La prescrizione dei crediti retributivi nell'ipotesi di collaborazione autonoma irregolare (riqualificata in rapporto di lavoro di natura subordinata)
16 Novembre 2017
Massima
In assenza di un regime di stabilità del rapporto di lavoro, la prescrizione dei crediti retributivi decorre dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. La sussistenza di una situazione di effettivo “timore” delle conseguenze associate al recesso (quale circostanza idonea a posticipare il dies a quo della data di decorrenza della prescrizione) non deve essere valutata ex post in relazione alle tutele applicabili con riferimento al rapporto di lavoro “riqualificato” (scenario ipotetico), ma deve essere analizzata ex ante, con riferimento all'effettivo grado di stabilità che connota la collaborazione autonoma (quantunque non genuina). Il caso
Un ex-amministratore di società proponeva opposizione avverso lo stato passivo di una società in stato fallimentare, per rivendicare, in via principale, l'accertamento della natura subordinata dell'attività resa, nella pretesa qualità di dirigente, in favore dell'ex-datrice di lavoro, nonché, per l'effetto, il pagamento dei relativi trattamenti retributivi.
Il Tribunale rigettava ambedue le domande.
Avverso la predetta decisione, ricorreva in Cassazione l'ex-amministratore; la curatela fallimentare si opponeva con controricorso. Le questioni
L'ordinanza in commento affronta il tema della decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi con riferimento, nella fattispecie, all'ipotesi in cui un rapporto formalmente autonomo sia oggetto di una domanda giudiziale di riqualificazione in un rapporto di natura subordinata.
Per circa 40 anni, la giurisprudenza è stata unanime nel ritenere che la prescrizione dei crediti retributivi decorresse:
Tale criterio, tuttavia, non trova applicazione laddove il credito retributivo acceda ad un rapporto di lavoro la cui natura subordinata derivi, non già dalla originaria volontà delle parti stipulanti, bensì da una pronuncia giudiziale costitutiva di tipo riqualificatorio. In tali ipotesi, la verifica del livello occupazionale non assume rilievo alcuno ai fini dell'individuazione del dies a quo del decorso della prescrizione, il quale (come vedremo nel prosieguo) dipende dal grado di stabilità del contratto di collaborazione autonoma, indipendentemente dalla sua (eventuale) riqualificazione.
Sotto altro profilo, l'entrata in vigore della Riforma Fornero (prima) e del D.Lgs. n. 23/2015 (poi), quest'ultimo con il correlato sistema di “tutele crescenti”, ha progressivamente ridotto l'ambito di applicazione della tutela reintegratoria nel caso di licenziamento invalido, a favore di quella indennitaria.
I principi sino ad oggi elaborati dalla giurisprudenza in tema di decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi nelle aziende di grandi dimensioni – correlati alla operatività, in caso di licenziamento ingiustificato, dell'unico rimedio della reintegrazione – devono essere riaggiornati nel contesto di un panorama normativo profondamento mutato. Le soluzioni giuridiche
I crediti retributivi sono soggetti alla prescrizione breve quinquennale, prevista dall'art. 2948, comma 1, n. 4, c.c.
A norma dell'art. 2935 c.c. la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
L'individuazione del momento in cui la prescrizione dei crediti retributivi connessi al rapporto di lavoro inizia la sua decorrenza è stata oggetto di un lungo dibattito (giurisprudenziale e dottrinale).
La Corte Costituzionale, con sentenza del 10 giugno 1966, n. 63, aveva sancito il generale principio del differimento della decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
In assenza della garanzia di stabilità del rapporto di lavoro, così argomenta la Consulta, il lavoratore, per il timore del licenziamento, potrebbe essere indotto a rinunziare ad esercitare i propri diritti. In questo contesto di metus, «la rinuncia, quando è fatta durante quel rapporto, non può essere considerata una libera espressione di volontà negoziale».
L'operatività del principio espresso dalla Corte Costituzionale è stata messo in discussione all'indomani dell'entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori (L. 20 maggio 1970, n. 300), con l'introduzione della tutela reintegratoria in caso di licenziamento invalido per i lavoratori impiegati presso imprese di grandi dimensioni.
Preso atto delle novità legislative, i giudici della Corte Costituzionale sono tornati a pronunciarsi sul tema della decorrenza della prescrizione con sentenza del 12 dicembre 1972, n. 174, disapplicando la regola della “posticipazione” del dies a quo «tutte le volte che il rapporto di lavoro subordinato sia caratterizzato da una particolare forza di resistenza, quale deriva da una disciplina che assicuri normalmente la stabilità del rapporto»(come nel caso dell'applicabilità della tutela reintegratoria di cui all'art. 18 L. n. 300/1970).
Di qui, il principio applicato sino ad oggi, per cui il termine di prescrizione previsto per i crediti retributivi decorre in corso di rapporto unicamente per i lavoratori per i quali il regime sanzionatorio in ipotesi di licenziamento invalido sia costituito dalla reintegrazione. Per i lavoratori ai quali, invece, il licenziamento ingiustificato sia esclusivamente ristorato da rimedi obbligatori/indennitari (vale a dire, i lavoratori esclusi dall'ambito di applicazione dell'art. 18 L. n. 300/1970), la prescrizione decorre dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
La medesima regola, mutatis mutandis, è stata utilizzata per identificare il momento di decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi con particolare riferimento ai rapporti di lavoro stipulati con personale inquadrato nella categoria dirigenziale, i quali, come noto, sono esclusi dalla regola di necessaria giustificazione del licenziamento (alla luce del combinato disposto degli artt. 1, 3 e 10, L. n. 604/1966).
