Anzianità di servizio quale unico parametro della tutela risarcitoria?
19 Aprile 2019
In una vicenda che coinvolge la persona del lavoratore nel momento traumatico della sua espulsione dal lavoro, la tutela risarcitoria non può essere ancorata all'unico parametro dell'anzianità di servizio. Non possono che essere molteplici i criteri da offrire alla prudente discrezionale valutazione del giudice chiamato a dirimere la controversia. Tale discrezionalità si esercita, comunque, entro confini tracciati dal legislatore per garantire una calibrata modulazione del risarcimento dovuto, entro una soglia minima e una massima. All'interno di un sistema equilibrato di tutele, bilanciato con i valori dell'impresa, la discrezionalità del giudice risponde, infatti, all'esigenza di personalizzazione del danno subito dal lavoratore, pure essa imposta dal principio di eguaglianza. La previsione di una misura risarcitoria uniforme, indipendente dalle peculiarità e dalla diversità delle vicende dei licenziamenti intimati dal datore di lavoro, si traduce in un'indebita omologazione di situazioni che possono essere - e sono, nell'esperienza concreta – diverse.
Il meccanismo previsto dall'art. 3, d.lgs. n. 23 del 2015, è stato ritenuto illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza C. cost. n. 194 del 2018. Invero, l'art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23 del 2015, nella parte in cui determina l'indennità in un "importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio", non realizza un equilibrato componimento degli interessi in gioco: la libertà di organizzazione dell'impresa da un lato e la tutela del lavoratore ingiustamente licenziato dall'altro. Con il prevedere una tutela economica che può non costituire un adeguato ristoro del danno prodotto, nei vari casi, dal licenziamento, né un'adeguata dissuasione del datore di lavoro dal licenziare ingiustamente, la disposizione censurata comprime l'interesse del lavoratore in misura eccessiva, al punto da risultare incompatibile con il principio di ragionevolezza.
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