Copia e collazione di atti

Alessandro Rossi
Alessandro Rossi
29 Maggio 2019

Ai sensi degli artt. 743, 744, 745 e 746 c.p.c. sono trattati i profili sostanziali e processuali degli istituti della copia e della collazione degli atti pubblici.
Inquadramento

Ai sensi degli artt. 743, 744, 745 e 746 c.p.c. sono trattati i profili sostanziali e processuali degli istituti della copia e della collazione degli atti pubblici.

Le norme in esame hanno un'importantissima funzione pratica data la struttura del processo civile e dei pubblici registri, i quali sono sempre orientati alla conservazione degli originali degli atti depositati. In assenza della possibilità della copia degli atti pubblici nonché della collazione, la quale permette il materiale confronto tra originale e copia per verificarne la conformità, sarebbe molto difficile, quando non praticamente impossibile, poter esercitare i propri diritti o proporne la relativa tutela.

In evidenza

La fondamentale rilevanza pratica degli istituti in esame ben emerge dalla sentenza Cass. civ., sez. I, 14 marzo 2000, n.2919, secondo la quale: «Gli atti depositati dalle parti devono essere inseriti nel fascicolo di ufficio e devono rimanere custoditi presso la cancelleria e non possono essere restituiti alle parti stesse, che hanno facoltà di richiederne al cancelliere copie o estratti autentici (ex artt. 58 e 743ss.c.p.c.). Il deposito e la custodia dell'atto hanno lo scopo di garantirne la conservazione e di impedirne qualsiasi alterazione successiva al deposito. La regolarità formale di un atto può essere riscontrata solo con riferimento a quello che è rimasto depositato in cancelleria, non avendo rilievo che altro esemplare restituito alla parte con il timbro "depositato" e, quindi, mai entrato o uscito dalla sfera di custodia del cancelliere, venga successivamente esibito ed in esso figuri la sottoscrizione dell'istante, non presente nel primo».

In dottrina non si considera dubbio il riconoscimento della portata di natura anche sostanziale delle norme in esame, pur essendo queste ricomprese nel codice di procedura civile. Questo, in quanto non disciplinano solo i poteri processuali delle parti ma individuano anche la relativa posizione giuridico-soggettiva di cui il soggetto è titolare. Posizione giuridico-soggettiva che nel prosieguo sarà analizzata in maniera dettagliata, date le diverse tesi in ordine alla sua qualificazione.

Venendo al primo dei due istituiti citati, ovvero il procedimento di copia degli atti pubblici, è necessario definire quali siano i soggetti che possano proporre la relativa pretesa, come questa possa essere qualificata e chi siano i soggetti tenuti al rilascio, definendo il contenuto del loro comportamento dovuto. Successivamente, poi, sarà indispensabile analizzare i limiti del potere stesso.

L'art 743 c.p.c., rubricato “Copie degli atti”, al comma 1 dispone che: «Qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorché l'istante o i suoi autori non siano stati parte nell'atto, sotto pena dei danni e delle spese, salve le disposizioni speciali della legge sulle tasse di registro e bollo».

Venendo ai soggetti legittimati a poter chiedere copia degli atti pubblici, tali sono da identificarsi nella totalità dei cittadini.

Il richiedente deve avere un interesse ad ottenere il provvedimento. L'interesse può assumere il connotato di interesse semplice, il quale si risolve in re ipsa con la proposizione della domanda – non essendoci quindi bisogno di alcuna prova dello stesso – o di interesse qualificato, a seconda dell'atto di cui si richieda la copia.

Le copie “semplici” sono rilasciate principalmente per motivi di studio. Il mero fine conoscitivo legittima il rilascio, vista l'assenza della certificazione di conformità all'originale.

Un interesse qualificato si ritrova nel caso in cui si chieda la copia di un provvedimento tramite il quale si possa agire in via esecutiva: le copie devono essere rilasciate in forma esecutiva, con apposizione della cosiddetta “formula esecutiva” da parte del cancelliere. Queste possono essere richieste solo dalla parte a cui favore è stato pronunciato il provvedimento o dai suoi successori.

In dottrina vi sono diverse teorie relative alla natura della pretesa fatta valere al fine di ottenere la copia dell'atto.

Secondo una prima teoria, la posizione giuridica soggettiva fatta valere sarebbe una potestà. Secondo una seconda teoria, invece, la posizione giuridica soggettiva fatta valere sarebbe un vero e proprio diritto soggettivo.

