La liquidazione controllata

17 Maggio 2019

Il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (Decreto legislativo 12/01/2019 n° 14, G.U. 14/02/2019) introduce l'istituto della liquidazione controllata. Esso stabilisce, all'art. 268, che il debitore in stato di sovraindebitamento può domandare con ricorso al tribunale l'apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni.
Premessa

Il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (Decreto legislativo 12/01/2019 n. 14, G.U. 14/02/2019) introduce l'istituto della liquidazione controllata. Esso stabilisce, all'art. 268, che il debitore in stato di sovraindebitamento può domandare con ricorso al tribunale l'apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni.

L'autore analizza l'istituto alla luce della complessiva volontà del legislatore di concepire una procedura più veloce ed efficace per risolvere la crisi di impresa e salvaguardare, contestualmente, la figura del debitore con la nuova categoria giuridica dell'esdebitazione.

Elementi di procedura

Il debitore in stato di sovraindebitamento - il debitore, cioè, la cui situazione debitoria sia tale da manifestare un perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, con conseguente rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni o definitiva incapacità di adempierle regolarmente – può adire il tribunale per chiedere l'apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni.

Il tribunale competente è quello nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali e l'apertura della liquidazione controllata è da questi dichiarata con sentenza.

La procedura si instaura con ricorso il quale può essere presentato personalmente dal debitore, con l'assistenza di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). Tale organismo dovrà redigere una relazione, da allegare al ricorso stesso, sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore oltre che sulla completezza e l'attendibilità della documentazione depositata dall'istante.

Con la sentenza il tribunale nomina il giudice delegato ed il liquidatore confermando o meno (in caso di giustificati motivi) l'OCC che ha assistito il debitore per la presentazione del ricorso. Nella stessa sentenza il tribunale ordina al debitore il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie (entro sette giorni) e dell'elenco dei creditori. Contestualmente assegna ai terzi che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall'elenco depositato un termine non superiore a sessanta giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, devono trasmettere al liquidatore, a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo.

Da rilevare che la sentenza deve anche contenere l'ordine di consegna o rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione (salvo che il Collegio non ritenga di dare autorizzazione, per gravi motivi, all'utilizzo di alcuni) e che tale provvedimento, posto in esecuzione direttamente dal liquidatore, costituisce titolo esecutivo.

La sentenza che dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata è inserita nel sito internet del tribunale o del Ministero della giustizia e, nel caso in cui il debitore sia un imprenditore, nel registro delle imprese. In caso poi di presenza di beni immobili o mobili registrati, essa viene trascritta presso gli uffici competenti.

Il ruolo del liquidatore

Il ruolo del liquidatore è centrale nella procedura. E' egli stesso, infatti, ad aggiornare l'elenco dei creditori, a completare l'inventario dei beni del debitore ed a redigere il programma in ordine a tempi e modalità della liquidazione, poi approvato dal giudice delegato.

Al liquidatore spetta conseguentemente il compito di predisporre un progetto di stato passivo con l'elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore ed infine – almeno in assenza di contestazioni insuperabili - la formazione dello stato passivo con il deposito in cancelleria e la pubblicazione nel sito web del tribunale o del Ministero della giustizia. Va da sé che, in caso di osservazioni e contestazioni insuperabili da parte dei creditori, il liquidatore dovrà rimettere la questione al giudice delegato e sarà questi, con decreto, a formare lo stato passivo. Avverso tale decreto sarà possibile fare reclamo davanti al Collegio.

Al liquidatore inoltre, se autorizzato dal giudice delegato, spetta ogni azione prevista dalla legge per ottenere la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore e per il recupero dei crediti; ed ogni azione diretta a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori.

Coerentemente con la nuova previsione normativa, è sempre il liquidatore ad eseguire il programma di liquidazione, riferendone ogni sei mesi al giudice delegato, e ad avere l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione.

Terminata l'esecuzione, il liquidatore dovrà presentare al giudice il rendiconto e provvedere alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione secondo l'ordine di prelazione risultante dallo stato passivo. Il tutto previa formazione di un progetto di riparto da comunicare al debitore e ai creditori. In assenza di contestazioni, comunicherà il progetto di riparto al giudice che ne autorizzerà l'esecuzione.

La chiusura della procedura

La procedura di liquidazione controllata si chiude con decreto.

Con il decreto di chiusura, il giudice, su istanza del liquidatore, autorizza il pagamento del compenso già liquidato al momento dell'approvazione del rendiconto e lo svincolo delle somme eventualmente accantonate.

I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti.

Per quanto riguarda invece i creditori con causa o titolo posteriore alla pubblicazione della sentenza sul sito internet del tribunale o del Ministero della giustizia o, se ne è ricorso il caso, nel registro delle imprese, questi non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione.

Esdebitazione di diritto

Nella liquidazione controllata l'esdebitazione – cioè la liberazione dai debiti con conseguente inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti - opera di diritto a seguito del provvedimento di chiusura o comunque decorsi tre anni dalla sua apertura. Essa è dichiarata con decreto motivato del tribunale, che viene iscritto nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere.

Il debitore non può essere ammesso al predetto beneficio se è stato condannato con sentenza passata in giudicato – e non vi è stata riabilitazione - per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio o altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa. Se invece è in corso il procedimento penale per uno di tali reati o vi è stata applicazione di una delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, per il riconoscimento del beneficio si dovrà attendere l'esito del relativo procedimento.

Quanto al consumatore, questi non potrà godere del beneficio di liberazione dai debiti se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda, se ha già beneficiato dell'esdebitazione per due volte o se ha determinato lo stato di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

Avverso il decreto che dichiara la esdebitazione sia il Pubblico Ministero che i creditori, ai quali deve essere evidentemente comunicato, possono presentare reclamo alla Corte d'Appello entro trenta giorni.

In conclusione

La liquidazione controllata è, dunque, una procedura liquidatoria che postula la irreversibilità della crisi d'impresa tanto che il tribunale ne dichiara, con sentenza, l'apertura solo dopo aver verificato che non esistono procedure di regolazione della crisi di cui al Titolo IV del medesimo codice e che, naturalmente, sussistono i presupposti propri del nuovo istituto.

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