Scritture di comparazione

Fiammetta Lo Bianco
20 Maggio 2019

Le scritture di comparazione sono menzionate agli artt. 214-219 c.p.c., ovvero nell'ambito del subprocedimento di verificazione della scrittura privata disconosciuta.
Inquadramento

Le scritture di comparazione sono menzionate agli artt. 214-219 c.p.c., ovvero nell'ambito del subprocedimento di verificazione della scrittura privata disconosciuta.

Analizzare gli aspetti salienti che concernono le scritture di comparazione esige, preliminarmente, una breve ricognizione e disamina delle prove documentali.

Ed infatti, la scrittura privata – autenticata e riconosciuta – così come l'atto pubblico, trovano la loro definizione nel del Libro VI, titolo II, capo II del codice civile, ovvero nell'ambito della regolamentazione del valore probatorio delle prove documentali.

Quelle che vengono in rilievo ai fini che ci interessano sono: l'atto pubblico,la scrittura privata autenticata, riconosciuta (recte legalmente considerata come riconosciuta, art. 2702 c.c.) e quella non riconosciuta o disconosciuta.

In via di prima approssimazione, può affermarsi che le scritture di comparazione costituiscono mezzi di prova documentalinecessari, per espressa disposizione normativa, nell'ambito delle specifiche azioni giudiziali esperibili al fine di contrastare il valore probatorio legale che il disposto di cui agli artt. 2700 e 2702 c.c. conferiscono, rispettivamente, all'atto pubblico e alla scrittura privata riconosciuta e a quella legalmente considerata come riconosciuta.

Il valore probatorio dell'atto pubblico e della scrittura privata autenticata e riconosciuta

Ai sensi dell'art. 2700 c.c. l'atto pubblicoid est il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato (art. 2699 c.c.) – fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.

Si pensi, con riferimento all'atto pubblico redatto dal notaio, ad un contratto definitivo di compravendita. Quest'ultimo fa fede fino a querela di falso delle circostanze, c.d. estrinseche, in esso descritte (in quanto avvenute alla presenza del pubblico ufficiale) e cioè, ad esempio, dello scambio del consenso alla data dell'atto al fine del trasferimento del diritto reale immobiliare, dell'avvenuto pagamento del prezzo (ove contestuale ed in presenza del notaio) ovvero del fatto che le parti abbiano dichiarato che il prezzo sia stato già pagato.

Con riguardo alla seconda ipotesi (atto formato da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato), può menzionarsi, tra gli altri, il verbale di accertamento per violazioni al codice della strada: esso fa fede fino a querela di falso delle circostanze di fatto della violazione attestate nel verbale come percepite direttamente ed immediatamente dal pubblico ufficiale (e quindi, ad esempio, oltre alla data della contestazione, alle dichiarazioni raccolte dal pubblico ufficiale intervenuto, anche le stesse circostanze di fatto relative alla dinamica della violazione del codice della strada ove riportate in verbale come direttamente percepite dal pubblico ufficiale).

In evidenza

Di particolare interesse, e non sempre di immediata percepibilità, è la distinzione, nel corpo dell'atto pubblico, delle circostanze assistite da fede privilegiata e di quelle che ne siano prive.

Ricco è il panorama giurisprudenziale sul punto, «proprio in tema di opposizione a provvedimento irrogativo della sanzione amministrativa e di opposizione diretta, in sede giurisdizionale, avverso il verbale di accertamento per violazioni al codice della strada, e con riferimento all'ammissibilità della contestazione e della prova nei relativi giudizi, non deve aversi riguardo alle circostanze di fatto della violazione attestate nel verbale come percepite direttamente ed immediatamente dal pubblico ufficiale ed alla possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione (che devono essere necessariamente confutate, ove contestate, con l'apposito rimedio della querela di falso), ma esclusivamente a circostanze che esulano dall'accertamento, quali l'identificazione dell'autore della violazione e la sua capacità o la sussistenza dell'elemento soggettivo o di cause di esclusione della responsabilità, ovvero rispetto alle quali l'atto è insuscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà (come ad es., quando risulti una assenza di corrispondenza obiettiva tra numero di targa e tipo di veicolo al quale essa è attribuita)» (in questi termini Cass. civ., sez. II, sent., 2 febbraio 2011, n. 2434).

