La fase dell’allerta esterna nel Codice della crisi

15 Maggio 2019

La crisi aziendale fa parte del ciclo di vita dell'impresa: per il buon funzionamento del sistema economico è quindi essenziale che vi sia un'efficiente normativa in materia di gestione delle crisi aziendali. Il legislatore, con le riforme avviate nel 2006, ha inteso approntare strumenti che da un lato assicurassero la tempestiva liquidazione delle imprese non produttive, dall'altro che consentissero un'efficace ristrutturazione di quelle in situazioni di temporanea difficoltà.
Premessa

La crisi aziendale fa parte del ciclo di vita dell'impresa: per il buon funzionamento del sistema economico è quindi essenziale che vi sia un'efficiente normativa in materia di gestione delle crisi aziendali.

Il legislatore, con le riforme avviate nel 2006, ha inteso approntare strumenti che da un lato assicurassero la tempestiva liquidazione delle imprese non produttive, dall'altro che consentissero un'efficace ristrutturazione di quelle in situazioni di temporanea difficoltà.

L'idea di fondo è stata quella di sostenere l'impresa vitale ma temporaneamente in crisi, attraverso la tutela del nucleo aziendale ed il risanamento dell'attività economica – in un'ottica di continuità aziendale.

A tali fini, sono stati introdotti il piano di risanamento attestato, l'accordo di ristrutturazione dei debiti, il concordato preventivo in continuità; e con quest'ultimo, in particolare, la cd. nuova finanza prededucibile.

Il legislatore, con il D.Lgs. n. 14/2019, in attuazione della L. n. 155/2017, ha fatto un rilevante passo in avanti, adeguando il sistema concorsuale nazionale alle regole andate delineandosi in ambito comunitario (v. Raccomandazione UE n. 2014/135; Direttiva approvata dal Consiglio UE il 19/12/2018).

In questo contesto, il Codice della crisi e dell'insolvenza mira al perseguimento di un triplice ordine di obiettivi:

1) riordinare il quadro esistente, raccogliendo in un unico compendio normativo la disciplina delle varie situazioni di crisi economico-finanziarie

2) rendere più efficienti e completi gli strumenti esistenti al fine di una migliore e più rapida gestione delle varie procedure concorsuali, anche in ambito di gruppo d'imprese

3) introdurre una nuova fase – l'allerta – volta a prevenire l'emersione dell'insolvenza attraverso il tempestivo intercettamento della crisi aziendale.

La fase d'allerta

Le procedure di allerta e composizione assistita della crisi rappresentano la novità più rilevante del nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza.

L'allerta non costituisce un procedimento in senso proprio, bensì una fase stragiudiziale; come stragiudiziale è la successiva, eventuale fase di composizione assistita della crisi, nell'ambito della quale, peraltro, l'imprenditore può far ricorso all'autorità giurisdizionale al fine di accedere alle cd. misure protettive.

Il nuovo Codice parla di “strumenti” di allerta: essi sono finalizzati alla tempestiva rilevazione dei segnali della crisi ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.

Gli strumenti di allerta sono costituiti, da un lato, dagli obblighi di segnalazione posti a carico degli organi societari di controllo e dei creditori pubblici qualificati; dall'altro, dagli obblighi organizzativi posti a carico dell'imprenditore ex art. 2086 c.c., come ridisegnato dal Codice.

Il nuovo comma 2 del citato art. 2086, al riguardo, così dispone: 'l'imprenditore che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Con riferimento all'imprenditore individuale, l'art. 3 del Codice stabilisce il dovere di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi, assumendo, senza indugio, ogni iniziativa necessaria a farvi fronte.

Lo stesso art. 3 stabilisce che i creditori – dunque anche i soggetti pubblici qualificati – hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore, con i soggetti preposti alle procedure d'allerta e di composizione assistita della crisi, con gli organi nominati dall'autorità giudiziaria nell'ambito delle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza, rispettando l'obbligo di riservatezza circa la situazione del debitore, le iniziative da questi assunte e le informazioni acquisite.