Natura della posizione giuridica soggettiva: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Quando un potere è attribuito a una categoria indeterminata di soggetti (come nel caso della collettività) ed è anche un dovere per raggiungere un determinato risultato pratico, questo è qualificato come potestà (Torrente e Schlesinger, 75).

Nel caso in esame la figura della potestà, secondo i sostenitori della relativa tesi, sarebbe la posizione giuridica di cui si tratta nel procedimento di copia degli atti pubblici, dato il conferimento del relativo potere/dovere a un soggetto per il solo fatto di appartenere a quella determinata categoria.

I sostenitori della qualificazione della posizione giuridica in esame come di diritto soggettivo pongono a fondamento della relativa tesi la mancanza di discrezionalità nel rilascio delle copie da parte del pubblico depositario. Alla richiesta proposta dall'interessato, il pubblico depositario si troverebbe nella posizione di dover rilasciare la copia, soggiacendo ai doveri previsti dal codice (Franchi, 598).

Sarebbe quindi tutelato il bene della vita ad ottenere il documento (Evangelista, 1988).

In verità, il potere di richiedere copia non è mai fine a sé stesso, ma doveroso per chi voglia esercitare un'altra facoltà, sia essa lo studio, che quella di carattere processuale di procedere ad esecuzione forzata.

Trattando dei soggetti ai quali va compiuta la richiesta, questi sono identificati dal combinato disposto degli artt. 743 e 744 c.p.c. Oltre al «depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene», come disposto dall'art. 743 c.p.c., sono tenuti a rilasciare copia dell'atto pubblico richiesto, secondo quanto previsto ex art. 744 c.p.c., anche i «cancellieri e i depositari di pubblici registri».

L'art. 743 c.p.c. non definisce chi siano i soggetti qualificabili pubblici depositari. La giurisprudenza, allora, è intervenuta disponendo che tali siano i soggetti che detengano non per sé, bensì per il pubblico. È questa la pubblica funzione loro propria.

In evidenza

Centrale in materia è la pronuncia Cass. civ., Sez. Un., 27 gennaio 2010, n.1629: «Il ruolo dei pubblici depositari va tenuto distinto da quello dei pubblici funzionari. I primi devono tenere gli atti a disposizione del pubblico, per cui per ottenerne copia non occorre attivare una procedura di accesso, è sufficiente una semplice richiesta in base alla quale il richiedente ha diritto ad ottenere copia dell'atto richiesto (v. art.743, comma 1 c.p.c., secondo il quale il depositario “deve rilasciare copia autentica”, e art. 744c.p.c., in forza del quale i cancellieri “sono tenuti” a spedire copie degli atti giudiziari detenuti). Diverso è il caso in cui il richiedente intenda accedere ad atti che sono detenuti non esclusivamente per il pubblico, ma per l'esercizio di funzioni pubbliche, formati all'interno di procedure amministrative, in relazione ai quali l'accesso è condizionato ad un interesse qualificato».

Sono allora pubblici depositari soggetti come i notai e i conservatori di registro. Anche i cancellieri sembrerebbero rientrare nell'ampia categoria dei pubblici depositari. Pare, quindi, che la loro espressa previsione nell'art. 744 c.p.c., accanto ai depositari dei pubblici registri, sia posta come esempio specifico di una categoria di soggetti che rientra nel genus dei pubblici depositari.

I pubblici depositari, nel caso in cui l'istanza non rientri nelle limitazioni previste ex lege, sono tenuti a spedire o rilasciare copia degli atti richiesti.

I limiti all'esercizio della posizione giuridica in esame sono previsti ai sensi dell'art. 743 c.p.c.

Non possono essere rilasciate le copie se non sono rispettate le norme speciali sulle tasse e il bollo, previste ex d.P.R. 26 aprile 1986, n.131. Altra limitazione è quella relativa ai testamenti pubblici, i quali, in conformità all'art. 67, l. n. 89/1913, non possono essere rilasciati in copia finché il testatore sia in vita, salvo specifica autorizzazione di quest'ultimo.

In evidenza

Rispetto alla legislazione speciale relativa a tasse e bollo è necessario citare la parziale dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 66. Non è stata ritenuta conforme alla Costituzione l'impossibilità di ottenere la copia dei documenti necessari per proseguire nell'esecuzione forzata senza il previo pagamento dell'imposta di registro.

