formulati “su misura” per ciascuna realtà economica, l'art. 13, comma 3, CCI prevede la possibilità per la singola impresa che ritiene non adeguati gli indici individuati dal CNDCEC in considerazione delle proprie caratteristiche specifiche, di indicare nella nota integrativa altri indici idonei a far ragionevolmente presumere uno stato di crisi in sostituzione di quelli elaborati dal CNDCEC. Ovviamente, al fine di evitare possibili abusi, è previsto a carico dell'impresa l'onere di far attestare da un professionista indipendente l'adeguatezza di tali indici in relazione alla specifica attività svolta dall'impresa. La dichiarazione produce effetti per l'esercizio successivo.

In attesa degli indici che verranno elaborati dal CNDCEC, l'incognita maggiore che si nasconde nelle pieghe dell'art. 13 CCI sembra essere quella dell'assoluta incertezza circa l'idoneità degli indicatori e degli indici individuati dal legislatore ad assolvere in modo efficace quella funzione predittiva dello stato di crisi su cui si basa l'intero procedimento di allerta.

L'organismo di composizione della crisi di impresa (OCRI)

Come già anticipato, uno dei pilastri su cui basa la nuova disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza è la convinzione che, una volta individuati i primi segnali di quelle difficoltà finanziarie che, se non gestite tempestivamente ed in modo corretto possono condurre alla vera e propria crisi e addirittura all'insolvenza, occorre fornire al debitore un ambiente riservato e protetto all'interno del quale, anche grazie al supporto di soggetti professionalmente qualificati, è possibile individuare la strategia migliore per superare la crisi al di fuori di qualsiasi contesto di tipo giudiziario.

A tal fine, l'art. 16, comma 1, CCI prevede che presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura venga costituito l'organismo di composizione della crisi di impresa (OCRI). I compiti dell'OCRI si sostanziano:

a) nel ricevere le segnalazioni da parte di taluni soggetti qualificati e l'istanza del debitore;

b) nel gestire il procedimento di allerta;

c) nell'assistere l'imprenditore, su sua istanza, nel procedimento di composizione assistita della crisi.

L'obbligo di segnalazione da parte degli organi di controllo e di revisione

L'art. 14, comma 1, CCI stabilisce che gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell'ambito delle proprie funzioni, hanno l'obbligo di verificare che l'organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l'assetto organizzativo dell'impresa è adeguato, se sussiste l'equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l'esistenza di fondati indizi della crisi. In caso di omessa o inadeguata risposta da parte dell'organo amministrativo nel termine di trenta giorni, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, i soggetti in precedenza indicati sono tenuti ad informare, senza indugio, l'OCRI, fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, anche in deroga al disposto dell'art. 2407, comma 1, c.c. quanto all'obbligo di segretezza. A mentre dell'art. 14, comma 3, CCI, inoltre, la tempestiva segnalazione all'organo amministrativo costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo, che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione, a condizione che, nei casi di inerzia dell'organo amministrativo, sia stata effettuata tempestiva segnalazione all'OCRI. In altre parole, ciò significa che gli organi di controllo societario, il revisore contabile e la società di revisione, se vogliono andare esenti da responsabilità per la condotta degli amministratori, devono, in primo luogo, segnalare immediatamente all'organo amministrativo l'esistenza di fondati indizi della crisi; in secondo luogo, informare tempestivamente l'OCRI nel caso in cui gli amministratori non rispondano (nel termine fissato non superiore a trenta giorni) o non adottino (nel termine previsto di sessanta giorni) le misure ritenute necessarie per superare la crisi. E' interessante notare che l'art. 14 CCI prevede che la comunicazione all'organo amministrativo sia fatta “tempestivamente”, mentre quella all'OCRI “senza indugio”. Per quanto riguarda la segnalazione all'organo amministrativo sembra possibile ritenere che la tempestività della stessa debba essere valutata in relazione al momento in cui gli organi di controllo e/o di revisione vengono a conoscenza dell'esistenza di fondati indizi della crisi nel rispetto delle tempistiche e delle cadenze cui è soggetta l'attività di controllo; con riferimento, invece, alla segnalazione all'OCRI, il problema è quello di stabilire, una volta decorsi i termini previsti dall'art. 14, comma 2, CCI (rispettivamente di trenta e sessanta giorni), se l'organo di controllo e/o revisione dispone comunque di un margine, e quale esso sia, entro il quale la sua segnalazione può considerarsi effettuata “senza indugio”, oppure se tale locuzione possa essere interpretata nel senso di creare in capo all'organo di controllo e/o di revisione l'obbligo di procedere alla segnalazione all'OCRI tassativamente il giorno successivo alla scadenza dei termini sopra indicati.

