Il principio di derivazione rafforzata ex art. 83, comma 1, TUIR: le principali tematiche interpretative

28 Maggio 2019

Con il principio di derivazione rafforzata il legislatore ha inteso attuare una riforma intesa a pervenire ad una tassazione dell'effettiva capacità contributiva delle imprese. L'art. 83 TUIR prevede che, per le imprese che redigono il bilancio in base ai principi contabili nazionali, la corretta imputazione a bilancio di un componente reddituale spiega i suoi effetti non solo sul piano civilistico ma anche in ambito fiscale. Il presente contributo si interroga sull'impatto del principio e sull'effettiva attuazione della riforma.
Introduzione

La risposta n. 1/2019 data dalla Direzione Centrale Grandi Contribuenti dell'Agenzia delle Entrate ad un interpello ex art. 11, comma 1, lett. a) L. n. 212/2000 fa alquanto riflettere e stimola un approfondimento sull'art. 83, comma 1-bis del Tuir. Anzi, le reticenze che emergono dalla menzionata risposta impongono una domanda: i funzionari dell'Agenzia delle Entrate ostacoleranno, più o meno inconsciamente, la piena attuazione della riforma apportata con la modifica dell'art. 83 Tuir?

Una cosa è certa: la riforma è ambiziosa e la sua piena attuazione sarebbe un significativo passo avanti per finalmente pervenire alla tassazione della effettiva capacità contributiva delle imprese. Ma la “derivazione rafforzata” ad oggi non ha trovato l'attenzione che merita, nel mentre incomincia ad essere posta al centro di controversie che si preannunziano alquanto complesse. Da qui la necessità di richiamare sul tema l'attenzione degli addetti ai lavori.

Perché si giudica reticente la risposta all'interpello n. 1/2019 della Direzione Centrale Grandi Contribuenti? Di seguito il fatto e le osservazioni dello scrivente.

Società multinazionale di rilevante dimensione ha sottoposto all'Agenzia delle Entrate il seguente quesito: a quale esercizio va attribuito il bonus riconosciuto ai dipendenti determinato mediante un processo di valutazione “peer review”?

Considerato che la quantificazione del bonus si conclude in momento successivo rispetto al termine dell'esercizio; rilevato che viene pagato in due momenti diversi (una quota parte entro il termine dell'esercizio ed il saldo a conclusione del processo di quantificazione); constatato che la valutazione dell'operato dei dipendenti può essere ultimata nei primi mesi dell'esercizio successivo; considerato ancora che il calcolo del bonus in parola si conclude prima della chiusura del progetto di bilancio; l'interpellante ha ritenuto imputabile l'intero bonus all'esercizio di competenza, ovvero a quello in chiusura.

L'Agenzia delle Entrate, nulla eccependo sull'acconto pagato nel corso dell'esercizio, in relazione al saldo ritiene che “abbia natura di accantonamento dal punto di vista contabile ai sensi dell'OIC 29 e dell'OIC 31” e pertanto “tale circostanza lo renderebbe indeducibile dal reddito d'impresa nel 2017 anche a seguito delle nuove regole di derivazione rafforzata introdotte per i soggetti OIC”. E così conclude: “Viceversa, nella differente ipotesi in cui la componente b) - ndr, il saldo pagato nell'esercizio 2018 - non avesse natura di accantonamento dal punto di vista contabile, i bonus in esame, imputati nel rendiconto economico chiuso al 31 dicembre 2017 (annualità oggetto di valutazione), sarebbero fiscalmente deducibili nel medesimo periodo di imposta”.

A parere di chi scrive, nella fattispecie in esame non vi era alcuna necessità di frapporre dubbi e perplessità: i bonus a favore dei dipendenti sono regolati da contratto, la loro quantificazione è un mero processo matematico che per sua natura richiede l'acquisizione di dati disponibili solo dopo qualche mese dalla chiusura dell'esercizio, per cui non si rendono applicabili il primo e il secondo comma dell'art. 109 Tuir. E ciò perché l'esistenza dell'onere è certa ed è determinabile in modo obiettivo prima che venga adottato il progetto di bilancio da sottoporre ai soci.

Il bilancio è redatto in adozione dei principi contabili di cui diremo meglio appresso, sicché “valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazioni in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili”.

In buona sostanza, l'onere riconducibile ai detti bonus andava rilevato, ad avviso di chi scrive, per intero nel conto economico del bilancio 2017 con la contestuale esposizione, nel passivo dello stato patrimoniale, del debito verso i dipendenti per la parte ancora da liquidare.

Fuorviante appare, per questo, il suggerimento di appostare detto onere in un Fondo, per poi avanzare il dubbio sulla sua deducibilità.

Il tema in trattazione appare da subito alquanto complesso. Invero è stato oggetto di significativi interventi del Legislatore e materia di attenta analisi da parte dell'Agenzia delle entrate e dell'OIC, rientrando in un ampio disegno che dovrebbe portare, in un arco temporale che ci si augura non sia molto ampio, alla piena condivisione a livello europeo dei principi che presiedono alla stesura dei bilanci delle imprese, con la sola esclusione delle imprese minimali.

Trattandosi di progetto complesso, non poteva che essere attuato per gradi. E difatti:

- un primo passo è stato fatto con il D. Lgs. n. 38/2005 nel quale si è data, tra l'altro, rilevanza al principio internazionale di prevalenza della sostanza sulla forma;

- con la Finanziaria 2008 si è dato riconoscimento al principio di "derivazione rafforzata" per i soggetti IAS adopter;

- mentre una forte accelerazione si è registrata con l'art. 13-bis del d. l. n. 244/2016 sopra indicato.

Derivazione rafforzata

Si è sopra appena accennato alla “derivazione rafforzata”, tema alquanto complesso che merita una esposizione ordinata.

In forza dell'art. 83, comma 1, del d.p.r. n. 917/1986, norma che in atto disciplina il principio di derivazione rafforzata, per le imprese che redigono il bilancio in base ai principi contabili nazionali, la corretta imputazione a bilancio di un componente reddituale spiega i suoi effetti non solo sul piano civilistico ma anche in ambito fiscale.

In parole povere, le risultanze del bilancio civilistico determinano la base di computo per pervenire alla definizione dell'imponibile ai fini delle imposte dirette.

Va rammentato che il D. Lgs. n. 6/2003 aveva introdotto il concetto di "funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo" e che, in attuazione della direttiva comunitaria n. 2013/34/UE, è stato emanato il D. Lgs. n. 139/2015, che ha apportato significative modifiche al Codice Civile nella parte che tratta la struttura dello Stato patrimoniale e del Conto economico, ma anche ai criteri di valutazione di cui all'art. 2426 c.c. (che, nell'ambito della definizione dei principi di redazione del bilancio, fissa, tra l'altro, il principio della prevalenza della sostanza sulla forma).

Questa riflessione non può, pertanto, che partire dall'analisi dell'art. 83 del Tuir – “Determinazione del reddito complessivo”.

Il comma 1 dell'art. 83 – giova ripetere – dispone che per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni del Tuir, i criteri previsti dai rispettivi principi contabili, ovvero qualificazione, classificazione e imputazione temporale.

Concetti ben definiti nel corpo della circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 7/E/2011 nei seguenti termini.

  • Qualificare significa individuare:

- lo schema giuridico-contrattuale cui ricondurre la specifica operazione in base alla rappresentazione in bilancio (ad esempio, acquisto con pagamento differito);

- se l'operazione genera flussi reddituali o patrimoniali (ad esempio, acquisto e vendita di azioni proprie);

- se l'operazione non sia rappresentata nel bilancio IAS (ora anche OIC), ma possa considerarsi fiscalmente realizzata o meno sotto il profilo giuridico-formale (ad esempio, vendita con assunzione di garanzia significativa).

  • Classificare significa individuare:
  • la specifica tipologia o classe di provento/onere (conto economico) di ciascuna operazione, come qualificata nella rappresentazione IAS (ora anche OIC) (ad esempio, fondi di ripristino e bonifica);
  • la specifica tipologia o classe di attivo/passivo (Stato patrimoniale) di ciascuna operazione, come qualificata nella rappresentazione IAS (ora anche OIC) (ad esempio, classificazione di attività e strumenti finanziari).
    • Imputare, sotto il profilo temporale, significa individuare:
    • la natura economica, che potrebbe essere diversa da quella giuridico-formale (ad esempio, ricavi di attivazione);
    • il periodo di imposta in cui i componenti reddituali fiscalmente rilevanti concorrono a formare la base imponibile (oneri relativi a più esercizi di cui all'art. 108, comma 3, del Tuir).

Il fenomeno della “imputazione temporale” attiene alla corretta individuazione del periodo d'imposta in cui i componenti reddituali fiscalmente rilevanti devono concorrere a formare la base imponibile.

Con l'introduzione dei principi contabili, sia nazionali che internazionali, viene dato maggior spazio a momenti di valutazione, con effetti sul risultato di esercizio talvolta rilevanti.

Le poste di bilancio – abbiamo visto - devono essere analizzate secondo il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Ciò comporta che il redattore del bilancio è chiamato ad uno sforzo interpretativo dei fatti gestionali e degli atti che produce la vita d'impresa per ricavarne la sostanza economica, talvolta notevolmente diversa dal contenuto giuridico-formale degli atti. Quest'attività sarà inevitabilmente influenzata da componenti soggettive e, pertanto, destinata a produrre momenti di contrapposizione sia con gli organi di controllo interno alle società che con l'organo di controllo per antonomasia, l'Amministrazione finanziaria.

Va evidenziato che la “derivazione rafforzata” non trova applicazione nei confronti delle società di persone e delle imprese individuali. Mentre si estende a tutti i soggetti IRES, anche se non costituiti in forma societaria (enti non commerciali impegnati nella gestione di impresa eventualmente posta in essere e stabili organizzazioni in Italia di imprese estere) sempre che redigano il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile.

Si osserva ancora che quanto dispone l'art. 13-bis del d.l. n. 244/2016 si era reso necessario per superare la resistenza dell'Agenzia delle Entrate (il riferimento è alle risposte date dall'Agenzia alla stampa specializzata nel febbraio 2016) sulla interpretazione da dare all'art. 83: l'Ufficio riteneva operativa - in via permanente - la clausola di "invarianza finanziaria" di cui all'art. 11 il d.lgs. n. 139/2015.

Il principio della derivazione contabile

L'art. 83 fissa i criteri per pervenire alla determinazione del reddito d'impresa da sottoporre a tassazione, ampliando un principio già in qualche misura presente nel sistema fiscale: il principio della derivazione delle risultanze fiscali da quelle contabili. Crea cioè un rapporto di dipendenza dell'imponibile fiscale dalle risultanze contabili. Dipendenza mitigata in forza del meccanismo delle variazioni (in aumento e in diminuzione) da apportare all'utile di esercizio esposto nel bilancio. Anche alla luce del comma 4 dell'art. 109 Tuir che pretende la previa imputazione al conto economico dei fatti gestionali per il riconoscimento della deducibilità dei componenti negativi di reddito.

Ancor meglio: le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all'esercizio di competenza. Ma, come vedremo meglio più avanti, si considerano imputati a conto economico i componenti rilevati direttamente in voci del patrimonio per effetto dei principi contabili adottati dall'impresa, se detta voce ha natura reddituale.

Nessuna deroga, di converso, alle norme che riguardano gli effetti delle valutazioni e a quelle che riguardano la quantificazione degli importi soggetti a deducibilità limitata e alla ripartizione in più periodi d'imposta. Ma anche a quelle che determinano il momento imponibile in base al momento di pagamento o di incasso.

Il comma 1-bis dell'art. 83 Tuir ha la finalità di estendere ai nuovi soggetti OIC gran parte delle disposizioni, in quanto compatibili, che avevano introdotto in Italia i principi IAS, anche per evitare situazioni di doppia deduzione, ovvero di nessuna deduzione, di componenti negativi di reddito, così come di doppia o nessuna tassazione dei componenti positivi. Ma anche per regolare la continuità dei valori, ai fini fiscali, con quelli assunti nei precedenti periodi d'imposta.

Con l'ulteriore precisazione che continuano ad essere assoggettati alla disciplina fiscale previgente gli effetti reddituali e patrimoniali sul bilancio chiuso dopo il 31 dicembre 2015, ma anche su quelli successivi, delle operazioni che risultino diversamente qualificate, classificate, valutate e imputate temporalmente ai fini fiscali rispetto alle qualificazioni, classificazioni, valutazioni e imputazioni temporali risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2015.

I richiami normativi sono completati dal D.M. 3 agosto 2017 in forza del quale si estendono ai soggetti OIC i commi 1, 2, e 3, dell'art. 2 del D.M. 1 aprile 2009 n. 48, ovvero del primo decreto che tratta dell'introduzione in Italia dei principi IAS.

Con il richiamato primo comma si fissa la regola per cui, ai fini della determinazione del reddito imponibile Ires, assumono rilevanza gli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma. Con l'ulteriore specificazione che si rendono non applicabili le disposizioni del primo e secondo comma dell'art. 109 Tuir, ovvero i requisiti di “certezza e determinabilità” dei componenti reddituali e la “determinazione dell'esercizio di competenza”.

Con il successivo comma dello stesso art. 2 si pongono delle limitazioni alle disposizioni del 1° comma. Si afferma, in sostanza, che restano applicabili le disposizioni del Tuir che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o alla loro esclusione o che ne dispongono la ripartizione in più periodi d'imposta; nonché quelle che stabiliscono la rilevanza di componenti positivi o negativi nell'esercizio della loro percezione o del loro pagamento.

Questo comma riafferma la operatività dei limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi afferenti a quote di ammortamento di beni strumentali, alla deducibilità degli oneri di utilità sociale, alla svalutazione dei crediti ovvero all'accantonamento per rischi su crediti, alla deducibilità delle spese di rappresentanza ovvero alla indeducibilità delle spese relative a prestazioni alberghiere o a somministrazione di alimenti e bevande.

La richiamata norma riafferma le regole TUIR di ripartizione in più periodi d'imposta di componenti negativi - ovvero positivi - il cosiddetto regime PEX, la tassazione dei dividendi di cui all'art. 89 del Tuir, la irrilevanza ai fini fiscali delle valutazioni degli strumenti finanziari di cui agli artt. 85 e 110 del Tuir. Così come viene riaffermato il principio di cassa per i compensi spettanti agli amministratori delle società, per gli utili distribuiti e per gli interessi di mora.

L'Organismo Italiano di Contabilità

Da un primo esame delle norme sopra indicate ne consegue che all'Organismo Italiano di Contabilità (OIC) sia stato assegnato un ruolo istituzionale, ovvero quello di predisporre e aggiornare i principi contabili nazionali in attuazione e, ove necessario, ad integrazione delle norme sul bilancio.

È opportuno precisare che l'Organismo Italiano di Contabilità è una Fondazione di diritto privato riconosciuta dal d.l. n. 91/2014 quale "Istituto nazionale per i principi contabili" a cui sono state assegnate le seguenti funzioni:

a) emanare i principi contabili nazionali, ispirati alla migliore prassi operativa, per la redazione dei bilanci secondo le disposizioni del codice civile;

b) fornire supporto all'attività del Parlamento e degli Organi governativi in materia di normativa contabile ed esprime pareri, quando ciò è previsto da specifiche disposizioni di legge o dietro richiesta di altre Istituzioni pubbliche;

c) partecipare al processo di elaborazione dei principi contabili internazionali adottati in Europa, intrattenendo rapporti con l'International Accounting Standards Board (IASB) e con altri organismi contabili di altri Paesi.

I principi contabili nazionali emanati dall'OIC costituiscono "la codificazione della miglior prassi operativa preordinata a fornire elementi interpretativi ed applicativi nella redazione dei documenti contabili".

Dalle premesse all'OIC 11 è inoltre possibile trarre la seguente specificazione: "I principi contabili nazionali disciplinano la necessaria declinazione pratica, ivi compresa la descrizione delle possibili casistiche, di norme di carattere generale che per loro intrinseca natura e finalità (quali ad esempio quelle relative ai principi della rilevanza della sostanza economica) recano criteri generali e non una descrizione di dettaglio che, inevitabilmente, non potrebbe essere esaustiva delle diverse fattispecie dei fatti gestionale cui sono rivolte. Analogamente, i principi contabili nazionali potranno fornire elementi applicativi e di indicazione per aspetti specifici di carattere tecnico riguardanti, ad esempio, le operazioni di copertura, il costo ammortizzato, l'attualizzazione".

Prevalenza della sostanza sulla forma

Interrogandosi sul punto, Assonime formula tre ipotesi:

1) il principio di "prevalenza della sostanza sulla forma" costituisce un principio generale e pertanto rappresenta il precetto principale per la redazione del bilancio. Ne consegue la sua applicazione indipendentemente dalla sussistenza di specifico principio emanato dall'OIC, ma anche in ipotesi di contrasto con lo stesso;

2) il legislatore avrebbe demandato all'OIC la concreta declinazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, attribuendogli la prerogativa di individuare e disciplinare le fattispecie concrete in cui deve essere applicato. In virtù del principio di derivazione rafforzata, la rappresentazione sostanziale degli eventi aziendali assumerebbe rilevanza fiscale solo nei casi in cui essa discenda dalle prescrizioni dell'OIC;

3) un'ipotesi intermedia ritiene che la declinazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma spetti istituzionalmente all'OIC, ma nel contempo il redattore del bilancio ha il diritto di farne applicazione con riguardo alle fattispecie non considerate, ovvero non compiutamente disciplinate dall'OIC. Si vorrebbe, in sostanza, riconoscere autonomia al redattore del bilancio nella ipotesi che un principio contabile specifico non sia stato emanato.

Assonime sposa la seconda ipotesi, affermando che le scelte compiute dal Legislatore appaiono ispirate proprio all'idea di prendere in considerazione le sole declinazioni del principio di prevalenza della sostanza sulla forma previste dal D. Lgs. n. 139/2015 e dai principi contabili in materia.

A conforto di questa tesi va osservato che il comma 7 dell'art. 13-bis citato statuisce la irrilevanza di ripristini e cancellazioni di attività e passività effettuate nel primo esercizio di applicazione dei principi contabili aggiornati dall'OIC; mentre il successivo comma 10 introduce a regime la facoltà del Legislatore di emanare, entro 150 giorni dalla data di approvazione o di aggiornamento dei principi contabili nazionali da parte dell'OIC, ulteriori disposizioni di coordinamento per la determinazione della base imponibile ai fini Ires ed Irap.

Dalle richiamate norme è possibile concludere che “l'aggiustamento fiscale” segue strutturalmente l'innovazione o l'aggiornamento di un principio contabile decretato dall'OIC.

Non pare così esservi spazio per rivendicare ulteriore autonomia da parte del redattore del bilancio. Così come resta fermo ed inderogabile il requisito di inerenza per la deducibilità dei componenti negativi di reddito, ma anche i limiti quantitativi di cui agli artt. 87, 88, comma 4-ter, e 89, comma 3.

Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni emanate in attuazione del comma 60 dell'art. 1 della l. n. 244/2007 e del comma 7-quater dell'art. 4 del d.lgs. n. 38/2005 per cui ai soggetti che adottano i principi contabili nazionali si estendono gli effetti dell'art. 2 del d.l. n. 48/2009 (regolamento IAS). Norma con la quale, affermata la rilevanza fiscale del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, si dispone, ripetesi, che "devono intendersi non applicabili a tali soggetti le disposizioni dell'articolo 109, commi 1 e 2, del testo unico". Ne consegue il superamento di ogni incertezza interpretativa: anche per i soggetti che adottano i principi contabili nazionali si deroga al primo e al secondo comma dell'art. 109 Tuir; norme - si rammenta - che ai fini della rilevanza fiscale dei costi e dei ricavi pretendono la soddisfazione dei requisiti di "certezza" e " determinabilità" oltre che il riferimento alle "risultanze negoziali".

Si estende quindi ai soggetti OIC quanto già oggetto di chiarimento da parte dell'Agenzia delle entrate (in favore dei soggetti IAS) con circolare n. 7/E/2011, ovvero (testualmente) "l'irrilevanza fiscale della rilevazione delle vicende gestionali basata sulla natura contrattuale/giuridica delle stesse, in quanto in bilancio tali vicende sono ordinariamente rilevate sulla base del trasferimento dei relativi rischi e dei benefici economici e non già in base all'acquisto o alla cessione della proprietà. Si pensi, ad esempio, alla cessione di un credito a cui non corrisponda la cancellazione dello stesso dal bilancio in quanto non si realizza il trasferimento del relativo controllo (in termini di rischi e benefici ad essa connessi). In tale ipotesi, non valgono i criteri generali di competenza fiscale di cui all'articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir".

In coerenza con quanto sopra, con la risoluzione 23 giugno 2017 n. 77/E l'Agenzia delle entrate ha modificato le proprie posizioni in ordine al trattamento fiscale delle operazioni di "sale and lease back": la plusvalenza derivante dalla cessione del bene (destinato ad essere riacquisito in leasing) concorre alla formazione del reddito secondo la durata del contratto di locazione finanziaria e seguendo la decorrenza dello stesso (prevale, in sostanza, quanto dispone l'art. 2425-bis, comma 4, c.c., superando l'art. 86 del Tuir).

Alla qualificazione e rappresentazione dei fatti gestionali di tipo giuridico-formale si contrappone, in forza delle norme richiamate, una qualificazione economico-sostanziale. Il principio di derivazione rafforzata è stato consacrato dal 1° comma dell'art. 83 sopra riportato; norma che a sua volta richiama il D. Lgs. n. 38/2005, che ha disposto l'adozione dei principi contabili internazionali e quindi chiave di interpretazione dei fatti gestionali che ha rivoluzionato i modelli operativi fino a quel momento vigenti.

Si è quindi affermato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. A cui è seguita la l. n. 244/2007, che ha introdotto, al 1° comma dell'art. 83, il principio di "derivazione rafforzata" al fine di sciogliere ogni dubbio sul definitivo abbandono della qualificazione giuridico-formale dei fatti di gestione.

A seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 139/2015, a partire dal 1 gennaio 2016 le imprese devono redigere il bilancio (sia nella forma ordinaria che in quella abbreviata) applicando - a regime - il principio di prevalenza della sostanza sulla forma.

Avvalendosi della facoltà attribuita dall'art. 6 della direttiva 34/2013, il legislatore ha espunto dall'art. 2423-bis l'inciso "nonchè tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato", aggiungendo il comma 1-bis, in forza del quale "la rilevazione e la presentazione delle voci va effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto". Con l'ulteriore precisazione che la relazione di accompagnamento al decreto n. 139/2015 afferma che la modifica, più che rinnovare il quadro regolatorio, ha lo scopo di renderlo più chiaro.

L'art. 13-bis del d.l. n. 244/2016 ha chiarito definitivamente che i principi di derivazione si estendono a tutte le imprese (escluse le micro-imprese di cui all'art. 2435-ter c.c.).

Rettifica dei saldi di apertura e imputazione diretta al P.N.

L'OIC 29 precisa che gli effetti derivanti dai cambiamenti nei principi contabili a partire dal 1 gennaio 2016 sono contabilizzati sul saldo di apertura del patrimonio netto dell'esercizio in cui opera il cambiamento del principio. Dispone ancora che, ai soli fini comparativi, venga applicato lo stesso criterio per l'anno precedente.

Viene altresì spiegato che la correzione di errori rilevanti commessi in esercizi precedenti non comporta più la rilevazione di sopravvenienze attive o passive al conto economico ma la rettifica del saldo di apertura del patrimonio netto dell'esercizio in cui si individua l'errore.

Di converso solo errori irrilevanti possono continuare ad essere contabilizzati al conto economico.

In sostanza, con l'adozione dei principi contabili si registra un ampliamento delle operazioni che possono produrre effetti direttamente sul patrimonio netto.

In correlazione è stato adeguato il "principio di imputazione" di cui al quarto comma dell'art. 109 Tuir per tener conto del fatto che alcuni componenti di reddito non transitano più dal conto economico.

L'art. 13-bis più volte richiamato in proposito statuisce che il principio di imputazione si considera rispettato anche con riguardo ai componenti di reddito imputati direttamente al patrimonio per effetto dei principi contabili nazionali, così come già consentito per i soggetti IAS.

Sembra di capire che le disposizioni di natura transitoria emanate in sede di prima applicazione dei principi contabili nazionali si rendano ancora applicabili nella ipotesi di rivisitazione degli stessi principi contabili. Così come (comma 10 dell'art. 13-bis) il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha rivendicato la possibilità di emanare, entro 150 giorni dalla data di approvazione o aggiornamento del principio contabile nazionale, specifica disposizione di coordinamento per la determinazione della base imponibile.

Effetti della riformulazione dell'art. 83 Tuir

Per quanto sin qui detto appare evidente che l'art. 83 Tuir - per come strutturato - impone un esame di tutte le norme in esso richiamate.

Ma prima di approfondire si avverte la necessità di fare alcune precisazioni:

- il codice civile assegna al bilancio di esercizio, e specificatamente al conto economico, il compito di esporre a tutti i soggetti a vario titolo interessati il risultato economico dell'esercizio di un'impresa in funzionamento;

- le norme tributarie tendono a definire l'imponibile da sottoporre a tassazione;

- le norme civilistiche che presiedono alla redazione del bilancio d'esercizio tendono a definire valori "verso il basso";

- la normativa fiscale tende ad alzare l'importo da sottoporre a tassazione.

Il Legislatore fiscale – in sostanza -considera il risultato del bilancio di esercizio come "base di partenza" per la determinazione dell'imponibile, avendo previsto specifici criteri per la quantificazione di alcuni componenti di costo e di ricavo; criteri che divergono da quelli civilistici, per cui il Legislatore fiscale ha previsto rettifiche (in aumento o in diminuzione) all'utile di esercizio definito con i criteri civilistici.

Quindi al risultato di esercizio esposto in bilancio occorre apportare tutte le variazioni in aumento pretese dalla normativa fiscale e dedurre quelle consentite in diminuzione per così pervenire all'imponibile fiscale.

Resta comunque la dipendenza del risultato fiscale da quello civilistico, rimanendo quest'ultimo il presupposto fondamentale per la determinazione del reddito d'impresa. Anche se talvolta la dipendenza è rovesciata: ci si riferisce a tutte quelle norme che subordinano la concessione di benefici fiscali al rispetto di specifiche regole, aventi natura esclusivamente tributaria, nella redazione del bilancio. Ciò comporta che il redattore del bilancio, non volendo rinunziare ai detti benefici, obtorto collo finisce con l'adottarle.

Contrapposizione sostanziale tra normativa civilistica e fiscale

A ben vedere, la problematica in trattazione è alquanto datata (avendo preso l'avvio con la riforma tributaria del 1971) e l'attuale art. 83 del Tuir è la risultanza dell'intenso dibattito svoltosi nel tempo, che può essere così riassunto: il Legislatore fiscale, pur riconoscendo l'autonomia delle imprese nella assunzione dei principi contabili che dettano le regole per le valutazioni che poi si sintetizzano nel conto annuale, ovvero nel conto dei profitti e delle perdite, rivendica la sua competenza nella assunzione delle risultanze di detto documento ai fini della determinazione del reddito imponibile. Competenza che sostanzialmente si traduce nel fissare paletti alla deduzione di costi, ovvero limiti quantitativi e temporali per eseguire la deduzione.

Ciò viene giustificato con il fine di avvicinare quanto più possibile l'imponibile alla capacità contributiva dell'impresa.

In buona sostanza, viene affidato alla normativa civilistica il compito di evidenziare l'incremento o il decremento patrimoniale per effetto della gestione e alla normativa fiscale di misurare la conseguente capacità contributiva dell'impresa.

Obiettivi sostanzialmente contrapposti, laddove la normativa civilistica tende ad evitare ingannevoli sopravvalutazioni e quella fiscale sottovalutazioni del risultato di esercizio finalizzate al contenimento delle imposte dovute.

I criteri civilistici sono caratterizzati da flessibilità, che per sua natura genera situazioni di incertezza; nel mentre il Legislatore fiscale tende a creare contesti sostanzialmente rigidi, richiedendo la rivisitazione dei fatti di gestione per quantificarli secondo schemi predefiniti e, quindi, per apportare le rettifiche conseguenti.

Con l'ulteriore precisazione che, laddove non sussista specifica norma fiscale, il redattore del bilancio dovrà attenersi ai principi contabili condivisi nell'effettuazione delle valutazioni e nella interpretazione dei fatti di gestione.

Ne consegue che le norme civilistiche che presiedono alla determinazione del reddito annuale assumono diretta rilevanza anche ai fini della determinazione del reddito d'impresa imponibile. Scaturisce da ciò che le scelte operate in sede di redazione del bilancio assumono maggiore ed ulteriore rilevanza nell'area fiscale con riguardo a componenti di reddito relativamente ai quali la normativa fiscale non dispone diversamente.

Riserva del MEF di emanare disposizioni di coordinamento

Va ricordato un principio già menzionato, introdotto dall'art. 4, comma 7-quater, del D. Lgs. n. 38/2005, che potremmo definire di natura metodologico/programmatica, in forza del quale il Ministero dell'Economia e delle Finanze, a seguito di adozione di nuovi principi contabili internazionali o di modifiche a quelli già esistenti, si riserva di emanare, con apposito decreto, disposizioni di coordinamento per la determinazione della base imponibile dell'Ires e dell'Irap.

Sostanzialmente di identico tenore l'art. 2, comma 28, del d.l. n. 225/2010, la cui relazione illustrativa chiarisce come tale provvedimento normativo sia stato emanato nel rispetto dei criteri direttivi già contenuti nella legge delega 306/2003, che a sua volta prevedeva la possibilità di adottare eventuali modifiche alla normativa fiscale in materia di reddito di impresa al fine di armonizzarla con le innovazioni derivanti dall'applicazione dei principi contabili internazionali.

Per coglierne appieno la portata occorre rammentare che alcuni principi contabili internazionali dispongono la imputazione diretta al Patrimonio Netto di elementi aventi natura reddituale, senza la necessità di transitare dal conto economico. Ciò ha comportato l'insorgenza di dubbi operativi, che sembrerebbe siano stati disciolti con il decreto n. 48/2009 nella parte in cui dispone che “concorrono comunque alla formazione del reddito imponibile i componenti positivi e negativi, fiscalmente rilevanti ai sensi della disposizione dello stesso testo unico, imputati direttamente a patrimonio per effetto dell'applicazione degli IAS”.

In merito l'Agenzia delle Entrate (circolare n. 7/E/2011) ha chiarito che l'eliminazione di ogni riferimento ai componenti transitati direttamente al patrimonio netto nella nuova formulazione dell'art. 83 del Tuir è "frutto semplicemente di una semplificazione espositiva". Ritiene infatti l'Agenzia che la corretta applicazione del principio di derivazione rafforzata ha quale corollario che nella determinazione del reddito d'impresa debbano essere computati tutti i componenti che si manifestano quali elementi di natura reddituale, a prescindere dalle modalità di contabilizzazione. Intendendo evidentemente, con questa espressione, comprendere anche i componenti reddituali direttamente contabilizzati nel patrimonio netto.

Mentre, secondo un'interpretazione strettamente letterale, all'art. 83 Tuir si parla di variazioni in aumento e in diminuzione all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, per nulla menzionando il patrimonio netto.

Anche se può soccorrere, a sostegno della tesi erariale, il comma 4 dell'art. 109 del Tuir secondo il quale "si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili adottati dall'impresa". Ma, ancor di più, il comma 3 dello stesso articolo che, con riferimento ai ricavi ed ai proventi di ogni genere, nonché alle variazioni delle rimanenze, precisa che "concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico".

Pare poter concludere sul punto che debba darsi rilevanza alla natura reddituale del fatto gestionale, a prescindere dalla scelta contabile fatta per la sua rilevazione.

Di converso, sembrerebbe restino escluse le rilevazioni (anche se imputate al conto economico) che tale natura non hanno, quali le poste di patrimonio netto generate da valutazioni al fair value di beni materiali ed immateriali. Voci che, per loro natura, generano plusvalenze/minusvalenze strettamente contabili che non concorrono a formare il reddito ai sensi dell'art. 86 del Tuir.

Stesso ragionamento per le riserve di adeguamento degli strumenti finanziari disponibili per la vendita di cui all'art. 110 del Tuir.

Rettifiche da appostare in prima applicazione dei principi contabili

Va ricordato che, in sede di prima applicazione dei principi contabili, è stata richiesta la eliminazione degli oneri a utilità pluriennale iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali, oltre ai risconti attivi.

Più precisamente, la prima sezione del quadro RV deve accogliere le differenze tra i valori civili e i valori fiscali di beni e/o elementi patrimoniali emerse per effetto della prima applicazione delle modifiche apportate al codice civile con il D. Lgs. 139/2015, poiché, ai fini fiscali, per le operazioni in essere al 31 dicembre 2015 si continua ad applicare la disciplina previgente. Ne consegue che l'eliminazione nell'attivo patrimoniale di costi iscritti e non più capitalizzati genera un disallineamento tra il valore civile e quello fiscale, dovendo estromettere dal bilancio civilistico i costi non più capitalizzabili, che comunque continuano ad avere rilevanza ai fini fiscali fino al totale assorbimento di detti costi. Con l'ulteriore precisazione che i costi di ricerca e i costi di pubblicità non possono più essere considerati immobilizzazioni immateriali dello Stato patrimoniale.

L'estensione dei principi contabili internazionali ai soggetti OIC non consente più la capitalizzazione delle spese di ricerca e delle spese di pubblicità (spese capitalizzabili solo se rientrano tra i costi di impianto e ampliamento). Ne consegue la diretta affluenza al conto economico dell'esercizio in cui dette spese vengono sostenute.

Il punto 5 dell'art. 2426 dispone che i costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile. Qualora non sia possibile stimare l'arco temporale di fecondità di detta spesa, non si dovrà superare il periodo di ammortamento di cinque anni. Stessa regola per l'ammortamento dell'avviamento, con estensione del periodo di ammortamento a 10 anni.

In ambedue i casi dovrà essere data adeguata spiegazione nell'ambito della nota integrativa.

Le componenti negative derivanti dall'eliminazione di queste voci vanno imputate direttamente al patrimonio netto in sede di prima applicazione avuto riguardo al quinto comma dell'art. 13 del richiamato D. Lgs. 38/2005, per cui detta eliminazione non rileva ai fini della determinazione del reddito, né modifica il valore fiscalmente riconosciuto.

Anche questa disposizione comporta rilevazioni extracontabili fino al completo esaurimento dei processi di ammortamento in corso. Quindi ulteriore transito sul doppio binario.

La eliminazione di processi di ammortamento che possano riguardare la voce “avviamento” ovvero altri beni immateriali a "vita utile indefinita" comporta che detti beni siano sottoposti a valutazione periodica in base al cosiddetto impairement test regolato dallo IAS 36.

Imputazione temporale: variazione del principio

L'imputazione temporale è relativa alla corretta individuazione del periodo d'imposta nel quale componenti reddituali fiscalmente rilevanti devono concorrere a formare la base imponibile: ai fini di tale individuazione si dovrà fare riferimento ad un criterio di competenza basato sulla maturazione economica dei componenti reddituali (individuabile nel momento in cui si ritiene probabile che i benefici economici futuri saranno goduti dall'impresa, nonché quando anche i relativi costi siano attendibilmente determinabili) e non più sulla maturazione giuridica degli stessi.

Le deroghe ai criteri di imputazione temporale indicati nei primi due commi dell'art. 109 del Tuir operano soltanto con riferimento alla cessione di beni e non anche alle prestazioni di servizi, per le quali restano ancora valide le regole vigenti ai fini delle imposte sui redditi. Ciò in quanto in quest'ultimo caso i principi contabili nazionali riguardanti i criteri di imputazione temporale non sono cambiati e continuano a far riferimento a parametri conformi a quelli già previsti dal Tuir e cioè alla maturazione, per quanto riguarda i servizi di durata, e alla ultimazione della prestazione, per quanto attiene i servizi di risultato.

Vale la pena osservare che nella loro declinazione pratica, le regole civilistico-contabili del trasferimento di rischio e benefici tendono a coincidere con quelle formali sancite dall'art. 109, comma 2, del Tuir. Solo qualora, alla data in cui si verificano gli eventi sopra indicati, non si possa ritenere effettuato il trasferimento sostanziale di rischi e benefici, il ricavo (o il costo) non assumerà rilevanza, oltre che contabile, neppure fiscale.

Mentre con riferimento al 1° comma dell'art. 109 opera la disapplicazione in relazione ai costi imputati al conto economico per competenza in base all'OIC 29, in forza di elementi sorti dopo la chiusura dell'esercizio ma prima della redazione del bilancio.

Prima del Decreto Ministeriale n. 48/2009 e del successivo assunto in data 8 giugno 2011, l'orientamento dell'Amministrazione Finanziaria era quello di dedurre questi costi solo nell'anno successivo a quello di imputazione a bilancio, ovvero nell'esercizio nel quale veniva ad esistenza la certezza e la determinabilità oggettiva.

Disancorandosi dal 1° comma dell'art. 109 in forza del principio di derivazione rafforzata, oggi è possibile effettuare la deduzione del costo, con effetti sulla dichiarazione dei redditi relativa, nel bilancio in chiusura, recependo le notizie acquisite dopo la chiusura dell'esercizio ma prima della redazione del bilancio. E ciò volga per giustificare le critiche alle reticenze colte nella risposta all'interpello 1/2019.

Valutazione delle rimanenze

Altro argomento da cui potrebbero scaturire problematiche fiscali è la valutazione delle rimanenze di magazzino: lo IAS 2 non ammette il criterio di valutazione Lifo.

In sede di prima applicazione dei principi contabili occorrerà scegliere tra il Fifo e il Costo medio ponderato. La inevitabile differenza andrà imputata a patrimonio netto (cosiddetta riserva Lifo).

Anche questo è un valore latente che verrà in evidenza per effetto dell'adozione dei principi contabili. Con l'ulteriore corollario che, per quanto costretti ad abbandonare il metodo Lifo in osservanza dei principi contabili, resta fiscalmente consentito mantenere detto valore ai fini fiscali (comma 2 dell'art. 13 D. Lgs. n. 38/2005).

Si viene così a generare un'altra voce destinata ad incrementare il c.d. doppio binario!

Lo IAS 11 dispone che la valutazione delle commesse debba essere fatta secondo la percentuale di completamento. Ne consegue che, secondo lo stato di avanzamento dei lavori, al conto economico viene imputata la quota maturata del margine reddituale.

Gli artt. 92 e 93 Tuir distinguono le commesse a seconda che la durata dei lavori sia superiore o inferiore ai 12 mesi, per poi disporre che quelle inferiore a 12 mesi vadano rilevate, a fine esercizio, al costo sostenuto, mentre quelle di durata oltre i 12 mesi vanno rilevate secondo il ricavo maturato nell'esercizio. Ciò comporterà, in fase di transizione, la necessità di un allineamento contabile delle commesse di breve durata.

Contabilizzazione di crediti e debiti

I crediti ed i debiti vanno esposti secondo il criterio del costo ammortizzato (ovvero attualizzato). Ciò comporta una rettifica di valore del credito o del debito, con interessamento del patrimonio netto in sede di prima applicazione, se la prevista esazione supera i 12 mesi.

Conseguono significative complicazioni contabili, ma anche ricadute fiscali rilevanti perché occorre riqualificare proventi ed oneri per far emergere la componente finanziaria insita in un regolamento differito di oltre 12 mesi. Basti pensare al calcolo del ROL ai fini della deducibilità degli interessi passivi oltre che alle implicazioni ai fini Irap, senza contare le influenze sul calcolo degli ammortamenti in regime agevolato.

Il crescente ricorso alle ampie rateizzazioni per stimolare le vendite, in particolare di beni strumentali e di autovetture, è sotto gli occhi di tutti. Non sono infrequenti offerte commerciali di vendita di un'autovettura che comportano il saldo del prezzo, talvolta di entità rilevante, a distanza di due/tre anni. Con l'ulteriore offerta di sostenimento delle spese di manutenzione (ordinaria e straordinaria), e talvolta delle garanzie assicurative, fino alla scadenza della maxirata postergata.

In siffatte situazioni sorge la necessità di definire il valore effettivo del bene venduto, estrapolando la componente finanziaria, oltre ai prevedibili costi riconducibili alle prestazioni accessorie.

L'analisi sostanziale dell'operazione comporta attente scritture contabili anche negli anni successivi, in ossequio a quanto dispone l'art. 2426, comma 1, n. 8 c.c., per come modificato dal D. Lgs. 139/2015. Norma che prevede la rilevazione in bilancio dei crediti e dei debiti secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale, ma anche - limitatamente ai crediti - del presumibile valore di realizzo.

Se poi l'operazione assume la configurazione di “finanziamento infruttifero” da parte dei soci, la società beneficiaria dovrà rilevare interessi passivi “figurativi” al conto economico con contropartita una voce del netto patrimoniale che tenga conto del rafforzamento patrimoniale della società voluto dai soci, che a loro volta rileveranno il “sacrificio finanziario”, ovvero la mancata percezione di interessi attivi, ad incremento del valore della partecipazione.

In sostanza il socio che finanzia senza percepire interessi dovrà calcolare “proventi finanziari figurativi” calcolati al tasso di interesse di mercato. Questo importo andrà ad incremento del valore della partecipazione. La società partecipata, beneficiaria del finanziamento, a fronte di oneri finanziari figurativi, calcolati sempre al tasso di mercato, dovrà iscrivere apposita riserva di patrimonio netto per importo pari agli interessi che avrebbe dovuto pagare se il finanziamento fosse stato erogato da soggetto terzo.

Tutte operazioni irrilevanti sul piano fiscale in forza del comma 4-bis dell'art. 5 del D.M. 8 giugno 2011, per come aggiornato dal D.M. 3 agosto 2017. Unica condizione, che la natura della transazione sia qualificabile quale rafforzamento patrimoniale della società finanziata.

Contabilizzazione TFR

Il fondo trattamento di fine rapporto, che viene assimilato dai principi contabili (IAS 19) come un'obbligazione, va esposto in bilancio adottando il criterio "attuariale".

In sede di prima applicazione sarà inevitabilmente determinato un minor valore della passività, e quindi emergerà una ulteriore differenza da rilevare a patrimonio netto.

Anche questa voce è irrilevante sul piano fiscale e pertanto va sterilizzata.

Contabilizzazione provento “da buon affare”

Nell'ipotesi in cui l'acquirente di una impresa sia IAS adopter, si pone il problema di evidenziare, dopo l'acquisto, la differenza del costo di acquisizione dell'impresa rispetto al fair value dell'azienda acquisita. Ciò perché l'acquirente è tenuto ad iscrivere nel proprio bilancio l'azienda a tale maggior valore, se ovviamente esiste, evidenziando così quello che viene definito “provento da buon affare”.

In sostanza non sono intervenuti fatti modificativi, ma semplicemente la constatazione che è stato fatto un buon affare e pertanto si tratta di un componente di natura straordinaria riconducibile all'acquisizione dell'azienda.

Voce che fiscalmente risulta neutra ma che, per restare tale nel tempo, richiede rilevazioni extracontabili con riferimento ai processi di ammortamento a valenza fiscale, sempre riconducibili al costo di acquisizione.

In conclusione

Avviandosi a conclusione, si impone una domanda: come cambia il rapporto tra contribuente ed Agenzia delle Entrate a seguito della introduzione dei principi qui sommariamente descritti? Ed ancora: l'Ente impositore può sindacare i criteri adottati dal contribuente per qualificare ed imputare temporalmente i fatti gestionali aventi rilevanza impositiva?

È facile prevedere che su questo terreno i conflitti saranno inevitabili. Anche se alcune considerazioni si possono fare da subito.

  • Si possono escludere limitazioni all'attività ispettiva dell'Ufficio tutte le volte in cui la normativa consente di prescindere dalle risultanze contabili (come nella ipotesi di accertamenti induttivi ex art. 39 d.p.r. n. 600/1973 e 55 d.p.r. n. 633/1972 ovvero ai sensi dell'art. 62-sexies del d. l. n. 331/1993 - studi di settore). Nel contempo pare logico e coerente affermare che - in questa ipotesi - l'Ufficio, in sede di verifica generale, debba attenersi ai principi contabili che avrebbe dovuto adottare il contribuente.
  • Nella ipotesi in cui l'Ufficio proceda, invece, ai sensi del 1° comma dell'art. 39 d.p.r. n. 600/1973 e 54 d.p.r. n. 633/1972, si impone la necessità di verificare entro quali limiti - e a quali condizioni - l'Ufficio abbia titolo per sindacare le valutazioni e le scelte del contribuente che influiscono sulla dichiarazione dei redditi.
  • Certamente l'Ufficio ha titolo per verificare l'effettività delle operazioni rilevate in contabilità che abbiano effetto sul conto economico, così come l'esattezza, la veridicità e la completezza delle risultanze contabili che producono effetti sul piano fiscale.
  • Certamente può operare ai sensi del 3° comma dell'art. 109 per appurare l'esistenza di ricavi superiori a quelli esposti nel conto economico, così come può controllare la corretta applicazione nei principi contabili per la determinazione delle rimanenze finali (art. 2426 c.c., n. 10) ma anche il presunto valore di realizzo dei crediti ai sensi del n. 8 stesso articolo.

Ciò posto, si impone una ulteriore domanda: quali sono i limiti entro i quali l'Ufficio può sindacare le scelte del contribuente?

Pare si possa affermare che, laddove il Legislatore conceda la facoltà di scegliere tra criteri di valutazione alternativi, l'Amministrazione finanziaria non possa sindacare la scelta del contribuente per l'uno o per l'altro criterio. Salvo che la scelta non metta in crisi i principi generali di cui all'art. 2423 c.c.: chiarezza, veridicità e correttezza.

In questa ipotesi toccherà all'Ufficio dimostrare (anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti di cui all'art. 39, comma 1, d.p.r. n. 600/73) che l'opzione del contribuente in sede di rilevazione contabile confligge con i detti principi.

Solo a queste condizioni pare si possano contestare le risultanze di bilancio e le sue derivazioni.

Ovviamente non potrà essere eccepito al contribuente di aver fatto una determinata scelta che comporti anche vantaggi fiscali, risultando ormai pacifica la legittimità di queste scelte. Purché resti confermato il requisito di verità.

In conclusione, pur riconoscendo la derivazione dell'imponibile fiscale dalle risultanze civilistiche, in coerenza con quanto sin qui detto, compete all'Ufficio (ex art. 39 d.p.r. n. 600/73) il diritto di verificare la corretta applicazione dei principi richiamati dall'art. 83 ovvero eccepire eventuale incoerenza con la ratio dei principi stessi.

Qualora l'Ufficio si determini a formulare una qualche contestazione, pare necessario che dimostri l'incoerenza dell'operazione rispetto alla logica tutelata dai principi contabili, ma anche che la scelta operata dal contribuente risulti esclusivamente finalizzata al conseguimento di vantaggi fiscali, in assenza di valide ragioni economiche. Fermo rimanendo che, risultando corretta la scelta effettuata in applicazione dei principi contabili, non pare possibile una eventuale ripresa a tassazione con la sola motivazione del conseguimento di vantaggio fiscale.

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