Così Corte cost., 6 dicembre 2002, n.522, la quale ha disposto che: «È costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 24 Cost., l'art. 66 d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, nella parte in cui non prevede che la disposizione di cui al comma 1 non si applica al rilascio dell'originale o della copia della sentenza o di altro provvedimento giurisdizionale, che debba essere utilizzato per procedere all'esecuzione forzata».

I cancellieri, per precise disposizioni di legge, sono sottoposti ad ulteriori limitazioni.

Non possono: rilasciare più di una copia dell'atto (art. 96, l. 8 maggio 1924, n. 745), rilasciare, senza l'autorizzazione del giudice, copia degli atti impugnati di falso (art. 100 disp. att. c.p.c.), copie di atti in materia penale (art. 165 c.p.c.) e copia degli atti a futura memoria. Infine, non possono rilasciare copia di copia di atti detenuti dai pubblici ufficiali.

Procedimento di fronte al giudice per copia dell'atto pubblico

Nel caso in cui la richiesta dell'interessato non sia eseguita o non sia eseguita nei tempi previsti, la legge, ai sensi dell'art. 745 c.p.c., prevede la possibilità per l'interessato di agire di fronte all'organo giurisdizionale.

La natura del procedimento in esame è dibattuta. Si sono, infatti, sviluppate tre teorie in ordine alla qualificazione sul punto: a) quella della natura di giurisdizione volontaria del procedimento, b) quella della natura disciplinare del procedimento e c) quella della natura contenziosa del procedimento.

Natura della posizione giuridica soggettiva: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Secondo la tesi della natura di volontaria giurisdizione del procedimento in esame, il controllo giurisdizionale avverso il diniego o il ritardo nel rilascio della copia andrebbe collegato alla delibazione non contenziosa che viene compiuta dal giudice sull'operato del cancelliere (Redenti, 409).

La tesi della natura disciplinare del procedimento, invece, troverebbe il suo fondamento nel riconoscimento in capo all'organo giudiziario di una posizione di superiorità gerarchica nei confronti dei pubblici depositari (Micheli, 395).

La tesi della natura contenziosa del procedimento si basa sull' adesione alla tesi che riconosce valore di vero e proprio diritto soggettivo alla posizione giuridica soggettiva vantata dall'interessato. La sua violazione, quindi, sarebbe da ricondurre alla giurisdizione contenziosa (Petrucci, 640).

L'impossibilità di individuare un diritto perfetto leso, ma piuttosto la necessità di operare un controllo sul corretto operato del sulle condizioni richieste per il rilascio della copia richiesta lasciano protendere per le tesi a) o b).

L'ipotesi sub b), quella della natura disciplinare, presenta, tuttavia, alcuni profili di criticità.

Principalmente, la natura disciplinare non si spiegherebbe nel caso in cui la copia dovesse essere rilasciata da pubblici depositari diversi dai cancellieri. Caso emblematico è quello che riguarda i notai: la funzione disciplinare, in questo caso, è esercitata dal Consiglio Nazionale del Notariato. Se può riconoscersi la funzione di vigilanza del presidente del tribunale nei confronti di quella subspecie di pubblici depositari che sono i cancellieri, analoga funzione non può in nessun caso riconoscersi verso le altre figure di pubblici depositari che non rientrano negli uffici giudiziari.

Sembra, perciò, preferibile riconoscere al procedimento natura di volontaria giurisdizione.

Il presupposto per accedere alla tutela è aver ottenuto un diniego ingiustificato alla propria richiesta o il ritardo nell'esecuzione del rilascio.

La domanda va proposta al giudice competente, cioè quello del luogo in cui il depositario esercita le proprie. La domanda va rivolta al presidente del tribunale territorialmente competente.

In giurisprudenza si è aperto il dibattito sulla possibilità di impugnare o meno il decreto con il quale il giudice decide sull'illegittimità del diniego o del ritardo nel rilascio della copia. I dubbi sorgono data la forma del provvedimento stesso: il decreto, infatti, di solito è un provvedimento non definitivo, potendo essere successivamente oggetto di modifiche e che quindi non sempre apre alla possibilità di impugnazione.

Se si aderisce alla tesi che vuole il procedimento in esame come di volontaria giurisdizione, si può pensare al provvedimento come impugnabile con reclamo ex art. 739 c.p.c., in applicazione delle disposizioni generali sui procedimenti in camera di consiglio.

Dalla giurisprudenza, tuttavia, è esclusa la possibilità di proporre reclamo contro il decreto che chiude il procedimento, non essendo questo contemplato tra i procedimenti in camera di consiglio.

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Così Cass. civ., sez. II, 12 maggio 2003, n.7259, la quale dispone che: «È inammissibile il reclamo alla corte di appello, ai sensi dell'art. 739c.p.c., avverso il decreto ex art.745c.p.c. con cui il presidente del tribunale ordina al conservatore dei registri immobiliari di procedere alla trascrizione di un atto privato, essendo il reclamo in questione previsto con riferimento ai provvedimenti emessi in camera di consiglio, tra i quali non rientra quello contemplato dall'art.745 c.p.c., che è di competenza del presidente del tribunale».

Data la natura del procedimento deve negarsi anche la ricorribilità del provvedimento mediante ricorso straordinario in cassazione.

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Così Cass. civ., sez. III, 12 marzo 2008, n.6628, la quale dispone che: «È inammissibile il ricorso per cassazione proposto in base all'art. 111 Cost. contro il decreto emesso dal Presidente del Tribunale, in sede di ricorso ex art. 2674 c.c., 113-bis disp. att. c.c. e 745 c.p.c., avverso il rifiuto di trascrizione del conservatore dei registri immobiliari, trattandosi di un provvedimento conclusivo di un procedimento che non comporta esplicazione di un'attività giurisdizionale in sede contenziosa, in quanto non ha ad oggetto la risoluzione di un conflitto di interessi, ma il regolamento secondo legge dell'interesse pubblico alla pubblicità immobiliare, e non suscettibile di passare in giudicato, potendo le parti interessate adire la normale via contenziosa per ottenere una pronuncia sull'esistenza del loro diritto».

Data l'inidoneità al giudicato del provvedimento finale, si può pensare solo alla revoca e modifica dello stesso ovvero all'azione di nullità, se il procedimento si viziato in modo insanabile nel suo inter.

Collazione atti

La colazione degli atti, disciplinata ex art. 746 c.p.c., consiste nel confronto della copia dell'atto pubblico che si è ottenuto con l'originale detenuto dal depositario.

L'utilità pratica della collazione è evidente: richiesto un documento nasce l'esigenza di verificare la conformità della copia allo stesso.

L'art. 746 c.p.c., ultimo periodo, dispone che: «Se questi si rifiuta [il depositario], può ricorrere al tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue funzioni. Il giudice, sentito il depositario, dà con decreto le disposizioni opportune per la collazione e può eseguirla egli stesso recandosi nell'ufficio del depositario».

Nel caso di negata collazione, il soggetto interessato può rivolgersi al giudice compete, il quale si pronuncerà sull'istanza con decreto.

Per quanto relativo alla posizione giuridica soggettiva sostanziale dedotta in giudizio, alla natura e allo svolgimento del processo, nonché per le considerazioni sull'impugnabilità del provvedimento e sul giudicato, si rinvia a quanto esposto per il procedimento di copia di atti pubblici.

Riferimenti
  • Chizzini e Parravicini, Subcommenti agli artt. 743, 744, 745 e 746, in C. Consolo(a cura di), Codice di Procedura Civile-Commentario, Vol. IV, Milano, 2018, 868-874;
  • Evangelista, Copia, collazione e riproduzione di atti e documenti, in Enc giur., IX, Roma, 1988;
  • Franchi, Intorno al sindacato giurisdizionale del rifiuto di operazioni giuridiche, in Giur. It., 1956, Vol. I., Fasc. 2;
  • Giordano,Subcommenti agli artt. 743,744,745 e 746 del Codice di Procedura Civile, in De Jure;
  • Mandrioli e Carratta, Diritto Processuale Civile, Vol. IV, Torino, 2017, 431-432;
  • Micheli, Prospettive critiche in tema di giurisdizione volontaria, in Scritti in onore di Carnelutti, II, Padova, 1950, 395.;
  • Petrucci, Copia e Collazione di atti pubblici, in Enciclopedia del Diritto, X, Varese, 1962, 640;
  • Redenti, Diritto Processuale Civile,Milano, 1957, 409.;
  • Torrente e Schlesinger, Manuale di Diritto Privato, Milano, 2009, 75.
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