A parte questi aspetti, il dato che deve essere evidenziato riguarda il collegamento, logico-concettuale-operativo, che viene ad instaurarsi tra le sopra ricordate disposizioni del CCI e i principi che già oggi presiedono l'attività degli organi di vigilanza e controllo societario in materia di allerta preventiva. Sotto tale profilo, le linee guida elaborate dall'ODCEC di Milano rappresentano, allo stato attuale, un imprescindibile punto di riferimento e di completamento tecnico-operativo della nuova disciplina in precedenza illustrata. In tale contesto, invero, l'ODCEC di Milano ha elaborato una specifica procedura la cui finalità è specificamente “quella di prevenire situazioni degenerative in presenza di elementi segnaletici rilevanti di crisi di impresa (alert), attraverso la sollecitazione tempestiva di misure proattive di riequilibrio e risanamento da parte degli organi amministrativi”. Le sette fasi in cui si articola tale procedura mirano a dettagliare i compiti e le attività spettanti agli organi di controllo interno e ai sindaci:

a) prima fase - adeguata verifica: essa consiste nell'analisi e nel monitoraggio di taluni elementi segnaletici premonitori la cui presenza concomitante e ripetuta nel tempo deve indurre gli organi di controllo e di revisione ad attivare la procedura interna di allerta per verificare la persistenza del presupposto della continuità aziendale. Tali indici segnaletici premonitori riguardano essenzialmente: i) le anomalie nei pagamenti verso controparti commerciali; ii) le anomalie nei rapporti con banche ed altri soggetti finanziari; iii) le anomalie contrattuali nei confronti di controparti contrattuali; iv) le anomalie contabili e di bilancio; v) le anomalie gestionali; vi) le anomalie erariali; vii) le anomalie derivanti da eventi pregiudizievoli (quali ipoteche giudiziarie, pignoramenti, protesti, ecc.);

b) seconda fase – raccolta dei dati: a seguito della valutazione delle anomalie sopra indicate in termini di rilevanza, concomitanza e ripetitività temporale, gli organi di controllo e di revisione dovranno richiedere all'organo amministrativo della società tutte le informazioni necessarie per procedere all'analisi ed alla valutazione della probabilità di insolvenza;

c) terza fase – revisione contabile: in questa fase gli organi di controllo e di revisione dovranno procedere a riclassificare e rettificare i dati contabili acquisiti nella fase precedente;

d) quarta fase – analisi andamentale: essa consiste nell'evidenziare eventuali anomalie e criticità del sistema contabile societario (previsione, gestione e monitoraggio dei flussi di cassa e relativi rischi finanziari);

e) quinta fase – analisi economico-finanziaria: questa fase consiste nella verifica dell'esistenza di un'adeguata struttura patrimoniale (equilibrio patrimoniale) contraddistinta dalla capacità dell'azienda di generare un adeguato flusso di cassa, di una crescita economica coerente con gli obiettivi strategici (equilibrio economico) e della piena sostenibilità finanziaria (equilibrio finanziario);