Della scrittura privata edel suo valore probatorio, si occupa l'art. 2702 c.c. a mente del quale, questa, se riconosciuta o legalmente considerata come riconosciuta, fa fede fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni (non già della veridicità delle stesse) da chi l'ha sottoscritta.

La norma in esame va coordinata con quella di cui al successivo art. 2704 c.c. in ordine alla certezza della data nei confronti ei terzi.

Ebbene, la lettura combinata delle norme citate consente di affermare che la scrittura privata riconosciuta e legalmente riconosciuta fa piena prova, tra le parti e fino a querela di falso anche della data della sottoscrizione; mentre, rispetto ai terzi, rende certa e opponibile la data (si pensi, in tale ultimo caso, all'opponibilità al creditore pignorante della data del contratto di locazione con sottoscrizioni autenticate recante data antecedente al pignoramento).

Così sinteticamente delineati i profili di interesse in ordine al valore probatorio dei documenti, occorre, al fine di delimitare l'ambito di applicazione delle azioni giudiziali in cui vengono in rilievo le scritture di comparazione, definire quando la scrittura privata deve intendersi riconosciuta e quando è legalmente riconosciuta (art. 2702 c.c.).

Forniscono risposta ai suddetti interrogativi il disposto di cui agli artt. 2702, 2703, c.c. nonché gli artt. 214 e 215 c.p.c., alla luce dei quali, ha l'efficacia probatoria privilegiata di cui all'art. 2702 c.c., la scrittura privata che:

  1. sia stata espressamente riconosciuta da chi l'ha sottoscritta (art. 2702 c.c.);
  2. la sottoscrizione sia autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (art. 2703 c.c.);
  3. nel caso in cui la scrittura privata sia prodotta in giudizio allorquando la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell'articolo 293 comma 3 c.p.c., e allorquando la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione.

Di contro, la scrittura privata si intende disconosciuta (e, quindi, privata dell'efficacia probatoria privilegiata di cui all'art. 2702 c.c.) se colui contro il quale è prodotta nega formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione (art. 214 c.p.c.) nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione (argomentando ex art. 215 c.p.c.che collega l'effetto legale del riconoscimento anche al tardivo disconoscimento).

Sulla scorta della disamina che precede, è possibile anzitutto affermare che, per contrastare e contestare il valore probatorio (artt. 2700 e 2702 c.c.) dell'atto pubblico e della scrittura privata riconosciuta, occorre avvalersi della querela di falso.

Ove non si sia in presenza di un atto pubblico le parti possono avvalersi degli ordinari mezzi di prova per contrastarne il contenuto.

Ove la parte voglia valersi della scrittura privata disconosciuta dovrà instaurare il sub-procedimento di verificazione (artt. 216 e ss. c.p.c.)

In evidenza

«In tema di disconoscimento della scrittura privata, effettuata la relativa produzione nel termine di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., in mancanza del deposito, ad opera della parte contro cui la scrittura è prodotta, della memoria prevista dall'art. 183, comma 6, n. 3, è tempestivo il disconoscimento operato, ai sensi dell'art. 215, comma 1, c.p.c., alla prima udienza successiva all'effettuata produzione documentale, non potendo la decadenza di cui all'art. 215 c.p.c., in quanto norma di stretta interpretazione, dipendere da una non difesa quale deve essere qualificata l'omesso deposito della memoria sopra indicata»(Nella specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che, prodotta la scrittura nel secondo termine di cui all'art. 183 c.p.c., aveva ritenuto tardivo il disconoscimento effettuato all'udienza successiva allo spirare dei termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c. anziché nella memoria di cui al terzo termine di cui all'art. 183 c.p.c. che il convenuto non aveva depositato) (cfr. Cass. civ.,sez. VI - 2, ord., n. 15780/2018).