Il debitore può accedere al procedimento di composizione assistita della crisi avanti all'OCRI sia all'esito della fase d'allerta su iniziativa dei soggetti terzi (soggetti controllori ed enti pubblici qualificati), sia – anteriormente – su propria iniziativa, all'esito dei segnali d'allerta frutto dell'operatività degli assetti interni d'impresa (art. 12, comma 2).

Come previsto dal terzo comma dell'art. 12, l'attivazione della procedura d'allerta da parte dei soggetti segnalatori, nonché la presentazione da parte del debitore dell'istanza di composizione assistita della crisi non costituiscono causa di risoluzione dei contratti pendenti, ove anche stipulati con pubbliche amministrazioni, né di revoca degli affidamenti bancari concessi.

Gli strumenti di allerta si applicano a tutte le imprese, ivi incluse le imprese minori e le imprese agricole – peraltro compatibilmente con la loro struttura organizzativa e con la diversa competenza dell'OCC ai fini della gestione della fase di composizione della crisi.

Ne restano escluse le “grandi” imprese, gli enti, le fondazioni ex art. 12, commi 4 e 5.

Tali soggetti possono peraltro beneficiare delle misure premiali, qualora siano tempestivi nella proposizione della domanda di accesso ad una delle procedure regolate dal Codice della crisi (art. 24).

L'allerta si applica anche alle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa diverse da quelle sopra indicate, con le integrazioni di cui all'art. 316, comma 1, lett. a-b).

Un ruolo chiave ai fini dell'auspicabile buon esito della fase d'allerta sarà giocato dai soggetti segnalatori – organi societari di controllo ed enti pubblici qualificati.

I primi – sindaci e revisori, ciascuno nell'ambito delle proprie funzioni – dovranno operare con equilibrio, atteso l'evidente interesse da parte dell'imprenditore a non subire segnalazioni anticipate rispetto agli effettivi segnali di crisi: i relativi indicatori non prevedono, al riguardo, definite soglie quantitative, richiedendo, pertanto, una certa valutazione di natura qualitativa.

D'altra parte, i soggetti controllori avranno il contrapposto interesse a non effettuare la segnalazione con colpevole ritardo, al fine di non incorrere in profili di concorrente responsabilità per aver contribuito all'aggravamento della crisi senza essere intervenuti in modo tempestivo.

Per quanto riguarda i creditori pubblici qualificati, minori sono, in questo caso, i margini di discrezionalità, avendo il legislatore fissato – come vedremo – soglie ben definite sotto il profilo quantitativo.

Per tale categoria di soggetti il contrasto di interessi sta nel “danno” cui gli stessi incorrerebbero qualora non procedessero ad effettuare tempestivamente la segnalazione di legge, in termini di perdita delle proprie prerogative creditorie.

Il ruolo dei creditori pubblici qualificati

Il sistema dell'allerta esterna è disciplinato dall'art. 15 del Codice della crisi, rubricato “Obbligo di segnalazione di creditori pubblici qualificati”.

Tale norma – che recepisce il principio fissato dall'art. 4, comma 1, lett. d), della L. n. 155/2017 – dispone, al primo comma, che l'Agenzia delle Entrate, l'INPS e l'agente della riscossione hanno l'obbligo di avvisare il debitore ogni qual volta la propria esposizione debitoria abbia superato l'importo delle soglie rilevanti indicate al successivo comma 2.

Gli enti pubblici qualificati inviano l'alert all'indirizzo PEC del debitore di cui siano in possesso ovvero, in mancanza, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, presso l'indirizzo risultante dall'anagrafe tributaria.