f) sesta fase – analisi qualitativa: l'obiettivo principale di questa fase consiste nell'analisi di tutte le variabili non esaminate nelle fasi precedenti e strettamente collegate con il contesto di riferimento dell'azienda quali, ad esempio, le caratteristiche strutturale ed evolutive del mercato di riferimento e il posizionamento competitivo dell'impresa rispetto ai principali competitors;

g) settimana fase – valutazione finale: essa rappresenta l'epilogo dell'attività di diagnosi svolta e consiste nella predisposizione di una relazione finale nella quale vengono illustrate le cause che hanno determinato il significativo deterioramento dell'equilibrio economico-finanziario con conseguente manifestazione dello stato di crisi ed espresso un giudizio sul rischio di insolvenza.

L'obbligo di segnalazione dei creditori pubblici qualificati

Accanto all'obbligo di segnalazione posto a carico degli organi di controllo e/o di revisione previsto dall'art. 14 CCI, il successivo art. 15 CCI disciplina l'analogo obbligo posto in capo di tre creditori pubblici qualificati: l'Agenzia delle entrate, l'INPS e l'Agente della riscossione delle imposte. Su ciascuno di tali soggetti grava un duplice obbligo:

a) quello di comunicare al debitore che la sua esposizione debitoria ha superato un determinato importo considerato rilevante e che, in caso di inerzia del debitore, provvederanno a fare una segnalazione all'OCRI;

b) quello, appunto, di informare l'OCRI della situazione in cui si trova il debitore.

Il primo obbligo scatta al raggiungimento di determinate soglie di indebitamento rilevante individuate per ciascun creditore pubblico qualificato.

Per l'Agenzia delle entrate, il requisito della rilevanza è integrato quando l'ammontare totale del debito scaduto e non versato per l'imposta sul valore aggiunto, risultante dalla comunicazione della liquidazione periodica di cui all'articolo 21-bis del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, sia pari ad almeno il 30 per cento del volume d'affari del medesimo periodo e non inferiore a euro 25.000 per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente fino a 2.000.000 di euro, non inferiore a euro 50.000 per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente fino a 10.000.000 di euro, non inferiore a euro 100.000, per volume d'affari risultante dalla dichiarazione modello IVA relativa all'anno precedente oltre 10.000.000 di euro.

Per l'INPS il requisito della rilevanza è integrato quando il debitore è in ritardo di oltre sei mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell'anno precedente e superiore alla soglia di euro 50.000.

Per l'agente della riscossione, il requisito della rilevanza è integrato quando i crediti affidati per la riscossione dopo la data di entrata in vigore del CCI, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni superi, per le imprese individuali, la soglia di euro 500.000 e, per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000.

Il secondo obbligo, quello cioè di segnalazione all'OCRI, scatta se il debitore, entro novanta giorni dalla ricezione dell'avviso relativo alla rilevanza della sua esposizione debitoria,

a) non ha estinto o altrimenti regolarizzato per intero il proprio debito con le modalità previste dalla legge;

b) non risulta in regola con il pagamento rateale del debito nei confronti dell'Agenzia delle entrate;

c) non ha presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l'accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza.

Il comma 5 introduce una deroga all'obbligo di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati in quanto prevede che questi ultimi non procedono alla segnalazione se il debitore documenta di essere titolare di crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni risultanti dalla piattaforma per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni per un ammontare complessivo non inferiore alla metà del debito verso il creditore pubblico qualificato.