Conseguentemente, i giudici del lavoro hanno chiarito che la prescrizione dei crediti retributivi relativa al rapporto di lavoro dirigenziale, in quanto il medesimo accede ad una tutela di tipo esclusivamente indennitario di fonte collettiva, deve essere posticipata alla data di cessazione del rapporto di lavoro (Cass. sez. lav., 23 giugno 2003, n. 9968).
Ancora diverso è stato l'approccio con riferimento alla particolare ipotesi di un rapporto di lavoro originariamente costituito inter partes nelle forme di un lavoro autonomo e, solo successivamente, riqualificato ope judicis in un rapporto di natura subordinata.
Con riferimento a tali fattispecie, il requisito dimensionale del datore di lavoro non è stato considerato un criterio scriminante per determinare il dies a quo della decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi.
Laddove la collaborazione autonoma non sia genuina, l'applicazione della tutela reale in caso di licenziamento ingiustificato non è automatica, ma si pone quale (una delle) conseguenze a valle di un (ipotetico ed incerto) provvedimento giudiziale che riqualifichi la relazione giuridica inter partes in un rapporto di lavoro di natura subordinata.
Pertanto, la sussistenza di una situazione di effettivo “timore” del recesso (quale circostanza idonea a posticipare il dies a quo della data di decorrenza della prescrizione) non deve essere valutata ex post in relazione alle tutele applicabili con riferimento al rapporto di lavoro “riqualificato” (scenario ipotetico), ma deve essere analizzata ex ante, con riferimento all'effettivo grado di stabilità che connota la collaborazione autonoma (quantunque non genuina).
In questo contesto, la giurisprudenza ha affermato che «la decorrenza o meno della prescrizione in corso di rapporto va verificata con riguardo al concreto atteggiarsi del medesimo in relazione alla effettiva esistenza di una situazione psicologica di metus del lavoratore e non già alla stregua della diversa normativa garantistica che avrebbe dovuto astrattamente regolare il rapporto, ove questo fosse stato pacificamente riconosciuto dalle parti fin dall'inizio come avente le modalità che il giudice, con un giudizio necessariamente "ex post", riconosce, applicando, quindi, la relativa disciplina legale» (Cass. sez. lav., 13 dicembre 2004, n. 23227).
L'ordinanza in commento si inserisce nel solco del citato orientamento, riaffermando che «in assenza di un regime di stabilità reale, la decorrenza della prescrizione inizia dalla cessazione del rapporto di lavoro, essendo la regola costituita dalla sua sospensione nel corso del rapporto di lavoro e l'eccezione quella della sua decorrenza immediata. Tale regola vale anche per i crediti di un lavoratore formalmente autonomo, di cui successivamente sia stata riconosciuta la natura subordinata del rapporto». Osservazioni
La pronuncia in esame offre lo spunto per affrontare il tema della decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi alla luce del D.Lgs. n. 23/2015 e dell'introduzione del sistema a “tutele crescenti” per gli assunti a far data dal 7 marzo 2015.
Ad onor del vero, il tema era tornato oggetto di dibattito con l'entrata in vigore della L. n. 92/2012 (Riforma Fornero) e con la conseguente modifica dell'art. 18 L. n. 300/1970, nel cui ambito si è assistito alla riduzione del perimetro di operatività della tutela reintegratoria a favore di quella indennitaria.
Al riguardo i primi commentatori, rilevando immediatamente che la riformulazione dell'art. 18 sollevava anche un problema in ordine alla prescrizione dei crediti retributivi derivanti dal rapporto di lavoro, si sono divisi. Mentre una parte ha ritenuto che la corresponsione di un'indennità risarcitoria possa comunque rappresentare per il lavoratore una garanzia tale da non indurlo a rinunciare all'esercizio dei propri diritti in costanza di rapporto, altra parte della dottrina, invece, in considerazione della diminuzione delle ipotesi di piena stabilità reale del rapporto di lavoro, ha ritenuto di poter applicare, in via generalizzata, il principio della decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
Successivamente, nell'ambito del sistema delle c.d. “tutele crescenti”, le ipotesi di reintegrazione nel posto di lavoro a seguito di licenziamento invalido sono state esiliate a fattispecie ancora più marginali.
La riduzione delle ipotesi in cui opera, oggi, la stabilità del rapporto di lavoro anche nell'ambito del D.Lgs. n. 23/2015, ha condotto gli interpreti ad interrogarsi nuovamente sulla tenuta dei principi elaborati in tema di decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi.
Si è quindi ipotizzata l'introduzione di un regime di decorrenza invertito dove al crescere delle tutele verrà legata la decorrenza della prescrizione. In altre parole, «sussistendo il requisito occupazionale, un lavoratore che potrà richiedere l'indennizzo economico nella misura massima o comunque in una misura consistente, avendo una forza contrattuale maggiore, maturerà la prescrizione in corso di rapporto, mentre un neoassunto la maturerà successivamente al raggiungimento di un numero di anni che potrà rappresentare un deterrente per il proprio licenziamento»(Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Circolare 18 febbraio 2015, n. 4). |