Con lo stesso avviso, i creditori pubblici qualificati rappresentato al debitore che se nel termine di novanta giorni dalla ricezione dell'allerta egli non abbia:

  • estinto ovvero regolarizzato, per l'intero, la propria posizione debitoria
  • presentato istanza di composizione assistita della crisi
  • presentato domanda per l'accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza procederanno ad effettuare la segnalazione all'OCRI, ciò anche ai fini della segnalazione da parte di quest'ultimo all'organo di controllo della società.

Lo stesso primo comma prevede la “sanzione” cui incorrono i creditori qualificati ove non provvedano a dare avviso al debitore del superamento delle soglie rilevanti ai fini della segnalazione.

Tale sanzione è rappresentata:

  • per l'Agenzia delle Entrate e per l'INPS, dall'inefficacia del titolo di prelazione loro spettante sui crediti di cui siano titolari;
  • per l'Agente della riscossione, dall'inopponibilità del proprio credito a titolo di spese ed oneri di riscossione,

Per quanto la norma non lo dica espressamente, tali sanzioni operano nella prospettiva che il debitore venga successivamente sottoposto ad una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza, in un'ottica di concorsualità.

Il legislatore ha – correttamente – inteso penalizzare l'ente impositore e l'ente previdenziale, con l'inefficacia rispetto alla massa delle rispettive cause di prelazione, solo qualora la mancata segnalazione sia correlata a condotte proprie.

Per le omesse segnalazioni da parte dell'agente della riscossione, gli enti concedenti non “perdono” alcuna prelazione: in questo caso, infatti, la sanzione colpisce il solo concessionario, in termini di inopponibilità alla massa delle proprie ragioni di credito (spese ed oneri di riscossione).

Del resto, i crediti dell'agente, per consolidata giurisprudenza di legittimità, non hanno natura tributaria, bensì di corrispettivo a fronte di un servizio reso in regime di concessione, trovando così, nel concorso, collocazione chirografaria (Cass., civ. sez. I, 10 maggio 2013, n. 11230; Cass., civ. sez. I, 3 aprile 2014, n. 7868).

Sicché colpire l'inerzia dell'agente della riscossione con la perdita del privilegio varrebbe, in concreto, a non prevedere alcuna sanzione per l'autore della condotta omissiva.

Le soglie rilevanti ai fini della segnalazione sono definite dal secondo comma dell'art. 15.

Con riferimento all'Agenzia delle Entrate, l'obbligo di allerta scatta quando l'ammontare del debito scaduto e non versato ai fini IVA, come risultante dalle liquidazioni periodiche ex art. 21-bis, D.L. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, in L. n. 122/2010, sia:

- non inferiore al 30% del volume d'affari del medesimo periodo

- sempreché tale debito sia non inferiore:

  • ad euro 25.000, per volume d'affari risultante dalla dichiarazione IVA dell'anno precedente, fino ad euro 2.000.000
  • ad euro 50.000, per volume d'affari risultante dalla dichiarazione IVA dell'anno precedente, fino ad euro 10.000.000
  • ad euro 100.000, per volume d'affari risultante dalla dichiarazione IVA dell'anno precedente, oltre euro 10.000.000.

Nelle prime bozze di decreto era previsto che l'ammontare del debito IVA fosse pari al 50% rispetto a quanto dovuto in relazione all'anno precedente; l'obbligo di segnalazione scattava, comunque, laddove fosse stato superata la soglia di euro centomila, prescindendo dal fatturato.

Il legislatore, in sede di stesura definitiva del decreto, ha ritenuto di abbassare le soglie rilevanti ai fini della segnalazione, così allargando il numero dei contribuenti potenzialmente interessati all'allerta.

In relazione all'obbligo di segnalazione in capo all'Agenzia delle Entrate non rilevano le imposte erariali diverse dal tributo IVA.

Né, d'altra parte, assumono rilevanza ai fini dell'allerta i tributi di titolarità degli enti territoriali.

Peraltro, sia le imposte erariali diverse dal tributo IVA, sia le imposte locali vengono ad assumere rilevanza ai fini dell'obbligo di segnalazione con riferimento all'agente della riscossione.