L'allerta “interna” e il ruolo del debitore

Nonostante gli obblighi di segnalazione previsti dal legislatore della riforma a carico degli organi di controllo e di revisione e di creditori pubblici qualificati, non v'è dubbio che il soggetto che più di tutti ha, o perlomeno dovrebbe avere, consapevolezza circa la propria situazione economico-finanziaria è il debitore stesso. Per questo motivo, la riforma ha inteso responsabilizzare anche e soprattutto il debitore, introducendo all'art. 3 CCI due distinti, ma analoghi, obblighi a carico del debitore, sia esso individuale o collettivo. Ai sensi dell'art. 3, comma 1, CCI, infatti, l'imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte; analogamente, il successivo comma 2 stabilisce che l'imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell'art. 2086 del c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative. Tale ultima disposizione deve essere letta in combinato disposto con l'art. 375 CCI in forza del quale viene aggiunto il (nuovo) comma 2 dell'art. 2086 c.c. che prevede l'obbligo a carico di tutti gli imprenditori che operino in forma societaria o collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Si tratta di previsioni normative destinate ad avere un impatto rilevante sulle strutture imprenditoriali, sia individuali che collettive, non solo perché introducono appositi obblighi di comportamento, suscettibili di dare luogo a varie forme di responsabilità in caso di loro violazione, ma anche e soprattutto perché impongono all'imprenditore di adattare la struttura della propria attività economica in conformità a tali obblighi. Né può essere sottovalutato il fatto che, mentre l'obbligo per il CNDCEC di elaborare, per ciascuna tipologia di attività economica, specifici indici sulla base dei quali rilevare l'eventuale stato di crisi entrerà in vigore soltanto il 15 agosto 2020, al contrario gli obblighi posti a carico degli imprenditori di dotarsi delle misure e degli assetti organizzativi adeguati per il tempestivo rilevamento dello stato di crisi sono entrati in vigore a far data dal 15 marzo 2019. Nel frattempo, pertanto, gli imprenditori, e con essi i relativi organi di controllo, di revisione e consulenti, dovranno necessariamente fare riferimento agli indicatori espressamente previsti dall'art. 13 CCI, vale a dire gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario nonché i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi nel senso in precedenza illustrato. Si tratta, chiaramente, di nozioni particolarmente complesse, che richiedono una particolare cultura aziendalistica molto spesso lacunosa, se non addirittura mancante, nel contesto soprattutto delle piccole realtà imprenditoriali locali.

Il procedimento di allerta davanti all'OCRI

Nel caso in cui l'OCRI riceva una segnalazione da parte dei soggetti qualificati sopra individuati, esso ha l'onere di convocare, entro 15 giorni, il debitore e, in caso di società dotata di organi di controllo, anche i compenti di questi per procedere all'audizione in via riservata e confidenziale. Nel corso di tale audizione l'OCRI sente il debitore e valuta gli elementi da questo forniti nonché tutte le altre informazioni assunte. All'esisto di tale audizione l'OCRI:

a) dispone l'archiviazione delle segnalazioni ricevute nei seguenti casi:

i) l'OCRI ritiene che non sussista la crisi;

ii) l'OCRI ritiene che si tratta di imprenditore cui non si applicano gli strumenti di allerta;

iii) l'organo di controllo societario o, in sua assenza, un professionista indipendente attesta che l'esposizione debitoria nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, dell'INPS e dell'agente della riscossione non è rilevante ai sensi dell'art. 15, comma 2, CCI;

b) qualora accerti l'esistenza della crisi, individua con il debitore le possibili misure per porvi rimedio, fissando un termine entro il quale il debitore deve rendere conto all'OCRI della loro attuazione. Peraltro, se nel termine fissato il debitore non assume alcuna iniziativa, l'OCRI provvede ad inviare una relazione agli autori delle segnalazioni.