Le scritture di comparazione nel procedimento di verificazione e di querela di falso

Si è accennato alle azioni che consentono di vincere l'efficacia probatoria dell'atto pubblico e della scrittura privata riconosciuta e a quella che consente di recuperare – al fine di avvalersene in giudizio – il valore probatorio di cui all'art. 2702 c.c. della scrittura privata disconosciuta: rispettivamente, la querela di falso e l'incidente di verificazione.

Entrambe le suddette azioni possono proporsi in via principale (con atto di citazione) o in via incidentale, ovvero in seno ad un giudizio già pendente ove sorga per la parte la necessità difensiva di contrastare l'efficacia probatoria del documento (querela di falso) ovvero quando la parte intenda avvalersi della scrittura privata precedentemente prodotta in giudizio e tempestivamente disconosciuta dalla parte contro la quale è stata prodotta (istanza incidentale di verificazione).

In evidenza

Ai sensi dell'art. 216, comma 2, c.p.c. la proposizione dell'istanza di verificazione in via principale è subordinata, sotto il profilo della sua ammissibilità, alla dimostrazione da parte di chi la proponga di un interesse giuridicamente rilevante. Peculiare è poi la previsione per la quale, se il contenuto costituendosi riconosce la scrittura, le spese sono a carico dell'attore.

Non par fuor di luogo, in questa sede, dar conto delle differenze fra le suddette azioni, non senza precisare che, ai sensi dell'art. 101 disp att. c.p.c., nel procedimento di falso (artt. 221 e ss. c.p.c.) si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice relative alla verificazione della scritture privata.

Innanzitutto, la querela di falso è volta a vincere la fede privilegiata del documento fidefacente; mentre la verificazione è volta a recuperare l'efficacia probatoria della quale l'atto è stato privato in conseguenza del disconoscimento.

La verificazione giudiziale della sottoscrizione o della scrittura equipara, sotto il profilo probatorio, la scrittura verificata a quella riconosciuta o autenticata. Quindi, la scrittura verificata può essere ancora contrastata con la querela di falso ai sensi dell'art. 2702 c.c.

Ciò significa che solo con la querela di falso possono contestarsi le circostanze estrinseche dell'atto pubblico e della scrittura privata riconosciuta, autenticata o verificata.

Quanto alla verificazione in particolare, il tenore della norma di cui all'art. 214 c.p.c., ove fa riferimento al disconoscimento della sottoscrizione o della propria scrittura, preannuncia ciò che costituisce oggetto del giudizio di verificazione e, specularmente, onere probatorio principale della parte che, intendendosi avvalere della scrittura disconosciuta, ne chieda la verificazione: accertamento della autenticità/riferibilità della sottoscrizione e/o della scrittura (si pensi ad un negozio giuridico unilaterale manoscritto) alla parte che la abbia disconosciuta.

Se così è, allora, si comprendono le ragioni per le quali le scritture di comparazione devono ritenersi strumento di prova al quale, prima il legislatore (prevedendone espressamente l'acquisizione, art. 217, comma 1, parte seconda, c.c.) e poi la giurisprudenza, attribuisce valore e significato privilegiato, anche rispetto ad altri mezzi di prova esperibili. Ed infatti, il giudice non è tenuto a disporre necessariamente una consulenza tecnica grafologica per accertare l'autenticità della scrittura qualora possa desumere la veridicità del documento attraverso la sua comparazione con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla medesima parte e ritualmente acquisite al processo (in questo senso, Cass. civ., sez. II, ord.,16 gennaio 2018, n. 887).

In particolare, il giudice, avendo il potere-dovere di utilizzare tutti gli elementi di prova comunque acquisiti, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria, non è obbligato a disporre consulenza tecnica, quando il riscontro del fondamento o meno della domanda possa essere effettuato alla stregua di elementi di comparazione già acquisiti al processo, attendibili e conferenti per accertare l'evidente e manifesta conformità o difformità dei caratteri grafici della firma da verificare, e, quindi, anche alla stregua di una scrittura sottoscritta dalla parte davanti a notaio e prodotta in giudizio a sostegno della domanda (senza necessità di uno specifico provvedimento di ammissione) ove la scrittura stessa risulti idonea al suddetto accertamento.

L'assunto per il quale lo scopo del procedimento di verificazione è la ricerca della verità circa l'autenticità della sottoscrizione del documento disconosciuto, trova conferma negli orientamenti espressi dalla Suprema Corte sugli oneri probatori gravanti sul richiedente con specifico riguardo proprio alle scritture di comparazione e alla caratteristiche che queste ultime devono avere per costituire affidabile documento di raffronto/riscontro della scrittura da verificare.

In quest'ottica, si comprende e trova giustificazione logico-giuridica la previsione secondo la quale, ai sensi dell'art. 216 c.p.c., la parte che chieda la verificazione è tenuta a proporre, contestualmente all'istanza, i mezzi di prova che ritiene utili e a produrre o indicare le scritture che possono servire da comparazione: se ciò che deve verificarsi è l'autenticità della sottoscrizione, imprescindibile è l'acquisizione di scritture redatte dallo stesso autore purché già autentiche perché accertate o riconosciute tali, espressamente o tacitamente.

L'idoneità di una scrittura privata alla funzione di comparazione, cioè, richiede non già il dato negativo della mancanza di un formale disconoscimento nei tempi e nei modi di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c., bensì quello positivo del riconoscimento, espresso o tacito (per non essere, cioè, mai stata contestata l'autenticità della scrittura), atteso che, dovendo fungere da fonte di prova della verità di altro documento, è indispensabile che sia certa la provenienza della scrittura da colui al quale quel documento si intende attribuire.(in questi termini (cfr. Cass. civ., sez. VI-2, ord.,23 giugno 2016, n. 13078).

É, invece, irrilevante che il documento utilizzato ai fini della comparazione provenga dalla stessa parte attrice, ben potendo provenire da una qualunque parte del giudizio.

A questo proposito, può infatti accadere che la parte che abbia avanzato istanza di verificazione non abbia la materiale disponibilità di alcuna scrittura di comparazione.

In questo caso ricorre, da un lato, una mitigazione dell'onere della prova e, dall'altro, una concreta ipotesi in cui la scrittura di comparazione da utilizzare sia stata prodotta da altra parte del giudizio purché, in assenza di accordo delle parti, ne sia certa l'autenticità e la riferibilità al disconoscente (cfr. Cass. civ.,sez. III, sent.,12 settembre 2014, n. 19279).

La mitigazione predicata dalla giurisprudenza di legittimità non esime tuttavia il richiedente la verificazione dall'indicare in modo puntuale i mezzi di prova di cui intende avvalersi e produrre le scritture di comparazione in suo possesso in seno all'istanza di verificazione.

In questo senso, l'onere della prova a carico dell'attore non è assolto mediante l'allegazione delle scritture di comparazione alla perizia di parte, giacché la stessa attiene all'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, ossia ad una fase eventuale ed in ogni caso successiva alla proposizione dell'istanza di verificazione. (in questo senso, Cass. civ., sez. II, sent., n. 22078/2014).

Dal punto di vista strettamente processuale, conferma l'assunto di partenza, secondo cui le scritture di comparazione costituiscono mezzo di prova privilegiato, la previsione che le stesse siano espressamente indicate dal giudice.

Ed infatti, ai sensi dell'art. 217, comma1, c.p.c., quando è chiesta la verificazione (o anche se è proposta la querela di falso, art. 101 disp. att. c.p.c.) il giudice istruttore (la competenza a decidere la verificazione, così come la querela di falso, compete al Tribunale in composizione collegiale), dispone le opportune cautele per la custodia del documento e stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, anche nel caso in cui le stesse si trovino presso depositari pubblici o privati e non ne sia vietata l'asportazione (art. 218 c.p.c.).

Processualmente, quindi, la successiva attività istruttoria, quale per esempio l'espletamento di consulenza tecnica grafologica, si baserà sulle scritture di comparazione depositate in cancelleria su indicazione del giudice.

É proprio in tale fase che l'istruttore è tenuto a vagliare la idoneità della scrittura a costituire attendibile documento di comparazione: a verificare, cioè, che la scrittura sia autenticata oppure espressamente o tacitamente riconosciuta, oppure ancora verificata (ad esempio in un precedente giudizio di verificazione).

In punto di utilizzabilità da parte del consulente tecnico d'ufficio di scritture di comparazione diverse da quelle indicate dal giudice, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che ricorre, in tale caso, un'ipotesi di nullità della consulenza.

Come ogni altra forma di nullità della consulenza, però, questa resta sanata, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., se non dedotta dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al deposito della consulenza stessa (in questi termini, cfr. Cass. civ., sez. II, sent., 15 novembre 2011, n. 23851).

Mette conto evidenziare, con riferimento alle scritture di comparazione custodite presso depositari (si pensi ad un atto pubblico custodito presso il Notaio), che, normalmente, il G.I., nel conferire l'incarico al CTU, inviti i depositari a prestare la massima collaborazione nelle operazioni peritali, mettendo a disposizione del consulente le scritture di comparazione necessarie; il consulente, come da incarico, provvede agli accertamenti peritali sugli originali delle scritture di comparazione e, dunque, presso lo stesso depositario. Esauriti gli accertamenti sugli originali, avrà cura di acquisirne copia, dando atto nella relazione peritale di aver comunque svolto gli accertamenti sugli originali dei documenti custoditi presso il depositario. (cfr., circa la necessità che la consulenza grafologica sia effettuata utilizzando gli originali delle scritture di comparazione, Cass. civ., sez. II, sent., 19 dicembre 2012, n. 23450).

Infine, un'ulteriore modalità di acquisizione di scritture di comparazione è contemplata all'art. 219 c.p.c., a mente del quale il giudice istruttore può ordinare alla parte (della cui sottoscrizione o scrittura si discute) di scrivere sotto dettatura anche alla presenza del consulente tecnico.

Ove la parte non compaia personalmente all'udienza fissata per detto incombente o si rifiuti di scrivere senza giustificato motivo, “la scrittura può ritenersi riconosciuta” (art. 219, ultimo comma, c.p.c.).

In sostanza, il codice di rito prevede due forme di scritture di comparazione che potremmo definire precostituite (quando formate al di fuori e prima del processo) e costituende (quando si formano all'interno del processo e sotto la direzione del giudice istruttore, proprio come nel caso della scrittura sotto dettatura di cui all'art. 219 c.p.c.).

A mero titolo esemplificativo, tra le scritture di comparazione più diffuse e più utilizzate nei procedimenti di verificazione e per querela di falso, possono menzionarsi: carta di identità, passaporto, patente di guida, licenza di porto d'armi, richiesta di autorizzazione all'autorità di pubblica sicurezza, verbale di polizia giudiziaria, procura alle liti.

In evidenza

Il procedimento di verificazione di scrittura privata ex art. 216 c.p.c. dà luogo ad un autonomo giudizio sull'autenticità del documento in sé considerato, che ne costituisce l'oggetto immediato, sicché, in tale giudizio, la richiesta di accertamento dell'autenticità di altro documento, prodotto ma diverso da quello oggetto della originaria istanza di verificazione, costituisce domanda nuova, preclusa dall'art. 184 c.p.c. (vigente ratione temporis) ed inammissibile ove formulata in appello, ex art. 345 c.p.c. (cfr. Cass. civ.,sez. II, sent.,14 marzo 2016, n. 4946).

Le scritture di comparazione nella sentenza della Corte di cassazione n. 6460/2019

Il tema delle scritture di comparazione è stato nuovamente e recentemente affrontato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 6460/2019.

La Cassazione, nella pronuncia in commento, muovendo dalla natura e funzione del procedimento di verificazione – da individuarsi nell'accertamento dell'autenticità della scrittura privata o della sottoscrizione disconosciuta allo scopo di consentire alla parte che vi ha interesse di avvalersene nel giudizio in corso – ha ribadito, anzitutto, che è compito del giudice istruttore stabilire quali scritture debbano servire da comparazione senza tuttavia essere vincolato ad alcuna graduatoria tra le fonti di accertamento della autenticità.

Ed invero, in forza del principio generale dell'acquisizione della prova, anche le scritture prodotte da una parte processuale diversa da quella che ha proposto l'istanza di verificazione possano essere utilizzate, purché siano idonee alla funzione di comparazione: ovvero, come già visto, siano state espressamente o tacitamente riconosciute e, prosegue la Corte – richiamando un principio già espresso (cfr. Cass. civ., n. 3849/1979) – siano, per quanto possibile, coeve alla scrittura della quale si contesta l'autenticità (nel caso affrontato dalla Corte la scrittura di comparazione sulla quale il CTU aveva fondato prevalentemente le proprie conclusioni era costituita dalla sottoscrizione del consenso informato rilasciato dalla de cuius in epoca pressoché coeva alla redazione della scheda testamentaria, oggetto di verificazione).

Ed ancora, la sentenza in esame appare di particolare interesse perché conferma la natura di attestazione di autenticità della sottoscrizione apposta sul documento di identità da parte del richiedente, «attesa la necessità, imposta dalle norme che presiedono al rilascio del documento in questione, che tale sottoscrizione avvenga alla presenza del pubblico ufficiale addetto al relativo procedimento».

Conclusivamente, può affermarsi che la disciplina processuale che concerne le scritture di comparazione si giustifica avuto riguardo alle finalità del procedimento nel quale vengono in rilievo (giudizi di falso e di verificazione): accertamento della falsità/autenticità dell'atto pubblico e della scrittura privata autenticata o riconosciuta (giudizi di falso) e delle scritture private non autenticate (verificazione proposta in via principale) e di quelle disconosciute (verificazione incidentale).

Con l'ordinario principio dell'onere della prova (art. 2697 c.c.), per il quale l'attore è gravato dall'onere di dimostrare i fatti costitutivi della pretesa dedotta in giudizio (la autenticità della sottoscrizione della scrittura privata disconosciuta) sin interseca, compenetrandosi, il principio di acquisizione della prova (secondo il quale le prove, da qualunque parte processuale offerte ed a prescindere dalla distribuzione dell'onere probatorio, possono essere valutate dal Giudice nella formazione del suo libero convincimento) nonché il potere/dovere – particolarmente stringente e determinante – del giudice istruttore nella individuazione delle scritture di comparazione.

In evidenza

«In tema di prova documentale, il procedimento di verificazione di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c. ha la funzione di accertare l'autenticità della scrittura privata o della sottoscrizione disconosciuta allo scopo di consentire alla parte che vi ha interesse di avvalersene nel giudizio in corso, per cui il giudice di merito – che ha il compito di stabilire quali scritture debbano servire da comparazione – non è vincolato da alcuna graduatoria tra le fonti di accertamento dell'autenticità, ben potendo utilizzare, in virtù del principio generale dell'acquisizione della prova, anche le scritture prodotte dalla parte diversa da quella che ha proposto l'istanza di verificazione. Peraltro, la scrittura privata può assolvere alla funzione di comparazione quando sussista il dato positivo del suo riconoscimento espresso o tacito, ovvero quando non ne sia stata contestata l'autenticità, mentre la sua inidoneità a fornire la prova dell'autenticità della scrittura o della sottoscrizione disconosciuta non determina l'inammissibilità dell'istanza di verificazione, ma si riflette sul suo esito» (Cass. civ., sez.II, sent., 6 marzo 2019, n. 6460).

Riferimenti

Mandrioli, Diritto processuale civile, XVIII edizione; Commentario breve al codice di procedura civile, ed. 2018, Padova.

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