Quest'ultimo, infatti, è tenuto ad “allertare” il debitore ogni qualvolta sia superata la soglia di legge riferita, indistintamente, al totale dei crediti affidatigli ai fini esattivi.

Con riferimento all'INPS, l'obbligo di segnalazione scatta quando il debitore sia:

  • in ritardo di oltre sei mesi nel versamento dei contributi previdenziali, per un ammontare superiore alla metà dei contributi dovuti in relazione all'anno precedente
  • sempreché l'ammontare del debito scaduto sia non inferiore ad euro 50.000.

Nelle bozze iniziali si prevedeva che l'obbligo di segnalazione scattasse quando fosse stato superato l'importo di euro 10.000: in questo caso, pertanto, la soglia di rilevanza ai fini dell'allerta è stata innalzata.

Al riguardo, la Relazione illustrativa dà atto che le soglie definitivamente adottate derivano da una valutazione di congruità operata dagli esponenti degli istituti previdenziali nel corso delle audizioni: soglie più basse avrebbero portato il numero dei soggetti potenzialmente interessati all'allerta a circa 200.000 l'anno, contro i 12.000 adesso potenzialmente interessati.

Con riferimento all'agente della riscossione, l'obbligo di segnalazione scatta qualora il totale dei crediti affidati dagli enti concedenti dopo la data di entrata in vigore del Codice, tanto auto-dichiarati, quanto definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, superi:

  • per le imprese individuali, la soglia di euro 500.000
  • per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000.

Restano dunque fuori dagli obblighi di segnalazione:

  • i debiti relativi a tributi, contributi ed altre posizioni creditorie auto-dichiarati e/o definitivamente accertati, in relazione ai quali non siano decorsi novanta giorni
  • i debiti relativi a tributi, contributi ed altre posizioni creditorie non accertati in via definitiva (atti per i quali penda il termine per l'impugnazione da parte del debitore; atti impugnati per i quali non vi sia stata sentenza definitiva sfavorevole al debitore).

Nelle prime bozze del decreto era prevista la soglia del 5% del volume d'affari risultante dall'ultima dichiarazione annuale, purché superiore ad euro trentamila, ovvero, in ogni caso, la soglia di euro cinquecentomila; avrebbe, inoltre, fatto scattare la segnalazione il superamento del limite di euro centomila, in caso di debito riconducibile esclusivamente al tributo IVA.

Adesso, da una parte. è stato affinato il meccanismo di determinazione delle soglie, con la previsione di limiti ad hoc per le imprese individuali e le imprese collettive, dall'altra è stata estesa la rilevanza ai fini della segnalazione ad ogni credito affidato all'agente della riscossione, dunque – come visto – anche alle imposte erariali diverse dal tributo IVA, ai tributi locali e ad ogni altro credito di natura “pubblicistica”.

In tema di soglie, è previsto un meccanismo di adeguamento delle disposizioni contenute nell'art. 15, sia con riferimento alla tipologia dei debiti monitorati, sia con riferimento alla loro entità, dapprima entro due anni dalla data d'entrata in vigore del Codice, successivamente, ogni tre anni.

Tale adeguamento si baserà sui dati elaborati da un istituendo Osservatorio permanente che avrà il compito di monitorare, con cadenza annuale, l'andamento delle misure d'allerta, nonché di proporre eventuali modifiche normative necessarie a migliorarne l'efficienza (art. 353-354).

Proseguendo, la comunicazione di alert è inviata al debitore da parte degli enti pubblici qualificati:

  • quanto all'Agenzia delle Entrate, contestualmente all'invio della comunicazione di irregolarità ex art. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972
  • quanto all'INPS ed all'agente della riscossione, entro sessanta giorni dal verificarsi del superamento delle soglie sopra ricordate.