Come è facile intuire, il ruolo dell'OCRI nell'ambito del procedimento di allerta consiste nell'offrire al debitore un luogo neutro e riservato, senza alcun coinvolgimento dei creditori. In altre parole, nella fase dell'allerta l'OCRI è chiamato ad assistere il debitore, in particolare prospettandogli e suggerendogli le misure di riorganizzazione dell'attività imprenditoriale più consone per ricercare una soluzione della crisi. Sotto tale profilo, appare evidente che la buona riuscita della procedura di allerta presuppone una collaborazione attiva e diretta tra l'OCRI e il debitore. Quest'ultimo, infatti, lungi dal poter adottare un comportamento meramente passivo, in attesa che l'OCRI intervenga per risolvere la crisi, è espressamente tenuto a fornire all'OCRI tutti i necessari elementi di valutazione e deve farsi parte diligente nell'individuare, insieme all'OCRI, le possibili misure da adottare; dal canto suo l'OCRI, proprio al fine di aiutare il debitore ad individuare la strategia migliore da seguire, deve tenere conto non solo degli elementi di valutazione forniti dal debitore, ma anche di tutti gli altri dati e informazioni assunte. Sennonché, l'art. 18 CCI nulla dispone a proposito sia di quali debbano essere gli elementi di valutazione che il debitore è tenuto a fornire, sia della natura degli altri dati e informazioni che l'OCRI è chiamato ad assumere. Tale lacuna appare particolarmente significativa se si considera che gli strumenti di allerta si applicano anche alle imprese minori prive degli organi di controllo e di revisione. In tal caso, infatti, appare evidente che l'OCRI non potrà avvalersi delle informazioni contenute nelle segnalazioni a carico degli organi di controllo societari; inoltre, la stessa collaborazione da parte del debitore può rivelarsi problematica laddove quest'ultimo sia privo anche delle più elementari nozioni aziendalistiche indispensabili per poter fornire all'OCRI quel supporto indispensabile per poter individuare correttamente le misure da adottare per superare lo stato di crisi. Non basta, infatti, prevedere all'art. 3 CCI che l'imprenditore individuale deve adottare le misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e che l'imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato a fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi in quanto, soprattutto nelle imprese più piccole, tali obblighi presuppongono una cultura imprenditoriale che sovente risulta ancora lacunosa se non addirittura assente. In tali casi, onde evitare il rischio che l'OCRI e il debitore non riescano a dialogare proprio a causa del fatto che parlano “lingue” diverse, sarebbe auspicabile che l'imprenditore individuale e le imprese più piccole si facessero assistere da professionisti in grado di fungere da trait d'union tra il debitore e l'OCRI. In quest'ordine di idee, tuttavia, risulta evidente che il mancato riconoscimento della prededucibilità dei crediti professionali per le prestazioni sorte durante le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi (art. 6, comma 3, CCI) non aiuta.

Conclusioni

Non v'è dubbio che nel contesto della generale riforma del diritto concorsuale operata per effetto del CCI la parte relativa alla procedura di allerta rappresenti un aspetto di straordinaria rilevanza giuridica e di impatto socio-culturale. Come si è cercato di illustrare, infatti, l'intera impostazione disegnata e seguita dal legislatore della riforma si traduce in una serie di obblighi normativi certamente nuovi rispetto al recente passato, ma soprattutto che presuppongono una nuova contestualizzazione sul piano economico e sociale dell'imprenditore, sia esso individuale o collettivo. La crisi dell'impresa non può più essere vista come il fallimento complessivo di un'iniziativa imprenditoriale, ma soltanto come una possibile fase critica della vita di un'azienda, ma che, se tempestivamente rilevata ed opportunamente gestita, può risolversi in senso positivo con innumerevoli vantaggi sia per l'imprenditore, sia per i, creditori, sia infine per l'intero sistema imprenditoriale e giudiziario. Consapevole del nuovo approccio culturale che fa da sfondo al nuovo diritto concorsuale, il legislatore della riforma ha predisposto una serie di strumenti normativi sicuramente importanti e a forte impatto. Si tratta, ora, di riuscire a cogliere pienamente la valenza e la portata delle nuove regole al fine di poterne sfruttare al massimo le potenzialità.

Guida all'approfondimento

Un'aggiornata rivisitazione della tematica qui esaminata alla luce delle modifiche apportate dal Codice può leggersi – nel quadro di un più generale commento della Riforma - in Lamanna, Il Codice della crisi e dell'insolvenza (I) e (II), Titoli I-II e III-IV, Milano, 2019.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario