Tributario

Dichiarazione d'intento

Sonia Pucci
06 Marzo 2018

I soggetti che effettuano abitualmente cessioni all'esportazione o cessioni intracomunitarie, senza rivalersi dell'imposta nei confronti dei propri clienti, in quanto trattasi di operazioni non imponibili, possono acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell'IVA entro un certo limite, chiamato plafond, per evitare di trovarsi in una situazione di costante credito verso l'Erario. Lo status di “esportatore abituale” viene acquisito quando l'ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni non imponibili, registrati nell'anno precedente ovvero nei dodici mesi precedenti, è superiore al 10% del volume d'affari, al netto delle cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale. Pertanto, i soggetti - esportatori abituali - che intendono usufruire del regime di acquisto in sospensione d'imposta, sono soggetti ad alcune formalità, il cui adempimento rappresenta una condizione essenziale per poter godere del beneficio. Uno di questi adempimenti consiste nel consegnare o inviare ai fornitori o prestatori, dai quali si effettua l'acquisto in sospensione di imposta, una dichiarazione d'intento, redatta su un apposito modello conforme a quello approvato con il D.M. 6 dicembre 1986.
Inquadramento

La dichiarazione di intento esprime l'intento del contribuente di volersi avvalere delle agevolazioni previste dalla legge per l'esportatore abituale.

La dichiarazione deve essere redatta in duplice esemplare e può riguardare sia un'operazione singola che più operazioni tra le stesse parti.

Tuttavia, deve sempre precedere l'effettuazione del primo acquisto, in quanto la sua validità può essere ancorata ad un determinato periodo di tempo, prefissato o fino a revoca, oppure fino a concorrenza di un determinato importo. In ogni caso non può mai andare oltre il termine del 31 dicembre di ciascun anno.

A partire dal 1° gennaio 2015 la procedura per l'invio e la consegna delle lettere di intento è stata completamente modificata dall'art. 20 del Decreto Semplificazioni (D.Lgs. n. 175/2014), in quanto ora è l'esportatore abituale che deve trasmettere all'Agenzia delle Entrate la dichiarazione d'intento, e consegnare al fornitore la ricevuta da quest'ultima rilasciata per l'avvenuto invio. Il fornitore, a sua volta, solo dopo aver appurato che la procedura sia avvenuta correttamente, potrà emettere fattura senza IVA, pena l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 7, comma 4 bis, D.Lgs, n. 471/1997.

Adempimenti dell'esportatore abituale

La dichiarazione di intento deve essere progressivamente numerata dal dichiarante ed annotata entro 15 giorni successivi a quello di emissione, nell'apposito registro delle dichiarazioni di intento (emesse), tenuto e conservato secondo le regole stabilite all'art. 39, co .1, DPR n. 633/1972, oppure in apposite sezioni dei registri IVA vendite o corrispettivi.

Successivamente, l'esportatore che intende usufruire della non imponibilità dei propri acquisti, deve consegnare o spedire al fornitore una copia della suddetta dichiarazione di intento prima dell'effettuazione dell'operazione agevolata.

In evidenza: Momento rilevante

Per individuare il corretto momento entro cui inviare la lettera d'intento, occorre far riferimento all'art. 6, D.P.R. n. 633/1972, il quale individua i criteri per i quali l'operazione si considera effettuata. Come regola generale, il momento rilevante è dato da:

  • la consegna o la spedizione per gli acquisti di beni mobili;
  • la data di stipulazione per gli acquisti di beni immobili;
  • la data di pagamento del corrispettivo per la prestazione di servizi.

L'art. 6, poi, disciplina delle ipotesi particolari, per le quali valgono regole diverse. Comunque, la dichiarazione d'intento deve essere inviata prima che si realizzano i precedenti presupposti, cosicché nel caso in cui l'invio sia successivo, il fornitore dovrà emettere la fattura con l'Iva.

L'articolo 20, D.Lgs. n. 175/2014 (Decreto Semplificazioni 2014), ha modificato radicalmente la procedura, ribaltando, direttamente sull'esportatore abituale, il compito di comunicare al Fisco le dichiarazioni di intento emesse.

Infatti, a decorrere dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2015, l'onere di trasmettere telematicamente all'Agenzia delle Entrate la dichiarazione di intento è a carico dell'esportatore abituale (cessionario/committente), e non più del fornitore.

L'Agenzia delle Entrate con il Provvedimento 12 dicembre 2014, prot. n. 159674, ha definito le modalità e i termini di presentazione delle dichiarazioni di intento, nonché il modello, le istruzioni e le specifiche tecniche per la relativa trasmissione, modificato con Provvedimento 11 febbraio 2015, n. 19388, ulteriormente aggiornato con Provvedimento 2 dicembre 2016, n. 213221, quest'ultimo da utilizzare a partire dal 1° marzo 2017.

Dal 23 dicembre 2014, è disponibile sul sito dell'Agenzia delle Entrate il software di compilazione e di controllo “Dichiarazione d'intento”, nella sezione: Schede-Dichiarazioni-Dichiarazioni di intento-Software di compilazione Dichiarazioni di intento (IVI15).

L'invio della dichiarazione può essere effettuato:

  • direttamente online, da chi è abilitato a Entratel o Fisconline;
  • tramite i soggetti incaricati tradizionali, i quali hanno l'obbligo di rilasciare al dichiarante copia della dichiarazione inviata e della ricevuta rilasciata dall'Agenzia delle Entrate.

In questo modo, l'Agenzia delle Entrate condivide con le Dogane la banca dati delle lettere d'intento.

L'importatore viene così esonerato dall'obbligo di presentare in dogana la dichiarazione d'intento per evitare di pagare l'IVA all'importazione.

La condivisione dei dati tra l'Agenzia delle Entrate e delle Dogane, permetterà un'attività di controllo più efficace; si supera in tal modo la prassi consolidatasi con la Risoluzione n. 355235/1985, la quale prevedeva la presentazione in dogana della lettera d'intento per ogni operazione.

Ora, invece, a seguito della Risoluzione n. 38/E/2015, la dichiarazione d'intento può riguardare più operazioni doganali fino a concorrenza di un determinato importo.

Come chiarito dalle istruzioni, non si corre il rischio di “sprecare” il plafond, in quanto l'importo dell'impegno “effettivo” del plafond corrisponderà a quello risultante definitivamente dalla bolletta d'importazione. Per le dichiarazioni già presentate con la versione precedente del modello (per le quali non è ovviamente necessario procedere a un nuovo invio), l'importo indicato in corrispondenza del campo 1 del riquadro “Dichiarazione” si intenderà comunque riferito alla nuova dicitura (“importo fino a euro”).

Così, nel caso di una sola operazione si compilerà il campo 1 del riquadro “Dichiarazione”, mentre se si prevede l'effettuazione di più operazioni si compilerà il campo 2.

Si specifica che la lettera d'intento riguarda uno specifico fornitore, pertanto le dichiarazioni vanno trasmesse per ogni controparte.

Successivamente all'invio telematico, l'esportatore sarà tenuto a curare la consegna al fornitore, o in Dogana, della dichiarazione di intento e della relativa ricevuta di presentazione all'Agenzia delle Entrate.

Con riferimento all'ipotesi di presentazione della lettera di intento presso la Dogana, la Circolare dell'Agenzia delle Entrate 30 dicembre 2014, n. 31/E, al paragrafo 11 chiarisce che nel termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (13 dicembre 2014 - 12 aprile 2015), l'Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l'accesso alla Banca dati delle dichiarazioni di intento, al fine di consentire una celere circolazione delle informazioni a tale scopo.

Con la Nota 20 maggio 2015, n. 58510, anche se con un ritardo superiore a 30 giorni, l'Agenzia delle Dogane comunica che dal 25 maggio 2015 gli esportatori abituali che intendono effettuare importazioni in sospensione di imposta, non sono più obbligati a presentare la lettera di intento cartacea in Dogana e la relativa ricevuta di presentazione, e che è ora possibile presentare cumulativamente la dichiarazione di intento per più operazioni doganali. Ciò grazie alla consistente riduzione dei numerosi errori che si erano riscontrati nella compilazione delle dichiarazioni doganali da parte degli operatori, nonché alla collaborazione con l'Agenzia delle Entrate.

Le Dogane chiariscono, inoltre, che tutte le dichiarazioni di intento potranno essere utilizzate presso qualunque ufficio delle Dogane, senza alcuna limitazione di carattere territoriale.

Il Provvedimento prot. n. 159674/2014 citato, prevede un periodo “transitorio” per il quale, fino all'11 febbraio 2015, gli operatori possono consegnare o inviare la dichiarazione d'intento al proprio cedente o prestatore secondo le vecchie modalità, nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 3, comma 2, Statuto del Contribuente. Di conseguenza, il fornitore non dovrà verificare l'avvenuta presentazione della dichiarazione di intento all'Agenzia delle Entrate.

Pertanto, per le dichiarazioni di intento già consegnate o inviate nel corso del 2014 o dopo il 1° gennaio 2015, se riferite ad operazioni effettuate successivamente all'11 febbraio 2015, dovranno essere effettuate secondo le modalità previste dalla nuova disciplina.

A tale proposito, la Circolare n. 6/E/2015 dell'Agenzia delle Entrate ha chiarito che se l'esportatore ha inviato al proprio fornitore la dichiarazione d'intento secondo le vecchie regole esclusivamente in relazione ad operazioni da effettuarsi tra il 1° gennaio 2015 e l'11 febbraio 2015 (C.M. n. 31/E/2014):

  • l'esportatore avrà correttamente adempiuto l'obbligo mediante l'invio della dichiarazione al fornitore;
  • il fornitore non è tenuto a trasmettere tale dichiarazione all'Agenzia delle entrate, salvo l'obbligo di conservazione della dichiarazione ricevuta ai fini del controllo da parte dell'Amministrazione.

Infatti, per tali operazioni il termine per trasmettere la dichiarazione d'intento ricevuta secondo la precedente disciplina scadrebbe successivamente all'entrata in vigore delle nuove regole (12 dicembre 2015).

Adempimenti del fornitore

Annotazione

Il fornitore che riceve la dichiarazione di intento deve, a sua volta, numerarla progressivamente ed annotarla nel registro delle dichiarazioni di intento (ricevute).

In evidenza: Gli adempimenti del fornitore fino al 31.12.2014

Fino al 31.12.2014, l'onere della trasmissione della dichiarazione di intento era in capo al fornitore dell'esportatore individuale, il quale doveva inviare telematicamente la comunicazione entro il termine di effettuazione della prima liquidazione periodica IVA, mensile o trimestrale, nella quale confluiscono le operazioni realizzate senza applicazione dell'imposta, avvalendosi del modello approvato con Provvedimento Agenzia delle Entrate 14 marzo 2005.

Tale obbligo è stato introdotto dall'art. 1, c. 381, L. n. 311/2004 (Finanziaria 2005) a decorrere dal periodo di imposta 2005.

Verifica della dichiarazione d'intento

A partire dal 1° gennaio 2015, come già accennato, il Decreto Semplificazioni n. 175/2014, ha modificato il carico degli adempimenti, traslando l'onere dell'invio della lettera d'intento in capo all'esportatore abituale (cessionario/committente). Ora, infatti, il fornitore di beni e servizi, prima di effettuare la relativa operazione (emissione della fattura senza applicazione dell'IVA) avrà l'onere di verificare l'avvenuta trasmissione all'Agenzia delle Entrate della dichiarazione di intento da parte dell'esportatore abituale. Tale riscontro potrà essere effettuato:

Per tutti gli operatori, da subito sul sito dell'Agenzia delle Entrate attraverso una procedura in libero accesso (Servizi - Verifica ricevuta dichiarazione di intento), inserendo il codice fiscale del cedente/prestatore, del cessionario/committente, nonché il n. di protocollo della ricevuta telematica;

  • Per i soggetti abilitati ai servizi Entratel o Fisconline, non appena disponibile, interrogando il proprio cassetto fiscale, dal quale sarà possibile visionare sia la ricevuta telematica sia la dichiarazione di intento.

Lo stesso fornitore provvederà, inoltre, a riepilogare i dati delle dichiarazioni di intento ricevute nella dichiarazione IVA annuale (Quadro VI).

Nell'eventualità in cui il cedente o prestatore effettui operazioni nei confronti dell'esportatore abituale prima di aver ricevuto da parte di questi la dichiarazione di intento ed averne riscontrato l'avvenuta presentazione all'Agenzia delle Entrate, verrà applicata la sanzione da € 250 a € 2.000 prevista dall'art. 7, c. 4 bis, D.Lgs. n. 471/1997.


Emissione della fattura

Il fornitore dell'esportatore abituale deve anche verificare che la dichiarazione di intento ricevuta sia ancora valida in riferimento all'anno solare in corso, o, se è stata rilasciata dal cliente solo per un determinato periodo dell'anno, o per un determinato ammontare di operazioni, non siano stati superati i relativi limiti.


Nella fattura senza IVA che emetterà al cliente, dovrà indicare il titolo di non applicabilità dell'imposta e la relativa norma di esonero (non imponibile ai sensi dell'art. 8, comma 2 del DPR n. 633/72, oppure art. 8-bis, comma 2, oppure art. 9, comma 2), oltre che gli estremi della dichiarazione di intento attribuiti dall'esportatore.


Chiaramente, trattandosi di documento “senza IVA”, andrà applicata l'imposta di bollo in misura di euro 2,00, se l'importo della fattura è superiore ad euro 77,47.

Responsabilità

Il fornitore dell'esportatore abituale oltre ai controlli telematici a cui è tenuto a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 175/2014 sopra commentato, è tenuto anche a verificare l'effettiva consistenza della lettera d'intento ricevuta dal suo cliente esportatore abituale. Il cedente, infatti, qualora dimostri di aver compiuto anche una minima indagine per cercare di comprendere se tale dichiarazione sia veritiera o fraudolenta, è esonerato dalla responsabilità di mancato addebito dell'imposta sul valore aggiunto nel caso in cui l'esportatore abituale abbia emesso una lettera di intento falsa.

Ciò è quanto affermato dalla sentenza di Cassazione n. 176/2015, nella quale la Suprema Corte ha ricordato che il regime di non imponibilità scatta con l'emissione della lettera di intento da parte dell'esportatore, mentre il fornitore, una volta riscontrata la conformità alle disposizioni di legge, non è tenuto ad eseguire alcun altro controllo, rimanendo, quindi, a carico di chi emette tale dichiarazione la responsabilità, anche penale.

La sentenza di Cassazione n. 4593/2015 ribadisce in parte quanto già affermato, infatti, in caso di dichiarazioni d'intento ideologicamente false, il fornitore non è responsabile dell'imposta evasa qualora dimostri di aver posto in essere tutti i comportamenti necessari ad assicurarsi che l'operazione non fosse fraudolenta, in caso contrario si ritiene che il cedente avrebbe potuto sapere del reato.

E' bene sottolineare questo punto, poiché per l'Amministrazione finanziaria non è necessario avere prove certe e incontrovertibili, sono sufficienti, infatti, le presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti, e relative a fatti che mettano in allarme qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto (sentenza di Cassazione n. 23560/2012).

Sono proprio le sentenze sopracitate a fornirci alcuni degli elementi anormali che dovrebbero catturare l'attenzione del fornitore:

  • Utilizzo di mezzi atipici di pagamento;
  • Utilizzo di un codice attività non identificativo del cessionario;
  • Assenza della struttura societaria, dei dipendenti e beni strumentali e della contabilità (sentenza di Cassazione n. 12961/2013);
  • Anzianità cliente: non è un esportatore abituale colui che opera da meno di un periodo di imposta.

Sanzioni e ravvedimento operoso

L'art. 7, D.Lgs. n. 471/1997 determina le sanzioni applicabili in caso di omessa o errata dichiarazione; in particolare, è previsto quanto segue:

  • chi effettua operazioni senza addebito di imposta, in mancanza della dichiarazione d'intento, è punito con la sanzione dal 100 al 200% dell'imposta, oltre al versamento del tributo;
  • nel caso in cui l'esportatore abituale abbia rilasciato una dichiarazione d'intento in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dell'omesso versamento risponde unicamente l'esportatore;
  • chi, in mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, dichiara all'altro contraente o in dogana di volersi avvalere della facoltà di acquistare o di importare merci e servizi senza pagamento dell'imposta, ovvero ne beneficia oltre il limite consentito è punito con la sanzione dal 100 al 200% dell'imposta. Se il superamento del limite consegue a mancata esportazione, nei casi previsti dalla legge, da parte del cessionario o del commissionario, la sanzione è ridotta alla metà e non si applica se l'imposta viene versata all'ufficio competente entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l'esportazione, previa regolarizzazione della fattura;
  • il fornitore che effettua l'operazione senza addebito di imposta prima di aver verificato la correttezza della dichiarazione è punito con la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000.

Dopo aver effettuato l'invio, il cedente/prestatore può accorgersi di dover modificare o integrare la comunicazione già presentata. In questo caso la comunicazione può essere integrativa o rettificativa a seconda che avvenga prima o dopo la scadenza del termine.

La possibilità di rettificare o integrare la comunicazione già presentata è concessa entro 1 anno dall'errore quando la violazione non è già stata constatata e non sono iniziati accessi o altre attività amministrative di accertamento di cui il cedente o prestatore sia già venuto a conoscenza.


In questo caso lo stesso può avvalersi del ravvedimento operoso che si perfeziona trasmettendo la comunicazione correttiva della precedente e versando la relativa sanzione.

In evidenza: uso improprio del plafond

La Nota n. 39186 del 1999 (C.M. n. 98/E/2000), emanata dal Dipartimento delle Entrate, Direzione Centrale Accertamento e Programmazione, consente al contribuente che abbia utilizzato impropriamente il plafond di regolarizzare la propria posizione a condizione che non abbia presentato la dichiarazione Iva. La nota stessa offre lo schema da seguire per la regolarizzazione:

  1. Emissione di autofattura in duplice esemplare che riporti: il numero di protocollo delle fatture, la differenza tra il plafond disponibile e quanto utilizzato e l'imposta che andava indicata nelle fatture;
  2. Versamento con modello F24 dell'IVA, degli interessi maturati e le eventuali sanzioni ridotte;
  3. Presentazione di un esemplare dell'autofattura all'ufficio delle Entrate competente;
  4. Annotazione dell'autofattura nel registro degli acquisti.

Si veda anche la Risoluzione n. 16/E/2017, nella quale l'Agenzia delle Entrate illustra altre due modalità di regolarizzazione del plafond (illustrate nella bussola “plafond”).

Lettere di intento e dichiarazione IVA

L'Agenzia delle Entrate (Provv. n. 7772/2016) già dal modello per la Dichiarazione IVA 2016, ha tenuto conto anche delle novità introdotte dal Decreto semplificazioni n. 175/2014.

In particolare, per gli esportatori abituali ha previsto la compilazione del quadro VC a seconda del metodo scelto per la determinazione del plafond (metodo solare o metodo mensile). Così nel caso in cui si sia scelto il metodo solare, il contribuente dovrà compilare le prime 4 colonne, mentre nel secondo caso dovrà compilare tutte e sei le colonne. Comunque, a prescindere dal metodo scelto, dovrà indicare nel rigo VC14, l'ammontare del plafond disponibile al 1° gennaio dell'anno a cui si riferisce la dichiarazione e dovrà barrare il metodo di determinazione adottato.

Nel quadro VI introdotto nella Dichiarazione IVA 2016 destinato ai fornitori degli esportatori abituali, vanno indicati i dati relativi alle dichiarazioni di intento ricevute. I fornitori dovranno, pertanto, indicare la partita IVA dell'esportatore abituale e il numero di protocollo (attribuito dall'Agenzia delle Entrate) delle dichiarazioni di intento ricevute nel periodo di imposta.

Nella Dichiarazione IVA 2016, nel caso di lettere d'intento ricevute prima del 12 febbraio 2015, il fornitore poteva inserire, in luogo del numero di protocollo, il numero progressivo assegnato dall'esportatore abituale alla dichiarazione d'intento (compilando la colonna 3, ora non più presente).

Nel quadro VI (a partire dalla dichiarazione IVA 2017), infatti, è stata soppressa la colonna 3 dei righi da VI1 a VI6 dove andava indicato, in assenza del numero di protocollo attribuito dall'Agenzia alla dichiarazione di intento trasmessa, il numero progressivo assegnato alla stessa dall'esportatore abituale.

Modello della dichiarazione di intento (integrato con modifiche apportate dal provvedimento n. 213221/2016), valido dal 1° marzo 2017

Rispetto alla versione precedente, non vi è più il campo che permette la possibilità di effettuare operazioni senza applicazione dell'IVA per un determinato periodo dell'anno, senza indicazione specifica dell'importo del plafond che intende utilizzare. La motivazione espressa nello stesso provvedimento è relativa ad un più puntuale monitoraggio ed una migliore analisi del rischio delle operazioni in commento, anche al fine di contrastare fenomeni evasivi e fraudolenti connessi all'utilizzo improprio di tale regime agevolativo.

In questo modo, infatti, l'esportatore abituale dovrà indicare l'anno di riferimento, nonché la tipologia di bene o di servizio che intende acquistare senza IVA, specificando il relativo importo, qualora si dichiari una sola operazione, l'ammontare fino a concorrenza del quale si intende effettuare acquisti senza IVA, se la dichiarazione si riferisce a più operazioni.

Sostanzialmente, si dovrà indicare fino a quale importo ciascun fornitore potrà emettere fatture senza IVA.

Con la Risoluzione 120/E/2016, l'Agenzia delle Entrate, ha voluto fornire i seguenti chiarimenti al fine di chiarire taluni dubbi applicativi relativi al “passaggio” dal vecchio al nuovo modello.

Utilizzo del nuovo modello di dichiarazione d'intento

L'Agenzia, in primo luogo, ribadisce che il nuovo modello può essere utilizzato solo per gli acquisti da effettuare a decorrere dal 1° marzo 2017; pertanto, per le operazioni da effettuare sino al 28 febbraio 2017 va utilizzato il “vecchio” modello.

Inoltre, oltre ad aver precisato che l'importo da indicare nel campo 2 della sezione “dichiarazione” deve rappresentare l'ammontare fino a concorrenza del quale si intende utilizzare la facoltà di effettuare acquisti senza Iva nei confronti dell'operatore economico al quale è presentata la dichiarazione, la risoluzione ha sottolineato che “particolare attenzione deve essere riservata alla verifica dell'importo complessivamente fatturato senza Iva dal soggetto che riceve la dichiarazione, che non deve mai eccedere quanto indicato nella dichiarazione d'intento”.

Dichiarazione d'intento presentata con il “vecchio” modello

Nel caso in cui l'esportatore abituale abbia presentato una dichiarazione d'intento con il “vecchio” modello nel quale siano stati compilati:

  • i campi 3 e 4operazioni comprese nel periodo da” (ad esempio dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017), la stessa dichiarazione non è valida per gli acquisti in sospensione da effettuare a partire dal 1° marzo 2017. Per tali operazioni deve essere presentata una “nuova” dichiarazione d'intento utilizzando il nuovo modello;
  • il campo 1una sola operazione per un importo fino ad euro o il campo 2operazioni fino a concorrenza di euro”, la stessa dichiarazione ha validità fino a concorrenza dell'importo indicato, rispettivamente per la sola operazione o per le più operazioni di acquisto effettuate dopo il 1° marzo 2017. In tali casi, non va presentata una nuova dichiarazione d'intento.

Acquisti senza IVA per importo superiore a quello indicato

Qualora l'esportatore abituale, nel corso dell'anno, voglia acquistare senza IVA per un importo “superiore” all'ammontare riportato nella dichiarazione d'intento è tenuto a presentare un nuovo modello, “integrante” quello precedente, che indichi l'ulteriore ammontare fino a concorrenza del quale si intende continuare ad utilizzare la facoltà di effettuare acquisti senza IVA.

Dichiarazioni di intento in caso di depositi IVA

Per gli esportatori abituali che effettuano l'estrazione di beni da deposito IVA senza pagamento dell'imposta prevista dal comma 6, art. 50-bis, D.L. n. 331/1993, così come riformulato dall'art. 4, co. 7, D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla Legge 1 dicembre 2016, n. 225, la Risoluzione 20 marzo 2017, n. 35/E, fornisce alcuni chiarimenti circa le modalità di compilazione e di presentazione delle dichiarazioni d'intento e ha fornito alcuni chiarimenti circa l'utilizzo del plafond, in vista dell'imminente entrata in vigore delle nuove disposizioni, prevista per il 1 aprile 2017. È stata inoltre pubblicata la bozza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la quale le imprese «affidabili» devono attestare il possesso dei relativi requisiti.

Compilazione

Secondo quanto indicato dalla nuova Risoluzione, l'esportatore abituale deve compilare una dichiarazione d'intento per ogni singola estrazione, indicando come destinatario della stessa il gestore del deposito.

Nella Sezione “Destinatario della dichiarazione” del modello – si legge nel documento di prassi - vanno indicati il codice fiscale, la partita IVA e la denominazione del gestore del deposito IVA.

L'importo dell'estrazione, calcolato come indicato nel primo periodo del comma 6, art. 50-bis, deve essere inserito nel modello nella Sezione “Dichiarazione” campo 1 “una sola operazione per un importo fino a euro”.

Presentazione/verifica della trasmissione

La dichiarazione d'intento deve essere trasmessa all'Agenzia delle Entrate che rilascia la relativa ricevuta telematica. Dichiarazione e ricevuta devono essere consegnate al gestore del deposito, che procede a riscontrare telematicamente l'avvenuta presentazione all'Agenzia delle Entrate.

Si dovranno continuare ad applicare le modalità procedurali previste dal penultimo periodo del citato comma 6, art. 50-bis, per lo svincolo della garanzia (“Fino all'integrazione delle pertinenti informazioni residenti nelle banche dati delle Agenzie fiscali, il soggetto che procede all'estrazione dei beni introdotti in un deposito IVA ai sensi del comma 4, lettera b), comunica al gestore del deposito IVA i dati relativi alla liquidazione dell'imposta, anche ai fini dello svincolo della garanzia ivi prevista”).

Sul punto la Risoluzione riprende le indicazioni fornite dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con Nota 7 settembre 2011, prot. n. 84920/RU e Nota 5 ottobre 2011, prot. n. 113881/RU. In particolare, il punto 2 della Nota prot. n. 113881/RU precisa che il soggetto che procede all'estrazione deve produrre:

  • copia dell'autofatturaovvero, in caso di esportazione o di cessione intracomunitaria, copia della fattura, integrata con gli estremi della registrazione nei libri contabili ovvero, in alternativa a tale integrazione, corredata da copia del registro di cui agliartt. 23,24e25, D.P.R. n. 633/1972 da cui risulti l'avvenuta registrazione delle suddette fatture;
  • dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, con allegata la copia di un documento di identità, rilasciata ai sensi degliartt. 19e47, D.P.R. n. 445/2000 e attestante la conformità all'originale e l'effettiva registrazione nei libri contabili dell'autofattura o della fattura;
  • utilizzo del Plafond:l'utilizzo della dichiarazione d'intento per l'estrazione di beni da deposito IVA comporta, ovviamente, utilizzo da parte dell'esportatore abituale del suo plafond disponibile. In particolare, per ogni singola estrazione l'importo del plafond va ridotto dell'ammontare indicato nella Sezione “Dichiarazione” - campo 1 “una sola operazione per un importo fino a euro” del modello.

Riferimenti

Normativi

  • Art. 50-bis, D.L. n. 331/1993, modificato dall'art. 4, co. 7, D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla Legge 1 dicembre 2016, n. 225
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 2 dicembre 2016, n. 213221
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 15 gennaio 2016, n. 7772
  • Legge 28 dicembre 2015, n. 208
  • D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158
  • Agenzia delle Dogane, Nota 20 maggio 2015, n. 58510
  • Agenzia delle Dogane, Nota 20 aprile 2015, n. 46452/RU
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 11 febbraio 2015, n. 19388
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 12 dicembre 2014, n. 159674
  • D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175
  • Art. 2, D.L. 2 marzo 2012, n. 16 conv. mod. Legge 26 aprile 2012, n. 44
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 14 marzo 2005
  • Art. 1, comma 385, Legge 30 dicembre 2004, n. 311
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471
  • Art. 42, comma 2, D.L. 30 agosto 1993, n. 331
  • D.M. 6 dicembre 1986
  • D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, conv. mod. Legge 27 febbraio 1984, n. 17

Giurisprudenza

  • Cass. civ., sez. trib., 6 marzo 2015, n. 4593
  • Cass. civ., 9 gennaio 2015, n. 176
  • Cass. civ., sez. trib., 24 maggio 2013, n. 12961
  • Cass. civ., sez. trib., 20 dicembre 2012, n. 23560
  • Cass. civ., 11 novembre 2011, n. 23610
  • Cass. civ., 27 ottobre 2010, n. 21956
  • Cass. civ., 17 marzo 2010, n. 6458
  • Cass. civ., 10 dicembre 2008, n. 28948
  • Cass. civ., sez. trib., 20 giugno 2008, n. 16819
  • Cass. civ., sez. trib., 26 ottobre 2005, n. 20834

Prassi

  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 20 marzo 2017, n. 35/E
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 6 febbraio 2017, n. 16/E
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 22 dicembre 2016, n. 120/E
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 13 aprile 2015, n. 38/E
  • Agenzia delle Entrate, Circolare 19 febbraio 2015, n. 6/E
  • Agenzia delle Entrate, Circolare 30 dicembre 2014, n. 31/E
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 1° agosto 2012, n. 82/E
  • Agenzia delle Entrate, Circolare 13 marzo 2009, n. 8/E
  • Agenzia delle Entrate, Circolare 26 settembre 2005, n. 41/E
  • Circolare Ministeriale 17 maggio 2000, n. 98/E
  • Ministero delle Finanze, Risoluzione 27 luglio 1985, n. 355235

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