Come ribadito dal quarto comma dell'art. 15, qualora nei novanta giorni dalla ricezione dell'avviso il debitore non abbia dato prova di avere:

  • estinto la propria posizione debitoria
  • regolarizzato, per l'intero, la propria posizione debitoria
  • presentato istanza di composizione assistita della crisi
  • presentato domanda per accedere ad una procedura di regolazione della crisi ed insolvenza i creditori pubblici qualificati procedono, senza indugio, alla segnalazione all'OCRI.

In caso di pendente dilazione del debito IVA ex art. 3-bis, D.Lgs. n. 462/1997 (dilazione del pagamento delle somme dovute in base ai controlli automatizzati ex 54-bis, D.P.R. n. 633/1972), ove il debitore decada dalla rateazione, l'obbligo di segnalazione da parte dell'Agenzia delle Entrate scatta qualora l'ammontare del debito non pagato superi le soglie di cui all'art. 15, comma 2.

Per quanto concerne i carichi affidati all'agente della riscossione, sono ipotizzabili, fra l'altro – ai fini della regolarizzazione della posizione debitoria del contribuente –, la rateizzazione del debito ex art. 19, D.P.R. n. 602/1973, nonché le compensazioni ex artt. 28-ter e 28-quater, D.P.R. n. 602/1973.

Inutilmente decorsi novanta giorni dalla ricezione dell'avviso da parte del debitore, gli enti pubblici qualificati procedono alla segnalazione all'OCI attraverso modalità telematiche, definite d'intesa con Unioncamere ed Infocamere.

Come dispone l'art. 15, comma 5, i creditori pubblici qualificati soprassiedono dall'invio della segnalazione all'OCRI qualora il debitore documenti loro di essere titolare di crediti fiscali ovvero di crediti verso altre pubbliche amministrazioni per un importo almeno pari alla metà del debito.

Tali crediti dovranno risultare dalla piattaforma per la gestione del rilascio delle certificazioni, predisposta dal MEF, ex art. 4, D.M. 25 giugno 2012 ed art. 3, D.M. 22 maggio 2012.

La previsione di cui sopra si ricollega a quanto previsto dal successivo art. 18, comma 3.

Secondo tale norma, il collegio costituito in seno all'OCRI, ricevuta la segnalazione, sentito il debitore, dispone, in ogni caso, l'archiviazione della segnalazione qualora l'organo di controllo – ovvero, in sua mancanza, un professionista indipendente – attesti che l'imprenditore è titolare di crediti d'imposta o di crediti verso altre pubbliche amministrazioni, in relazione ai quali siano decorsi novanta giorni dalla messa in mora, per un importo complessivo il quale, portato in compensazione dei debiti che hanno originato la segnalazione, determini il mancato superamento delle soglie ex art. 15, comma 2.

Sul punto, la Relazione illustrativa rileva che il legislatore, con tale previsione, ha “voluto evitare che imprese in (apparente) difficoltà a causa del mancato pagamento da parte di debitori pubblici debbano subire conseguenze pregiudizievoli ulteriori a causa dei tempi delle procedure di liquidazione e di pagamento”.

Fra l'altro, la norma in oggetto non richiede che i crediti di titolarità dell'imprenditore da porre in “compensazione” con i debiti oggetto di segnalazione siano definitivamente accertati, né che gli stessi si riferiscano a periodi d'imposta definiti.

Ne consegue che l'organo di controllo ovvero, in sua mancanza, il professionista terzo, attesti, sotto la propria responsabilità (elemento di criticità), che il credito di titolarità dell'imprenditore, per quanto non “definitivo”, appaia, nel merito, ed anche solo parzialmente, sussistente.

L'art. 18, comma 3, ultimo periodo, dispone che sia l'attestazione, sia la documentazione relativa al credito siano utilizzabili esclusivamente nell'ambito del procedimento avanti all'OCRI, e dunque non anche nelle competenti sedi giurisdizionali.

Infine, le Camere di Commercio rendono disponibile ai creditori pubblici qualificati un elenco nazionale dei soggetti sottoposti alle misure d'allerta, da cui risultino anche le domande dagli stessi presentate ai fini della composizione assistita della crisi ovvero dell'accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell'insolvenza (art. 15, comma 6).

Ai sensi dell'art. 15, ultimo comma, gli obblighi di segnalazione in capo all'Agenzia delle Entrate decorrono con le comunicazioni della liquidazione periodica IVA ex art. 21-bis D.L. n. 78/2010, relative al primo trimestre dell'anno d'imposta successivo all'entrata in vigore del Codice della crisi e dell'insolvenza, e dunque dal primo trimestre 2021.

Annotazioni conclusive

Nel caso di segnalazione da parte degli organi interni, gli indicatori fissati dal legislatore non individuano, al momento, soglie quantitative certe.

Sarà necessario attendere gli indici che elaborerà il CNDCEC – i quali, valutati unitariamente, dovranno essere idonei a far ragionevolmente presumere la sussistenza dello stato di crisi, ex art. 13, comma 2.

Quanto sopra, valutato il già menzionato contrasto di interessi, potrebbe portare, per effetto di segnalazioni premature, all'emersione di “falsi positivi”, pur in presenza del dovere di motivare per iscritto le ragioni della segnalazione.

In questo caso, ogni valutazione sarà dunque rimessa al collegio nominato in seno all'OCRI, con conseguente “non luogo a procedere” qualora l'organismo di composizione ritenga che l'imprenditore – al di là di quanto segnalato dai controllori – non si trovi in un'effettiva situazione di crisi aziendale.

Al contrario, in caso di segnalazione da parte degli enti pubblici qualificati, avendo il legislatore fissato ben individuate soglie quantitativo-numeriche, tanto assolute, quanto relative, non pare esservi alcuna discrezionalità valutativa circa l'esercizio dell'obbligo di dare avvio all'allerta.

Peraltro, il superamento delle soglie di rilevanza ai fini della segnalazione non dà ingresso ad alcuna “presunzione” assoluta di crisi aziendale, rappresentando, unicamente, un meccanismo (teoricamente) obiettivo ai fini dell'esercizio dell'obbligo di allertare il debitore.

L'OCRI, all'esito delle indagini effettuate, qualora ritenga che non sussista alcuna crisi aziendale, pur in presenza del superamento delle soglie di riferimento, disporrà l'archiviazione delle segnalazioni.

Come visto, l'archiviazione sarà “automatica” ove il debitore abbia crediti fiscali o crediti verso altre pubbliche amministrazioni in misura idonea a ridurre il debito sotto le soglie di rilevanza.

Il legislatore, con l'allerta esterna, ha inteso approntare uno strumento volto, seppure in via non esclusiva (un occhio di riguardo è stato senz'altro attribuito alla rilevanza pubblicistica dei crediti in oggetto, così come alle correlate finalità di gettito), a prevenire la non commendevole prassi di utilizzare la “leva fiscale” quale forma di autofinanziamento aziendale.

D'altra parte, con riferimento al possibile effetto “coercitivo” dell'allerta esterna, l'ordinamento già prevede una causa d'esenzione dalla revocatoria per i pagamenti di debiti scaduti (art. 89, D.P.R. n. 602/1973), legittimando, così, l'adempimento degli obblighi di versamento da parte dei contribuenti che versino in condizioni di difficoltà economiche.

Sotto altro profilo – quello dell'eventuale preferenzialità di tali pagamenti –, escluderebbe la condotta penalmente rilevante del contribuente la scriminante putativa ex art. 51 c.p.: un fatto costituente adempimento di un obbligo di legge non può, al contempo, esser qualificato come reato.

Guida all'approfondimento

Un'aggiornata rivisitazione della tematica qui esaminata alla luce delle modifiche apportate dal Codice può leggersi – nel quadro di un più generale commento della Riforma - in Lamanna, Il Codice della crisi e dell'insolvenza (I) e (II), Titoli I-II e III-IV, Milano, 2019.

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